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Sulla contemporaneità

È stato pubblicato il numero 21 (Anno X – Gennaio 2020) della rivista Vita pensata.
La sezione monografica è dedicata all’analisi di alcuni aspetti della contemporaneità: educazione, potere, tecnologia, società, estetica, metafisica.
Sono particolarmente soddisfatto che molti degli articoli e saggi siano dovuti a membri del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Unict: docenti, dottorandi, studenti. L’Università di Catania è soprattutto questo: un luogo di ricerca e di pensiero fecondo (e anche giovane).
È possibile leggere e scaricare la rivista nei suoi due formati ai seguenti indirizzi:
Vita pensata (numeri in pdf)
Vita pensata (sito)
Nella hp del sito si trovano tutti gli articoli (con in fondo a ciascuno di essi la versione in pdf) e l’indice completo del numero, che comunque pubblico anche qui sotto insieme al testo del breve editoriale.

Il fatto educativo

Metto a disposizione la registrazione audio dell’intervento che ho svolto il 29.11.2019 nel Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania, in occasione di un Convegno organizzato dall’Associazione Nazionale Docenti su La scuola che vogliamo. Idee e proposte per una scuola democratica. Il mio intervento ha avuto come titolo La scuola socratico-gramsciana e la scuola del liberismo.

Sono partito dalla constatazione che le riforme scolastiche e universitarie avviate in Italia dalla fine degli anni Novanta del Novecento con il ministro Luigi Berlinguer e proseguite con tutti i suoi successori -qualunque fosse il loro schieramento politico- hanno avuto l’effetto di dissolvere il valore reale dei diplomi e delle lauree, regalandoli a tutti indistintamente e cancellando in tal modo l’unico mezzo di promozione sociale di cui dispongono i ceti e gli individui più svantaggiati. La gestione di tali riforme è stata inoltre affidata non più a direttori e presidi ma a DS, Dirigenti Scolastici, presidi manager e padri-padroni.
L’abbassamento del livello qualitativo nella preparazione degli alunni della scuola primaria e secondaria ha avuto immediate conseguenze sull’Università, dove la conoscenza è diventata un carico di merci i CFU, crediti formativi– da scambiare secondo le regole di un capitalismo non si sa se più arcaico o postmoderno.
Tutto questo è parte della colonizzazione che il nostro Continente sta subendo e che rischia di dissolvere l’identità dell’Università europea come era stata pensata e realizzata nell’Ottocento da Wilhelm von Humboldt, vale a dire una Università istituzionalmente libera dai poteri politici ed economici e soprattutto per questo in grado di svolgere la sua funzione al servizio della scienza, nella unità e pluralità del sapere.
La decadenza dell’Europa è invece testimoniata anche dal tramonto di tale modello a favore di una struttura al servizio del potere politico (qualunque esso sia) e degli organismi finanziari volti alla perpetuazione dell’esistente. Difendere l’università europea humboldtiana contro la sua degenerazione burocratica significa semplicemente garantire il presente e il futuro della scienza e quindi dell’intero corpo sociale.

