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Novelle dal ducato in fiamme

gadda_novelle_ducatoL’argomento è serio e piuttosto triste ma ho scelto un titolo gaddiano -che ora è compreso nella raccolta Accoppiamenti giudiziosiperché si tratta anche di un argomento un po’ grottesco. L’Ateneo di Catania, nel quale ho il piacere e la responsabilità di insegnare e fare ricerca, sta infatti attraversando un momento particolare, per comprendere il quale può forse essere utile leggere un documento assai vivace del Cuda (Coordinamento di docenti, amministrativi, studenti, strutturati e precari dell’Ateneo di Catania per un’Università pubblica libera, aperta e democratica).
Per capire ciò di cui parla questo testo credo sia opportuno riepilogare i risultati delle elezioni per la carica di Rettore che si tennero il 21 e il 28 febbraio 2013, risultati che sono pubblicamente consultabili qui: http://www2.unict.it/elezioni/index.php
La prima cifra si riferisce ai voti ottenuti nella prima tornata, la seconda cifra a quelli della seconda tornata, dopo il ritiro del secondo classificato -Prof. Giuseppe Vecchio- dalla competizione elettorale.

Riepilogo dei voti per singolo candidato (Dati consolidati)
Vittorio Calabrese: 2 – 15
Enrico Iachello: 108 – 13
Giacomo Pignataro: 745 – 1225
Giuseppe Vecchio: 661 – 112
Bianche: 25 – 72
Nulle: 15 – 28

Il testo del Cuda fa riferimento a ciò da cui la vicenda è nata, vale a dire una sentenza emessa lo scorso 18 novembre dal giudice del lavoro Patrizia Mirenda in merito al ricorso del Dott. Lucio Maggio contro l’Ateneo di Catania per il suo reintegro nell’incarico di Direttore generale. Credo sia importante conoscere l’effettivo contenuto di tale sentenza.
«Le doglianze poste a base dell’affermazione secondo cui la revoca dell’incarico sarebbe stata irritualmente assunta non sembrano fondate, dovendosi evidenziare, da un lato, che la revoca deliberata dal CdA non costituisce l’esito di un procedimento disciplinare (con la conseguenza che non sono pertinenti gli argomenti spesi dal ricorrente in ordine alla insussistenza di un vincolo di subordinazione gerarchica del direttore generale rispetto al CdA), venendo in rilievo, piuttosto, la responsabilità dirigenziale del direttore generale dell’Ateneo siccome configurata dall’art. 11 comma 6 del vigente Statuto, e, dall’altro, che sembrano essere state rispettate le garanzie procedimentali previste dal detto articolo» (p. 18).
«Ciò premesso, deve osservarsi che l’assunto del ricorrente secondo il quale l’avvio della procedura disciplinata dall’art. 11 comma 6, dello Statuto, ove non preceduta da un preventivo accertamento delle accuse da parte di un organo terzo, si tradurrebbe nell’esercizio di un potere disciplinare del tutto abusivo, è privo di fondamento» (pp. 18-19)
«Reputa questo giudice che anche sotto tale aspetto le doglianze del ricorrente non siano condivisibili giacchè se è vero che il CdA diede mandato al rettore di contestare le sole gravi irregolarità connesse con la vicenda della proroga dei contratti a termine dei dirigenti, l’articolo 11 comma 6 dello Statuto non prevede che il rettore debba ricevere dal CdA un mandato che individui previamente l’oggetto della contestazione». (p. 20)
«Le considerazioni sopra esposte inducono ad escludere la ricorrenza del fumus boni iuris rispetto alla dedotta illegittimità, sotto il profilo del rispetto delle garanzie procedimentali, della delibera di revoca dell’incarico di direttore generale» (p. 20)
«Le considerazioni espresse appaiono sufficienti a far ritenere, pur nella sommarietà che connota tale fase, la parvenza del buon diritto in capo al ricorrente e ad escludere la ricorrenza dei presupposti voluti dallo Statuto e dal contratto per la revoca dell’incarico» (p. 25)
«Reputa il Tribunale che il ricorrente abbia fornito elementi concreti da cui desumere sia l’allegata impossibilità di conservare integro il bagaglio professionale acquisito e la perdita di chance di carriera e di potenzialità occupazionali, sia, e soprattutto, la lesione della propria immagine professionale» (26) E qui il giudice sembra chiaramente riferirsi alla parte del ricorso nel quale il ricorrente lamenta «un serio impoverimento del suo bagaglio professionale impedendone l’ulteriore sviluppo e impedendogli di iscriversi nell’elenco degli idonei alla nomina di direttore generale o di direttore amministrativo delle aziende del servizio sanitario della regione Sicilia» (p. 12).

Si tratta, come si vede, di una sentenza circoscritta, della quale lo stesso giudice evidenzia per ben quattro volte la natura ancora «sommaria» (pp. 17, 24 e 25 [due ricorrenze]). L’aggettivo giustamente usato dal Rettore Pignataro in una sua mail del 28.11.2014 -«fantasioso»- va dunque attribuito non soltanto ad alcune interpretazioni giornalistiche della sentenza ma pure alle tesi di qualche amico del Dott. Lucio Maggio. Si tratta di interpretazioni anche provocatorie. Aggettivo, quest’ultimo, che va inteso sotto la fattispecie della figura retorica dell’eufemismo. A chi fosse interessato sono pronto a inviare il testo completo della sentenza.

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