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Sull’estetica

Lunedì 29 ottobre 2018 alle 17,00 nell’aula 1 di Palazzo Ingrassia a Catania -una delle sedi del Dipartimento di Scienze della formazione- terrò una lezione dal titolo Abbiamo l’arte per non naufragare nella didattica.
La lezione è rivolta ai docenti di Filosofia dei Licei e fa parte dei corsi di aggiornamento della Società Filosofica Italiana.

Per i Greci aisthesis indicava la sensazione, ciò che nel linguaggio contemporaneo sono i qualia percettivi. È soltanto nel Settecento che la parola estetica nasce per significare il concetto di bellezza e l’analisi delle opere belle. A coniare il termine fu Alexander Baumgarten (1714-1762). La densità teoretica del termine la si deve alla Critica del giudizio (Kant, 1790) e alle sue analisi trascendentali del bello che sta nella mente e di quello che abita la natura. Non a caso la parola nacque nel Settecento. Il XVIII secolo porta infatti a compimento il lungo processo che a partire dall’Umanesimo e dal Rinascimento separa l’agire dell’artista da quello dell’artigiano.
Nel mondo antico e medioevale la situazione era molto diversa. Non soltanto una parola come estetica non esisteva ma la bellezza era una caratteristica del mondo -vale a dire della natura e dell’essere in quanto tale- e non di opere specifiche costruite da mano umana. Le arti modernamente intese sono in quel contesto del tutto assimilate alle altre tecniche con le quali gli esseri umani manipolano la materia per rendersi più facile la vita.
La posizione platonica verso le arti drammaturgiche, figurative, musicali nasce dalla particolarissima sensibilità che i Greci nutrono nei confronti del manifestarsi dei fenomeni naturali, degli eventi umani e divini. Potenza dell’apparire che per Platone costituisce un ostacolo alla comprensione delle strutture del mondo che non si vedono e che tuttavia sono quelle che lo fondano. Platone è l’artista che decide di diventare filosofo per giungere meglio alla verità, evitando di cadere in quell’attrattiva dell’apparenza contro la quale anche Odisseo aveva combattuto chiedendo ai suoi compagni di legarlo all’albero della nave mentre le sirene lo invitavano a raggiungerle. Si tratta, come molto acutamente osservano Adorno e Horkheimer nei capitoli della Dialettica dell’illuminismo dedicati a Ulisse, di un atteggiamento di difesa rispetto alla perdita della propria identità nel mare delle cose che appaiono e di ciò che si manifesta.
Aristotele evita il pericolo delle apparenze mediante una concezione mimetica dell’arte, la quale è un’imitazione della natura e come essa è volta a produrre strutture in vista dei fini della vita individuale e collettiva. La funzione catartica delle arti è soltanto una -anche se probabilmente la più nota- delle strategie teleologiche che accomunano l’opera umana all’opera della natura.
Ciò che di più profondo vive nella concezione greca dell’arte è quanto emerge con chiarezza nella posizione neoplatonica e da lì si trasmette alla cultura medioevale: per i Greci la bellezza è luce e proporzione. Tommaso d’Aquino enuncia in modo chiaro e ordinato le caratteristiche della bellezza come Integritas, Proportio/Simmetria, Claritas.
Il lungo cammino iniziato con l’Umanesimo conduce al classicismo settecentesco e alla fondamentale distinzione proposta da Lessing nel Laocoonte (1766) tra la pittura e la poesia.  La prima è una forma statica, che rappresenta gli enti e le scene in modo fisso, la seconda è azione, movimento, evento, tempo.  Analoga alla pittura è la scultura, forma della poesia è la musica.
Da questo momento in poi, dal classicismo e dal romanticismo, siamo immersi nel presente delle arti, della loro complessità, della funzione collettiva e sociale, e soprattutto della valenza radicale, ontologica, del fatto artistico nel mondo umano.
Al di là delle letture sociologiche e psicologiche dell’opera d’arte, l’estetica contemporanea pensa -in modo più o meno radicale ma pervasivo- all’opera come pura forma che si fa poesia. L’opera d’arte non significa nulla al di là del proprio stesso significare. La forza semantica del bello è la potenza della forma. Questo non vuol dire, però, che l’arte sia solo un gioco. È anche un gioco ma nel suo carattere ludico diventa la sostanza stessa delle società e degli umani.
L’arte è «la menzogna [che] si santifica e la volontà d’illusione [che] ha dalla sua la tranquilla coscienza»1. L’estetica dionisiaca rappresenta un sì detto a tutte le cose: il creare bellezza e l’inventare forme, il produrre pensieri e l’elaborare significati. Anche questo vuol dire che «abbiamo l’arte per non naufragare nella verità, per non andare al fondo (wir haben die Kunst, damit wir nicht an der Wahrheit zu Grunde gehen2.

1. F.W. Nietzsche, Genealogia della morale, Terza Dissertazione, in «Opere» VI 2, § 25.
2. Id., Frammenti postumi 1888-1889, in «Opere» VIII 3, 16[40], p. 289 (con modifiche nella traduzione).

