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Carne da televisione

Più narcotizzante degli apparati di festa e di gloria coi quali i sovrani assoluti stupivano la plebe; più pervasivo delle ideologie totalitarie che imponevano -invece- l’adesione attiva delle folle; più efficace della costrizione e della violenza, il controllo spettacolare dell’informazione è una delle espressioni del primato della metapolitica, dei simboli, delle credenze, prima che dell’economia e della politica. Un insegnamento gramsciano che i capi del XX secolo e del presente hanno ben assimilato e del quale fanno uso per imporre e rendere legittime le decisioni più gravi: il colonialismo umanitario del XXI secolo nei Balcani e nel Vicino Oriente; l’occupazione dei Paesi “alleati” (solo nel nostro territorio sono installate oltre 100 basi militari statunitensi o della Nato); la realizzazione -in Italia- dei programmi massonici dell’associazione fuorilegge P2 mediante la pratica arrogante, demente, autoritaria e ghignante dell’attuale governo (a questa Loggia Berlusconi era iscritto con la tessera numero 1816).
Tutto viene ormai accolto, digerito e perfino sostenuto da quella carne da televisione che sono diventate le masse, compresi -al loro interno- intellettuali, professori, giornalisti.

Videocracy. Basta apparire

di Erik Gandini
Svezia, 2009
Trailer del film

videocracy

Vedere questo film è stato un grande, puro divertimento. Videocracy è fatto di un montaggio intelligente e sempre meditato, di musiche capaci di cogliere la natura tragica di immagini frivole, dell’epopea del Presidente che si intreccia con l’analogo sogno di un giovane operaio. Vi prende forma e figura un mondo surreale e realissimo nel quale il potente Lele Mora -agente e creatore di stelle televisive- rivendica di essere un mussoliniano e mostra sorridendo dei filmati nazionalsocialisti sul proprio cellulare; nel quale un re dei paparazzi -Fabrizio Corona- accusa di malvagità il Potere e di sé dice d’essere «un moderno Robin Hood, che toglie ai ricchi per dare a se stesso»; nel quale la storia delle televisioni commerciali, e del loro dilagare nelle case e nelle menti, diventa ed è la storia dell’Italia contemporanea. Un intreccio inestricabile di epica e di farsa, di casalinghe che si spogliano e di istituzioni che applaudono.

Il commento è sempre discreto e sobrio poiché le immagini, davvero, parlano da sole. «Basta apparire», è la frase conclusiva di Lele Mora posta a epigrafe dei due finali: bellissimo il primo, con ragazze che ballano frenetiche e uguali in un silenzio siderale; meditativo il secondo, col lento incedere del Capo sorridente tra ali di folla che plaude. La politica nell’epoca della sua riproducibilità televisiva.
Immondo è certo il Presidente ma più immondo ancora è il suo Pubblico.

Videocracy

Il trailer del film di Erik Gandini Videocracy è stato rifiutato dalla Rai -televisione pubblica- con tre motivazioni. La prima è che «anche se non siamo in periodo di campagna elettorale, il pluralismo alla Rai è sacro e se nello spot di un film si ravvisa una critica ad una parte politica ci vuole un immediato contraddittorio e dunque deve essere seguito dal messaggio di un film di segno opposto» (Fonte: Repubblica). Sono certo che da ora in poi, per coerenza, ciascuno dei numerosi programmi e video della Rai nei quali si esaltano s.b. e le sue gesta sarà seguito da un immediato programma di segno opposto.

Il secondo motivo è che tale film «non rispetterebbe le convinzioni morali dei cittadini» (Fonte: Ansa). Surreale, oltre che totalitario, che i dirigenti della televisione di stato sappiano che cosa i cittadini ritengano morale o immorale. Tanta solennità per malamente mascherare carriere e poltrone di tali degni dirigenti televisivi. E tuttavia può darsi davvero che la «morale» di Berlusconi (sfruttare il corpo delle donne per ottenere introiti pubblicitari ma presentarsi alla Perdonanza cattolica) sia oggi la morale del telepopolo italiano. Circostanza che lungi dal giustificare s.b. sancirebbe il trionfo della videocrazia.

Il terzo, e più importante, argomento è tratto da un comunicato ufficiale della Rai, secondo il quale il trailer di questo film comunica un «inequivocabile messaggio politico di critica al governo». Motivazione che sarebbe senz’altro condivisa dalle televisioni della Corea del Nord, della Birmania, dell’Iran, dell’Arabia Saudita e di altri analoghi e liberi regimi.

