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Favole propagandistiche

Molto forte, incredibilmente vicino
(Extremely Loud and Incredibly Close)
di Stephen Daldry
Con: Thomas Horn (Oskar Schell), Tom Hanks (Thomas Schell Jr.), Sandra Bullock (Madre di Oskar), Max von Sydow (Thomas Schell Sr.), Dev Patel (Sonny), Celia Imre (Madge), Ronald Pickup (Norman), Maggie Smith (Muriel), Diana Hardcastle  (Carol), Tena Desae (Sunaina)
USA 2012
Trailer del film

Oskar è un ragazzino molto intelligente, forse affetto da una lieve forma della Sindrome di Asperger, che però esalta le sue capacità, pur costandogli molte fobie. Ha un padre meraviglioso, che «non mi ha mai parlato come un bambino» e che gli pone continuamente delle sfide giocose ed esaltanti per farlo crescere. Un padre che si trova in una delle torri del WTC l’11 settembre 2001. Oskar ascolta i messaggi da lui lasciati sulla segreteria telefonica, conserva tutto quello che avevano costruito insieme, trova in un vaso nascosto una chiave e un messaggio: «Non smettere di cercare». Sulla busta che contiene la chiave c’è scritto “Black”. Oskar si mette alla ricerca di tutti i quasi cinquecento Black di New York perché vuole e deve trovare l’oggetto che quella chiave apre. Per un breve periodo lo accompagna il singolare inquilino della nonna paterna, un uomo anziano che sente ma che non parla, comunicando soltanto con dei biglietti. Alla fine troverà qualcosa di più importante di una serratura.

Il film è stato sceneggiato da Eric Roth sulla base di un romanzo di Jonathan Safran Foer che a quanto pare deve essere un po’ più problematico della sua trasposizione cinematografica. Il film, infatti, è profondamente falso: un padre, come detto, perfetto; gli abitanti di New York tutti buoni, solidali, disponibili; le immagini e il ricordo delle torri gemelle continuamente riproposti, così come lo stupore di fronte a chi «uccide senza nemmeno conoscere le sue vittime», affermazione senz’altro esatta che si potrebbe applicare alle persone che negli ultimi sessant’anni sono state massacrate a milioni in tutto il mondo dalle bombe e dagli eserciti statunitensi. Un’opera, dunque, insopportabilmente retorica, i cui soli momenti autentici sono costituiti dalle scene in cui un Max von Sydow anziano ma sempre incomparabilmente raffinato dà vita al personaggio più sobrio della vicenda. Per il resto, è un film che si pone due obiettivi: strappare lacrime di commozione su una tragedia che in realtà gli Stati Uniti si sono costruiti da soli; fare opera di propaganda ideologica. Ma il regista ha decisamente esagerato nella misura della commozione e della finzione.

The Reader

di Stephen Daldry
Con: Kate Winslet (Hanna Schmitz), David Kross (Michael), Ralph Fiennes (Michael adulto), Bruno Ganz (Rohl)
USA – Germania, 2008
Trailer del film

The_reader

Berlino 1958. Il quindicenne Michael si sente male per strada. Viene soccorso da una donna con la quale nei mesi successivi inizia una relazione fatta di corpi e di parole. Di parole dei romanzi che il ragazzo legge a voce alta a Hanna, che le assorbe da lui, gelida e insieme inebriata. Un giorno la donna sparisce. Diventato studente di legge, Michael la ritrova imputata a un processo in quanto responsabile della morte di centinaia di prigioniere ad Auschwitz. Sarebbe facile per lei uscirne con una lieve pena ma si assume tutte le responsabilità perché si vergogna di qualcosa che ai suoi occhi è più umiliante dell’accusa di omicidio. L’uomo non va mai a trovarla in carcere. Le invia le cassette con la propria voce, con i racconti.

Straordinaria interpretazione di Kate Winslet che dà vita a un personaggio tenero e implacabile, fragile e fortissimo, al di là del bene e del male. La prima parte è una bella iniziazione all’eros di un adolescente; la seconda rischia a volte di diventare il solito film da lager ma per fortuna riesce a mantenere uno spessore problematico e aperto. Il segreto di Hanna, e dunque del film, è la sacralità della scrittura, la purezza della parola, la potenza del verbo che racconta l’accadere e lo riscatta.

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