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La trasparenza totalitaria

Lo scorso 14 maggio 2015 alla Scuola Superiore di Catania si è svolto un incontro molto interessante con la Prof. Valeria Pinto (Università Federico II di Napoli), dedicato al tema della Valutazione. Pinto ha iniziato col dire che mentre preparava l’intervento -dal titolo programmato La bêtise: valutazione e governo della conoscenza– le è sembrato necessario fare un passo indietro e concentrarsi sul nesso valutazione/trasparenza. Tema cui, dopo il libro del 2012 Valutare e punire, ha dedicato uno dei suoi saggi più recenti e più profondi: Trasparenza. Una tirannia della luce, pubblicato nel volume collettaneo Genealogie del presente. Lessico politico per tempi interessanti (a cura di F. Zappino, L.Coccoli e M. Tabacchini, Mimesis 2014). Ha quindi proposto come titolo più adeguato La moneta della conoscenza. Trasparenza e valutazione nella Entrepreneuerial University.
Ho cercato di riassumere per il Bollettino d’Ateneo dell’Università di Catania le linee fondamentali di un intervento che non ha voluto soffermarsi sugli aspetti semplicemente tecnologici della valutazione ma si è incentrato sulla sua sostanza concettuale e politica. L’articolo è stato pubblicato sul numero del 19.5.2015.

Ignoranza e sottomissione

Il CUdA è la struttura di coordinamento dei docenti dell’Ateneo di Catania. Tra i suoi strumenti vi è una lista di discussione piuttosto vivace. Lo scorso 3 aprile il collega Attilio Scuderi vi ha pubblicato la seguente lettera:

«Care e cari,
cito da Repubblica.it

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Ed è sull’università che il ministro [Giannini] annuncia la novità: «Toglieremo l’università dal regime contrattuale della funzione pubblica e costruiremo un contratto proprio. L’università e la ricerca hanno regole specifiche e obiettivi specifici che non sono esattamente quelli del pubblico impiego. Riuscire ad arrivare a un obiettivo del genere sarebbe veramente un grande traguardo”. E si deve avviare una riflessione sul ringiovanimento degli atenei e il reclutamento accademico. “Questo sarà un anno costituente per l’università, come è stato per la scuola. Ricordo che abbiamo liberato garantito 1200 nuovi posti da ricercatore nel biennio, ma ci vuole uno sforzo in più. Sui precari dell’università si deve fare una riflessione più economica, perché sono numeri diversi rispetto alla scuola, ma anche più lungimirante per quanto riguarda la comparazione necessaria con il contesto internazionale. Chi fa ricerca non la fa in Italia, la fa in uno spazio europeo destinato a essere sempre più omogeneo e interscambiabile».
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Lascio valutare a voi cosa questo significhi o possa significare; e quanto possa essere significativa, di contro, la cifra di 1200 rtd [Ricercatori a tempo determinato] a fronte di 10.000 pensionamenti. Certo è singolare questo superamento del  ‘vecchio’ pubblico impiego verso ‘nuove forme contrattuali’…»

Questa è stata la mia risposta:
«Caro Attilio,
è evidente che si tratta di un altro passo -forse definitivo- verso la realizzazione di un progetto da anni tenacemente perseguito: la trasformazione dell’Università da struttura scientifico-didattica a struttura aziendale. Basta aver seguito con un po’ di costanza le attività della Confindustria negli ultimi quindici anni in questo ambito -in particolare i suoi rapporti con il Miur- per rendersene facilmente conto.
È una tendenza in atto dal cosiddetto Processo di Bologna iniziato nel 1999 e voluto con entusiasmo da Luigi Berlinguer. In tutto questo la Confindustria ha goduto del sostegno convinto degli eredi del Partito Comunista Italiano. Le ragioni di tale comportamento possono essere numerose e diverse:

  • un tipico senso di colpa che ha fatto transitare costoro dallo statalismo di marca sovietica al più sfrenato liberismo;
  • i vantaggi in termini personali (carriere, finanziamenti e altro) impliciti in una simile alleanza;
  • il seguire lo ‘spirito del tempo’;
  • l’abituale conformismo.

SpesaIstruzioneTerziariaItalyIl risultato è quello indicato dal grafico che allego (tratto da un breve articolo odierno di Roars). E soprattutto il risultato è quanto tutti noi -docenti e studenti- viviamo ogni giorno, ormai da anni. Per quanto riguarda, infine, gli ‘eredi del PCI’, essi non esistono più. Si sono distrutti da soli, affidando quello che rimaneva del loro partito a un democristiano e ai suoi legami (palesi e nascosti). È il caso, pressoché unico, di un partito che si spiaggia e muore per restituire vita alla ‘Balena Bianca’, al peggio della vecchia Democrazia Cristiana. Riposino in pace. Il dramma è che questi zombie cercano di afferrarci nel loro morire».