Con la trasformazione delle materie in crediti da accumulare, lo studio dei nostri studenti è diventato trafelato e quindi superficiale, frammentario, lacunoso. E soprattutto è diventato sempre più apparentemente facile. Lo studio, invece, è un piacere ma è anche sempre determinazione e impegno. Studiare, apprendere, capire il mondo è qualcosa di splendido che, come tutto ciò che vale, richiede tenacia e fatica.
La ragione forse ultima e più profonda di questo pervicace danno didattico ed esistenziale sta nel fatto che governi, media, tecnici della didattica sono attivamente impegnati ‒ciascuno per la sua parte‒ a favorire la costruzione di un Corpo sociale incompetente e passivo. E dunque più facilmente manipolabile. L’obiettivo è ridimensionare, e in prospettiva eliminare, uno dei pochi ambiti della vita sociale ancora istituzionalmente autonomi e culturalmente critici.
L’Università italiana ha naturalmente le sue zone oscure, le sue grandi e gravi responsabilità, disfunzioni, complicità, ma i provvedimenti legislativi e la disinformazione sistematica invece di contribuire a fare luce e a migliorarla producono una sua complessiva delegittimazione che serve soltanto ai poteri finanziari, una delegittimazione che priva di risorse la ricerca, che ruba il presente e il futuro ai nostri figli.
A questo proposito, mi sono esplicitamente riferito alla situazione di Unict e ho parlato in difesa dell’amministrazione del Rettore Giacomo Pignataro, il quale aveva tentato di restituire correttezza e normalità al nostro Ateneo e che invece (forse anche per questo?) è stato sottoposto a una campagna giudiziario-mediatica denigratoria, dentro la quale si muovono le forze più oscure della città. Campagna che capovolge la realtà trasformando alcuni dei responsabili della corruzione in accusatori e alcune delle vittime in accusati. La Sicilia rimane la terra di Pirandello, oltre che del Giorno della civetta.

Ho poi ribadito che la conoscenza e la sua trasmissione non costituiscono soltanto opera di formazione ma soprattutto e prima di tutto opera di educazione. La formazione intende plasmare dall’esterno, l’educazione riconosce invece che la propria funzione consiste nel far emergere da corpimente autonomi il meglio di cui essi sono capaci.
Il vero cuore dell’educazione è la relazione tra persone, l’apprendere insieme. Ogni persona che insegna, infatti, non trasmette soltanto delle informazioni, delle nozioni, degli strumenti tecnici ma sempre anche un modo di porsi di fronte agli altri, di fronte alle regole, di fronte alle difficoltà, di fronte alle idee e ai comportamenti.
Il docente insegna sempre se stesso. E questo accade che lo sappia o non la sappia, che se ne accorga o meno, che tematizzi la questione o la ignori. Il grande successo di molti insegnanti o il fallimento di tanti altri dipende soprattutto da come si affronta questo aspetto cruciale della professione docente.
La scuola è prima di tutto un’educazione a crescere nella libertà, mediante il rigore dei contenuti disciplinari, delle conoscenze, del sapere. Opporre le competenze alle conoscenze è funzionale alla trasformazione della scuola da spazio di elaborazione critica a luogo di utilizzo di strumenti pensati da altri.
Ciò che è in gioco non è un  qualche consolidato metodo didattico; è in gioco –né più né meno– la libertà intellettuale e la capacità progettuale delle nuove generazioni. È in gioco la salvaguardia di due articoli fondamentali della Costituzione della Repubblica:

«L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento» (33)
«I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi» (34)

A tali principi si vuole sostituire una scuola ridotta a cinghia di trasmissione dei programmi confindustriali, volti a creare soltanto quadri esecutivi, incapaci di quella critica dell’esistente che è il portato più fecondo della storia europea. Un modello di istruzione terapeutica e socializzante priva di qualunque spessore culturale e ridotta a tenere in qualche modo i ragazzi a scuola per non lasciarli sulle strade.
La scuola non può “garantire a tutti pari opportunità di successo formativo” ma deve certamente offrire a ogni membro del corpo collettivo uguali occasioni di apprendimento.
La struttura dell’educazione è socratica. Nessun docente può garantire alcun risultato se in chi lo ascolta non c’è predisposizione all’apprendere e volontà di riuscirci. L’educatore non è onnipotente; l’educando non è una macchina plasmabile in qualsivoglia forma.
Rapporto fra persone, incontro di libertà; in questo consiste il fatto educativo.

