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Catania

Che piacere si prova a vivere dentro una pattumiera? Questo piacere deve in qualche modo esistere, dato che è quanto accade alle più di trecentomila persone che abitano un luogo che si chiama Catania e alle altre migliaia che vi arrivano per lavoro.
Spazzatura dappertutto, spazzatura ovunque, spazzatura a monti, spazzatura sparsa. Spazzatura.
La raccolta differenziata è in questo luogo ovviamente una finzione. Il Capitolato speciale di appalto (2021) disciplina in modo assai analitico 

«i rapporti contrattuali che dovranno intercorrere tra la Stazione Appaltante e l’Appaltatore dei servizi integrati di igiene urbana della città di Catania per 7 (sette) anni dalla data di sottoscrizione del verbale di consegna», tanto che «l’operatore economico che risulterà aggiudicatario della gara (nel seguito “Appaltatore”), dovrà osservare integralmente tutte le prescrizioni» (Allegato 1, p. 4). 

In tale documento si dice con ferma solennità, tra le tante prescrizioni, che «l’Appaltatore, pertanto, dovrà attenersi strettamente e principalmente a tutte le norme di legge […] in materia di igiene urbana, nonché in materia di prevenzione degli infortuni, di circolazione stradale, di tutela della salute pubblica» (Ibidem).
E invece l’Appaltatore è esso stesso a produrre sporcizia mentre i suoi mezzi praticano operazioni rumorose e inquinanti nel pieno Centro Storico, a ridosso delle mura del Monastero dei Benedettini (sede del mio Dipartimento).
Sono i mezzi dell’Appaltatore che percorrono in senso vietato le vie della città infrangendo in modo clamoroso le norme di sicurezza relative alla «circolazione stradale».
È l’Appaltatore che non pratica «lo scerbamento giornaliero», «il lavaggio stradale» e «giornalmente, lo sfalcio e il diserbo meccanico della vegetazione spontanea sui marciapiedi, lungo i muri di recinzione e i prospetti degli edifici»  (Ivi, pp. 6 e 8), come possono constatare tutti i catanesi, con l’erba che affiora ovunque così come la puzza.
E chi permette all’Appaltatore di ricevere il danaro proveniente dalle tasse dei cittadini senza svolgere il servizio per il quale è pagato? Lo permette il Comune di Catania, dato che, recita l’art. 10 del Capitolato a p. 13,

«la vigilanza ed il controllo della corretta esecuzione dei servizi affidati in appalto compete al RUP con l’ausilio del DEC ed al suo ufficio, con la più ampia facoltà e nei modi ritenuti più idonei, previsti dalla normativa vigente. L’attività di controllo dell’appalto da parte dell’apposito Ufficio CSAT avverrà con l’utilizzo dei Sorveglianti ed eventuale altro personale dedicato». 

Il Capitolato comprende una minuziosa tabella con le «penalità per disservizi e inadempienze» che l’Appaltatore dovrà sborsare per ogni minima infrazione (pp. 16-17), tabella che mi ha irresistibilmente ricordato le grida solennemente lette dall’Azzeccagarbugli a Renzo Tramaglino.
Si parla persino (non manca proprio niente) di «contegno scorretto nei confronti degli utenti e/o del pubblico» (p. 18), contegno che consiste in urla sconsiderate degli addetti dalle cinque del mattino in poi; si parla di «tecnologie GIS per la vigilanza sui percorsi degli automezzi» (p. 21); contegno che in questo caso consiste nel percorrere contromano i sensi unici, con grave rischio per gli altri automobilisti. Questo «contegno» viene da tali tecnologie registrato? Penso proprio di sì ma i vigilanti non vigilano.
Ci sarebbero insomma tutti gli elementi per applicare l’articolo 27 del Capitolato che stabilisce la risoluzione da parte del Comune di Catania «qualora l’Appaltatore si sia reso o si renda colpevole di frode, grave negligenza e grave inadempienza nell’esecuzione degli obblighi contrattuali» (p. 24). Ma al Comune di Catania tutto questo va bene, chissà perché…

