Storie. Il Design italiano
Triennale di Milano
A cura di Silvana Annichiarico, Chiara Alessi, Maddalena Dalla Mura, Manolo de Giorgi, Raimonda Riccini, Vanni Pasca
Sino al 20 gennaio 2019
Sedie, scarpe, tute da lavoro, ali di aeroplano, manifesti pubblicitari, porte, libri, scrivanie, radio, caffettiere, poltrone, lampade, cappelli, la Vespa e la Lambretta, macchine per scrivere (Lettera 32 e oltre), la sigla della RAI (1954), portaombrelli, macchine da calcolo, l’Isetta (una Smart del 1953, però assai più bella), la Fiat 500 (1957), la Panda (1980), paraventi, cucitrici, credenze, teleindicatori alfanumerici, vasi, occhiali da sole, ventilatori, scatole per la pasta, lavatrici e macchine per cucire, distributori di benzina, biciclette, nomi di stazioni della metropolitana milanese, telefoni, cucine, pentole, televisori, il Sacco (quello di Fracchia), portariviste, cassettiere, ciotole, pistole, pennarelli, flaconi, reti da cantiere, librerie, abiti, zainetti, cavatappi, zerbini, motociclette.
Oggetti immaginati, costruiti, utilizzati dal 1902 al 1998. Incorporati nelle case, nelle strade, nella mente. A volte dalle forme sobrie e rigorose, altre volte invece sinuose e ammiccanti. Oggetti spesso progettati come strutture modulari e ripetute. Quasi sempre molto belli. In ogni caso diventati dei classici della materia e dello spazio. Funzionali, semplici, dalle linee pulite. In tutti la dinamica di struttura, funzione e forma raggiunge un equilibrio che è il loro segreto.
La relazione dell’umano con i propri artefatti si mostra fondamentale, costitutiva della nostra natura e della storia. L’antroposfera non è pensabile senza la zoosfera (gli altri animali), la teosfera (il sacro), la tecnosfera, il mondo degli oggetti che nascono da noi e nei quali proiettiamo il nostro bisogno di durare.