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Sulle lezioni 2021

Ho concluso le lezioni dell’a.a. 2020/2021. Ringrazio gli studenti che con la loro presenza hanno reso i tre corsi che ho svolto vivaci, sensati, interattivi e possibili. Tali lezioni, infatti, hanno corso il rischio di non tenersi. E questo per le ragioni indicate in una lettera da me inviata il 23 dicembre 2020 sia al Rettore di Unict, Prof. Francesco Priolo, sia al Direttore del Dipartimento di Scienze Umanistiche, Prof.ssa Marina Paino. Riporto qui sotto parte della lettera inviata al Rettore. I brani omessi riguardano comunicazioni riservate.

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Caro Francesco,
[…]
Insieme all’augurio di una buona fine d’anno vorrei comunicarti qualcosa a proposito di ciò che tu e il DG ci avete scritto oggi, in particolare sul fatto che «la rinuncia più grande hanno dovuta patirla i nostri studenti».
Condivido questa affermazione, confermata da quanto uno studente mi ha scritto qualche giorno fa.

[Qui ho riportato una lettera che ho già pubblicato in questo sito: La grande reclusione]

Mi sembra una lettera dolente, saggia e drammatica.
Una lettera che dimostra essere la salute qualcosa di non riducibile alle sole dimensioni organiche, attingendo invece alle strutture psichiche, ambientali, relazionali.
Aver ignorato e continuare a ignorare la complessità della salute è una delle cause più gravi del malessere collettivo che si sta diffondendo. Aver limitato i comitati tecnici ai soli medici -sia da parte dei governi sia da parte delle università- è una clamorosa dimostrazione dei danni del riduzionismo. Avresti dovuto consultarti, caro Francesco, non soltanto con i medici di Unict ma anche con i sociologi, gli psicologi, i filosofi. Così, invece, sia l’amministrazione centrale, il Governo, sia le altre avete preso decisioni parziali, discutibili a volte sbagliate, pericolose e dannose.
Ho diffuso il testo di D. su vari canali e l’ho commentato sul mio sito: La grande reclusione.
Se leggerai questo mio intervento, vedrai con quanta difficoltà ho vissuto le ‘lezioni’ dello scorso a.a.
[…]
Ti comunico comunque sin da ora che non intendo ripetere l’esperienza dello scorso anno. Speriamo naturalmente di poter da qui a marzo rientrare nelle aule ma non ho intenzione di tornare a parlare come un alienato con un monitor. Se non vi sarà la possibilità di avere degli studenti in aula, anche pochi, io non farò lezione, anche a costo di provvedimenti disciplinari. Credo infatti che la mia SALUTE valga quanto quella degli altri -anche se non si tratta di Sars2- e non intendo metterla a repentaglio.
Aggiungo che per chi prende sul serio il proprio lavoro di insegnante (uso di proposito questa parola, invece che ‘professore’) un metodo didattico non vale l’altro. Come abbiamo scritto con Monica Centanni, «il docente ha altresì il diritto di rifiutarsi di svolgere le lezioni in modalità non compatibili con le linee etiche e deontologiche che definiscono la qualità del suo insegnamento» (Iuxta legem. Dei doveri e dei diritti dei docenti universitari in tempo di epidemia. Una guida, in Corpi e politica). 

