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Pistole e parole

The Hateful  Eight
di Quentin Tarantino
USA, 2015
Con: Samuel L. Jackson (il maggiore Marquis Warren), Kurt Russell (John ‘il Boia’ Ruth), Walton Goggins (Chris Mannix), Jennifer Jason Leigh (Daisy Domergue)
Trailer del film

hateful_eightWyoming. Pochi anni dopo la fine della Guerra di Secessione. Una diligenza corre cercando di sfuggire a  una tempesta di neve. Trasporta dei cacciatori di taglie e la loro preda, una donna. La diligenza arriva all’Emporio di Minnie. La proprietaria non c’è. Ci sono invece dei soggetti ambigui e reticenti. Nessuno si fida di nessuno. E giustamente. Il disvelamento coincide con il morire.
Il cinema barocco e splatter di Tarantino si misura qui con una struttura teatrale nella quale tutto avviene – per tre ore- in un unico ambiente. Le parole e le pistole dominano la scena.
Parole che giungono al culmine nel racconto che il maggiore Warren -un nero- fa al generale sudista Smithers, al quale riferisce come gli ha ucciso il figlio dopo averlo fatto camminare nudo nella neve e avergli imposto una fellatio.
Pistole che spuntano dappertutto e che compiono, inesorabili, il loro lavoro.
Nonostante la conclusione, spero ironica oltre che sentimentale, segnata dal nome e dalla morale di Abramo Lincoln, The Hateful  Eight è tanto divertente quanto feroce. Divertente e feroce anche nel suo essere politicamente scorretto. Delle donne il minimo che si dice è che sono delle troie, dei neri si afferma che sono proprio negri e bugiardi e subumani, dei messicani si sostiene che sono peggio dei cani. E così via.
Soprattutto si comprende come l’utilizzo, e non soltanto il possesso, delle armi ‘per difesa personale’ stia nel codice genetico delle popolazioni che abitano il Nord America da New York alla California. Selvaggi.

Django, il mito

Django Unchained
di Quentin Tarantino
Con: Jamie Foxx (Django), Cristoph Walz (Il Dottor King Schultz), Leonardo Di Caprio (Calvin Candie), Samuel L. Jackson (Stephen), Kerry Washington (Broomhilda), Don Johnson (Spencer Gordon Bennet)
USA, 2012
Trailer del film

Si comincia e si finisce nella notte. Alcuni uomini camminano nel buio, scortati da due negrieri. Il silenzio è rotto soltanto dal tintinnio delle loro catene. Uno squarcio e arriva la strana carrozza di un dentista tedesco che è interessato all’acquisto di uno degli schiavi. Il medico è un cacciatore di taglie e il negro dovrà aiutarlo a identificare tre banditi che hanno cambiato identità. I due diventano amici e sodali. Il Dottor Schultz è disposto ad aiutare Django nel tentativo di liberare la moglie, di proprietà di uno schiavista veramente sadico. La piantagione di costui -Candieland- è gestita da un vecchio e feroce schiavo. Lo stratagemma ideato per liberare la donna sembra andare a buon fine ma Stephen -il kapò nero- ha compreso tutto e si scatena un inferno che si conclude nel bagliore di un grande incendio.

La saga dei Nibelunghi -la moglie di Django si chiama Broomhilda-; un Prometeo che spezza le proprie catene; l’omaggio musicale e visuale (sin dai titoli di testa) ai western di Sergio Leone; l’ironia dei dialoghi (spassosi quelli tra i balordi e imbranati membri di un incipiente Ku Klux Klan); l’immancabile pulp di una violenza che fa zampillare sangue dai morenti, fa sbranare schiavi dai cani, fa penzolare corpi dai ganci, fa rinchiudere schiave fuggiasche in fornaci; il paradosso di neri che si insultano a vicenda per il fatto di essere neri, sino al punto che uno di loro diventa il più determinato e crudele collaboratore del padrone bianco. Pura narrazione (μῦϑος), insomma. Puro cinema. Grande divertimento.

Bastardi senza gloria

di Quentin Tarantino
(Inglourious Basterds)
USA/Germania, 2009
Con: Christoph Waltz (Hans Landa), Brad Pitt (Aldo Raine), Mélanie Laurent (Shosanna Dreyfus) Diane Kruger (Bridget Von Hammersmark)
Trailer del film

tarantino_bastardi

Francia 1941. Il colonnello Landa è un cacciatore di ebrei dall’intuito infallibile. Il capitano Raine è un cacciatore di tedeschi che non fa prigionieri e che chiede ai suoi uomini lo scalpo dei nemici uccisi. Shosanna Dreyfus è l’unica scampata alla strage della sua famiglia e vive sotto falso nome a Parigi, dove gestisce un cinema. Un soldato tedesco appassionato di film le fa la corte e riesce a far ospitare nel locale della ragazza la prémiere di un’opera di Goebbels. Vi assiste anche Hitler e non si dà quindi migliore occasione ai bastardi di Raine per chiudere la guerra, con il sostegno della «vendetta ebraica».

Per immaginare e reggere una ucronia si deve possedere qualcosa di analogo al talento narrativo e alla radicalità teoretica di Philip Dick o è meglio lasciar perdere. Spesso, e temo volutamente, macchiettistico nella recitazione e nelle situazioni, Inglourious Basterds mescola la gentilezza affettata dell’ufficiale nazionalsocialista col sadismo dei militari statunitensi, lo spara-spara del cecchino tedesco con la cinefilia dello stesso soldato (e di Tarantino), tutto sullo sfondo di ricostruzioni storiche farsesche prima che impossibili. Per dire che cosa? Che il cinema purifica il mondo e riscatta il male? Le uniche scene riuscite sono quella iniziale e il lungo duello di sguardi e movimenti nello scantinato/locanda. La storia non si addice al pulp.

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