La cospirazione del Cairo (ولد من أل جنة, Walad Min Al Janna)
di Tarik Saleh Svezia, 2022
Con: Tawfeek Barhom (Adam), Fares Fares (Ibrahim), Makram Khoury (il maestro cieco), Sherwan Haji (Soliman) Trailer del film
Yahweh (Yaldabaoth) e Allah (اَلله) sono i due nomi fondamentali dei monoteismi mediterranei. Nomi dentro, attraverso e per conto dei quali si commettono da due millenni delle nefandezze estreme. E questo accade sia perché la logica dell’Uno che estirpa il Molteplice è di per sé portatrice di violenza sia perché questi nomi contribuiscono ad ammantare di ragioni assolute e di valori morali i consueti comportamenti degli umani. Consueti, vale a dire distruttivi. Yahweh e Allah aggiungono dunque l’elemento dell’ipocrisia al dispositivo di per sé violento dell’umano.
Il thriller teologico di Tarik Saleh narra infatti una storia improntata all’assassinio commesso anche nel nome della pace di Allah. Racconta di un giovane pescatore di un villaggio egiziano dotato di un’intelligenza non comune e che per questo viene accolto nell’Università Al-Azhar del Cairo, uno dei luoghi e delle istituzioni fondamentali della cultura islamica. Questo spazio è architettonicamente armonioso, pulito, pieno di libri e di shaykh (maestri) che insegnano il Corano ciascuno con una sensibilità diversa. Il Grande Imam che dirige Al-Azhar muore e il governo dell’Egitto intende imporre a tutti i costi il nome del successore poiché, afferma un generale, «il controllo di Al-Azhar è una questione di sicurezza nazionale». Ed è così che l’ingenuo, onesto, studioso Adam si trova gettato in un vortice di spionaggio, omicidi, minacce, torture, iniquità. Dentro il quale cerca di mantenersi nonostante tuttopuro. E forse a questo allude il titolo originale: Venuto dal cielo.
Anche l’Islam è un effetto del principio teologico razziale che sta a fondamento dell’ebraismo e che si dirama nel Cristianesimo e appunto nel Corano, il principio enunciato nell’Esodo, vale a dire il dispositivo mosaico dell’esclusione, del primato di una forma religiosa su tutte le altre. Tale principio si è incarnato in una forma divina esclusiva, escludente e ‘gelosa’, che non ammette nessun’altra divinità accanto a sé. Se il mondo antico, se le civiltà politeistiche conobbero certamente violenza e guerre non lo fecero però mai in nome e per motivazioni di carattere religioso, che sono motivazioni assolute e dunque implacabili. Il carattere intrinsecamente plurale della divinità impedisce di considerare gli dèi altrui ‘falsi, bugiardi, demoniaci’, spingendo invece a una reciproca assimilazione, la quale produce delle identità del tutto rispettose della differenza, poiché sono identità che senza la differenza non potrebbero né esistere (ontologia) né essere pensate (epistemologia).
Bibbia e Corano costituiscono invece la radice della desacralizzazione del mondo e della sua distruzione per opera di una parte che si è proclamata signora e padrona del mondo, portavoce dell’unico Dio. Ebraismo, Cristianesimo e Islam sono intrinsecamente aggressivi – la loro storia lo dimostra ampiamente – proprio perché il loro comune nucleo è la riconduzione e riduzione del Molteplice all’Uno. La cospirazione del Cairo intende essere e rimanere un thriller politico ma la teologia non ne costituisce soltanto uno sfondo, anzi ne è il vero motore, per quanto appaia chiaro che i capi ed esecutori politico-militari siano piuttosto scettici in tema di religione. Tutti però si salutano sempre nel nome di «Allah il misericordioso». Una delle ultime battute del film, pronunciata dalla suprema autorità militare, è questa: «Il potere è un’arma a doppio taglio. Può ferire chi la utilizza». Anche il potere della parola divina.
Sul mare si apre e sul mare si chiude questa storia di menzogna e di assassinio. Il mare, che esisteva prima di tutto questo e che ci sarà ancora quando le «verità assolute» degli umani saranno diventate polvere del tempo.
P.S.