Come sai, ritengo le modalità telematiche del tutto estranee al mio metodo didattico, direi pienamente in conflitto con esso.
E questo nonostante io scriva (un giorno sì e un giorno no) da 12 anni sul mio sito personale; sia il curatore di vari spazi telematici; abbia pubblicato un libro dedicato alla filosofia del computer (Cyborgsofia. Introduzione alla filosofia del computer ) e stia connesso alla Rete 24 ore su 24. Proprio perché sono molto competente nel virtuale, ritengo la modalità digitale una negazione del fatto educativo.
Non posso venire meno alla mia identità di docente, anche per le ragioni di nuovo indicate da me e dalla collega Centanni: «È comunque dovere/diritto del docente attivare e promuovere, anche fra gli studenti, la consapevolezza critica che la scelta del canale ‘televisivo’ – e del metodo e della retorica connessi a quella modalità di comunicazione – si pone come modalità alternativa rispetto alla tradizione di una paideia positivamente consolidata da secoli in Italia e in Europa e, di fatto, incentiva l’assimilazione delle nostre università con le università telematiche parificate, che in Italia già proliferano in modo abnorme, grazie a scelte legislative scellerate».
Ti ringrazio per l’ascolto […]. Ti auguro di trascorrere insieme ai tuoi cari delle feste fatte di sguardi e di abbracci veri.
Alberto
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A conferma di quanto scritto in questa lettera, quando -a causa della positività al virus di uno studente- tutte le lezioni del corso di Scienze Filosofiche sono state spostate esclusivamente sulla piattaforma MSTeams, ho interrotto per due settimane le mie lezioni. Poi le abbiamo riprese e serenamente concluse, nello spaziotempo reale, nella vita dei corpimente, nella densità del fatto educativo come fatto socratico.

[Questo testo è stato pubblicato anche in Corpi e politica e Girodivite]

Medicina

Dopo il primo incontro -dedicato a Viaggio al termine della notte Morte a credito– continueremo il nostro percorso dentro l’opera di Louis-Ferdinand Céline occupandoci della tesi di laurea in storia della medicina, che discusse nel 1924.
Il ciclo è organizzato dall’Associazione Studenti di Filosofia Unict.
L’appuntamento è per il 12 marzo 2021 alle 15,30 nella sede del Centro Studi di via Plebiscito 9, a Catania. L’evento è purtroppo (ma inevitabilmente) a numero chiuso. Le richieste di partecipazione vanno inviate all’indirizzo dell’Associazione: assocstudfilunict@gmail.com.

«Niente è gratuito in questo basso mondo. Tutto si espia, il bene, come il male, si paga prima o poi. Il bene è molto più caro, per forza. […]
Semmelweis attingeva la sua esistenza a fonti troppo generose per essere ben compreso dagli altri uomini. Egli era di quelli, troppo rari, che possono amare la vita in ciò che essa ha di più semplice e di più bello: vivere. L’amò oltre il ragionevole. Nella Storia  la vita non è che un’ebrezza, la Verità è la Morte»

(Il Dottor Semmelweis, Adelphi 2002, pp. 12 e 28).

Lezioni 2021

Lunedì primo marzo avranno inizio le lezioni dei tre corsi che terrò nel 2021 nel Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania.
Riassumo qui gli argomenti dei corsi, l’articolazione dei programmi, i libri e i saggi che analizzeremo, gli orari delle lezioni.
I link ai titoli rinviano a presentazioni o a recensioni e -in alcuni casi- al pdf del testo.
Il link al titolo di ogni corso apre la pagina Disum con le informazioni relative alle modalità di svolgimento delle lezioni, ai prerequisiti richiesti (da prendere molto sul serio), alla scansione del programma, agli esami.
Qui il pdf con l’orario completo dei tre corsi e l’indicazione dei giorni di ricevimento: Biuso Lezioni 2021

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Filosofia teoretica
ATTO MATERIA TEMPO
Corso magistrale in Scienze Filosofiche
lunedì-venerdì 12-14 (aula A7) / mercoledì 10-12 (aula A4)

-Giovanni Gentile, Teoria generale dello spirito come atto puro, in L’attualismo, Bompiani 2014, pp. 71-326

Platone, Timeo, pagine dell’edizione Burnet: 22-24, 27-31, 34, 37-38, 41-42, 47-52, 81, 88-89, 92 (Traduzione consigliata Rizzoli 2018, a cura di F. Fronterotta; l’edizione scelta deve in ogni caso presentare il testo greco a fronte)

LucrezioLa natura, Introduzione, testo criticamente riveduto, traduzione e commento di Francesco Giancotti, Garzanti 2018

