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Temporalità e metamorfosi

Venerdì 5 luglio 2024 alle 18.00 nella sede dell’Orto Botanico dell’Università degli Studi di Palermo, nell’ambito del Metamorphosis Festival, insieme a Chiara Agnello e Salvatore Tedesco terrò una conversazione dal titolo «Temporalità e metamorfosi» .

L’identità della filosofia consiste nella sua struttura metafisica, mediante la quale la filosofia può tentare di comprendere quanto più profondamente possibile gli enigmi costituiti dalla vita e dal tempo.
Il tempo infatti si dice in molti modi e il loro insieme forma la φύσις, vale a dire l’ intero del quale enti, eventi e processi sono parte, forma e manifestazione. Il primo dato da cogliere è l’assimetria temporale tra passato e futuro. Su di essa si fonda l’identità tra il tempo e tutta la realtà; identità della quale dà conto la branca della fisica-chimica che si chiama termodinamica.
Uno sguardo sia metafisico sia fisico/termodinamico alla realtà del tempo aiuta a comprendere che realtà e metamorfosi sono identici, che la realtà è dunque una struttura che si trasforma di continuo senza dissolversi mai. Da qui è possibile riconciliarsi con il tempo che l’umano è, che noi stessi siamo. La filosofia come amore verso la conoscenza è nella sua dimensione più radicale una forma di amicizia verso il tempo.

Hegel, l ‘Enciclopedia

Georg W.F. Hegel
Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio
(Enzyclopädie der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse, 1817-1830)
Traduzione, prefazione e note di Benedetto Croce
Prefazioni di Hegel tradotte da Angelica Nuzzo
Introduzione di Claudio Cesa
Mondadori, 2008
Pagine CVII-651

[Data l’ampiezza un poco inconsueta del testo che segue, ne metto a disposizione una versione in pdf]

Al di là dell’astrazione illuministica e intellettualistica che vorrebbe imporre alla realtà i pensamenti e i desideri degli umani.
Al di là del moralismo «che tiene i sogni delle sue astrazioni  per alcunché di verace, ed è tanto gonfio del suo dover essere, che anche nel campo politico va predicando assai volentieri; quasi che il mondo aspettasse quei dettami per apprendere come deve essere ma non è» (§ 6, pp. 10-11).
Al di là del sentimentalismo che «si adopra a indagare le particolarità, passioni e debolezze degli altri uomini, le cosiddette pieghe del cuore umano» (§ 377, p. 371) e che mostra tutta la sua micidiale forza di incomprensione, equivoco e miseria nel discorso pubblico – i Social Network ad esempio – che fa costantemente appello alle esperienze di vita, ai casi concreti, al sapere che cosa si prova (al ‘vieni in un ospedale se vuoi capire il covid’), psicologismo sentimentalistico che merita parole assai chiare come queste: 

Quando un uomo, discutendo di una cosa, non si appella alla natura e al concetto della cosa, o almeno a ragioni, all’universalità dell’intelletto, ma al suo sentimento, non c’è altro da fare che lasciarlo stare; perché egli per tal modo si rifiuta di accettare la comunanza della ragione, e si richiude nella sua oggettività isolata, nella sua particolarità (§ 447, p. 439). 

Al di là della presunzione che si lega alla parola filosofia, che molti pensano di poter praticare soltanto perché sono dotati di un encefalo e vivono le loro esperienze; che vuol dire presunzione di fare filosofia senza averla mai studiata: 

A questa scienza tocca spesso lo spregio che anche coloro che non si sono affaticati in essa, s’immaginano e dicono di  comprendere naturalmente di che cosa tratti, e d’esser capaci, col solo fondamento di un’ordinaria coltura e in particolare dei sentimenti religiosi, di filosofare e giudicar di filosofia. Si ammette che le altre scienze occorra averle studiate per conoscerle, e che solo in forza di siffatta conoscenza si sia facoltati ad avere un giudizio in proposito. Si ammette che, per fare una scarpa, bisogna avere appreso ed esercitato il mestiere del calzolaio, quantunque ciascuno abbia la misura della scarpa nel proprio piede, e abbia le mani e con esse la naturale abilità per la predetta faccenda. Solo per filosofare non sarebbero richiesti né studio, né apprendimento, né fatica (§ 5, p. 8).

