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Divenire

Il corpotempo
in Gente di Fotografia. Rivista di cultura fotografica e immagini
anno XXV – numero 74 – dicembre 2019
pagine 28-33

Sono gesti sospesi nello spazio, franti nel tempo, quelli che Montserrat Diaz Mora inventa, scolpisce e ricorda mediante lo sguardo profondo con il quale osserva il divenire e lo ferma. La fotografia è per lei flusso, è lo scorrere del tempo del quale e dentro il quale l’immagine svolge il ruolo inesorabile di testimone dell’andare che nulla può fermare, nulla.
Yo era e Tempus fugit si intitolano le serie dentro le quali lo spazio, gli abiti e gli oggetti non sembrano essere cambiati e invece tutto è mutato dentro i corpi vivi e le loro metamorfosi.
Ogni ente è soglia materica dello spaziotempo infinito che consiste e che diviene: anche il pesce rosso, anche la creatura che si specchia nelle mani, anche il piccolo merlo sulla spalla. L’opera di Montserrat Diaz Mora è questo percepire il divenire, è conoscere l’intervallo, è muoversi nella memoria, è vivere nel flusso il cui delta è da sempre noto a noi βροτοί, a noi mortali. 

Fenomenologia del tempo

Edmund Husserl  è tra i punti di riferimento fondamentali del mio tentativo di pensare. E tuttavia non ho dedicato molti scritti a questo filosofo. Di recente ho però avuto la possibilità di analizzare, in modo sintetico ma spero plausibile, il cammino husserliano dentro la questione del tempo, che coincide con il cammino stesso della fenomenologia. Un saggio pubblicato sul numero 19 (luglio 2019) di Vita pensata ha infatti per titolo «La fenomenologia come ontologia del tempo».
Il testo è diviso nei seguenti paragrafi:
-Fenomenologia è temporalità
-I C-Manuskripte
-Husserl / Heidegger
-Spaziotempo
-Il futuro della fenomenologia

Gli ultimi manoscritti di Husserl sulla costituzione del tempo si chiudono in una maniera per questo filosofo inconsueta, su una tonalità cosmica:
«Ich in strömender Lebensgegenwart, Quelle der für mich geltenden Welt, Quelle auch der Idee der Wahrheit und der Wissenschaft als Vorhabe und der für mich seienden Anderen etc. – ‘Quelle’.
Das Absolute, verharrend in Ewigkeit im ewigen Wandel seiner Modi, zunächst durch gewöhnliche Geburt der Tod -aber auch Geburt und Tod von Menschheit etc.; Identität der Strukturform (invariante), die Form der absoluten Zeitlichkeit, die Form der absoluten Koexistenz, deren Symbol der Raum ist; aber auch die räumliche Verteilung der getrennten, entstehender und sterbender Gestirmenschheiten und Generationssysteme von ‘animalischen’ Spezies; Gestirn, Milchstraßensysteme. Das Invariante: stehen-bleibende Form. Das Unbewusste in seinen verschiedenen Stufen, Unwachheit, Assoziation als universale Synthesis (aus Intentionalität)».
«Io nel presente vivente, nel suo flusso, origine per me del senso del mondo, origine anche dell’idea della verità e della scienza come comprensione e fonte dell’esistenza dell’Altro ecc. – ‘Fonte’.
L’Assoluto, che rimane costante nell’eternità del continuo mutamento dei suoi modi, anzitutto mediante il comune nascere e morire – ma anche nel nascere e morire dell’umanità ecc.; Identità della struttura (invariante), la forma della temporalità assoluta, la forma della coesistenza assoluta, il cui simbolo è lo spazio; ma anche la distribuzione nello spazio dell’agire umano che si separa, che si genera e che si dissolve e il modo universale nel quale si generano le specie animali; le stelle, le galassie. L’invariante: la forma permanente. L’inconscio nei suoi diversi stadi, l’inconsapevolezza, l’associazione come sintesi universale (fuori dall’intenzionalità)»

Späte Texte über Zeitkonstitution (1929–1934). Die C–Manuskripte
(Ultimi testi sulla costituzione del tempo 1929–1934); Husserliana – Materialen Band VIII, herasusgegeben von  Dieter Lohmar, Springer, Dordrecht 2006, p. 446.

