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Baglieri su «Temporalità e Differenza», Vita pensata – 17

Sul numero 17 – Aprile 2018 di Vita pensata è stata pubblicata (alle pagine 74-77) una recensione di Daria Baglieri a Temporalità e Differenza.

«Dire che è l’occhio umano a donare senso all’accadere degli eventi non può e non deve essere l’unica chiave di interpretazione del tempo, come se qualcosa legittimasse a pensare che la sua complessità si risolva in quella della vita umana. Il θεωρεῖν originario è curioso, timoroso dei fenomeni naturali e rispettoso di ogni forma di vita, per cui una riflessione sul tempo davvero ricca non può escludere nessun ambito. Per questo la tradizione filosofica e il progresso tecnico e scientifico, l’antropologia e la teologia, la psicologia e la sociologia, vanno integrate e ricondotte sotto un cielo più esteso, onnicomprensivo e anti-riduzionistico.
Il tempo non è un oggetto, un utilizzabile, non è una sostanza conoscibile, non è un insieme discreto di entità misurabili né la loro fusione indistinta. È saputo cognitivo e vissuto fenomenico» (p. 77).
Ringrazio l’autrice per una sintesi così chiara ed esatta.

 

Metafisica

Giovedì 5 aprile 2018 alle 16,00 nell’aula 252 del Dipartimento di Scienze Umanistiche di Catania terrò un seminario dal titolo «Metaphysics is now respectable again». Si  tratta della prima lezione di un laboratorio organizzato da alcuni docenti e studenti del Disum, dedicato a Filosofia analitica e continentale.
La linea teoretica sulla quale mi muoverò parte dall’assunto che la filosofia consista  anche nel comprendere ciò che siamo dentro l’intero che noi non siamo. Per questo il  metodo e la natura del lavoro filosofico sono fenomenologici e consistono anche nell’autocorrezione della tendenza idealistica, la quale subordina gli enti alla loro conoscenza da parte di un corpomente,  e nell’autocorrezione della tendenza realistica di un corpomente che ritiene di poter conoscere il mondo prescindendo da sé.
In realtà, ogni pensiero che si esprime sul mondo, ogni parola che dice il reale, ogni sentire estetico, concetto logico, legge fisica, hanno come fondamento una metafisica, esplicita  o implicita che sia. E questo va detto anche al di là di Nietzsche, al di là di Heidegger. E certamente al di là di ogni riduzionismo.

Tempo e poesia

Questo triste e dolce valzer di Fabrizio De André possiede due elementi di grande interesse.
Il primo è una riflessione sul tempo, accennata anche da Archimede Callaioli nella sua recensione a Temporalità e Differenza:  «Ma più  ancora del tempo che non ha età / Siamo noi che ce ne andiamo».
È vero. Gli umani sono -come ben sanno i miei lettori- tempo incarnato, tempo che cammina, tempo che desidera, tempo che pensa il tempo.
Il secondo elemento è costituito dal rischio che si corre quando si rifiuta l’amore di un poeta. I poeti, infatti, sono espressioni e testimoni della predilezione di Apollo per i mortali. E questo dio -come suo fratello Dioniso– non perdona chi lo respinge.

Valzer per un amore (1964)

[audio:https://www.biuso.eu/wp-content/uploads/2017/12/De_André_Valzer.mp3]

Quando carica d’anni e di castità
Tra i ricordi e le illusioni
Del bel tempo che non ritornerà
Troverai le mie canzoni
Nel sentirle ti meraviglierai
Che qualcuno abbia lodato

Le bellezze che allor più non avrai
E che avesti nel tempo passato

Ma non ti servirà il ricordo
Non ti servirà
Che per piangere il tuo rifiuto
Del mio amor che non tornerà

Ma non ti servirà più a niente
Non ti servirà
Che per piangere sui tuoi occhi
Che nessuno più canterà

Vola il tempo, lo sai che vola e va
Forse non ce ne accorgiamo
Ma più ancora del tempo che non ha età
Siamo noi che ce ne andiamo

E per questo ti dico amore, amor
Io t’attenderò ogni sera
Ma tu vieni non aspettare ancor
Vieni adesso finché è primavera.

Il testo di De André si ispira a questo bellissimo sonetto di Pierre de Ronsard:

« Quand vous serez bien vieille, au soir, à la chandelle,
Assise auprès du feu, dévidant et filant,
Direz, chantant mes vers, en vous émerveillant:
“Ronsard me célebrait du temps que j’étais belle”Lors, vous n’aurez servante oyant telle nouvelle,
Déjà sous le labeur à demi sommeillant,
Qui au bruit de Ronsard ne s’aille réveillant,
Bénissant votre nom de louange immortelle.Je serai sous la terre, et, fantôme sans os,
Par les ombres myrteux je prendrai mon repos:
Vous serez au foyer une vieille accroupie,Regrettant mon amour et votre fier dédain.
Vivez, si m’en croyez, n’attendez à demain:
Cueillez dès aujourd’hui les roses de la vie. »
« Quando Vecchia sarete, la sera, alla candela,
seduta presso il fuoco, dipanando e filando,
ricanterete le mie poesie, meravigliando:
Ronsard mi celebrava al tempo ch’ero bella.Serva allor non avrete ch’ascolti tal novella,
vinta dalla fatica già mezzo sonnecchiando,
ch’al suono del mio nome non apra gli occhi alquanto,
e lodi il vostro nome ch’ebbe sì buona stella.Io sarò sotto terra, spirto tra ignudi spirti,
prenderò il mio riposo sotto l’ombre dei mirti.
Voi presso il focolare una vecchia incurvita,l’amor mio e ‘l fiero sprezzo vostro rimpiangerete,
Vivete, date ascolto, diman non attendete:
cogliete fin da oggi le rose della vita. »
(Sonnets pour Helène – traduzione di Mario Praz)

Universi

Lee Smolin insegna all’Università di Toronto ed è uno dei fisici teorici più importanti al mondo. In La rinascita del tempo. Dalla crisi della fisica al futuro dell’universo (Einaudi 2014) scrive che «non solo il tempo è reale, ma nulla di ciò che sappiamo e di cui facciamo esperienza ci avvicina al cuore della natura più della realtà del tempo. […] Il tempo e il suo passaggio sono fondamentali e reali e le speranze e le credenze relative a verità e regni atemporali non sono altro che miti. Accettare il tempo significa essere convinti che la realtà consiste soltanto di ciò che è reale in ciascun momento del tempo» (pp. VIII-X).
La realtà del tempo sta a fondamento anche di quanto ho scritto sul numero 179 (novembre 2017) del mensile Nocturno. Insieme a un testo teorico sul tempo nella realtà e nella Science fiction, la rivista ha pubblicato tre sintetiche analisi -dialoganti con Mario Gazzola- dedicate ai film Interstellar (Christopher Nolan, 2014), Arrival (Denis Villeneuve, 2016), Lucy (Luc Besson, 2014).
Si trovano alle pagine 58, 71 e 76; metto qui a disposizione il testo in pdf.

[L’immagine raffigura la Nube di Rho Ophiuchi fotografata da Artem Mironov]

Materialismo

Ho inserito su Dropbox il file audio (ascoltabile e scaricabile sui propri dispositivi) degli undici minuti conclusivi della lezione di Filosofia teoretica svolta il 20.3.2017.  Vi si dice che «la prospettiva di questo corso è una prospettiva radicalmente materialistica». Nelle lezioni successive ho cercato di spiegare in che senso lo sia. Qui ho tentato un chiarimento del titolo del corso: Teoria generale del tempo come identità e differenza. Tempo che, scrive Carlo Rovelli, «è dolore perché quello che abbiamo e a cui ci attacchiamo poi lo perdiamo. Perché tutto quello che inizia poi finisce. Quello che soffriamo non è né nel passato né nel futuro: è lì ora, nella nostra memoria, nelle nostre anticipazioni. Aneliamo all’atemporalità, soffriamo il passaggio; soffriamo il tempo. Il tempo è il dolore»  (L’ordine del tempo, Adelphi 2017, p. 61).
Ma il tempo è anche la gioia dell’inizio, la vitalità dell’inedito, la gratificazione della scoperta, la pace dell’inevitabile, la pulizia del rinnovamento, la costanza dell’andare che ci libera dalla morta gora dello stare. Il tempo è la bellezza del nomadismo, la lievità dell’effimero, la potenza dell’essere stati, la pienezza dell’essere adesso.

Nocturno

Il tempo: misura di tutte le cose
in Nocturno, numero 179 – novembre 2017
Pagine 52-57

Pubblicare anche su un mensile pop come Nocturno è per me una cosa assai bella. Perché significa che la filosofia può andare dappertutto, essere accolta nelle dimore più varie, fecondare ambiti diversi. Devo questa occasione a Mario Gazzola, che ha progettato un Dossier intitolato La spirale del tempo. Guida al cinema della nuova fantascienza filosofica e mi ha voluto tra gli autori.
Consiglio di prendere questo numero della rivista nelle edicole, anche per gustare la formidabile erudizione cinematografica e letteraria di Mario, che introduce il dossier con un articolo dal dotto titolo Dello spazio e del tempo.
Intanto metto qui a disposizione il pdf del mio testo teorico sul tema del tempo, della sua freccia, della (im)possibilità di viaggiare in questa dimensione fondante e costitutiva dell’essere.
Il dossier presenta poi alcune analisi del fisico Marco Bersanelli -contenute nel testo di Gazzola- e ben dodici ampie recensioni di film che affrontano la questione fisica, esistenziale e metafisica della temporalità, la più importante che si possa indagare perché capace di  compendiare tutte le altre.