In un film permeato di cultura islamica le donne naturalmente non compaiono (esclusa una scena di pochi minuti), né possono frequentare l’Università Al-Azhar o avere una qualche parte nelle decisioni politiche. Nessuna, ovviamente, in quelle teologiche. Si ripropone dunque in maniera lampante la schizofrenia di non pochi dei politicamente corretti, i quali lottano per l’accoglienza del mondo islamico in Europa e pensano contemporaneamente di poter condurre una lotta senza quartiere al patriarcato maschile; due ingiunzioni evidentemente tra di loro incompatibili. Cfr. Wokismo e Decostruzione.
Indice
-Introduzione
-Proust sociologo
-Linguaggio
–Du coté de chez Swann
–À l’ombre des jeunes filles en fleurs
–Lecôté de Guermantes -Sodome et Gomorrhe –La Prisonnière
–Albertine disparue –Le Temps retrouvé -La Recherche come filosofia
Proust è un sociologo, è un narratore, è un metafisico. Nella Recherche vivono, agiscono, amano, invecchiano, parlano, ricordano centinaia di personaggi che abitano una molteplicità di luoghi: Illiers/Combray, Parigi, Cabourg/Balbec, Amiens, Venezia. In questo saggio ho cercato di presentare alcuni di tali personaggi, luoghi, temi. La prima parte è dedicata alla spesso sottovalutata ma in realtà primaria dimensione storica e sociologica dell’opera proustiana; la seconda a un sintetico percorso dentro la Recherche; la terza a una riflessione sulla struttura metafisica dell’opera.
Leonardo Sciascia Dalle parti degli infedeli Sellerio, 1979
Pagine 87
Per Leonardo Sciascia la Storia della colonna infamefu un costante punto di riferimento. In Dalle parti degli infedeli il modello manzoniano si manifesta nella puntigliosa ricostruzione di un evento e in un senso profondo della giustizia e dell’ingiustizia nelle società, in un impegno civile che resta inseparabile dalla dolente consapevolezza della malvagità dell’umano e delle sue istituzioni.
Lo stesso Sciascia ammette, con un poco di autosorpresa, che ci troviamo di fronte alla ricostruzione «apologetica» (p. 77) della vita di Monsignor Angelo Ficarra, vescovo di Patti nei cruciali anni della Guerra fredda e del massiccio appoggio della Chiesa cattolica al partito della Democrazia Cristiana. Questo prelato – candido e testardo, obbediente ma non disposto a farsi complice, dedito alla preghiera, agli studi, all’«operosa carità quotidiana» (27) – fu perseguitato da parte della DC pattese e da alcuni organismi della Curia vaticana, a causa del suo rifiuto di sostenere le campagne elettorali e gli esponenti di un partito politico e diventando in questo modo un «ostacolo nella sua indifferenza al potere politico, alla politica; nella sua diffidenza o avversione a contaminarsene, a rendersene partecipe o complice» (42). Mediante l’analisi di numerosi documenti, alcuni dei quali riservati tanto che la loro divulgazione comporta per lo stesso Sciascia «scomunica maggiore» (53), viene ricostruita la trama di menzogne, ricatti, lusinghe con le quali la Sacra Congregazione Concistoriale, nella persona del cardinale Piazza, costrinse Mons. Ficarra a lasciare il governo della Diocesi, seppure dopo uno scontro lungo e – per il vescovo – assai amaro.
Con la sua scrittura illuministica e sempre coinvolgente, Sciascia delinea dunque una vicenda simbolo. La persecuzione subita dal vescovo di Patti segue modalità vicine a quelle che negli stessi anni un’altra istituzione totale, il Partito Comunista di Stalin, adottava per sbarazzarsi dei propri avversari interni costringendoli «all’accettazione e confessione della colpa, anche se colpevoli non si è» (29).
La storia di Mons. Ficarra conferma anche quella «refrattarietà dei siciliani alla religione cristiana» (78) sulla quale Sciascia ha sempre insistito e che rende l’esistere nell’Isola un vivere in partibus infidelium.
Lunedì 20 marzo 2023 alle 12.00 nell’aula A7 del Dipartimento di Scienze Umanistiche (Disum) dell’Università di Catania Simona Venezia – professore associato di Filosofia teoretica nell’Università Federico II di Napoli – terrà una lezione per gli studenti del corso magistrale di Scienze filosofiche (ma aperta a tutti) dedicata al Nietzsche di Eugenio Mazzarella. La Prof. Venezia presenterà e discuterà il volume Nietzsche e la storia. Storicità e ontologia della vita. L’evento è organizzato dall’Associazione Studenti di Filosofia Unict (ASFU).