Spaziotempo

Quel che accade tra Einstein e la meccanica quantistica
il manifesto
17 agosto 2019
pagina 11

Ne Il concetto di spazio / The concept of Space. Il destino dell’uomo alla fine della metafisica (Loghìa, 2018) Gianluca Giannini conduce una densa riflessione sullo spaziotempo. Ho cercato di dialogare con le sue tesi dalla mia prospettiva temporale ed è stata anche un’occasione per sintetizzare alcuni concetti che i lettori di questo sito (e dei miei libri) conoscono bene.
Non c’è un tempo che precede gli eventi e nel quale gli eventi accadono ma l’accadere degli eventi è il tempo. Il quale non è soltanto un dato mentale come non è soltanto un’esperienza fisica. Il tempo è la differenza della materia nei diversi istanti del suo divenire ed è l’identità di questo divenire anche in una coscienza che lo comprende. La realtà consiste nell’accadere degli eventi nei diversi strati e strutture che compongono la materia. Strati che vanno dal puro sussistere fisico-chimico all’esistere come coscienza consapevole.

Palestrina

 Missa Papae Marcelli: IV. Sanctus & Benedictus
ca. 1561
di Giovanni Pierluigi da Palestrina
Peter Phillips & The Tallis Scholars

The Tallis Scholars sing Palestrina

È da qui, da Palestrina, che nasce ciò che in Occidente intendiamo per musica: il contrappunto, la verticalità, lo spaziotempo sonoro.

[audio:Palestrina_Marcelli.mp3]

 

Lo spaziotempo come immagine mentale

 

Med_Photo_Fest_2015

Venerdì 20.11.2015 alle 10,00 nel Coro di Notte del Monastero dei Benedettini (Catania) terrò un incontro -dal titolo Lo spaziotempo come immagine mentale– nell’ambito del Med Photo Fest 2015, dedicato a Dall’Etna al Val di Noto. Il programma completo della manifestazione si può trovare sul sito del Dipartimento di Scienze Umanistiche. Questo è l’Abstract del mio intervento:

Un’immagine cattura un luogo e un istante. E questo è possibile anche perché la struttura dell’istante non è di per sé temporale: l’istante è la durata che si fa spazio. Il gesto spaziotemporale della fotografia esprime la dinamica del corpo isotropo che nel suo stesso movimento genera lo spazio e il tempo, che pure lo precedono in quanto materia che esiste prima e dopo ogni gesto umano.
La persona si dispiega nello spaziotempo come differenza dei luoghi che il corpo abita e degli istanti che al corpo accadono, sempre però all’interno della struttura identitaria della corporeità vissuta, rammemorante il passato e diretta verso il futuro. La corporeità è la struttura spaziale che occupa luoghi, attraversa distanze, si fa incessante movimento. È nel corpomente che tempo e spazio trovano la loro unità poiché è da esso che scaturiscono e in esso costantemente ritornano. Nella sua struttura spaziotemporale il corpomente crea lo spazio che la fotografia raffigura e il tempo che essa immobilizza. La fotografia è dunque ciò che la pittura è per Leonardo da Vinci: «Una cosa mentale».

 

Meditazioni fenomenologiche

Edmund Husserl
MEDITAZIONI CARTESIANE
con l’aggiunta dei DISCORSI PARIGINI
(Cartesianische Meditationen und Pariser Vorträge [1950])
Nuova edizione italiana a cura di Filippo Costa
Presentazione di Renato Cristin
Bompiani, 1989
Pagine XVIII-179

