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Logos

Metto qui a disposizione il file audio della relazione che ho svolto a Chieti il 12.10.2023 in occasione del III Convegno della Società Italiana di Filosofia Teoretica (l’audio dura 27 minuti).

Il titolo della relazione fa riferimento a un’esperienza teoretica e didattica vissuta in questi anni insieme all’Associazione Studenti di Filosofia Unict. Ho cercato di descrivere le motivazioni, le modalità e gli obiettivi che dal 2018 al 2023 ci hanno stimolato a leggere (e discutere) Proust, Dürrenmatt, Gadda, Céline, Manzoni, D’Arrigo.
Il titolo Logos fa riferimento in particolare a una risposta che ho dato durante la discussione seguìta alla relazione. Mi è stato chiesto infatti quale fosse l’elemento unificante di questa esperienza, che cosa gli scrittori studiati avessero in comune. Questi elementi sono naturalmente molti ma centrale è la gloria della parola, la capacità che i grandi narratori e poeti hanno di fare dell’esperienza dolorosa e tenace della vita uno strumento di comprensione e un’espressione di bellezza, il λόγος appunto.

D’Annunzio / Pescara

Museo Casa Natale di Gabriele D’Annunzio
Pescara

In occasione del III Convegno della SIFiT ho visitato Pescara, una città insolita per il territorio italiano. Nata dall’unione di due piccoli borghi sulle sponde del fiume omonimo, Pescara esiste solo dal 1927. Un luogo giovanissimo, quindi, senza storia, senza stratificazione, ma che esercita un fascino dato dall’ampiezza delle strade, dalla loro ariosità, dalla luce del mare e del cielo che si riflettono l’uno nell’altro. Mare che tocca la città, arrivando la sabbia dell’Adriatico proprio dentro l’Esplanade che separa e unisce il Viale della Riviera con il Lungomare Matteotti. Un luogo pianeggiante e piacevolissimo da percorrere.
Poco lontana dal fiume c’è la casa natale di Gabriele D’Annunzio, oggi restaurata e diventata un Museo che raccoglie e conserva i mobili posseduti dalla famiglia, documenti di varia natura, manoscritti del poeta, fotografie, immagini, abiti, quadri. E che trasmette soprattutto l’atmosfera elegante e raccolta di una dimora altoborghese della seconda metà dell’Ottocento, atmosfera testimoniata anche dai soffitti affrescati, dal bel cortile interno con un pozzo, dalla struttura insieme moderna e medioevale del palazzetto.
Ho visitato questo spazio in compagnia dell’amico professore Pio Colonnello, con il quale condivido l’apprezzamento e l’interesse per la poesia di D’Annunzio, che nei suoi migliori esiti ed espressioni è musica, pura musica verbale, nella quale a contare non è il significato ma il significante.
Non sarà dunque illegittimo attribuire il significante della strofa conclusiva di Stabat Nuda Aestas non soltanto alla donna intravista e posseduta su una spiaggia ma alla città intera di Pescara, elegante e sinuosa accanto al mare:

Tra i leandri la vidi che si volse.
Come in bronzea mèsse nel falasco
entrò, che richiudeasi strepitoso.
Più lungi, verso il lido, tra la paglia
marina il piede le si torse in fallo.
Distesa cadde tra le sabbie e l’acque.
Il ponente schiumò nei sui capegli.
Immensa apparve, immensa nudità.

Una città/donna che somiglia a Letizia de Felici, la Mèlitta di D’Annunzio la cui foto si trova nel Museo e che meritò dal poeta questa luminosa dedica: «a Mèli – nella notte dorata dalla sua nudità e dall’alabastro come da due lampade segrete».

Filosofia e Letteratura

Giovedì 12 ottobre 2023 terrò una relazione per il III Convegno della Società Italiana di Filosofia Teoretica che si svolgerà a Chieti e a Pescara dal 12 al 14 ottobre.

Il tema del Convegno è Pensare (con) la letteratura. Temi e modelli di ‘filosofia della letteratura’ in prospettiva teoretica. Il mio intervento sarà incentrato sull’esperienza didattica e scientifica che dal 2018 organizzo con gli studenti di Unict e in particolare con i soci dell’ASFU. Il titolo è infatti Filosofia e letteratura. Un’esperienza teoretica e didattica e questo è l’abstract:

Su proposta dell’Associazione Studenti di Filosofia di UniCt (ASFU), da alcuni anni svolgo un ciclo di lezioni intitolato Filosofia e letteratura. Dal 2018 al 2023 le lezioni sono state dedicate a Proust, Dürrenmatt, Gadda, Céline, Manzoni, D’Arrigo. Si tratta di un’esperienza didattica assai proficua, nella quale i confini disciplinari mostrano ancora una volta la loro funzione utile sì ma limitata e strumentale. Come ambiti e luoghi dell’ermeneutica esistenziale, infatti, se praticate sul corpo vivo del testo, filosofia e letteratura mostrano l’identità della parola umana nella sua potenza disvelatrice e la differenza di modi espressivi che cercano di intuire e comunicare in forme diverse la complessità delle società dalle quali le opere scaturiscono, la potenza dei mondi che incarnano e manifestano, la costanza della condizione umana e la fecondità del pensiero che la indaga.