Metto a disposizione anche l’ampio testo del Piano d’intervento predisposto dal Comune di Catania (Allegato 2): un documento bellissimo, analitico (si fanno calcoli strada per strada per tutte le vie di Catania!), ricco di immagini e tabelle, redatto con un linguaggio anche raffinato:  

«Progettare ed organizzare in modo razionale e moderno un servizio di spazzamento stradale, [però qui la virgola non ci voleva, n.d.r.] significa utilizzare le diverse unità di lavoro unicamente nelle operazioni a loro più confacenti e, soprattutto, integrandole in vario modo, al fine di attivare quelle sinergie che producono servizi di qualità nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità» (p. 79). 

La corrispondenza tra tali formule e la realtà effettuale potrà essere verificata da ogni cittadino e abitante di questa città.
Nel Piano d’intervento si legge ad esempio che: 

«i cestini presenti sul territorio saranno svuotati dagli addetti alle attività di spazzamento. In concomitanza con la rimozione dei sacchi dai cestini saranno ripristinate le condizioni di decoro urbano nell’area circostante e sarà sostituito il sacco pieno con sacco vuoto. Le attività saranno svolte in concomitanza alle attività di spazzamento stradale dalle stesse maestranze» (p. 138). 

Ma certo, ma certo, lo vediamo tutti, ogni giorno…

Il comportamento omissivo e complice dell’Amministrazione comunale non spiega però da solo la puzza e lo schifo nelle quali Catania è immersa. Visito con regolarità i comuni della provincia, le cui Amministrazioni non sono in media diverse e meno cialtronesche rispetto a quella del capoluogo. E tuttavia, ad esempio, a Randazzo, Mineo, Militello, Caltagirone e anche nel mio paese (Bronte) le strade sono pulite in modo almeno accettabile.
E pertanto la questione non è soltanto amministrativo-politica; la questione è sociale. Detto in modo brutale: la media dei catanesi è sporca, la media dei catanesi vive nella lordura come se fosse un fatto naturale. Lo testimoniamo migliaia di immagini, tra le quali quelle che aprono e chiudono questo testo.
Un amico coetaneo, nato a Catania e che bene la conosce, definisce questa città «un carcere sporco»; uno studente mi scrive che «Catania è veramente un cassonetto della spazzatura che come tale si tratta senza rispetto. Una città pattumiera che si salverà soltanto smaltendosi, proprio come un rifiuto indifferenziato».
Aggiungo io che a volte si ha la tentazione di utilizzare le formule goliardiche di chi grida «Forza Etna!» Ma in quel caso molti catanesi avrebbero il tempo di trasferire altrove la loro lordura interiore.
So benissimo che la questione non è morale o moralistica, come potrebbe apparire dal tono che sto utilizzando. La questione è sociale ed è storica, tanto è vero che durante il confino (il cosiddetto lockdown) al quale il governo Conte costrinse gli italiani, anche i catanesi obbedirono non uscendo più di casa.
Frutto della loro storia di sottomissione e servitù, non pochi catanesi si credono «spacchiusi» ma sono soltanto dei poveri «pirla» per dirla alla nordica o sono dei servi sciocchi per dirla in modo neutrale. Soltanto un servo abituato a vivere in mezzo alla miseria può infatti ritenere normale muoversi immerso nella spazzatura.
In alcuni angoli della città ho letto dei gentili e malinconici cartelli che invitano a non lasciare i rifiuti sui marciapiedi, utilizzando lo slogan «Lasciamo Catania pulita». Io toglierei l’aggettivo: «Lasciamo Catania».
È quello che suggerisco ai miei nipoti e anche ad alcuni miei allievi. Io completerò la mia attività di docente nell’Università dove ho in parte vissuto quella di studente universitario. E cercherò di farlo con tutta la dedizione possibile. Ma sono ben contento di non essere cittadino di Catania e di non dover più percorrere, finito il mio lavoro, le sue luride strade.