La registrazione dura 26 minuti:

Scuola dell’ignoranza

La scuola del liberismo e la crisi delle scienze europee
in La scuola dell’ignoranza
A cura di Sergio Colella, Dario Generali e Fabio Minazzi
Mimesis 2019
Pagine 118-140

Grande è la difficoltà dell’educare. Nonostante  la centralità che attribuisce all’educazione, Platone esclude un’uguaglianza meccanica dei suoi risultati; sa che una precondizione è l’armonia tra intelletto e carattere; inserisce il fatto educativo nella più vasta dimensione sociale ritenendo responsabili del successo o del fallimento l’intera comunità e non soltanto gli educatori; rifiuta sia la mera costrizione autoritaria come la riduzione del peso dell’apprendere; è convinto, infine, che la vera educazione consista nel far emergere qualcosa di totalmente autonomo dall’educante e che è presente invece nell’educato. Persino per i Sofisti e per Isocrate lo studio e l’esercizio non bastano se non sono sostenuti da un adeguato talento naturale. Se uno di questi tre elementi viene a mancare, l’educazione non può che fallire.
La struttura del fatto educativo è socratica. Nessun docente può garantire alcun risultato se in chi lo ascolta non c’è predisposizione all’apprendere e volontà di riuscirci. L’educatore non è onnipotente; l’educando non è una macchina plasmabile in qualsivoglia forma; l’educazione è rapporto fra persone, incontro di libertà.
Scuole e università realmente democratiche dovrebbero basare le proprie valutazioni su criteri non di fortuna familiare, di padrinaggio politico, di appartenenza ideologica o di promozione indiscriminata, ma sul merito personale, sulla competenza e sulla volontà. Regalando a tutti dei diplomi e delle lauree frutto di un insegnamento dequalificato e superficiale –e quindi inutile–, i “riformatori”  all’opera in Occidente negli ultimi decenni stanno confermando in realtà la sostanza vecchia e classista dei loro progetti, che si esprime anche nella Società dello spettacolo diventata la Società dell’ignoranza.
Un’ignoranza che non sa di esserlo o che persino si vanta di esserlo. Molte persone ritengono infatti del tutto normale rinunciare ai fondamenti del pensiero argomentativo, con il quale si cerca di dimostrare le proprie tesi, a favore di una esposizione fondata sul sentito dire delle piattaforme digitali, sul principio di autorità, su impressionismi psicologici, su una comunicazione aggressiva.

Indice del saggio
-Uno sguardo al recente passato delle riforme scolastiche
-Effetti delle riforme scolastiche sulla formazione universitaria
-Sul finanziamento della ricerca
-Università, società, cultura
-Conoscenze e competenze
-Grecità e Globalizzazione
 

[Photo by Brandi Redd on Unsplash]

Sulla scuola

L’Associazione Nazionale Docenti (AND), della quale molti anni fa diressi il Centro Studi, organizza venerdì 29.11.2019 a Catania un incontro seminariale dal titolo La scuola che vogliamo. Idee e proposte per una scuola democratica. Vi terrò un intervento dal titolo La scuola socratico-gramsciana e la scuola del liberismo, articolato nei seguenti punti:

-Uno sguardo al recente passato delle riforme scolastiche
-Effetti delle riforme scolastiche sulla formazione universitaria
-Università, società, cultura
-Conoscenze e competenze
-Il fatto educativo

Attraverso tale percorso cercherò di mostrare come il vero cuore dell’educazione sia la relazione tra persone, l’apprendere insieme. Ogni insegnante, infatti, non trasmette soltanto delle informazioni, delle nozioni, degli strumenti tecnici ma sempre anche un modo di porsi di fronte agli altri, di fronte alle regole, di fronte alle difficoltà, di fronte alle idee e ai comportamenti. Il docente insegna sempre se stesso. La scuola è prima di tutto un’educazione a crescere nella libertà, mediante il rigore dei contenuti disciplinari, delle conoscenze, del sapere.