II Convegno della Società Italiana di Filosofia Teoretica

Da giovedì 14 a sabato 16 ottobre 2021 si svolgerà a Napoli il Secondo Convegno della Società Italiana di Filosofia Teoretica. I filosofi italiani discuteranno di Natura e Tecnica, con la partecipazione di giovani studiosi selezionati negli scorsi mesi. Faccio parte del Comitato scientifico del Convegno e coordinerò una delle sessioni previste nella mattinata di giorno 15. Nel pomeriggio del 14 Andrea Pace Giannotta, dottore di ricerca e collaboratore della cattedra di teoretica al Disum, parlerà di «corpo funzionale e corpo senziente».
Questa la presentazione del Convegno sul sito della SiFiT:

«La domanda circa la relazione tra Tecnica e Natura accompagna la storia del pensiero filosofico e scientifico sin dai suoi inizi: dalle cosmogonie arcaiche all’invenzione della logica, dalla canonizzazione della geometria all’ideale umanistico dell’educazione, dalle arti magiche alle scienze sperimentali, in epoche e modi diversi si è ripresentata la medesima questione, al fine di comprendere non tanto quel che spettava all’una o all’altra, ma quanto dell’una c’era nell’altra.

Nondimeno è però nella filosofia contemporanea che quell’interrogativo si è fatto più urgente e radicale, in ragione di un contesto nel quale le tecnologie sono divenute più pervasive e capaci di creare effetti su scala macroscopica e microscopica, modificando le relazioni e i ruoli sociali, le esperienze del dolore, del piacere e della malattia, la percezione e l’attenzione, i linguaggi, le distanze e gli spazi, gli uomini e il mondo.

Per queste ragioni, perché antica e attuale come è la domanda sulla relazione tra Tecnica e Natura rappresenta forse la questione eponima della filosofia, la Sifit ha deciso di dedicare a questi temi il suo II Convegno».

Riviste di Filosofia

Bizzarra è spesso la logica che muove gli apparati burocratici, che da strutture al servizio di un’attività si trasformano in autoreferenziale insensatezza. Un esempio assai chiaro è l’ANVUR –Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (consiglio di aprire il link, anche per notare la tristezza del sito)- istituita nel 2006 e che in pochi anni è riuscita a trasformare la ricerca, vale a dire il cuore di ogni società complessa che non voglia perire, in un cumulo di lutti dell’intelligenza. Uno degli strumenti a questo scopo è la differenziazione delle riviste scientifiche in riviste (e basta) e riviste di «classe A». Una distinzione esclusivamente italiana, assente in qualunque altra parte del mondo e là dove fu tentata ben presto cancellata.
In base a tale distinzione, un articolo o un saggio pubblicato su una rivista di classe A sarebbe solo per questo migliore di un articolo o un saggio pubblicato su una rivista non di classe A.  L’errore logico-scientifico che sta alla base della partizione tra riviste e riviste di classe A è evidente e consiste nel far dipendere il valore del contenuto da quello del contenente, far dipendere l’argomentazione dalla sua confezione, far dipendere il pensiero dalla sua sede editoriale.
Gli effetti molto negativi di tale classificazione sul sistema universitario e della ricerca sono molteplici e vengono ben evidenziati in un documento redatto da numerose riviste di area filosofica, che invito a leggere per intero (sono solo quattro cartelle) e del quale riporto qui alcuni brani.

Per un coordinamento delle riviste di filosofia [Documento completo, pdf]