Blumenberg

Hans Blumenberg
Tempo della vita e tempo del mondo

(Lebenszeit und Weltzeit, 1986)
Traduzione di Bruno Argenton
Edizione italiana a cura di Gianni Carchia
Il Mulino, 1996
Pagine 420

Il tessuto quotidiano degli umani appare del tutto misero e la loro possibilità di comprensione dell’intero sembra quasi impossibile. Con il trascorrere dei secoli e con la progressiva scoperta delle misure disumane del cosmo è cresciuta la consapevolezza che l’umano costituisce una struttura effimera all’interno della natura, la quale invece è e ha una sovrabbondanza di tempo quasi inconcepibile. La finitudine tematizzata da Heidegger è uno dei suoi temi più husserliani, è il paradosso del tempo come «la cosa più nostra e tuttavia quella di cui meno possiamo disporre» (p. 92), è la consapevolezza che -come ben dice Mephistopheles nel Faust– «Die Zeit ist kurz, die Kunst ist lang» (v. 1787), vale a dire: la vita è breve e l’opera è lunga, tanto da stabilire un patto per il quale soltanto nell’istante della sazietà dello Zeit esso si concluderà, oltrepassando «la sterminata insufficienza del singolo a comprendere il mondo» (120).
Dalla sproporzione tra Lebenszeit e Weltzeit, tra tempo della vita e tempo del mondo, nascono tutte le escatologie, si generano le filosofie platoniche, ma ha inizio anche la riflessione di Husserl, la quale vive dunque nella tensione tra temporalità e platonismo. La coscienza interna del tempo è il tema chiave della fenomenologia proprio perché essa descrive una temporalità genetica, che scaturisce dalla mente, a sua volta immersa e radicata nel mondo della vita: «Husserl ha eliminato questa separabilità di fatto tra coscienza e coscienza del tempo; ogni coscienza è, per sua essenza e quindi irrimediabilmente, coscienza immanente del tempo» (335).
Blumenberg prosegue in modo significativo affermando che «nessun passo, tra quelli compiuti dalla fenomenologia è più importante di questo. Heidegger –a gettarvi uno sguardo- ha compiuto per così dire il passo successivo ovvero il passo che va oltre il raggiungibile: invece di saldare, definitivamente e assolutamente, il tempo con la coscienza, egli lo ha saldato con l’essere stesso. In sostanza, anche ciò vuol dire soltanto che nessun ente, neppure un dio, può essere al di fuori dell’orizzonte d’essere della temporalità. Qui non c’è assolutamente alcuna trascendenza, perché questa è già la trascendenza» (336).
Il tempo umano è del tutto corporeo. La temporalità si genera dal pulsare del cuore, dalla velocità di circolazione dei liquidi che esso permette, dal tempo-istante dei neuroni. Tali strutture psicosomatiche creano la nostra peculiare percezione del divenire, della trasformazione degli enti, del variare dei ritmi circadiani di luce e di oscurità, ritmi i cui meccanismi molecolari sono stati individuati da Jeffrey C. Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young, che per questo hanno ricevuto il premio Nobel per la medicina nel 2017.
Già Karl Enst von Baer ipotizzava che «se il metro temporale innato nella nostra specie fosse diverso, diverso apparirebbe anche il nostro mondo» (309), differente sarebbe il ritmo del linguaggio (realtà che dal tempo è evidentemente inseparabile), diversi la memoria e l’attesa di ogni istante percepito e vissuto come anche di ciò che solo nel ricordo di altri può arrivare a noi –il momento della nostra nascita- e soltanto nell’aspettazione può configurarsi -il morire.
Il movimento del tempo-vita si interseca con quelli del tempo-mondo, il quale si amplia alla sfera cosmica universale mediante la scoperta della velocità finita della luce, mostrando così in modo tangibile e accecante una «vastità dello spazio» che è intessuta di tempo, trasformando le distanze spaziali in distanze temporali e facendo diventare «il tempo del mondo definitivamente incomprensibile al tempo della vita» (166). Da quando, (nel 1676) Olaf Römer individuò il valore finito con il quale la luce si muove, l’ampliarsi dell’orizzonte spaziale a misure precedentemente impensabili ha ricondotto l’umano alla misura della propria infinita finitudine: «La luce, metafora dominante della verità e della conoscenza, si trasformò nel loro impedimento» (207).
E pertanto se ha ragione Spinoza a ritenere che Tempus non est affectio rerum, tale sapienza del tempo del mondo va integrata con il tempo della vita poiché è fenomenologicamente evidente che Tempus est affectio hominum et etiam rerum. Il tempo è il processo di base dell’esistenza umana, il suo basso continuo, poiché prima, oltre e insieme al suo essere un fatto fisico, una descrizione dei movimenti dei corpi nello spazio, una forma innata con la quale percepiamo gli enti trasformandoli in eventi, una sensazione interiore e continuamente cangiante di durate che si succedono, il tempo è soprattutto e costitutivamente il modo in cui la coscienza rende possibile se stessa.

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