A queste piccole e grandi miserie, ai tanti equivoci, ai pregiudizi e all’incomprensione, alla superficialità e alla banalità, Hegel oppone la filosofia intesa come «la considerazione pensante degli oggetti» (§ 2, p. 4); la filosofia come storia del proprio inverarsi e divenire, la filosofia come storia della filosofia ma anche e soprattutto la filosofia come sistema poiché «un contenuto ha la sua giustificazione solo nel momento del tutto, e fuori di questo è un presupposto infondato o una certezza meramente soggettiva; molti scritti filosofici si restringono in tal modo ad esprimere soltanto pareri e opinioni» (§ 14, pp. 22-23).

Con questo approccio sistematico e oggettivo, Hegel coglie alcuni elementi fondamentali e fondanti dell’umano e del tempo. Dell’umano come vita animale coglie il «sentimento d’insicurezza, di angoscia, d’infelicità» (§ 368, p. 362), l’essere l’individuo un epifenomeno della specie che ne fa uno strumento della propria sopravvivenza, riproduzione, moltiplicazione, la sua destinazione mortale: «Il genere si mantiene solo mediante la rovina degli individui; i quali nel processo dell’accoppiamento adempiono alla loro destinazione e, in quanto non ne hanno un’altra più elevata, vanno così incontro alla morte» (§ 370, p. 363), morire che è la vera attività dell’individuo, il significato della parte, il destino del singolo, le cui passioni effimere non vanno giudicate, condannate, respinte ma ancora una volta comprese, poiché «la passione non è né buona né cattiva: questa forma esprime soltanto che un soggetto ha posto in un unico contenuto tutto l’interesse vivente del suo spirito, dell’impegno, del carattere, del godimento. Niente di grande è stato compiuto, né può esser compiuto, senza passione. È soltanto una moralità morta, e troppo spesso ipocrita, quella che inveisce contro la forma della passione in quanto tale» (§ 474, p. 468).
La comprensione della natura parziale dei singoli, degli enti, degli eventi, permette a Hegel di dar conto del tempo come sinonimo della stessa realtà e come sinonimo del nulla nel quale la realtà costantemente si riversa. Non è nel tempo che tutto nasce, muore, accade ma «il tempo stesso è questo divenire, nascere e morire; è l’astrarre che insieme è; è Kronos, produttore di tutto e divoratore dei suoi prodotti. – Il reale è diverso dal tempo, ma gli è altresì essenzialmente identico» (§ 258, p. 234) in quanto la struttura finita e diveniente delle cose rende ogni elemento finito – e ogni cosa è finita – del tutto «passeggiero e temporale», come si vede dal fatto che il finito si comporta di fronte alla negatività come «alla potenza che lo domina [zu seiner Macht]» (Ibidem). Il tempo è l’incontro tra la realtà e il nulla, dove l’una non sarebbe possibile senza l’altra. Un convergere che chiamiamo divenire:

Le dimensioni del tempo, il presente, il futuro e il passato, sono il divenire come tale dell’esteriorità, e la risoluzione di quel divenire nelle differenze dell’essere, da un lato, che è trapasso in nulla, e del nulla, dall’altro, ch’è trapasso in essere. Lo sparire immediato di queste differenze nella individualità è il presente, come ora [questo istante, als Jetzt], il quale ora, essendo, come l’individualità, insieme esclusivo e affatto continuo negli altri momenti, non è altro che questo trapasso del suo essere in niente e del niente nel suo essere (§ 259, 235).

Il presente è l’istante che non è pronto a dileguare nel nulla ma che consiste proprio in tale dileguare. L’insieme dei dileguanti nello spaziotempo è l’assoluto e da ciò segue «la seconda definizione dell’assoluto: che esso è il niente» (§ 87, p. 102), il quale è quindi l’altro nome dell’essere. La verità dell’essere e del niente nella loro unità è appunto il divenire, che «è la vera espressione del risultato di essere e niente come l’unità di essi: e non è soltanto l’unità dell’essere e del niente, ma è l’irrequietezza in sé» (§ 88, p. 107).