-Alberto Giovanni Biuso, Tempo e materia. Una metafisica, Olschki 2020

-Id., Giovanni Gentile, «Vita pensata», numero 22, maggio 2020, pagine 70-79 [PDF]

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Filosofia delle menti artificiali
UMANITÀ ANIMALITÀ ARTIFICIO
Corso magistrale in Scienze filosofiche
martedì 10-12 (aula A12) / mercoledì 12-14 (aula A12) / venerdì 10-12 (aula A13)

-Barbara GiolitoIntelligenza artificiale. Una guida filosofica, Carocci 2007 [PDF]

-Philip K. Dick, Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, Fanucci 2017

-Eugenio MazzarellaL’uomo che deve rimanere. La smoralizzazione del mondo, Quodlibet 2017

-Alberto Giovanni Biuso,  Animalia, Villaggio Maori Edizioni 2020

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Sociologia della cultura
IL CASO HEIDEGGER
Corso triennale in Filosofia
martedì 12-14 / giovedì 10-12 (aula A9)

-Rocco De Biasi, Che cos’è la Sociologia della cultura, Carocci 2008

-Eugenio Mazzarella, Il mondo nell’abisso. Heidegger e i Quaderni neri, Neri Pozza 2018

-Friedrich W. von Herrmann – Francesco Alfieri, Martin Heidegger. La verità sui Quaderni neri, Morcelliana 2016

-Alberto Giovanni Biuso, Quaderni neri 1931/1938 (Riflessioni II-VI), «Discipline Filosofiche», 10 dicembre 2015 [PDF]

-Id., recensione a Martin Heidegger. La verità sui Quaderni neri, «Giornale di Metafisica», 1/2017, pagine 356-362 [PDF].

«È il nascere che non ci voleva»

Prosegue anche quest’anno l’iniziativa dell’Associazione Studenti di Filosofia Unict dedicata a Filosofia e letteratura. Nei precedenti cicli ci siamo occupati di Proust (2018), Dürrenmatt (2019), Gadda (2020, un solo incontro quasi…clandestino).
Quest’anno parleremo di Louis-Ferdinand Céline. Inizieremo venerdì 12 febbraio 2021 alle 15,30 nella splendida sede del Centro Studi di via Plebiscito 9, a Catania. Converseremo sui primi due romanzi di Céline: Viaggio al termine della notte (Voyage au bout de la nuit, 1932) e Morte a credito (Mort à crédit, 1936).
Non la notte che ci avvolge, non il buio che percorriamo ma la notte che siamo. La potenza della solitudine. L’invincibile muraglia del destino, ai cui piedi si ricade «ogni sera, sotto l’angoscia dell’indomani, sempre più precario, più sordido». Lo studio, l’istruzione che fa l’orgoglio di un uomo e attraverso la quale «bisogna proprio passare per entrare nel cuore della vita; prima, ci si gira soltanto intorno», tanto che non basta essere ostinati e carogne se non si aggiunge la cognizione, la quale soltanto consente di andare più lontano degli altri. Qualunque cosa accada, è da soli che si muore perché la morte è inseparabile dal nostro essere, è l’altro nome dell’individualità, è la prima sostanza e l’ultimo apprendimento: «La verità di questo mondo è la morte».
Tutto questo e molto altro è il Voyage. Una narrazione che va da Parigi al Congo, dal fronte franco-germanico a Detroit, «dalla vita alla morte». Spinta da una inesausta «voglia di saperne sempre di più», intessuta e materiata di un linguaggio senza modelli, insieme gergale ed elegante, immediato e raffinato, sensuale e plebeo senza mai essere volgare.
Una volta entrati nel puro ritmo che è la scrittura di Céline, a poco a poco si penetra –fino a sprofondare- nell’epica allucinazione che è la vita, nel delirio del grumo di tempo che si è, nella comprensione esaltata e senza speranza dell’esistere. Mort à crédit prosegue il viaggio dentro la famiglia, le istituzioni educative, personaggi sognatori e imbroglioni, eloquenti e spregevoli, infimi e grandi.
Tenteremo un confronto tra Céline e Proust e cercheremo di comprendere il nesso tra la morte, l’infinito, il tempo. «Ah, è terribile però…hai voglia d’esser giovane quando t’accorgi per la prima volta…come la gente la si perda per via…compagni che non rivedremo più…mai più…che son scomparsi come tanti sogni…che tutto è finito…svanito…che anche noi ci perderemo così…un giorno ancor molto lontano…ma ineluttabilmente…nello spietato torrente delle cose, delle persone…dei giorni…delle forme che passano…che non si fermano mai…».

