Eduardo Arroyo. Le retour des croisades
Bilbao – Museo de Bellas Artes
Sino al 9 aprile 2018
Il museo de Bellas Artes di Bilbao addensa la bellezza dai Greci al XXI secolo. Mostra la geometria dei fiamminghi, il dolore e le ingenuità dei cristiani, ben rappresentate dalle Lacrime di San Pietro di Murillo (1650). Con Los cambistas (, 1546) sintetizza in un quadro l’essenza del capitalismo finanziario.
C‘è anche un Martirio di Sant’Agata del 1578 e due El Greco: San Francisco e Anunciación. Un’intera sezione è dedicata ad Arcimboldo, accompagnato dalle architetture di Bernardo Bellotto. Intrigante è il percorso di Joaquin Sorolla (1863-1923) dal realismo popolare all’impressionismo e alla liberazione della forma.
L’espressionistico e disincantato Cardenal (1912) di Ignacio Zuloaga è forse quanto di più ‘spagnolo’ abbia visto a Bilbao. Sono presenti, giustamente, molti artisti baschi.
Tra le opere contemporanee, di grande interesse il Syntagma vegetales di José Àngel Lasa (2015) -capace di esprimere su una grande parete l’unione dell’Intero attraverso il contatto e il ritmo di rami d’arancio- e il Mirror (1971) di Francis Bacon, nel quale è aggrovigliata e liberata tutta la deforme potenza della forma che rende sommo questo artista.
Nella mostra temporanea dedicata allo sviluppo dell’incisione, della litografia, dell’acquaforte –Más allá del negro– Equipo Crònica rivisita l’Entierro del Greco, Bacon mostra il suo genio anche in una sola opera e ovunque dominano divertimento e colore.
Sino al 9 aprile 2018 si potrà visitare la mostra dedicata a Eduardo Arroyo. Le retour des Croisades, piena di ironia, cromatismi, critica politica, paradigmi e archetipi. Parodia però che diventa a volte sterile e banale. Mi sono, invece, sembrate riuscite e significative Don Juan Tenorio, la Lotta di Giacobbe con l’angelo, Il ratto di Europa, Balzac e le sue opere e El retrato de Dorian Gray.
L’opera più coinvolgente di Arroyo è Le retour des croisades (2017), una sintesi della Spagna contemporanea, che ha al centro la grande citazione del quadro di Zuloaga Víctima de la fiesta (1910) e lo circonda di colori, di terre, di simboli, di ribellione, di tenacia e di amarezza.