Questi contenuti ed esiti teoretici costituiscono il nucleo sempre fecondo della metafisica hegeliana, che però li coniuga a qualcosa che nella sua essenza è l’opposto di una comprensione oggettiva della finitudine della parte nella perfezione dell’intero. Tale opposto consiste nell’essere quella hegeliana anche una filosofia radicalmente religiosa, cristiana e dunque antropocentrica.
In una delle Prefazioni, quella alla seconda edizione del 1827, Hegel scrive con chiarezza che «la religione può sì sussistere senza la filosofia, ma la filosofia non può sussistere senza la religione, ché anzi la include in sé» (p. XCIII), una tesi che attraversa tutta l’Enzyclopädie sino alla fine, sino alla identificazione di eticità, religione e Stato (§ 552). Questa religione è una ben precisa religione, è il cristianesimo nella sua forma luterana. Una fede che si presenta come razionale, che crede nella teleologia della storia, nella storia come Provvidenza, «in fondo» alla quale sta «uno scopo finale in sé e per sé, (§ 549, p. 520) e che in questo fine accomuna «il principio della coscienza religiosa e della coscienza etica» in «una e medesima cosa nella coscienza protestante» (§ 552, p.  536).
Data la natura radicalmente antropocentrica del cristianesimo, una filosofia apologetica di tale religione non può che cadere in una forma di antropocentrismo assoluto, come quello che innerva questa pagina:

Allorché gli individui e i popoli hanno accolto una volta nella loro mente il concetto astratto della libertà per sé stante, nient’altro ha una forza così indomabile; appunto perché la libertà è l’essenza propria dello spirito, e cioè la realtà stessa. Intere parti del mondo, l’Africa e l’Oriente, non hanno mai avuto questa idea, e non l’hanno ancora: i Greci e i Romani, Platone e Aristotele, ed anche gli stoici non l’hanno avuta: essi sapevano, per contrario, soltanto che l’uomo è realmente libero mercé la nascita (come cittadino ateniese, spartano ecc.) o mercé la forza del carattere e la coltura, mercé la filosofia (lo schiavo, anche come schiavo e in catene, è libero). Quest’idea è venuta nel mondo per opera del cristianesimo; pel quale l’individuo come tale ha valore infinito, ed essendo oggetto e scopo dell’amore di Dio, è destinato ad avere relazione assoluta con Dio come spirito, e far che questo spirito dimori in lui, cioè l’uomo è in sé destinato alla somma libertà  (§ 482 , pp. 473-474).

La sintesi e il culmine di un antropocentrismo che disprezza profondamente la materia, il cosmo, gli astri, la luce, è un’annotazione di filosofia della natura che si legge a conclusione del paragrafo 248: «E, anche quando l’accidentalità spirituale, l’arbitrio, giunge fino al male, perfino il male è qualcosa d’infinitamente più alto che non i moti regolari degli astri e l’innocenza delle piante; perché colui, che così erra, è pur sempre spirito» (p.  223).
Il paragrafo 392 ribadisce la patetica sensazione/convinzione di superiorità dell’umano sul cosmo, individuando nello spirito una separazione e differenza dalla materia cosmica, separazione che negli altri animali non si dà e che anche per questo li renderebbe inferiori: «La storia del genere umano non è in dipendenza dalle rivoluzioni nel sistema solare; né le vicende degli individui dalle posizioni dei pianeti. […] Con la libertà dello spirito che comprende sé stessa in modo più profondo, spariscono anche codeste poche e meschine disposizioni, che si fondano sul convivere dell’uomo con la natura. L’animale, invece, come la pianta, vi rimane sottoposto» (p. 384).
Una filosofia così radicalmente umanistica rappresenta un momento assai chiaro dello smarrimento dell’umano rispetto all’intero, della dimenticanza dell’ontologia, della incomprensione dell’essere, pensato come il più generico e vuoto dei concetti, «l’elemento immediato semplice e indeterminato» (§ 85, p. 101). Anche a proposito della prova ontologica dell’esistenza di Dio, Hegel ribadisce che «pel pensiero, nel riguardo del contenuto, non si può dar nulla di più povero che l’essere» (§ 51, p. 66).
E invece sta proprio nella centralità dell’essere rispetto agli enti, dell’intero rispetto alle sue parti, della materia cosmica rispetto alla materia cerebrale che elabora idee sul mondo, sta nella struttura del mondo la ragione che rende possibile la redenzione filosofica, il fatto che la filosofia sia «appunto quella dottrina, che libera l’uomo da un’infinita moltitudine di scopi e mire finite, e lo fa verso di esse indifferente, in modo che per lui è il medesimo che quelle cose sieno o non sieno» (§ 88, p. 104).
L’Enzyclopädie si chiude con una citazione aristotelica, dal libro λ della Metafisica (1072b). Se davvero il divino è ζωὴ ἀρίστη καὶ ἀΐδιος, vita perfetta ed eterna, è perché esso è diverso dall’umano e dai suoi limiti, che sono certamente anche limiti psicologici e somatici ma prima di tutto e fondamentalmente sono limiti ontologici.