Il sonno della ragione

Recensione a:
Autori Vari
Filosofi in ciabatte. Divagazioni filosofiche ai tempi del Coronavirus

A cura di Mario Graziano
Corisco Edizioni, Roma-Messina 2020
Pagine 206

in il Pequod , anno 1, numero 2, novembre 2020, pagine 54-57

La filosofia, che si presenti in ciabatte (Armchair Philosophy) o in cattedra, ha il diritto e il dovere di rifiutare ogni superstizione, di demistificare ogni tesi che si ponga come assoluta, sempre vera, portatrice del Bene. Di demistificare anche la vita quando essa si presenta separata da ogni altro elemento del mondo. Il libro che ho recensito è nato su iniziativa del Coordinamento della Ricerca Italiana delle Scienze Cognitive e costituisce una indagine plurale e da diverse prospettive sugli aspetti più controversi della situazione nella quale da più di un anno siamo immersi. Nella recensione ho cercato di dar conto dei contributi che a me sono parsi più fecondi ma il testo è interamente e gratuitamente disponibile sul sito dell’editore.
La copertina del volume riproduce il capriccio numero 43 di Francisco Goya, dal titolo El sueño de la razón produce monstruos. I mostri dell’irrazionalità, dell’ignoranza, del terrore. Che si esprimono in una miriade di manifestazioni, decreti, articoli di stampa, programmi televisivi. E anche nelle gravi decisioni prese dalla Crus (Conferenza dei Rettori delle Università Siciliane), fondate su procedure poco scientifiche e socialmente rovinose. Ne ho parlato in un articolo pubblicato su corpi e politica e girodivite. Lo riproduco qui anche e soprattutto perché contiene la testimonianza struggente e concreta di una studentessa dell’Università di Udine.

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«Non sanno nemmeno che faccia abbiamo»
(14.1.2021)

Le gravi decisioni prese anche dalla Crus (Conferenza dei Rettori delle Università Siciliane, che meglio sarebbe rinominare Crux) sono fondate su procedure scarsamente scientifiche e socialmente esiziali, che abbiamo segnalato anche qui: Linguaggio, potere, epidemia.
Dopo aver letto questo articolo, il collega Alessandro Pluchino -fisico dell’Università di Catania- mi ha trasmesso un intervento di qualche tempo fa di Giorgio Parisi, fisico anch’egli e Presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, il quale scrive, tra l’altro, che «come ha richiamato chiaramente la commissione COVID-19 dell’Accademia dei Lincei, in assenza di trasparenza, ogni conclusione diviene contestabile sul piano scientifico e, quindi, anche sul piano politico. Che senso ha decidere l’apertura o la chiusura delle Regioni basandosi su un numero non affidabile, con un’incertezza enorme?» (L’indice Rt è inaffidabile).
Anche per questo è grave e storica la responsabilità che i decisori politici e accademici si stanno assumendo con il mettere a rischio non soltanto i diritti degli studenti -i quali continuano a pagare ben reali tasse di iscrizione in cambio di un insegnamento e di servizi da dieci mesi soltanto virtuali– ma subiscono anche conseguenze assai dannose per la loro salute fisica e mentale, come documentano, tra gli altri, sia un testo che abbiamo già pubblicato di D., studente dell’Università di Catania sia quello più recente di una studentessa dell’Università di Udine:

«Buongiorno, stamattina sono qui per ricordarvi che gli studenti universitari non rientrano in ateneo da 11 mesi. Noto che anche dopo le feste nessuno si è degnato di considerare la categoria degli studenti universitari, totalmente abbandonata dalle istituzioni e da un ministro che ormai latita da un pezzo. In questi 11 mesi abbiamo continuato a pagare le tasse nonostante i problemi economici che tante famiglie avranno avuto e non è stato trovato uno straccio di soluzione. Sono 11 mesi che ci stiamo spersonalizzando davanti a un computer, ci sono docenti che non sanno nemmeno che faccia abbiamo e noi non sappiamo che faccia abbiano i docenti. L’Università con la U maiuscola è un posto dove si coltivano menti e si scambiano idee, menti e idee che non possono essere coltivate e scambiate tramite un pc, tramite una didattica a distanza che funge solo da palliativo per una situazione di agonia. Un paese che non si interessa del futuro dei suoi giovani è un paese vecchio, che si lamenta però quando quei giovani se ne vanno via per venire valorizzati in altri paesi. Io ormai sono esausta, stanca di sentire ogni giorno le stesse parole e di non ricevere risposte. Risposte che il paese mi deve e ci deve perché siamo anche noi cittadini, gli studenti universitari non sono studenti di serie B, sono studenti che meriterebbero un encomio per come hanno vissuto e gestito questa situazione, lasciati fondamentalmente ad “autogestirsi”. Sono momenti di vita che non ci restituirà nessuno, e non me ne vogliano i genitori di figli piccoli, però la laurea non capita tutti i giorni, la gioia di uscire dall’università dopo aver passato un esame difficile che ci stava addosso come un macigno, il poter avere un confronto diretto con i docenti e non dover sgomitare “virtualmente” su una piattaforma per farci sentire, la stesura della tesi (che vi lascio solo immaginare cosa significhi non avere il relatore vicino), sono tutti momenti che a nessuno è venuto in mente di considerare, e di considerare quanto per noi sia doloroso andare avanti così. Sto iniziando il mio secondo semestre del secondo anno di magistrale e quindi sto concludendo il mio percorso universitario davanti a uno schermo e non lo auguro a nessuno.
Rendo questo post pubblico se qualcuno volesse condividerlo (nel caso lo faceste ve ne sarei grata davvero). È uno sfogo diverso che affido ai social nella speranza che tanti si accorgano che anche noi esistiamo».
Fonte: pagina Facebook di Alessandra Peru (4.1.2021)

Mi sembra un testo davvero saggio e commovente, una testimonianza struggente, concreta e splendida da parte di una studentessa la quale ha compreso che cosa significhi essere parte della Communitas universitaria e di che cosa la stiano privando le irrazionali, contraddittorie, miopi scelte dei decisori politici e accademici, a partire da uno dei più discutibili, un soggetto politico e insieme accademico, il ministro dell’Università Gaetano Manfredi, che anche alla Federico II di Napoli, della quale è stato rettore, ricordano senza nostalgia.
Almeno Lucia Azzolina (laureata nel Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania) si è battuta, pur con scarsi risultati, per tenere aperte le scuole, mentre Manfredi è, come scrive la studentessa Peru, «un ministro che ormai latita da un pezzo».

La grande reclusione

Ha ben appreso il significato della filosofia, e quindi, dell’esistenza, chi pensa che «la vita non vale niente se non vale più della vita». È quanto scrive un mio allievo a conclusione di una testimonianza straordinaria nella sua lucidità, nel suo dolore, nella consapevolezza e nella verità.

