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Trapani

Là dove si incontrano i due mari, nel finis terrae dell’estremo Occidente di Sicilia, sale dalle acque questa falce di luna che si chiama Trapani. δρέπανον in greco vuol dire appunto falce. Un percorso dritto dritto porta dal miracolo di Erice al mare che si frange e taglia dentro gli scogli. Di rocce e d’acqua è circondata la Torre di Ligny che dal 1671 segna il confine fra la pietra e il mare.

La città terrestre è piena di chiese barocche e settecentesche, colme di statue, fercoli, dipinti. Quasi ogni chiesa cattolica del mondo è un piccolo museo, gratuito per i popoli. Un dono di bellezza per tutti, che è sempre da apprezzare rispetto alla povertà dei templi protestanti, più simili a casermoni e magazzini che a luoghi sacri. Come diceva Don Mariano Arena, «la Chiesa è tutta una bellezza» (Sciascia, Il giorno della civetta, Einaudi 1979, p. 103).
Insieme alle chiese, proprio accanto, alcuni magnifici palazzi, in uno dei quali -a due passi dalla Cattedrale- si entra per scoprire che è sede di una scuola, il Liceo Scientifico Fardella. Temo che i suoi studenti, affetti come tutti da abitudine, non si rendano conto del privilegio che hanno.
Il Lungomare di Tramontana è una luminosa passeggiata tra le facciate delle case, le acque, i gabbiani, il silenzio ritmico delle onde che da milioni di anni si infrangono, come le speranze, i desideri, le illusioni, gli amori. Tutti recisi dalla falce del tempo.

 

Apollo / Dioniso

I movimenti. Potenti e colmi di grazia.
Frenetici e insieme pittorici, come se sgorgassero dalle profondità della materia che siamo, dal suo dinamismo, dalla sua potenza, dalla sua gloria.
È quello che ho visto nel danzare dionisiaco e apollineo di Nietzsche, o il cosmo danzante a Trapani. Di tale danza le immagini di Giuseppe Di Salvo colgono il καιρός, l’istante perfetto.
Per me è stato un onore e una gioia condividere il palcoscenico con tre artiste come Silvia Giuffré, Patrizia Lo Sciuto, Arabella Scalisi e con la coreografa e regista Betty Lo Sciuto.
In questi corpi, in queste parole, gli dèi sono vivi. Come sempre. Spero che una breve sintesi video dello spettacolo trasmetta anche questa presenza. Dei Greci e di Nietzsche.

 

«Leucotea: È nato a Tebe e corre il mondo. È un dio di gioia. Tutti lo seguono e lo acclamano.
Ariadne: È potente?
Leucotea: Uccide ridendo. Lo accompagnano i tori e le tigri. La sua vita è una festa e gli piaci. Chi gli resiste s’annienta. Ma non è più spietato degli altri. Sorridere è come il respiro per lui»
(Cesare Pavese, Dialoghi con Leucò, Einaudi 2015, pp. 140-141)

«Dal sorriso di questo Dioniso sono nati gli dèi olimpici» (La nascita della tragedia, p. 72) e questo è accaduto perché «è greco il tendere alla luce da un crepuscolo per così dire innato» (Umano, troppo umano II, af. 219).

 

Danza

«Man muss noch Chaos in sich haben, um einen tanzenden Stern gebären zu können»
Bisogna essere ancora caos per riuscire a partorire una stella danzante

«Ich würde nur an einen Gott glauben, der zu tanzen verstünde»
Crederei solo a un dio capace di danzare

Con queste parole di Friedrich Nietzsche inizierò il mio intervento dentro lo «spettacolo per danza,  musica e filosofia» ideato dalla coreografa e regista Betty Lo Sciuto.
L’appuntamento è per venerdì 15 dicembre 2017 alle 21.00 al Teatro «Tonino Pardo» di Trapani.
Il titolo dell’evento è Nietzsche, o il cosmo danzante

Coralli

I grandi Capolavori del Corallo.
I coralli di Trapani del XVII e XVIII secolo

Fondazione Puglisi Cosentino  – Catania
A cura di Valeria Li Vigni
Sino al 5 maggio 2013 – Dal 18 maggio al 30 giugno 2013 la mostra sarà visitabile al Museo Pepoli di Trapani

 

Nell’acqua intere civiltà hanno cercato sostentamento, potenza, meraviglia. E una Wunderkammer accoglie il visitatore che inizia il suo itinerario tra i coralli sradicati dalle rocce profonde per farli diventare amuleti, talismani, crocifissi, monetiere, scatolette, ciondoli, collane, rosari, ostensori, calici, orecchini, specchi. E persino presepi con strutture architettoniche. Come un Mida capace di plasmare e di annientare, qualunque materia sia toccata dall’umano si fa  forma, simbolo, artificio.
Forma della mente che nel rosso del corallo ritrova la morte di un dio alla tortura o il raggrumarsi dell’alga al contatto con il sangue della testa spiccata da Teseo alla Medusa. Simbolo cosmico e privato di una benedizione da portare con sé sin dalla nascita, riproduzione nella materia dura del corallo della forza di altri animali e degli dèi. Artificio di un artigianato una volta splendente e ora declinante ma sempre capace di modellare il ramo vivente del corallo in ogni desiderio voluto da chi compra.
Da Trapani a Catania, dalla Grecia a Gibilterra il rosso vitreo e sensuale del corallo può ben essere metafora del sangue che in questo mare è stato sparso per cercare sostentamento, potenza, meraviglia.

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