Lo stesso giorno si terrà un altro evento organizzato dall’ASFU: il primo incontro di un ciclo dedicato a Guerre ed Europa. L’argomento è il pólemos nel mondo greco e romano e a parlarne saranno Margherita Cassia (Professore Associato di Storia Romana), Monica Centanni (Professore Ordinario di Lingua e Letteratura Greca) e Domenico Tempio (Ricercatore di Storia Greca).
Lunedì 6 marzo avranno inizio le lezioni dei tre corsi che terrò nel 2023 nel Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania.
Riassumo qui gli argomenti dei corsi, l’articolazione dei programmi, i libri e i saggi che analizzeremo, gli orari delle lezioni.
I link ai titoli rinviano a presentazioni o a recensioni e – in alcuni casi – al pdf del testo.
Il link al titolo di ogni corso apre la pagina Disum con le schede didattiche, vale a dire le informazioni relative alle modalità di svolgimento delle lezioni, ai prerequisiti richiesti (da prendere molto sul serio), alla scansione del programma, agli esami.
Chiedo di porre particolare attenzione ad alcuni elementi delle schede didattiche:
-le lezioni saranno svolte in modalità frontale, vale a dire con un dialogo in presenza nell’aula, con la possibilità di interagire anche tramite elementi non verbali, poiché non sono soltanto i cervelli a insegnare e ad apprendere ma è l’intero corpomente che vive in uno spaziotempo reale, non virtuale;
-il metodo è la lectio, che significa lettura, analisi, commento e discussione dei testi;
-a motivo dei due primi elementi – corpimente e lectio – pur non essendo obbligatoria, la frequenza alle lezioni è fortemente consigliata;
-prerequisito di tutti e tre i corsi è una conoscenza adeguata della storia della filosofia.
Riassumo anche gli obiettivi principali che i corsi si propongono di conseguire.
-Per Filosofia teoretica:
1) Conoscenza e comprensione delle principali questioni ontologiche e metafisiche
2) Capacità di applicare conoscenza e comprensione all’esistenza individuale e collettiva
3) Autonomia di giudizio in ogni ambito della conoscenza e del vivere
4) Abilità comunicative nel presentare razionalmente le proprie posizioni
5) Capacità di apprendimento in ogni sfera del sapere.
-Per Epistemologia:
1) Conoscenza e comprensione dello statuto delle metodologie scientifiche
2) Capacità di applicare conoscenza e comprensione al rapporto teorico e prassico con i saperi scientifici
3) Autonomia di giudizio rispetto a ogni forma di dogmatismo
4) Abilità comunicative nell’affrontare questioni inerenti i saperi scientifici
5) Capacità di apprendimento in una varietà di ambiti.
-Per Filosofia delle menti artificiali:
1) Conoscenza e comprensione dello statuto dell’intelligenza
2) Capacità di applicare conoscenza e comprensione al rapporto con gli artefatti digitali
3) Autonomia di giudizio rispetto alle informazioni ricevute in questo ambito
4) Abilità comunicative nell’utilizzo dei dispositivi digitali
5) Capacità di apprendimento da una varietà di fonti e strumenti.
Filosofia teoretica LA STORIA, IL PRESENTE Corso magistrale in Scienze Filosofiche lunedì 12-14 (aula A7) / mercoledì 10-12 (aula A4) / venerdì 12-14 (aula A6)
-Alberto Giovanni Biuso, Sul realismo, in L’invenzione della realtà. Scienza, mito e immaginario nel dialogo tra psiche e mondo oggettivo, ETS, Pisa 2022 (pp. 125-135)
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Filosofia delle menti artificiali MENTE, INTELLIGENZE ARTIFICIALI E LIBERO ARBITRIO Corso magistrale in Scienze Filosofiche martedì 14-16 (aula A12) / mercoledì 12-14 (aula A12)
Che cosa autorizza un Paese come gli Stati Uniti d’America a intromettersi nelle decisioni, nella vita, nelle libertà di altri Paesi? In nome di che che cosa gli USA sono giudici dei destini di ciò che avviene nel continente asiatico, in America Latina, in Europa, ovunque? Da dove proviene questo privilegio assoluto di decidere per tutti che cosa sia il bene e che cosa il male? Che cosa legittima la pretesa che gli altri popoli, stati, nazioni debbano obbedire ai giudizi, alle decisioni, alle azioni degli Stati Uniti?
