Skip to content


Segno / Forma

Arte e ibridazione
in Scienzarte. Arte e Tecnologia
A cura di Rosaria Guccione
Giuseppe Maimone Editore, 2020, pp. 115
Pagine 63-71

Indice del mio contributo
1. Ibridazione  / Arte
2. Il Postumano
3. Quattro esempi
-Il Nouveau Réalisme
-Igor Mitoraj e Ivan Theimer
-Arnaldo Pomodoro
-Studio Azzurro
4. Conclusioni

«Un itinerario che ha condotto l’opera d’arte a non significare nulla al di là del proprio stesso significare. Il segno si è infine dissolto, non indicando altro che il significante. La forza semantica del bello è diventata la potenza della forma. Questo non vuol dire, però, che l’arte sia soltanto un gioco. È anche un gioco ma nel suo carattere ludico diventa la sostanza stessa delle società e degli umani. Sta qui il nucleo delle avanguardie, la loro perenne fecondità».

Movimento, ala, piega

Arnaldo Pomodoro
Milano – Palazzo Reale
Sino al 5 febbraio 2017

La Piazzetta Reale fa da premessa con il Pietrarubbia Group, un insieme scultoreo che indica la memoria dei luoghi dove siamo nati, il loro trasformarsi accanto e contro di noi, il tempo delle pietre diventate bronzo. Entrati nella magnifica e struggente Sala delle Cariatidi si viene accolti dalla Grande tavola della memoria, una parete che racconta storie, vicende, drammi, guerre, dialoghi filosofici, teoremi matematici.
Poi le forme geometriche iniziano a vibrare. Colpite da luci riverberano luce. Le porte del mondo schiodate inchiodano la materia al suo fluire. Verticalità, orizzontalità, diagonali, rette, segmenti, tangenti, sfere, ellissi. La materia e lo spazio si raggrumano in stele arcaiche, in sfere sacre. Il ferro, il bronzo, il cemento, diventano movimento, ala, piega.
Dentro la sfera perfetta ma anche spezzata, ferita, consumata, perforata, si esprime il dramma di una modernità che anela al mito e deve accontentarsi della forma. «Nello stesso atto mi libero di una forma assoluta. La distruggo. Ma insieme la moltiplico» ha scritto Pomodoro. È così che dentro la materia splende senso, si dà Luce. La visione di Platone, una volta tanto, non è esatta: la Bellezza, infatti, è insieme ideale e materica.
Arnaldo Pomodoro e Ivan Theimer sono due forme greche infisse nella contemporaneità.

Theimer, la forma del mito

«Tàuta dè eghèneto mèn oudépote, esti dè aei», afferma Salustio, «queste cose –i miti- mai avvennero ma sono sempre» (Sugli Dèi e il mondo, IV, 8, 26-27; Adelphi 2000, p. 126). Il mito è la pienezza del tempo poiché è il tempo eterno, vale a dire l’inimmaginabile per noi. Ivan Theimer (Olomouc, Moravia 1944) è una di quelle menti che cercano di pensare il mito, in esso affondano, piegano la materia –suoni, bronzo, tele, carta, scritture, marmi- al racconto del sempre. E come per prodigio vediamo emergere davanti a noi le potenze infere e celesti che scandiscono le vite e le morti degli umani e di ogni cosa.
Theimer plasma le tartarughe sulle quali poggia –secondo antiche leggende- il cosmo; le steli riempite di una miriade di creature reali e possibili, con foreste o istrici sulla punta, con cadute fragorose e immobili di angeli ribelli; mappe del mondo; altari dalle linee dense e pure; busti di bambini; obelischi altissimi trasportati da Ercoli filosofi; bambine che danzano; Dionisi fatti di uva; colonne elicoidali simili a grattacieli; angeli; il serpente del ritorno, l’Ouroboros; porte sacre; lampade ieratiche; teste sconvolgenti di Gorgone.
Opere che a volte hanno la misura di un oggetto da tavolo, altre quelle di un monumento per delle grandi piazze. Se è vero, come afferma Jean Clair, che la contemporaneità costruisce edifici di tutti i generi ma non più monumenti –e cioè documenti perenni, ammonimenti, oggetti intrisi di mente perché fatti di memoria- l’eclisse dei monumenti è il tramonto stesso del senso individuale e collettivo.
L’arte di Theimer, invece, è pregna di simboli e di significati, edifica se stessa nel contrappunto di una bellezza strepitosa e di un orrore antico, coniuga l’antroposfera con l’Altro della teriosfera –la miriade di rettili e di altri animali che popolano steli e obelischi; della tecnosfera –l’artificio che l’opera umana è per sua natura; della teosfera, il Sacro che parla discreto e potente dentro le sue costruzioni. Di questa incessante creazione, i simboli più densi sono quelli della duplicità: Dioniso che è umano e divino, orgia e disincanto, bene e male; la Medusa che sta al centro dello scudo di Atena, la filosofa, a significare che soltanto sul fondamento ctonio l’apollineo può edificare se stesso in quanto forma.
Alla profondità della natura umana e dell’intero cosmo del quale è parte, Ivan Theimer invita a tornare. E lo fa con la sua arte raffinata sino al manierismo e insieme assolutamente arcaica. Concettuale e istintiva. Intrisa di storia e intessuta del sempre. Tra centomila anni qualche archeologo venuto chissà da dove e da quando dissotterrerà gli oggetti di Theimer e non riuscirà ad attribuirli ai Faraoni, agli Imperatori di Roma, a ciò che noi chiamiamo Neoclassicismo, al XXI secolo. Si rassegnerà, dunque, a definirli eterni.

Vai alla barra degli strumenti