«Caro Professore,
Le scrivo per dirLe che al momento non mi sento una persona felice.
Da mesi ormai sento che la vita mi si dà soltanto come ricordo e come esigenza. Al mattino sto, inerte, innanzi alle mie aspettative e a quelle altrui, incapace di rispondere sia alle une che alle altre, e la sera ascolto gli echi della mia vita passata, l’unica che riesco a portare al livello della presenza. Nei miei vent’anni, sento che la vita mi chiede molto e sento di voler chiedere molto alla vita: il peso dei miei desideri e del futuro mi opprime in modo silenzioso, è sufficiente la loro sola esistenza. E le suole di piombo del mio passato mi impediscono di compiere anche un solo passo in avanti.
Da mesi ormai la mia vita è questo oscillare tra il prima e il dopo, senza una linea continua che li unisca e che possa chiamare presente. Mi è stato chiesto di vivere di meno e l’ho accettato, non posso  altrimenti. Ne soffro e mi viene chiesto di sentirmi in colpa per questo, perché è poca cosa vivere a un metro dagli altri, perché ho ancora tutta la vita davanti, perché bisogna fare sacrifici e avere rispetto dei morti, dell’emergenza sanitaria, bisogna essere responsabili e comportarsi bene. Per carità, non lo nego.
Ma la filosofia mi ha insegnato che per avere rispetto della vita occorre avere rispetto del tempo e della morte, porgere loro la propria amicizia. Ho imparato presto qual è la differenza tra una vita e un’esistenza e temo che la nostra epoca abbia, da molto ormai, dimenticato che la vita è un’altra cosa dall’essere-in-vita, dai parametri che la medicina, l’economia e la politica usano per governare i nostri corpi. La vera tragedia di questa pandemia non è né la morte né il dolore, ma le morti asettiche in ospedale, il fallimento delle attività commerciali, la privazione di un sorriso o di un abbraccio. Per molti la filosofia è solo chiacchiera; per me è l’unico vaccino che ci salva.
E così sto qui, ad un metro di distanza dalla vita, a ricordare impotente che la vita non vale niente se non vale più della vita.
La ringrazio per l’ascolto,
D., uno studente responsabile».

La condizione della quale parla D. è complessa. Un suo evidente elemento è la clausura, la reclusione, il confino. Elementi che non a caso sono parte delle strutture punitive degli Stati. Elementi che, al di là degli autoinganni della cosiddetta ‘società aperta’, diventano sempre più universali, imponendosi a tutti i cittadini. Infatti, «oltrepassata la soglia, la società diventa scuola, ospedale, prigione, e comincia la grande reclusione. Occorre individuare esattamente dove si trova, per ogni componente dell’equilibrio totale, questa soglia critica» (Ivan Illich, La convivialità, Red, Como 1993, pp. 11-12).
Del tutto empatico con quello dello studente D. è stato il mio sentimento di docente di tre corsi svolti nel Dipartimento di Scienze Umanistiche di Unict nell’a.a. 2019-2020. Conclusa la finta lezione, posto fine al collegamento, rimaneva l’aula silenziosa, vuota, perduta. L’amarezza di quegli istanti per il mancato incontro, per la distruzione del fatto educativo – che è un evento in primo luogo fisico, corporeo, spaziotemporale – è un sentimento che non dimenticherò.
Una conseguenza positiva è che questi sentimenti di amarezza e dolore mi hanno aiutato a capire. Mi hanno aiutato a comprendere meglio le motivazioni delle potenze economiche digitali (come Microsoft, proprietaria di Teams e cioè della piattaforma utilizzata per le finte lezioni di Unict) e dei decisori politici al loro servizio, come il governo italiano e le amministrazioni universitarie. E mi hanno quindi spinto ad agire  come posso – insieme ad altri colleghi – contro la distruzione dell’Università, perché è questo l’obiettivo ultimo: la trasformazione delle Università pubbliche in cloni di Unipegaso.