Non vedo porre tali domande, che pure sono essenziali di fronte a un’ingerenza sempre più pervasiva, totale, assai rischiosa, da parte dello stato nordamericano in tutti gli eventi del pianeta.
Ai difensori dell’imperialismo statunitense (così si chiama tecnicamente nella scienza della politica) pongo tali domande, che non sono retoriche. Vorrei proprio saperlo, infatti. Perché e da dove nasce il privilegio assoluto degli USA di decidere sulla Siria, sull’Iran, sui rapporti tra la Cina e la Russia, sui governi italiani, sulla politica monetaria cilena, solo per fare qualche esempio di una presenza totale? Da dove proviene? Che cosa lo motiva? Su quali elementi normativi o etici del Diritto internazionale si fonda?
Sin quando queste e analoghe domande non riceveranno risposte razionali e plausibili, l’ingerenza planetaria degli Stati Uniti d’America sarà una forma della volontà di potenza, la più pericolosa mai attuata nella storia della nostra specie.
Nulla di nuovo naturalmente, anche se nuove sono le potenzialità distruttive che una simile politica comporta, ma allora bisognerebbe dirlo in modo esplicito, senza infingimenti: nelle guerre che gli USA iniziano ovunque o alle quali partecipano domina la legge del più forte, vigono principi di natura geopolitica, sono in gioco le ambizioni di dominio economico e strategico della potenza più armata del pianeta. Di questo si tratta. E non di ‘valori’, ‘democrazia’, ‘libertà’. Ripulire il campo dall’ipocrisia moralistica e semantica sarebbe già un passo avanti.
È soltanto in questo quadro che si può comprendere la questione Ucraina.
Oskar Lafontaine, ex ministro delle Finanze tedesco ed ex presidente del partito socialdemocratico (SPD) ha dichiarato apertamente che «la guerra in Ucraina non è una guerra della Russia contro l’Ucraina o viceversa, ma una guerra degli Stati Uniti contro la Russia» (Contropiano. Giornale comunista on line, 16.2.2012). È infatti una guerra anche vigliacca quella combattuta dagli Stati Uniti d’America per procura contro la Russia in Ucraina, «senza rischiare la vita di un solo soldato sul terreno, limitandosi a fornire strumenti di morte e informazioni spionistiche per rendere l’impatto più efficace» (Marco Tarchi, Diorama Letterario 371, p. 1).
Una guerra che invera e prosegue la svolta rovinosa che a partire dalle Paci di Versailles del 1918-1919 ha trasformato la guerra in una questione assoluta, nella quale il nemico non è più un semplice nemico ma è diventato un subumano che non merita alcun rispetto. Una disumanizzazione, anche rispetto al mondo antico, che ha la sua plastica testimonianza nella richiesta del presidente ucraino di vietare a tutti gli atleti russi di partecipare alle Olimpiadi di Parigi del 2024, quando invece per i Greci le Olimpiadi erano ragione di tregua nei conflitti in corso.
La marionetta che governa Kiev (e che si crede un burattinaio) oltrepassa ogni misura, razionalità, responsabilità, chiedendo «armi, più armi» alla NATO. Tanto che i Paesi che compongono l’alleanza militare si stanno dissanguando per finanziare la guerra, togliendo pane, sanità, scuola, lavoro, ai propri cittadini allo scopo di armare all’inverosimile la dittatura ucraina. E che si tratti di una dittatura è confermato dal Partito Unico al potere, dalla persecuzione dei russofoni e della Chiesa ortodossa non nazionalista, dalle ‘punizioni’ erogate in pubblico e senza alcun processo per chiunque sia giudicato ribelle dalla polizia, dal tentativo di sterminio degli abitanti delle regioni autonome, dal dominio totale sui media ucraini. Anche Amnesty International conferma che l’esercito dell’Ucraina ha come obiettivo la morte e il danno dei cittadini ucraini. L’Ucraina è in realtà uno dei Paesi più corrotti d’Europa e fiumi di denaro dei cittadini e contribuenti italiani ed europei vanno a ingrossare i conti correnti di politici e oligarchi ucraini.