[Questo articolo è uscito su girodivite.it: Catania. Teoria e prassi della spazzatura]

Catania, la spazzatura

Il 14 settembre 2023 ho inviato all’«Ufficio per le Relazioni  con il Pubblico» del Comune di Catania questa comunicazione:

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«Abito in *** e devo segnalare un grave disservizio che dura dal mese di luglio 2023.
I mezzi addetti alla raccolta differenziata dei rifiuti confluiscono in Piazza Vaccarini, sulla quale dà l’appartamento dove abito, allo scopo di trasferire i rifiuti dai piccoli automezzi a quelli più grandi. Il rumore è totale, continuo, insostenibile e dura dalle 5.30 circa alle 8.30.
Nei mesi di luglio e agosto queste operazioni avvenivano nella altrettanto vicina Piazza Annibale Riccò; adesso in Piazza Vaccarini. Credo che operazioni di questa natura non possano essere espletate a danno del sonno dei cittadini che lavorano e pagano le tasse. Non solo i mezzi meccanici sono assai rumorosi ma anche gli addetti urlano in piena notte.
Chiedo dunque a questa Amministrazione:
–se la società che si occupa della raccolta rifiuti è stata autorizzata dal Comune di Catania a svolgere operazioni così invasive della quiete pubblica nelle strade comunali abitate dai catanesi;
–nel caso in cui tale autorizzazione ci sia stata, di ritirarla quanto prima per le ragioni qui enunciate […]
Cordiali saluti»
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Ecco un mio video che documenta quanto succede in questa pubblica piazza:

Non avendo ricevuto alcun riscontro da un ufficio che esiste per rispondere alle segnalazioni e alle domande dei cittadini, il 29 settembre 2023 ho inviato una lettera all’Assessore Alessandro Porto:

«Egregio Assessore Porto,
avrei voluto indirizzare questa lettera al suo collega Salvo Tomarchio, Assessore all’Ecologia, ma nella pagina dell’Ass. Tomarchio sul sito del Comune non viene fornito alcun recapito. Cosa incredibile e credo anche contraria alle attuali normative.
Mi rivolgo dunque a lei, Assessore alla viabilità, poiché la questione è l’utilizzo di Piazza Vaccarini per le operazioni notturne dei mezzi compattatori che raccolgono i rifiuti con piccoli mezzi e poi li conferiscono a camion più grandi.
Ho riassunto i termini del problema nel Reclamo che ho inviato all’URP del Comune di Catania lo scorso 14 settembre (reclamo che allego). A oggi non ho ricevuto alcuna risposta e i mezzi del Comune, o di chi per esso, continuano a disturbare con i loro assordanti rumori il riposo di cittadini che lavorano e pagano le tasse.
Gli Uffici dell’URP a che scopo esistono? Perché li paghiamo se non forniscono alcun riscontro agli interrogativi dei cittadini sulla qualità e modalità della vita collettiva nel nostro Comune?
Mezzi così rumorosi e lavoratori che urlano di notte nelle strade pubbliche – invece che in luoghi deputati dove dovrebbero svolgere le attività descritte – costituiscono un grave danno; l’indifferenza del Comune di Catania rispetto a richieste di chiarimento inviate con le modalità previste dallo stesso Comune è un segno di disprezzo verso i cittadini.
Spero che almeno lei o l’Assessore Tomarchio vorrete rispondermi» 

