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La lotta, il desiderio

L’inganno
(The Beguiled)
di Sofia Coppola
USA, 2017
Con: Colin Farrell (Caporale McBurney), Nicole Kidman (Miss Martha), Kirsten Dunst (Edwina), Emma Howard (Emily), Elle Fanning (Alicia), Oona Laurence (Amy), Angourie Rice (Jane), Addison Riecke (Marie)
Fotografia di Philippe Le Sourd
Trailer del film

Sì, l’inganno. L’inganno con il quale cerchiamo di tenere a bada i nostri desideri. I nostri e non soltanto quelli delle sette donne di diversa età -dalla matura Martha alle ragazzine- che durante la Guerra di secessione  (1861-1865) trovano nel loro giardino un soldato nordista ma non lo consegnano ai militari del Sud. Curano la sua ferita, lo ospitano, lo coccolano, lo desiderano. Travolto da profumi, trecce, seni, crinoline, il caporale John si inebria, diventa anche lui desiderio indiscriminato, smarrisce la prudenza e si perde nello scontro. Poche cose infatti sono al mondo pericolose quanto una donna gelosa. Se poi si tratta di più di una, il destino è segnato.
Il corpo a corpo bellico ed erotico è costante. Il fruscio delle gonne si alterna al rumore delle armi, il silenzio dei complotti fa da sfondo a cene molto ambigue, le preghiere salgono al cielo a invocare pace e morte.
Il narrare di Sofia Coppola è ordinato sino a diventare didascalico, la fotografia di Philippe Le Sourd è parte dell’eros che intrama la pellicola sin dalla prima scena, nella quale la luce soffusa del meriggio si alterna all’oscurità del bosco sempre inquieto.
La pelle coincide con la ferita, il desiderio è una cosa sola con la lotta.
«Das vollkommne Weib zerreisst, wenn es liebt. … Ich kenne diese liebenswürdigen Mänaden … Ah, was für ein gefährliches, schleichendes, unterirdisches kleines Raubthier! Und so angenehm dabei! … Ein kleines Weib, das seiner Rache nachrennt, würde das Schicksal selbst über den Haufen rennen. – Das Weib ist unsäglich viel böser als der Mann, auch klüger; Güte am Weibe ist schon eine Form der Entartung … […] Liebe – in ihren Mitteln der Krieg, in ihrem Grunde der Todhass der Geschlechter»
[‘La donna perfetta sbrana, quando ama…Conosco queste Menadi così amabili…Ah, che piccolo predatore pericoloso, sotterraneo e strisciante! Ma anche così piacevole e divertente! Una piccola donna tesa alla sua vendetta, sarebbe capace di oltrepassare anche il destino. La donna è indicibilmente più cattiva dell’uomo, anche più attenta. Nella donna la bontà è già una forma di degenerazione…[…] Amore -nei suoi mezzi è la guerra, nel suo fondamento è l’odio mortale tra i sessi’].
(Nietzsche, Ecce homo, «Warum ich so gute Bücher schreib» [‘Perché scrivo libri così buoni’], § 5).

Vuoto

Bling Ring
(The Bling Ring)
di Sofia Coppola
USA, Gran Bretagna, Francia, Germania, Giappone, 2013
Con: Israel Broussard (Marc), Katie Chang (Rebecca), Emma Watson (Nicki), Claire Alys Taissa Julien (Chloe), Taissa Farmiga (Sam), Leslie Mann (Laurie)
Trailer del film

 

La città degli angeli è quella di adolescenti -o poco più- che si sentono esistere soltanto se indossano ciò che attrici e redditiere conservano nelle loro capaci stanze; se “visitano” le loro case quando esse non ci sono e fanno un po’ di shopping tra le stanze, gli armadi, le scarpiere; se possono frequentare gli stessi luoghi e stare sotto lo stesso cielo. Nessuna identità, quindi, che non sia l’imitazione di ciò che altri fanno, nessuna vita che non sia la fotocopia di altrui esistenze. E le famiglie di questi ragazzi? Complici, evanescenti, grottesche. E pronte, naturalmente, a giustificare qualunque gesto dei loro rampolli.
Da un episodio di cronaca realmente accaduto, Sofia Coppola costruisce un film che non giudica i suoi protagonisti ma che proprio per questo ne manifesta la totale nullità. Un film che dal microcosmo di alcuni quartieri di Los Angeles si amplia alla società dello spettacolo e dunque non soltanto agli States ma all’intero sistema della comunicazione contemporanea che è fatta di feticismo delle merci, di inestricabile intreccio tra l’accaduto e l’immaginato, di esasperato iconismo.
Un film disturbante, come molti lo hanno definito, anche perché descrive ambienti e personaggi certamente conosciuti attraverso i telefilm e i blockbuster che provengono da Hollywood ma che il taglio, il montaggio e lo stile di Bling Ring rendono stranianti e inassimilabili alle forme consuete di intrattenimento. Riprese rallentate, inserti in bianco e nero, carrellate bulimiche sugli oggetti, campi lunghi e primi piani si alternano a disegnare un mondo frenetico, il vuoto pneumatico.

 

L'inconsistenza dell'attore

Somewhere
di Sofia Coppola
USA, 2010
Con Stephen Dorff (Johnny Marco), Elle Fanning (Cleo Marco)
Trailer del film

Johnny è una stella del cinema. Ricchissimo, pigro ma diligente, vive in un residence di Los Angeles, passa la maggior parte del tempo a dormire, colleziona facili conquiste femminili, si fa guidare sul lavoro dalla sua agente, trascorre qualche giorno al mese con la figlia undicenne Cleo. Johnny come uomo non esiste. Non sa pronunciare una frase lunga più di dieci parole, non legge nulla, si diverte coi videogiochi, passa dalla California a Milano senza notare le differenze; gli alberghi, infatti, sono tutti uguali nella loro lussuosa solitudine. Quando l’ex moglie gli lascia la figlia per una decina di giorni, la vita sembra risvegliarsi. Tornato da solo, piange e dice a se stesso di «non essere niente».

Tutto il film (vincitore del Leone d’Oro 2010) è gettato sul corpo di Stephen Dorff, molto bravo a rendere questo nulla di malinconia e di finzione che è l’attore. L'(auto)critica dello star system hollywoodiano è tanto più dura quanto più è pacata. La costruzione della disperazione procede con la tranquilla inesorabilità di un piano inclinato. In una scena chiave, il volto di Johnny viene coperto dai truccatori con una maschera di gesso che lo lascia completamente solo dentro l’inconsistenza di un burattino. Non è facile vivere, ma forse è ancora più difficile non esistere. Anche quando si abitano dei non luoghi, si è sempre da qualche parte.

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