Non si tratta dei professori, che hanno il lavoro in ogni caso assicurato.
Non si tratta di non volersi fare valutare: la maggior parte di noi svolge infatti ricerca qualificata e pubblica molto.
Non si tratta di soldi.
Si tratta di voi.
Voi studenti, ai quali stanno rubando il futuro.
Voi studenti del Sud d’Italia, in particolare, ai quali stanno sottraendo interi Corsi di Laurea.
Voi studenti le cui prospettive di ricerca, di studio, di lavoro sono drammaticamente negate da insensati tagli alla Scuola e all’Università.
Si tratta di voi e delle vostre famiglie.
Si tratta dell’intero corpo sociale.
Per discutere di tutto questo i docenti dell’Ateneo di Catania si riuniranno lunedì 1.2.2016.
Siete invitati.
=========================
Parliamo dello STOP VQR: una questione di dignità per i docenti italiani?
Con migliaia di adesioni personali e centinaia di mozioni di dipartimenti e di Senati Accademici in tutta Italia, i docenti universitari italiani hanno chiesto al governo di restituire all’università del nostro paese – per una volta – il maltolto.
L’Italia infatti figura ormai da tempo ultima dei Paesi OCSE per i fondi destinati all’Università e alla ricerca con un misero 1% del PIL. Il rapporto docenti/studenti è il peggiore d’Europa, la docenza la più anziana e peggio pagata. Le tasse d’ iscrizione sono cresciute negli ultimi 7 anni del 51%: il più elevato incremento a carico di studenti e famiglie verificatosi a livello mondiale. Oggi l’accesso all’istruzione universitaria italiana è il più costoso d’Europa, dopo quello di UK e Olanda; inoltre da noi il diritto allo studio è stato di fatto smantellato: solo il 7% degli studenti riceve una borsa di studio a fronte del 27% della Francia e del 30% della Germania. Negli ultimi 5 anni il 97% delle giovani leve è emigrato all’estero, mentre è drammatico il generale calo delle immatricolazioni che assume le dimensioni di un crollo al Sud: nel 2012 -16% rispetto al 2000-2001 in Sicilia, -19,8% in Calabria, -21,9 in Sardegna.
In questo clima il blocco stipendiale ha creato una situazione insostenibile, soprattutto per i giovani docenti e le nuove leve della ricerca (che hanno perduto oltre 100.000 euro nell’intera carriera, senza considerare il danno nel trattamento pensionistico a regime).
Abbiamo chiesto perciò al governo ciò che ci spetta, ovvero:
– Lo sblocco stipendiale dal 2015
– Il riconoscimento del quadriennio 2011-2014 ai fini della ricostruzione della carriera
– Un recupero del turn-over e dei pensionamenti, per non chiudere i corsi di laurea, non contrarre l’offerta formativa, non deprimere ancor più la ricerca tra le nuove generazioni.
Alle richieste dell’Università il governo non si è nemmeno degnato di rispondere, come se l’università non avesse dignità e diritto di parola. Sarebbe bastato, forse, prendere in considerazione almeno una tra queste richieste. Non lo si è voluto fare (ma ci si è ostinati a imporre la misura assurda, rischiosa e demagogica dei 500 superprofessori “ministeriali”). Con l’università, dunque, non si parla, non si ragiona, non si “tratta”. L’università non esiste, è solo una voce nel budget dello Stato da tagliare o un argomento demagogico da sollevare quando fa comodo. Anche la Crui è stata presa a pesci in faccia. Oggi intendiamo riprendere la nostra dignità e il nostro diritto di parola, aldilà degli annunci demagogici della politica.
Le risorse già insufficienti destinate all’alta formazione sono oggi attribuite sulla base di due parametri: il costo standard necessario alla formazione di ciascuno studente sul territorio nazionale, un parametro del tutto inappropriato quando si deve finanziare la crescita culturale del paese, e la qualità della ricerca stimata attraverso il parametro VQR (Valutazione della Ricerca), un elefantiaco sistema di valutazione che ha creato una situazione di confusione montante e di conflittualità. Tra l’altro a questo metodo di valutazione sono sottoposti docenti sottopagati e del tutto privi, da anni, di fondi per la ricerca, cioè delle risorse minime per ottenere i risultati per i quali sarebbero valutati. Il risultato di queste politiche è stato la penalizzazione di risorse, di aree disciplinari, di atenei e territori, soprattutto (ma non esclusivamente) al Sud.
Chiariamo subito che siamo per la valutazione, una valutazione seria che non guardi a numeretti (IF e citazioni) su cui molti organismi internazionali hanno seri dubbi, ma alla qualità reale della produzione.
La protesta STOP VQR intende porre un punto di svolta e di non ritorno.
Non è vero che sia responsabile implementare un sistema che non valuta ma punisce.
Per scegliere insieme le forme di protesta e proporre un’azione comune che sia efficace è convocata una
ASSEMBLEA DEL PERSONALE DOCENTE
E TA DELL’ATENEO DI CATANIA
LUNEDI’ 1 FEBBRAIO ALLE ORE 17,00 PRESSO L’AULA 3 DEL PALAZZO CENTRALE
USPUR – SEZIONE DI CATANIA
RETE29APRILE – NODO DI CATANIA
CUDA – COORDINAMENTO UNICO DI UNICT PER UN’UNIVERSITA’ PUBBLICA LIBERA, APERTA E DEMOCRATICA