Ivan Illich aveva compreso a quale barbarie conduce il culto per la ‘vita’ a ogni costo, per un fantasma che ignora le dimensioni psicosomatiche, complesse, temporali della salute; aveva compreso dove conduce il culto per un totem collettivo al quale sacrificare ogni pietà, ogni buon senso, ogni fermarsi davanti al limite delle tecnologie sanitarie e politiche e alla necessità che gli umani nutrono di incontrare l’altro.
Il risultato è che si muore sempre più soli e sempre più disperati; l’epidemia da Covid19 sta portando al culmine tale dinamica.
«L’attuale frenesia medica è una chiara manifestazione di ciò che i greci definivano hybris: non più soltanto una trasgressione del limite -la qual cosa sarebbe ancora, malgrado tutto, un modo di riconoscerne l’esistenza- ma un’ignoranza o una ricusazione dell’idea stessa di limite. La Nemesi che colpisce questo accecamento non consiste solo nel morire male, ma anche nel vivere male. L’impresa medica, che si presenta come la punta avanzata e meno contestabile del progresso, è divenuta un fattore di decivilizzazione. Questa era, in ogni caso, la convinzione di Illich, il quale riteneva che i cittadini di un paese non avessero bisogno di una politica ‘sanitaria’ nazionale organizzata per loro, ma piuttosto di ‘fronteggiare con coraggio certe verità:
-non elimineremo mai la sofferenza;
-non guariremo mai tutte le malattie;
-moriremo’»
(Olivier Rey, Dismisura [Une question de taille, 2014], Controcorrente, Napoli 2016, p. 52; trad. di G. Giaccio).

Il lavoro filosofico questo lo sa da sempre. Ad esempio in Hegel: «Seine Unangemessenheit zur Allgemeinheit ist seine ursprüngliche Krankheit und [der] angeborene Keim des Todes [La sua (dell’animale) inadeguatezza all’universalità è la sua malattia originale; ed è il germe innato della morte]» (Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse, § 375) e in Heidegger: «So wie das Dasein vielmehr ständig, solange es ist, schon sein Noch-nicht ist, so ist es auch schon immer sein Ende. [L’Esserci, allo stesso modo che, fin che è, è già costantemente il suo ‘non-ancora’, è anche già sempre la sua morte]» (Sein und Zeit, GA, vol. 2, § 48, p. 326; trad. di P. Chiodi).
Mesi di regioni ‘rosse’ allo scopo di ‘abbracciarci a Natale’. E il risultato è, appunto, «la grande reclusione». Non basteranno 10 giorni di chiusura tra il 2020 e il 2021. Non basterà mai nulla. Perché non si tratta di salute e di scelte politiche, si tratta di un’ideologia magica e fanatica. Si tratta di nichilismo.

[La lettera di D. è stata pubblicata anche in corpi e politica e su girodivite, con una breve presentazione. Photo by Denny Müller on Unsplash]

Valutazioni didattiche 2020

Pubblico i pdf con le valutazioni didattiche ricevute per i corsi svolti durante l’a.a. 2019-2020 nel Dipartimento di Scienze Umanistiche di Unict.
Di vere lezioni ne ho tenute soltanto tre, una per ogni materia, all’inizio di marzo 2020. Poi è stata la distanza, l’alienazione del parlare a un monitor, la solitudine nell’aula. Il contrario di ogni insegnamento, di ogni pratica socratica, di ogni incontro. Abbiamo fatto molta fatica e per me è risultato sempre innaturale quel tipo di relazione virtuale, vuota, sostanzialmente finta.
Nonostante questi enormi limiti delle lezioni 2020, gli studenti hanno espresso dei giudizi molto positivi, dei quali li ringrazio.

I questionari sono stati compilati sino al 10 ottobre 2020.
Per l’insegnamento di Filosofia teoretica il report non è disponibile a causa del ridotto numero di risposte ricevute sino a quella data.
Per l’insegnamento di Sociologia della cultura hanno risposto al questionario on line 42 studenti (dei quali 6 non frequentanti).
Per l’insegnamento di Filosofia della mente hanno risposto 6 studenti (1 non frequentante).

Questi dati, e quelli relativi a tutti gli insegnamenti impartiti nel Dipartimento di Scienze Umanistiche, si trovano nel sito del Presidio di Qualità di Unict.

Ricordo agli studenti in che modo a marzo iniziammo i nostri tre corsi.