L’incontro si svolgerà a partire dalle 15,00 nell’Aula Magna del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali di Unict: Programma completo (pdf)

 

Il caso Catania e i concorsi universitari

Sul numero 20 di Vita pensata (settembre 2019) è stata pubblicata un’ampia, circostanziata, non conformista analisi di Francesco Coniglione sulla questione dei concorsi universitari, a partire dalle inchieste che hanno coinvolto l’Ateneo di Catania. La lettura di questo saggio fa emergere la complessità dell’argomento, del tutto oscurata -ovviamente- dalla cosiddetta informazione giornalistica.

Coniglione descrive con grande chiarezza i meccanismi imposti dalla riforma Gelmini per la chiamata dei docenti universitari, a partire dall’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), e in particolare (perché questo è il punto) per il passaggio da ricercatori a professori associati e da associati a ordinari; evidenzia la loro complessità, per lo più ignota a chi si occupa di Università, soprattutto se lo fa in sede soltanto giudiziaria e in modalità scandalistiche; fa emergere la natura potenzialmente criminogena di alcune di queste norme; illustra i modi nei quali vari Atenei cercano di affrontare la questione con i loro regolamenti interni; accenna alla particolare severità del regolamento vigente nell’Università di Catania; affronta la questione dei baroni e della cooptazione; indica alcune possibili soluzioni rispetto alle procedure previste dalla legge in vigore.
Il testo richiede dunque attenzione e tempo, due beni non molto diffusi tra i lettori della Rete. In cambio, però, permette di comprendere la radice e le forme di ciò che è accaduto a Catania e che avviene allo stesso modo in tutti gli Atenei d’Italia, i quali sarebbero dunque tutti nella medesima situazione di Catania se la magistratura delle loro sedi se ne volesse occupare.
Consiglio quindi la lettura di questo testo a chi è davvero interessato a capire; esso fornisce gli strumenti giuridici e concettuali a partire dai quali ciascuno potrà poi liberamente elaborare un giudizio comunque più informato rispetto non soltanto alle notizie propagandate dai pessimi siti catanesi ma anche rispetto alla media della stampa italiana.

Questo numero di Vita pensata è dedicato per intero a tematiche scolastiche e universitarie; inserisco qui anche il pdf dell’editoriale: Severe ludere.

Classico

Attualità dell’antico
recensione a:
Lucio Russo

Perché la cultura classica.
La risposta di un non classicista
Mondadori, 2018
Pagine 224
in Vita pensata 20 – settembre 2019
Pagine 58-60

Tra gli elementi che compongono il patrimonio vitale del nostro Continente ci sono il metodo dimostrativo perfezionato durante l’ellenismo, la democrazia greca, il diritto romano. Tre elementi che una vera e propria barbarie sta progressivamente ma tenacemente eliminando sia dalle scuole europee sia dagli studi superiori, con una serie di motivazioni molto diverse ma tendenti tutte -che ne siano consapevoli o meno- alla dissoluzione di ciò che a partire dal VI secolo a.e.v. è stata l’Europa.
Non si tratta di difendere i Greci o di proporre la salvaguardia di una qualche forma di classicismo, si tratta di garantire le condizioni minime della nostra autocomprensione e della conseguente capacità di agire in modo equilibrato, consapevole e fecondo, invece che come marionette in mano ai modi di produzione dominanti. 

La Quercia e la Bestia

Venerdì 27.9.2019 si svolgerà la Notte europea dei ricercatori, di tutte le persone che nelle Università del nostro Continente si dedicano alla ricerca negli ambiti più diversi della conoscenza. Come lo scorso anno, anche l’Ateneo di Catania sarà coinvolto con numerose iniziative.
Tra quelle che si terranno nel mio Dipartimento, una si intitola Scegli un libro al Monastero. Dalle 21,00 alle 23,00 nella Sala di lettura della nostra Biblioteca presenteremo infatti dei libri. Io parlerò di Regno animale, romanzo dello scrittore francese Jean-Baptiste Del Amo, pubblicato nel 2016.

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