Le Cartesianische Meditationen costituiscono una sintesi efficace e assai chiara del programma filosofico di Husserl. Soprattutto la Quinta fa da tramite fra le riflessioni logiche e gnoseologiche -oggetto delle grandi opere husserliane- e la sempre più densa attenzione nei confronti del ‘mondo della vita’. È in quest’ultima meditazione infatti che l’ego cogito mostra la propria costitutiva intersoggettività. Già nei Discorsi parigini (1929) Husserl aveva proposto il superamento della questione cartesiana dell’ego, affermando che «per tanto che io mi appercepisco come uomo naturale, debbo avere già prima appercepito il mondo dello spazio, essermi colto nello spazio in cui io ho anche un fuori-di-me!» (p. 27).
Il debito della fenomenologia verso il cartesianesimo è dunque sempre un debito critico, dal quale nascono i suoi concetti fondamentali, quelli che la rendono non una corrente tra le altre nella cultura teoretica del Novecento ma un sinonimo stesso della filosofia. L’obiettivo da Husserl costantemente perseguito è infatti fare della filosofia una «scienza universale» (I Med., p. 43) da conseguire tramite l’«unità di una fondazione razionale assoluta» (D.P., p. 3). Per realizzare tale obiettivo -che sembra in ogni caso asintotico, infinito- bisogna guardare il mondo, osservare ciò che si offre alla nostra percezione e riflessione «prima di ogni considerazione filosofica» (V, 166), La filosofia è insomma, prima di tutto, la sapienza dell’evidenza.
Dopo aver sospeso ogni giudizio -tramite l’epoché- l’evidenza che rimane fuori da ogni possibile dubbio è l’ego, non però inteso in senso astratto e neppure empirico, tanto meno solipsistico, bensì l’ego nel «flusso costante dell’essere e del vivere cogitante», per cui la sua formula completa sarà «ego cogito cogitatum» (D.P., 12), dove il ‘cogitatum’ è tutto ciò verso cui la coscienza si rivolge intenzionalmente per coglierne il senso. In tal modo l’essere delle cose è costituito dall’essere dell’ego puro: «Il piano d’essere naturale è secondario nel suo valore d’essere; esso presuppone costantemente quello trascendentale» (I, 54). Trascendentale significa che l’intero è costituito non dagli enti ma neppure dall’io -l’io parziale e psicologico dei singoli soggettibensì dalla relazione costante tra la coscienza e il mondo. Husserl descrive la fenomenologia come «teoria trascendentale della conoscenza» (IV, 105), «autorappresentazione mondanizzante» (V, 121), «metafisica trascendentale» (V, 160). Ed è per questo che l’io fenomenologico «deve divenire spettatore imparziale» (II, 67), garanzia di uno sguardo che è tutt’uno con il mondo. La purezza di tale sguardo è possibile soltanto tramite un «a priori innato» (D.P., 24), cioè tramite una forma del conoscere che non presuppone nulla ma contiene in sé le leggi costanti della percezione, della riflessione, dell’analisi e del giudizio. Il trascendentale è dunque una sorta di innatismo metodologico che subordina a sé ogni soggettività empirica.
All’ingenuità della «vita pratica quotidiana» (D.P., 31; cfr. anche Conclusione, p. 168) che esperisce, valuta, agisce entro un mondo già dato di cui comprende ben poco -pur illudendosi di possederne le chiavi- Husserl oppone la filosofia come attingimento della verità nella coscienza-mondo: «La via che conduce necessariamente a una conoscenza che nel senso più alto possieda il fondamento ultimo, ossia a una conoscenza filosofica, è quella della conoscenza universale di sé, prima monadica e poi intermonadica. Il motto delfico gnōti sauton ha ora un significato nuovo» (D.P., 33; Conclusione, 171-172).
Epoché; fondazione razionale assoluta; evidenza; trascendentalismo; a priori; intenzionalità; riduzione fenomenologica; intuizione eidetica; noesi e noema; interiorità e intersoggettività. Questi sono i concetti cardine delle Meditazioni che hanno offerto alla filosofia successiva il suo più speculativo e rigoroso strumento di elaborazione teoretica. La filosofia è in primo luogo non l’analisi di questo o di quell’ambito ma è una teoresi pura e universale.
La questione della ‘attualità’ della fenomenologia non si pone, proprio perché essa è viva e presente ogni volta che si tenta di pensare davvero. La sua «base ultima non è data dall’assioma ‘ego cogito’ ma dall’autoriflessione universale» (Conclusione, 171). La filosofia è quindi ciò che una parte della materia -la mente- fa quando cerca di pensare la propria condizione; quando cerca di pensare la propria struttura nella potenza degli atomi, delle molecole e delle leggi che li guidano; quando cerca di pensare lo spaziotempo con il quale  e dentro il quale costruisce ogni volta il proprio mondo.