Filosofia teoretica (Eraclito):
Ο Σκοτεινός (535-475), un’oscurità dalla quale sono sgorgate la luce dell’Europa, il lucore della filosofia, lo splendore del divenire, l’impero del tempo. Nel profondo, nell’abisso, nel labirinto, nell’intero.  È dove ci conduce Eraclito. Dove ci conducono insieme Eraclito e Heidegger. Cercheremo di seguirli, come possiamo, nei nostri limiti, in modo da intravedere l’enigma che sta al fondo dell’essere, che lo abita

Sociologia della cultura (Paganesimi e Differenza):
Esercitare lo sguardo filosofico sulla storia e sulle società significa anzitutto e naturalmente andare al di là delle leggende storiografiche con le quali i vincitori confermano il proprio dominio. 
Una delle leggende più diffuse e condivise è quella che riguarda la relazione che tra III e V secolo ev si instaurò tra l’antica religiosità mediterranea e un nuovo culto proveniente dalla Palestina, una relazione che viene presentata in modo completamente distorto, con le vittime che appaiono violente e i violenti che si presentano come vittime. Una relazione che ha condotto, invece, a questo risultato: «Oggi, nel mondo intero, esistono più di due miliardi di cristiani e nemmeno un solo vero ‘pagano’. Le persecuzioni romane lasciarono il cristianesimo abbastanza in forze da poter non solo sopravvivere, ma anche prosperare – fino a prendere il controllo della struttura governativa. Al contrario, quando le persecuzioni cristiane ebbero ufficialmente termine, un intero sistema religioso era stato spazzato via dalla faccia della Terra» (Catherine Nixey, Nel nome della croce, p. 133). Durante il corso di SdC di quest’anno cercheremo di capire come un evento di questa natura sia potuto accadere e quali effetti continua a produrre sul nostro presente.

Filosofia della mente (Menti animali):
«Kritik der Thiere. — Ich fürchte, die Thiere betrachten den Menschen als ein Wesen Ihresgleichen, das in höchst gefährlicher Weise den gesunden Thierverstand verloren hat, — als das wahnwitzige Thier, als das lachende Thier, als das weinende Thier, als das unglückselige Thier [Temo che gli animali vedano nell’uomo un essere loro uguale che ha perduto in maniera estremamente pericolosa il sano intelletto animale: vedano cioè in lui l’animale delirante, l’animale che ride, l’animale che piange, l’animale infelice]» (Nietzsche, La Gaia scienza, af. 224).
«Vanitas vanitatum homo. Ein Menschenthum entstanden sein, — dessen Grundempfindung ist und bleibt, dass der Mensch der Freie in der Welt der Unfreiheit sei, der ewige W u n d e r t h ä t e r , sei es dass er gut oder böse handelt, die erstaunliche Ausnahme, das Ueberthier, der Fast-Gott, der Sinn der Schöpfung, der Nichthinwegzudenkende, das Lösungswort des kosmischen Räthsels, der grosse Herrscher über die Natur und Verächter derselben, das Wesen, das seine Geschichte W e l t g e s c h i c h t e nennt! [Un’umanità il cui sentimento fondamentale è e rimane quello per cui l’uomo è l’essere libero nel mondo della necessità, l’eterno taumaturgo, sia che agisca bene, sia che agisca male, la sorprendente eccezione, il super-animale, il quasi-Dio, il senso della creazione, il non pensabile come inesistente, la parola risolutiva dell’enigma cosmico, il grande dominatore della natura e dispregiatore di essa, l’essere che chiama la sua storia storia del mondo! Vanitas vanitatum homo]»(Nietzsche, Umano, troppo umano II. Il viandante e la sua ombra, af. 12).
Proveremo ad analizzare il modo critico il paradigma antropocentrico, sulla base di alcuni dei più recenti sviluppi delle scienze etologiche e biologiche. L’obiettivo è anche comprendere, alla fine del percorso, la natura e le modalità della mente umana come mente animale.

[La foto di Piazza Università fu scattata da me a fine aprile 2020. Sullo sfondo del tramonto le architetture vuote e solitarie appaiono inquietanti. Un’inquietudine e una tristezza dalla quale non siamo ancora usciti]

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