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Pilato

Pilato, il Sacro
in Vita pensata
n. 31, ottobre 2024
pagine 32-42

Indice
-Pilato, le fonti
-Pilato, lo scettico
-Pilato, il prigioniero
-Pilato, il filosofo
-Pilato, il disvelatore

Abstract

La figura e il nome del Procuratore della Giudea, Ponzio Pilato, sono stati sempre oggetto di una lettura che cerca di coglierne l’enigma. E questo a partire dal fatto assai singolare che quello di Pilato è l’unico nome umano che appaia nel Simbolo Niceno-Costantinopolitano, vale a dire nel Credo dei cristiano-cattolici. In questo saggio ho cercato di cogliere la profondità e la centralità di Pilato a partire dalle fonti storiche e da alcune delle principali interpretazioni letterarie. Ciò che emerge con chiarezza è che il nome di Pilato è intriso di una plurale e profonda dimensione sacrale.

The figure and name of the Procurator of Judea, Pontius Pilate, have always been the object of a reading that seeks to grasp its enigma. And this starting from the very singular fact that Pilate is the only human name that appears in the Nicene-Constantinopolitan Creed. In this paper I have tried to grasp the depth and centrality of Pilate, starting from historical sources and some of the main literary interpretations. What emerges clearly is that the name of Pilate is imbued with a plural and profound sacred dimension.

Berthold Werner – Caesarea maritima, Stein mit dem Namen des Pontius Pilatus

Sacro – Teologie II

È uscito il numero 31 (anno XIV, ottobre 2024) di Vita pensata.
Copio qui l’editoriale, che si può leggere anche a questo indirizzo: Sacro – Teologie II

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Il tema monografico del numero 30 (maggio 2024) della rivista ha riscosso un interesse che ci ha indotti a dedicare anche il numero 31 alla tematica antica, fondamentale e sempre rinnovata del sacro e delle teologie. I saggi che presentiamo costituiscono un ulteriore percorso che conferma la molteplicità delle prospettive con le quali si può pensare il sacro e praticare le teologie. E questo in modo del tutto indipendente da qualunque questione di fede. Quest’ultima riguarda infatti un atteggiamento personale, interiore e privato. Le religioni costituiscono l’espressione collettiva delle fedi, richiedono almeno un minimo di credenze relative ai miti fondativi delle religioni stesse e implicano dei riti pubblici e condivisi da parte di una data comunità, più o meno ampia. Le teologie nascono dal tentativo di trovare o attribuire un fondamento razionale alle fedi religiose. Il sacro si pone invece su un altro livello sia epistemologico sia ontologico.
Il sacro non implica infatti nessuna fede, pur non escludendola; non si struttura in organizzazioni ben definite, anche se può benissimo farlo; non si esprime necessariamente in dei riti storicamente stratificati, pur manifestandosi spesso anche attraverso di essi. Il sacro è il vero oggetto delle teologie, le quali dunque non hanno a che fare con le persone divine (una o molte che siano) bensì con l’esigenza e la capacità umana di pensare sino in fondo le questioni relative alla struttura e al significato del cosmo; alla presenza in esso della vita in generale e di quella umana in particolare; alla possibilità di dare un fondamento razionale alle credenze sulle origini, il senso e il destino dell’esserci individuale e collettivo. Come si vede, teologie e filosofie esprimono di fatto la medesima esigenza di comprensione e di giustificazione del compreso. Non è quindi per caso, ma per ragioni intrinseche e fondate, che in questo numero di Vita pensata compaiano nomi quali Sofia Vanni Rovighi, Giorgio Agamben, Augusto Del Noce, Proclo, Martin Heidegger, Walter Benjamin, Friedrich Dürrenmatt, Lev Tolstoj, Jean-Auguste-Dominique Ingres, Karl Jaspers, Winfried Georg Sebald, Rudolf Otto e altri ancora. Si tratta di una costellazione di filosofi, artisti, storici, narratori, teologi la cui opera è, in modi naturalmente diversi e rizomatici, dedicata al sacro, al suo significato, all’enigma e alla potenza che lo costituiscono.
Siamo inoltre molto soddisfatti di poter pubblicare una recente e assai chiara riflessione da Giuseppe Savoca dedicata alle molte, delicate e urgenti questioni relative al rapporto tra l’umano e le intelligenze artificiali, testo presentato dall’autore inaugurando un recente convegno dell’Associazione per l’Informatica Umanistica e la Cultura Digitale. A questo contributo si aggiunge un’analisi, come sempre limpida e radicale, di Stefano Isola sugli effetti del Covid-19 in ambiti poco discussi ma significativi come quelli dell’ascolto musicale, questione che l’autore intreccia anch’egli con il tema delle intelligenze artificiali.
Si tratta, come si vede, di pensare la vita e di fare dell’esistenza un’occasione quotidiana di apprendimento critico. Di quest’ultimo aggettivo e atteggiamento le società contemporanee mostrano di avere un particolare bisogno.

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