Sulla struttura temporale del corpomente

Il secondo seminario dedicato a Filosofia e Psichiatria previsto per il 13 maggio, e differito per ragioni indipendenti dalla volontà degli organizzatori, si terrà lunedì 27 maggio 2024 alle 16.00 nell’Aula 2, Edificio 4 del Policlinico G. Rodolico dell’Università di Catania. Riporto qui sotto l’abstract dell’incontro, che ha come argomento La mente temporale.

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La coscienza consiste nella consapevolezza di essere parte di un flusso temporale che determina e spiega ogni aspetto della nostra vita, consapevolezza che neppure per un istante ci abbandona. Corpo, coscienza e tempo costituiscono dimensioni assai complesse e in reciproca, profonda relazione. Se vogliamo comprendere la coscienza, è necessario rivolgere uno sguardo radicale –insieme neurologico e fenomenologico– alla corporeità e al suo essere una macchina temporale cosciente di sé. È il tempo, infatti, a costituire e a legare reciprocamente ogni ente e ogni pensato. Trama e ordito del reale sono tessute col filo della temporalità. La mente è tempo incarnato, situato, cosciente di sé, intenzionale e pervaso di significati. La mente è la consapevolezza che il corpo ha di essere immerso nel tempo, di essere tempo.

Zeitleib

Il secondo seminario dedicato a Filosofia e Psichiatria, previsto per oggi pomeriggio, è differito alle 16.00 di lunedì 27 maggio 2024.

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Lunedì 13 maggio 2024 alle 15.30 nell’Aula Pero del Policlinico G. Rodolico dell’Università di Catania terrò il secondo seminario di un ciclo su Filosofia e Psichiatria organizzato dalla Scuola di Specializzazione in Psichiatria del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale.
L’incontro ha come titolo La mente temporale.

La coscienza consiste nella consapevolezza di essere parte di un flusso temporale che determina e spiega ogni aspetto della nostra vita, consapevolezza che neppure per un istante ci abbandona. Corpo, coscienza e tempo costituiscono dimensioni assai complesse e in reciproca, profonda relazione. Se vogliamo comprendere la coscienza, è necessario rivolgere uno sguardo radicale –insieme neurologico e fenomenologico– alla corporeità e al suo essere una macchina temporale cosciente di sé. È il tempo, infatti, a costituire e a legare reciprocamente ogni ente e ogni pensato. Trama e ordito del reale sono tessute col filo della temporalità. La mente è tempo incarnato, situato, cosciente di sé, intenzionale e pervaso di significati. La mente è la consapevolezza che il corpo ha di essere immerso nel tempo, di essere tempo.

Filosofia teoretica: problemi e metodi

Il 7 e 21 marzo 2024 terrò due lezioni per il Dottorato in Scienze dell’Interpretazione dell’Università di Catania. Si svolgeranno entrambe nella Sala rettangolare del Coro di Notte del Dipartimento di Scienze Umanistiche, dalle 16.00 alle 18.00. L’argomento è Filosofia teoretica: problemi e metodi.
Anche se rivolte ai dottorandi, le lezioni sono aperte a tutti.