L’eterogenesi dei fini è una delle forme più ironiche e più amare delle vicende umane. In questo caso, essa fa sì che i “democratici” italiani ed europei sostengano anche i movimenti neonazisti al potere in Ucraina. E lo fanno mettendo a rischio i propri concittadini in nome degli interessi e della propaganda degli Stati Uniti d’America. Di fronte alla rovina dell’Italia e dell’Europa, a vantaggio degli USA e per difendere il governo fantoccio dell’Ucraina, ci sarebbero le condizioni per processare i governi in quanto colpevoli di «alto tradimento» degli interessi e della sicurezza dei cittadini. La miseria economica, il disagio sociale, la crisi della sanità, dei servizi, della formazione sempre più diffuse in Italia e in Europa per difendere e finanziare i Quisling dell’Ucraina costituiscono una prova assai chiara della inadeguatezza, della corruzione, della menzogna che guidano le classi dirigenti del Continente, compreso il governo Meloni. Perché, ad esempio, non ci sono soldi per il bonus edilizio, per l’assunzione di medici negli ospedali, per la ricerca universitaria, per gli edifici scolastici, e invece ci sono (molti) danari per inviare armi e ogni altro strumento di guerra all’Ucraina?
Gli inventori di una Ucraina «democratica» – si tratta in realtà di uno degli stati europei più autoritari e corrotti, con radici e simpatie nazionalsocialiste – si affannano a riempirla di armi e di denaro con il rischio di portare a distruzione l’Europa. Se l’aggressore operativo è la Russia, il vero aggressore strategico è la NATO, che venendo meno agli accordi di Minsk ha ampliato il proprio controllo sull’Europa sino ai confini della Russia. È come se quest’ultima ponesse le sue basi nucleari in Canada o nel Messico. Inaccettabile.
[L’espansione della NATO dal 1998 al 2022]
Gli Stati Uniti vogliono controllare ogni azione politica che accade nel mondo, non accettano neppure come ipotesi un pluriversalismo che limiti il globalismo unipolare che tendono a imporre all’intera umanità. Una prova linguistica e semantica di tale pretesa è l’affermazione che «la comunità internazionale» stia condannando e sanzionando la Russia. In realtà, i Paesi che si sono rifiutati di sanzionare la Russia rappresentano invece l’82% della popolazione mondiale.
E tutto questo per difendere «la libertà», la «democrazia»? No, tutto questo serve a organizzare, imporre e difendere un principio e un germe totalitario che consiste nella Gleichschaltung, nell’allineamento a una sola prospettiva, nella «soppressione dei modi di pensare dissidenti, l’eradicazione di ogni pensiero non coincidente con l’ideologia dominante» (Alain de Benoist, DL 371, p. 13).
Il totalitarismo non consisteinfatti soltanto e principalmente nei mezzi che si usano ma sta nello scopo per il quale si usano. Gli strumenti possono essere assai più leggeri rispetto a quelli utilizzati dai regimi totalitari del Novecento, «mezzi meno brutali, addirittura fatti per piacere e sedurre, che vanno di pari passo con l’adozione e un apparato di sorveglianza di un’ampiezza (e di un’efficacia) mai vista. Questo si chiama pensiero unico, e ogni progetto che punta ad imporre un pensiero unico è totalitario» (Ibidem).
Gli Stati Uniti d’America costituiscono una nazione nata dal peggio dell’Europa, prosperata con il genocidio e le guerre in tutto il pianeta. Una nazione distrutta dall’illusione multiculturalista e spenta dal Politically correct. Gli USA sono una democrazia apparente, sono una società iniqua e feroce. La corsa a essere e a mostrarsi servi degli USA e della NATO, contro gli interessi dell’Europa e dell’Italia, è una delle massime espressioni della tragedia che l’Europa vive in questo nostro tempo. I decisori politici europei sono dei veri e propri traditori al servizio di una potenza straniera e nemica, che sta muovendo guerra all’Europa. La Russia è stata sempre amica dell’Italia. L’ingratitudine spinta sino a fornire armi ai suoi nemici è una responsabilità inaudita del governo Draghi prima e di quello Meloni dopo. Tutto questo si spiega anche con l’idolatria televisiva, con la rinuncia al pensiero, con la Società dello Spettacolo. Una società stordita, inebetita, che scatta come un burattino alle parole d’ordine e alle menzogne dei media, primo dei quali la televisione. Nonostante tale controllo mediatico, il rifiuto della guerra è netto da parte della maggioranza dei popoli e dei cittadini europei. E questo ricorda il 1914. Governi e ceti dirigenti sono oggi come allora accecati da calcoli e fanatismi che portarono alla catastrofe l’Europa.