Lucertoloni

In un breve testo dello scorso 25 maggio  intitolato Caramelle da sconosciuti Vittorio Zucconi scrive: «A parte l’arazzo di balle che papi sta tessendo pubblicamente, e purtroppo ormai anche per i media stranieri come CNN, naturalmente nell’encomiabile sforzo di mantenere privati fatti personali, mi chiedo, da padre di una bambina e da nonno di vari marmocchi, che cosa le avrei detto se un uomo anziano con due dita di fondo tinta spalmato in faccia e una testa di capelli finti incollati al cranio l’avesse coperta di regalini e l’avesse invitata a festicciole in villa con altre coetanee, senza genitori».

Quanta ingenuità! Molti genitori italiani -mamme soprattutto ma anche papà- non desiderano altro per le proprie figlie che l’agognata, la lustrinante, la divina televisione. Come se l’apparire in quella scatola garantisse dalla morte e dalla tristezza. Agisce poi il compiacimento papamammesco per la bellezza delle pargole. Infine, e soprattutto, il danaro che un uomo così potente e ricco porta in famiglia. La moglie lo ha detto con chiarezza, mi pare: «vergini offerte al drago». Che il drago sia una vecchia lucertolona (anche caimano è troppo) osannata da tanti italiani è il clamoroso segno di un popolo di merda.

Cipria

Alessandra Tarantino, dell’agenzia AP, è riuscita a fotografare SB mentre finge di detergersi il sudore in pubblico e in realtà si passa un tampone imbevuto di cosmetici. Tutto finto. Tutto coerente. Tutto lifting. Tutto manipolato. Tutto «una guerra illustre [e disperata] contro il tempo» (A. Manzoni). Tutto triste. Tutto grottesco. Tutto televisivo. Tutto menzogna. Tutto niente. Tutto un crepuscolo di cipria, di polvere.

Il corpo delle donne

Fermiamoci un poco. Esattamente per 25 minuti. Cerchiamo di osservare un esempio della tenace e vincente strategia gramsciana che ha condotto Berlusconi a diventare in modo del tutto naturale capo del governo dopo aver instillato per venti anni nel corpomente individuale e sociale delle immagini televisive ben precise e funzionali al suo progetto finanziario e politico. L’egemonia culturale -e cioè la creazione e il controllo dei simboli, delle parole, delle immagini– ha generato inevitabilmente la presa del potere. Marx ha sbagliato nel ritenere che quanto chiamiamo cultura sia subordinato alla struttura economica. È vero, piuttosto, il contrario.
Il corpo delle donne è un fattore decisivo di tale egemonia. Il corpo che è anche strumento e prodotto viene ricondotto soltanto a strumento e prodotto. La natura temporale del corpo è annullata in un lifting immobile e mostruoso, letteralmente.
Questo pacato e terribile documento di Lorella Zanardo e Marco Malfi Chindemi mostra la verità dell’affermazione di Pier Paolo Pasolini sulla televisione come negazione della corporeità.
Chiedo alle donne che lo vedranno: perché?

Fuori dal mondo

Comincio a pensare che il non possedere un televisore mi stia mettendo davvero fuori dal mondo.
Mi arrivano, infatti, strane notizie di ministri delle finanze erreammosciati che propongono davanti a Vespa il 5 per 1000 per l’EMERGENZA terremoto e sembrano quindi ignorare che il 5 per 1000 viene versato DOPO ANNI ai suoi destinatari; notizie di vecchi maghi -Silvan- rimproverati in diretta perché pronunciano senza ossequio il nome del Supremo Bottegaio; notizie di ministri-sciacalli che scorrazzano tra le macerie del terremoto alla famelica ricerca di voti e di pubblicità; notizie di vignettisti -Vauro- ammoniti ed espulsi dalla RAI (Rete Adulatori Incalliti); notizie di inchieste giornalistiche -Report- che sono a rischio di sospensione anche perché dopo aver descritto che landa sia Catania (e quanto servi siano i suoi “intellettuali”) mostrano a tutti come facciano dei presidi scolastici condannati per latrocinio a continuare a dirigere le loro scuole e come nelle università domini il leggendario “familismo amorale” che mette in cattedra mogli, amanti, figli; notizie di telegiornalisti e quotidianisti i cui toni e contenuti fanno apparire, al confronto, le cronache ducesche dell’Istituto Luce delle espressioni quasi sobrie e democratiche; notizie di milioni di italiani che in tutto questo stanno a bocca aperta davanti a fattorie, grandi fratelli, xfactor; sigle inquietanti e oscure…
No, il mondo vero non è questo, l’Italia non può essersi ridotta a una merda simile, a questo incubo.

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