Polvere di stelle

Interstellar
di Christopher Nolan
Usa, 2014
Con: Matthew McConaughey (Cooper), Mackenzie Foy (Murph da bambina), Jessica Chastain (Murph), Anne Hathaway (Brand), Michael Caine (Dottor Brand), John Lithgow (Donald)
Trailer del film

Polvere. Dappertutto. Sporca le case e distrugge i raccolti. Tempeste si susseguono e rendono sterile la Terra. La questione fondamentale è tornata a essere il cibo. Per tutti i popoli e non soltanto per gli africani. La tecnologia è regredita e gli investimenti superflui sono stati abbandonati, compresi i voli spaziali. Cooper è uno dei tanti umani costretti a tornare a fare i contadini, da ingegnere astronauta qual era. Alla figlia Murph lo lega un affetto totale. La ragazzina è molto intelligente; insieme cercano di interpretare gli eventi un po’ insoliti che accadono nella stanza di lei. È come se qualcosa volesse comunicare le coordinate di un certo luogo. Quando arrivano in quel luogo scoprono che la Nasa continua a lavorare in assoluto segreto a un progetto –Lazarus– capace di restituire vita all’umanità trasferendola altrove. Nel nostro sistema solare non ci sono pianeti abitabili, e forse neppure nella galassia. Esplorare altre galassie è impossibile a causa delle immense distanze. A meno che non si riesca a utilizzare un wormhole, una sorta di scorciatoia spaziotemporale prevista da alcune teorie fisiche e anche dalle equazioni della relatività. Cooper viene convinto (dal consueto scienziato) a tentare questo viaggio, nonostante la struggente richiesta della figlia di non andarsene, di non abbandonarla. Comincia quindi un itinerario nello spazio e nel tempo che porterà il protagonista e altri astronauti a visitare nuovi pianeti in galassie imprecisate, a rallentare il loro tempo rispetto a quello della Terra (dato che viaggiano a velocità altissime), a entrare in un buco nero, con esiti imprevedibili.
Della possibilità fisica e non soltanto matematica dei viaggi nel tempo ho discusso recensendo I viaggi nel tempo. Una guida filosofica di Giuliano Torrengo. Tali viaggi sono materialmente impossibili e logicamente contraddittori e invece questo film fa transitare in pochissimi anni terrestri i suoi personaggi in una varietà di luoghi, tempi e dimensioni per le quali -accettando che qualcosa del genere possa accadere- sulla Terra passerebbero milioni di anni. Basterebbe questo a inficiare le ambizioni scientifiche dell’opera. Ma Interstellar è un film, non un trattato di fisica quantistica. Ed è come film che risulta retorico e melenso nella sceneggiatura, inutilmente prolisso  nella durata (tre ore), fonte di confusione concettuale per lo spettatore che volesse anche apprendere qualcosa da esso. Più che un film di fantascienza è una storia d’amore tra un padre e una figlia. Vi si ripete spesso, infatti, che l’amore vince tutto. Ma c’era bisogno di scomodare la gravità quantistica per sostenere questo antico assunto?
Il tentativo di rendere visibile  lo spaziotempo relativistico era ovviamente disperato in partenza e molte delle immagini -pur suggestive- non possono restituire in alcun modo la complessità del concetto. Non mancano però una decina di minuti nei quali la grafica sembra cogliere davvero qualcosa di dimensioni che vadano oltre le tre consuete e che includano fisicamente il tempo. Quei pochi minuti non valgono tuttavia un film tanto ambizioso nelle intenzioni quanto modesto nei risultati.

p.s.
Il 28 giugno del 2009 il fisico Stephen Hawking organizzò a Cambridge una grande festa, diramando molti inviti. Ahimè non si presentò nessuno. Ma Hawking non si stupì della cosa, in quanto aveva spedito gli inviti il giorno successivo a quello della festa. Sua intenzione era infatti organizzare tale serata per futuri viaggiatori del tempo. Li sta ancora aspettando.
[Fonte: Scientific American, 2.9.2014]

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