Sofia Vanni Rovighi ha ragione: «In filosofia non esistono questioni passate in giudicato». Anche per questo, come suggerisce il brano del Sofista che fa da epigrafe a Sein und Zeit, l’essere può sempre tornare al centro dell’indagine teoretica. Essere che della filosofia è la struttura fondamentale, il concetto esplicativo, il tema sempre aperto. Lo è nella duplice forma dell’ontologia che si chiede se qualcosa esista e della metafisica che si chiede come esiste ciò che esiste, che cosa sia l’ente che è. Metafisica e ontologia in realtà coincidono in quanto sono due declinazioni diverse della teoresi quale scienza che indaga l’ente come appunto esistenza di qualcosa e indaga l’essenza come modo d’essere di ciò che esiste. Piuttosto la distinzione andrebbe posta tra metafisica e gnoseologia/epistemologia, tra la scienza dell’essere e la scienza del conoscere.
All’interno dell’ampio continente (o galassia) che la filosofia è, sta la filosofia teoretica. Disciplina senza luogo che occupa tutti i luoghi, sapere storico – come ogni espressione umana – ma rivolto all’immutabile, ambito e totalità, parte e insieme tutto.
La filosofia teoretica si occupa dell’essere, della verità e del tempo in questa precisa articolazione: lo studio della verità dell’essere in quanto tempo. La filosofia teoretica si moltiplica e dirama diventando metafisica, ontologia, gnoseologia, fenomenologia, ermeneutica, genealogia.
Insieme e al di là della storia della filosofia e delle filosofie dedicate a specifici ambiti di conoscenza,
la teoresi costituisce il nucleo sempre acceso e creativo della filosofia, l’atteggiamento che interroga l’essere stesso delle cose in quanto cose, degli enti in quanto enti, le loro condizioni di esistenza, le modalità in cui possono essere conosciuti, la fecondità che assumono dentro l’intero, nel mondo.

Cosmologia

Cosmologie
in Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee
6 gennaio 2024
pagine 1-4

Insieme alla matematica, l’astronomia fu l’ambito dentro il quale ebbe inizio il sapere filosofico, il suo metodo, in Grecia e ancor prima della Grecia. A partire da un recente libro dell’astronomo Paul Murdin (The Universe: A Biography) ho cercato in questo articolo di presentare e riassumere alcune delle questioni centrali dell’astrofisica del XXI secolo, tra le quali: l’Universo inflazionario; il Multiverso; la  “costante di Hubble” (in verità piuttosto incostante); la relazione che intercorre tra il clima sul nostro pianeta, la struttura del Sole e la dinamica cosmica; l’origine e il destino della Terra anche sul fondamento della termodinamica; l’insignificanza della ‘vita’ e la natura del tempo. Ovviamente l’ho fatto solo per brevi accenni, anche perché l’intera mia riflessione costituisce un tentativo di pensare questi temi, tanto coinvolgenti quanto fondamentali. In questo testo ho cercato almeno di indicarli.

[L’immagine è tratta dal libro di Murdin e rappresenta il modo in cui tra 2 miliardi di anni si vedranno dalla Terra la Via Lattea, cioè la nostra galassia, e la galassia di Andromeda (M31 / NGC 224), la più vicina a noi (dista 2,538 milioni di anni luce). Andromeda è visibile anche a occhio nudo (guardando verso nord-est) nelle notti serene e in assenza di inquinamento luminoso. Con l’ausilio di un telescopio o di un binocolo è una vista spettacolare. Come si può notare dall’immagine, Andromeda si avvicinerà sempre più alla Via Lattea, sino a fondersi con essa]

Whitehead

Whitehead
in Vita pensata
n. 29, novembre 2023
pagine 163-174

Indice
-Una metafisica selvaggia
-Platone, l’intero e le sue parti
-Un’ontologia relazionale
-Una metafisica temporale
-Potenza e limiti della filosofia
-Linguaggio e teologia

Questo articolo intende essere soltanto un testo di servizio per introdursi a una filosofia tanto originale quanto complessa e linguisticamente strabordante. Ho cercato dunque di dare quanto più possibile la parola ad Alfred North Whitehead (1861-1947) ma anche di rendere questa parola comprensibile sullo sfondo della storia della metafisica nella quale si colloca, nella quale intende collocarsi.
L’essere è insieme e inseparabilmente flusso e permanenza, poiché ogni mutamento ha senso in quanto qualcosa rimane e, di converso, il permanere di un ente si staglia sull’orizzonte del suo mutare. La metafisica è dunque da intendere non come fondazione/fondamento ma come comprensione di questo ininterrotto eventuarsi in cui mondo, materia e umanità consistono. Metafisica non come soggettivismo/idealismo ma come schiusura, apertura e compenetrazione del mondo umano dentro il mondo spaziotemporale che lo rende ogni volta e di nuovo possibile. 

 

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