E invece nessun assessore, ufficio, struttura del Comune di Catania ha ritenuto necessario o opportuno, o semplicemente doveroso, rispondere a queste segnalazioni e chiarire la posizione dell’Amministrazione della città.
Nel frattempo i mezzi compattatori si spostano ogni mattina in parte in una via a ridosso di piazza Vaccarini (piazza sulla quale danno anche molti spazi del Dipartimento di Scienze Umanistiche), ma poi fanno regolarmente il loro trionfale ritorno nella piazza, che è anche parcheggio pubblico, come documenta la foto di apertura, scattata da me la mattina dell’11 novembre 2023. Ma ovunque si spostino, la presenza di tali mezzi nelle strade della città allo scopo di compiere le operazioni descritte è illegittima poiché le azioni che mettono in atto devono essere svolte in spazi tecnici dedicati e non dove i cittadini vivono, riposano, parcheggiano.
Il Comune di Catania tace e non spiega, disinteressato come sempre alla qualità della vita dei suoi cittadini. Qualità della vita che nei più di vent’anni da che insegno e lavoro in questa città è precipitata.
Gli umani si abituano a tutto – a molto di peggio – ma se i catanesi si documentassero su come sia possibile vivere e si vive in molte altre città dell’Italia e del mondo; se si soffermassero qualche minuto sul livello sporco, insicuro e barbarico al quale è ridotta la loro esistenza individuale e collettiva; se finalmente fossero cittadini e non dei servi rassegnati, un moto di stupore, di vergogna e di disgusto li travolgerebbe. Probabilmente anche per questo preferiscono continuare ad abitare nella sporcizia, nel rumore e nel basso livello delle loro vite.

[L’articolo è uscito su girodivite.it. Segnali dalle città invisibili, con il titolo Catania, la spazzatura. Rumori e silenzi dell’amministrazione comunale]

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Aggiornamento: 2 giugno 2024

L’esito del mio esposto è stato positivo e ora i camion che raccolgono i rifiuti non operano più di notte nel centro della città di Catania, sono spariti da Piazza Vaccarini.
Per conseguire questo obiettivo ho dovuto tuttavia inviare l’esposto non come cittadino ma con l’aiuto e dall’indirizzo dell’Avvocato Dario Sammartino, che ringrazio di cuore per la sua professionalità, come sempre impeccabile e competente.
Catania rimane però un luogo estremamente rumoroso a causa della maleducazione dei suoi cittadini, sia quando camminano sia quando guidano, soprattutto le moto (di qualunque cilindrata).
Dopo alcune settimane e mesi trascorsi nel frastuono urbano oggi sono in campagna, sull’Etna, immerso in un silenzio meraviglioso, accompagnato solo dal canto degli uccelli. Il silenzio è un altro nome della saggezza.

Lurida

La foto qui accanto ritrae una delle scale di accesso (quella da via Biblioteca) al Monastero dei Benedettini, sede del Dipartimento nel quale insegno. È questo l’aspetto di gran parte della città, in particolare del centro storico, al quale da alcuni mesi è stata estesa la raccolta differenziata dei rifiuti dopo alcuni anni dalla sua implementazione in altre zone urbane. Là dove prima c’erano dei cassonetti sempre strapieni, rotti, maleodoranti, numerosi cittadini catanesi hanno continuato a lasciare sacchetti e rifiuti di ogni genere, generando montagne di pattume (foto più sotto). Ora, dopo i primi mesi, sacchetti, rifiuti, spazzatura costellano le strade in ordine sparso facendo di Catania quello che probabilmente aspira a essere perché forse è quello che la costituisce: una lurida distesa di immondizia.
Una città costitutivamente fuori legge e in quanto tale ai miei occhi anche libera. E però una città che durante i mesi e gli anni del confino imposto dai governi Conte e Draghi divenne ubbidientissima. Ogni sera uscivo – per respirare, per la mia salute – e sentivo il silenzio di una Catania che era stata sempre vivace e fragorosa diventata all’improvviso vuota e spettrale. Come si vede, i catanesi non ubbidirono per «senso civico» – che non possiedono in nessuna delle sue possibili forme – ma per terrore, per il semplice, puro, ancestrale terrore che l’autorità sa così bene utilizzare quando vuole essere a ogni costo ubbidita.

La sintesi di un terrorizzato servilismo e di un costitutivo disprezzo per la comunità è l’immagine di apertura, da me scattata alcuni giorni fa a pochi passi da casa, accanto al muro del Liceo Classico Spedalieri: alcuni scatoloni pieni di maschere Covid buttati in mezzo alla strada – forse dal vicino ospedale Santo Bambino o dalla scuola stessa – a simboleggiare in modo plastico il sudiciume di Catania, l’abiezione degli obbedienti a un’autorità sporca.

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