La conferma che il Partito Democratico è un assemblaggio di bande criminali, dedite a difendere i privilegi delle peggiori strutture sociali, sta in un fatto assai grave: dal prossimo anno infatti i corsi universitari potranno essere tenuti in piedi da docenti precari e non selezionati, i quali non potranno offrire alcuna garanzia scientifica e didattica ma che avranno il pregio di non essere assunti e di venire pagati poche migliaia di euro all’anno (sì, all’anno). Roars li chiama, giustamente, «non docenti di riferimento». E perché si è arrivati a questo? Soprattutto per garantire la sopravvivenza delle cosiddette ‘università telematiche’, dei diplomifici di infimo livello, presso i quali è possibile, in pratica, comprarsi le lauree. Mantenendo i criteri stabiliti dalla legge -numero minimo di docenti strutturati [di ruolo], numero minimo di docenti ordinari- molte di queste ‘università’ avrebbero dovuto chiudere. Ma la loro capacità di lobbying deve essere assai convincente -e con argomenti concreti- tanto da aver sconfitto persino l’Anvur, l’agenzia nazionale di valutazione della ricerca che è ultrasevera nei confronti delle Università pubbliche e che però ha dovuto cedere di fronte all’influenza che le finte università esercitano sui parlamentari della maggioranza di governo, sul governo stesso e sui partiti che lo sostengono.

Giuseppe De Nicolao giustamente si chiede: «Che legittimità resta all’ANVUR, se non riesce ad imporre un livello minimo neppure alla “zona franca” delle telematiche? Se Fantoni [presidente dell’Anvur] fosse coerente con la sua intervista a Repubblica (titolo: “Lauree facili non fidatevi degli atenei web”), dovrebbe dare le dimissioni in segno di protesta nei confronti del Ministro che lo ha clamorosamente sconfessato. Altrimenti, sembra che tutta la retorica del rigore e della meritocrazia sia solo un pretesto per dismettere l’università pubblica» (Telematiche contro ANVUR: 1-0 e palla al centro, Roars, 8.4.2015).
Questa è la non-università voluta dal governo del Partito Democratico-Nuovo Centrodestra. Per un’Italia senza ricerca. Per un’Italia senza futuro. Per un’Italia sempre più ignorante. E quindi più facilmente sottomessa.

Università: «Virtuose ma comunque penalizzate»

Nel gergo amministrativo-accademico italiano l’espressione «punti organico» indica la percentuale di nuovi assunti che ogni Ateneo può chiamare in relazione ai docenti andati in pensione l’anno precedente.
Un’interessante e accurata analisi di Roars documenta la bizzarria, l’irrazionalità e l’ingiustizia dei punti organico assegnati per il 2015. Gli autori di tale ennesimo atto sconsiderato sono il ministro Giannini e il presidente Renzi, i quali si sono sinora rifiutati di modificare una norma errata introdotta dal governo Monti. Giannini ha detto che avrebbe voluto farlo ma non ne ha avuto il tempo (no comment).
L’articolo di Beniamino Cappelletti Montano si intitola Punti Organico 2014: Robin-Hood alla rovescia, parte seconda e questo è uno dei brani più significativi:

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È interessante notare che le due università che devono cedere la quantità maggiore di punti organico rinvenienti dai pensionamenti del proprio personale sono entrambe università virtuose. Infatti gli indicatori di bilancio di Roma “La Sapienza” e di Napoli “Federico II” soddisfano pienamente le prescrizioni previste dal MIUR per il rilascio della “patente di virtuosità” (Indicatore Spese Personale < 80% e ISEF ≥ 1).
A far compagnia a “La Sapienza” e alla “Federico II” in questa menzione speciale di atenei virtuosi ma comunque penalizzati vi è un folto gruppo di atenei: Calabria, Cagliari, Urbino, Pavia, Torino, Parma, Napoli “Orientale”, Tuscia, Firenze, Catania, Roma “Tor Vergata”, Politecnico di Bari, Genova, Perugia, Udine.
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C’è da aggiungere che gli Atenei più premiati sono quelli che hanno aumentato in modo consistente le tasse universitarie, il che rappresenta una chiara indicazione politico-sociale da parte del governo in carica. ‘Purtroppo’ la mia Università ha voluto tenere in considerazione le esigenze economiche dei suoi studenti e quindi è stata penalizzata.
Anche questo è l’Italia del Partito Democratico-Nuovo Centrodestra.

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