Scrittura

Il 18 luglio 2017 nella bella cornice di Ragusa Ibla ho partecipato alla «International Summer School of higher education in Philosophy – Le Agorà e l’esercizio critico del pensiero», organizzata dalla Società Filosofica Italiana, con una relazione dedicata alle scritture filosofiche nel Novecento.
Sul sito di Rai Scuola sono disponibili i video con gli interventi di tutti i relatori, compreso il mio. Chi volesse seguirli può farlo qui:

 

Scrittura è il mondo

Metto a disposizione su Dropbox la registrazione audio (ascoltabile e scaricabile sui propri dispositivi) della lezione che ho svolto a Ragusa Ibla il 18 luglio 2017 nell’ambito della International Summer School of higher education in Philosophy: Il titolo è:
Da Saussure a Heidegger. Scritture filosofiche nel Novecento
La durata della registrazione è di 43 minuti.
Durante una discussione successiva al mio intervento, il Prof. Francesco Coniglione mi ha rivolto due obiezioni del tutto corrette, che riporto qui per una migliore comprensione della lezione.
La prima è che se è vero che il linguaggio è una funzione innata degli umani, essa ha sempre bisogno di un ambiente sociale che la renda possibile. Bambini che si sono trovati a crescere e a sopravvivere fuori dal consorzio umano, non sanno parlare. È vero e questo conferma la struttura comunitaria del Dasein.
In relazione alla citazione/lettura con la quale ho concluso il mio intervento, il collega ha ricordato che anche gli altri animali possiedono memorie e ricordi. Naturalmente anche questo è vero. Di più: gli animali non umani hanno una mente e pensano. In modo diverso per le differenti specie, certo, ma pensano. Ho scelto un brano che sembra affermare il contrario non perché lo condivida su questo punto ma perché è una pagina che testimonia la potenza polifonica della scrittura nietzscheana.
L’immagine qui sopra l’ho scattata a Ibla, in via Torrenuova 12-14. La frase in greco significa che il dio dà sempre un ordine razionale al mondo. Che una simile affermazione si trovi scritta sulla facciata di una casa conferma che il prodigio urbanistico di Ragusa Ibla è un luogo consono alla filosofia.

Scritture filosofiche

Martedì 18 luglio 2017 alle 10.15 (circa) nella magnifica cornice di Ragusa Ibla -esattamente nella sede dell’ex Convento di Santa Teresa terrò una lezione dal titolo Da Saussure a Heidegger. Scritture filosofiche nel Novecento. Lo farò nell’ambito della seconda edizione della «International Summer School of higher education in Philosophy – Le Agorà e l’esercizio critico del pensiero», dal titolo Forme del discorso e della scrittura filosofica, organizzata dalla Società Filosofica Italiana.
Trascrivo qui l’abstract del mio intervento.

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Le scritture filosofiche costituiscono un tentativo di mappare la realtà, l’essere e il divenire, poggiandosi sulla materia del mondo e rimanendone però separati da uno strato di teoresi. La scrittura filosofica ha infatti con il mondo un rapporto di differenza e di identità: essa è scrittura perché è diversa dagli enti, dagli eventi, dai processi. Ma è scrittura filosofica perché cerca di porre sugli enti, sugli eventi e sui processi una rete semantica ed ermeneutica che consenta di comprenderli quanto più profondamente possibile.
Unterwegs zur Sprache, in cammino verso il linguaggio, è non questo o quel pensatore ma l’intera filosofia contemporanea. Il mio contributo proverà a ricordare alcuni dei filosofi e dei libri che testimoniano la centralità del linguaggio/scrittura nel Novecento. Una centralità che diventa di interesse anche didattico, poiché il modo in cui i filosofi intendono il linguaggio contribuisce a determinare le forme in cui i filosofi scrivono. L’itinerario partirà dalla riflessione linguistica di Saussure e transiterà dentro l’opera di alcuni filosofi del Novecento, in particolare Wittgenstein, Heidegger e Gadamer. Si concluderà con l’analisi della scrittura polifonica di Nietzsche, capace di articolare il pensare nelle forme della lezione, dell’aforisma, del poema, del trattato, del saggio, in una vera e propria sintesi di ciò che dai Greci in avanti è stata la scrittura filosofica.

Bibliografia essenziale

Aa. Vv., Filosofie del linguaggio. Storie, autori, concetti, Carocci, Roma 2016
F. de Saussure, Corso di linguistica generale, Laterza, Roma-Bari 2008
L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, Einaudi, Torino 2009
M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, Mursia, Milano 2014
H.G. Gadamer, Verità e metodo, Bompiani, Milano 2000
A.G. Biuso, Temporalità e Differenza, Olschki, Firenze 2013
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Programma completo della International Summer School 2017 (pdf)

Abstract delle relazioni alla International Summer School 2017 (pdf)

Mente / Neuroscienze

Lunedì 29 maggio 2017 alle 9,00 presso il Liceo Galileo Galilei di Catania terrò una lezione per un corso di aggiornamento su «Filosofia della mente e neuroscienze», organizzato dalla Società Filosofica Italiana e rivolto a docenti di filosofia. Il mio intervento si intitola Che cos’è la filosofia della mente. Ecco l’abstract.

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Presentare la filosofia della mente significa coniugare teoresi e storia della filosofia. Πνεύμα, ψυχή, σῶμα, spiritus, anima, sono parole antiche che hanno assunto nel corso dei secoli significati diversi e sempre fondamentali. Le prospettive più feconde del presente si collocano al di là sia di antichi e recenti dualismi sia di riduzionismi impoverenti. È più corretto parlare di un corpomente che non è soltanto organismo (Körper) -insieme e somma di tessuti, muscoli, ossa, liquidi- ma è anche corpo vivente e vissuto (Leib), è dunque coscienza, memoria, intenzionalità, tempo. Nel mio intervento cercherò di delineare una sintetica storia della mente che apra alla comprensione della ricchezza e pluralità degli studi contemporanei sul mentale, inteso come dispositivo semantico mobile nello spazio e nel tempo.

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