L’immagine sopra e quella qui sotto spiegano più di tante parole che cosa sia accaduto negli ultimi decenni., una proliferazione di basi statunitensi ovunque (800 sparse in tutto il mondo), che mette a rischio l’esistenza e l’autonomia della Russia e della Cina. Pensare che questo possa accadere senza che Russia e Cina si difendano è stoltezza politica.
[Le basi statunitensi in Asia e Oceania]
Gli Stati Uniti d’America e i loro alleati non hanno il diritto di parlare di pace, semplicemente.Non ne hanno diritto perché la politica estera degli USA dal 1945 al presente è consistita in una serie ininterrotta di guerre. Ecco un elenco delle tante guerre che gli USA hanno scatenato, per non parlare dei colpi di stato contro Paesi sovrani, come il Cile del 1973:
-Corea e Cina 1950-53 (Guerra in Corea)
– Guatemala (1954)
– Indonesia (1958)
– Cuba (1959-1961)
– Guatemala (1960)
– Congo (1964)
– Laos (1964-1973)
– Vietnam (1961-1973)
– Cambogia (1969-1970)
– Guatemala (1967-1969)
– Grenada (1983)
– Libano, Siria (1983, 1984)
– Libia (1986)
– El Salvador (1980)
– Nicaragua (1980)
– Iran (1987)
– Panama (1989)
– Iraq (1991) (Guerra del Golfo)
– Kuwait (1991)
– Somalia (1993)
– Bosnia (1994, 1995)
– Sudan (1998)
– Afghanistan (1998)
– Jugoslavia (1999)
– Yemen (2002)
– Iraq (1991-2003) (truppe Usa e UK insieme)
– Iraq (2003-2015)
– Afghanistan (2001-2015)
– Pakistan (2007-2015)
– Somalia (2007-2008, 2011)
– Yemen (2009, 2011)
– Libia (2011, 2015)
– Siria (2014-2015)
Per quanto riguarda l’Ucraina è ormai chiaro che il gasdotto che unisce la Germania alla Russia è stato distrutto da militari USA. Una gravissima azione di guerra attuata con modalità terroristiche.
E questo perché gli Stati Uniti d’America praticano la guerra contro l’Europa. Lo fanno da tanto tempo. Adesso l’hanno proprio dichiarata. La responsabilità maggiore è dell’Unione Europa, è dei ceti dirigenti europei di “destra” e di “sinistra” – compreso il governo italiano guidato da Giorgia Meloni – che non difendono i loro popoli da un nemico così implacabile, barbaro.
Tutto questo è espressione dell’Identità che tende a cancellare la Differenza. E invece l’essere, anche quello politico, è un gioco senza fine di Identità e Differenza, nel quale nessuno dei due poli cancella, può cancellare, l’altro. Pena la dissoluzione.
Il dato politico clamoroso di queste elezioni regionali del febbraio 2023 è l’infima partecipazione dei cittadini al voto. In Lombardia si è recato a votare il 41,6 degli aventi diritto. Nel Lazio il 37,2. La media tra le due regioni è il 39,4. Mai accaduto nella storia repubblicana.
Le cause sono molte ma una delle ragioni è evidente: che senso ha andare a votare se le decisioni politiche che contano, quelle che influenzano ogni altro provvedimento e la vita dei cittadini italiani, non vengono più prese a Roma o a Milano ma a Bruxelles e a Washington? Perché è esattamente questo che accade da molti anni e in modo sempre più implacabile. Recarsi a votare non ha più senso poiché, qualunque sia l’esito delle elezioni, le politiche dei governi – regionali o nazionale che siano -continuano a essere le stesse stabilite dai poteri sovranazionali ai quali l’Italia delega sempre più il proprio presente e il futuro. E questo su tutto: leggi e decisioni economiche; privatizzazione totale dei servizi essenziali (sanità, formazione, trasporti); questione dei migranti; guerre delle NATO e degli USA in Europa e contro l’Europa.
Chiunque vinca le elezioni la sostanza della politica italiana non muta, ed è sempre quella che si condensa e invera nell’azione e nel potere della formazione politica che meglio rappresenta e difende gli interessi del globalismo finanziario e culturale: il Partito Democratico. Una formazione politica corrotta, filoatlantica, obbediente in tutto agli Stati Uniti d’America, guerrafondaia, serva della finanza internazionale.
La destra al governo ha le stesse caratteristiche ma con molto meno influenza sul corpo collettivo, sulla stampa, sulla televisione, sulle banche. Sui veri centri del potere.