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Questo documento è aperto alla sottoscrizione di tutte le riviste edite in Italia e operanti per intero o parzialmente nel campo degli studi filosofici. Esso intende costituire la base progettuale per un coordinamento della loro azione anche a fronte della complessità dei problemi e degli eventi che in Italia particolarmente oggi richiamano la filosofia alla responsabilità del proprio ruolo pubblico.
[…]
La presenza di una originale ed autonoma progettualità sembra essere in genere un carattere distintivo delle riviste scientifiche, che non possono quindi considerarsi alla stregua di semplici contenitori il cui livello di interesse scientifico e culturale sia unicamente commisurato alla qualità scientifica mediamente rilevabile nei saggi in esse pubblicati. Questo carattere emerge con particolare forza nel caso delle riviste di area filosofica, nate assai spesso come espressione di specifici indirizzi metodici e tematici, di progetti scientifici e culturali diversi e a volte fecondamente rivali, la cui storia, il cui variegato intersecarsi, i cui sviluppi e le cui trasformazioni nel tempo fanno corpo unico con la storia stessa della filosofia del Novecento. La conservazione di queste specificità e del pluralismo di cui sono espressione è un bene irrinunciabile che non va messo a rischio, ma anzi valorizzato al massimo grazie all’accoglimento di un comune canone di rigore metodologico e procedurale. Un requisito egualmente irrinunciabile è l’amplissima trasversalità disciplinare della produzione scientifica nel campo; una trasversalità che non va confusa con il dilettantismo e la genericità dell’analisi, ma intesa come rigorosa interdisciplinarità e come espressione di quella apertura ai risultati scientifici di discipline a vario livello confinanti (dalle scienze naturali alle humanities, alla storia, al diritto, all’economia, alla teologia), che sembra essere costitutiva della ricerca filosofica.
[…]
Sebbene l’accoglimento o meno del contributo sia vincolato al giudizio dei referee, lo scopo della revisione non si esaurisce nella formulazione di un tale giudizio, che andrà comunque accuratamente argomentato; l’opera dei revisori può rivolgersi anche all’autore per offrirgli un utile strumento di confronto, eventualmente anche attraverso proposte di modifica e suggerimenti critici.
La procedura di revisione a doppio cieco non è necessaria dove si tratti di contributi la cui pubblicazione impegna direttamente la responsabilità delle Direzioni e del disegno culturale e scientifico delle riviste.
[…]
Lo standard di qualità, che gli strumenti e le regole di cui sopra mirano a conseguire, intende superare ogni classificazione e non contempla alcuna ipotesi di distinzione per classi o fasce di scientificità. Il maggiore o minore prestigio di una rivista è un fattore certamente inevitabile della ricerca scientifica, che deve tuttavia essere lasciato alle libere, mutevoli e non standardizzabili dinamiche delle comunità scientifiche.
La precisazione è d’obbligo in Italia, dove la valutazione della ricerca, affidata dalla normativa vigente all’ANVUR, ha investito in modo diretto, tramite gli strumenti con cui si è scelto di attuarla, l’ambito operativo delle riviste “scientifiche”. Lo strumento che si è privilegiato per i cosiddetti settori “non bibliometrici” è quello di un rating che istituisse una lista di riviste di “classe A”, considerate di elevato standard qualitativo. Sebbene rivolta a riviste provenienti da ogni paese, questa classificazione non gode di alcun riconoscimento presso la comunità scientifica internazionale, ha validità solo per la legislazione italiana e obbedisce sostanzialmente a finalità interne all’economia della ricerca universitaria.
Data la diversa natura delle finalità che ispirano l’accordo di cui al presente documento, va da sé che lo strumento del quale si è detto non può qui essere preso in considerazione. […] La fissazione di una lista di riviste di “elevato” standard qualitativo può solo condurre, infatti, a una valutazione meccanica che prescinda dai contenuti progettuali e dal valore intrinseco delle pubblicazioni, con il risultato di trasferire anzi su queste ultime il rating del contenitore. Favorisce inoltre una maggiore “settorializzazione” delle pratiche di pubblicazione, che scoraggia forme di ricerca interdisciplinare, dato che la classificazione è stata riferita a singole aree o settori disciplinari. È anche tendenzialmente lesiva della ricchezza e della pluralità del panorama culturale, e delle corrette condizioni del mercato editoriale, determinando di fatto un pregiudizio notevole a danno delle riviste non incluse nella classe A che, trovandosi fatalmente svantaggiate nelle scelte degli autori, vedranno messa a rischio anche la capacità di mantenere un adeguato standard di scientificità e di conservare l’interesse dei lettori. Favorisce inoltre il diffondersi di un comportamento adattativo e conformista da parte dei giovani ricercatori.
[…]
La presentazione o meno di contributi alla VQR, da parte degli autori italiani, è soggetta a troppe variabili casuali o estrinseche per essere considerato un indicatore anche solo approssimativo di qualche affidabilità.
[…]
L’aspetto focalizzato in quest’ultimo rilievo è degno di particolare attenzione. Esso concorre a conferire al rating delle riviste, comunque messo in opera dall’Agenzia, i tratti inquietanti di un intervento esercitato dall’alto e da parte di una istituzione di nomina governativa su libere dinamiche culturali, protette dall’art. 33 della Costituzione.
[…]
Il documento è aperto alla sottoscrizione di altre riviste che lo condividano.
Per adesioni o informazioni scrivere a: coordinamentoriviste@gmail.com 
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La rivista Vita pensata, della quale sono direttore scientifico, ha aderito al documento, che si può leggere anche on line sul sito della Società Italiana di Filosofia Teoretica.

 

L’Università (s)valutata

3+2, CFU (Crediti Formativi Universitari pari a 25 ore ciascuno), debiti formativi, GEV (Gruppi Esperti Valutazione), VQR (Valutazione della qualità della ricerca). Le parole sono tutto. E quelle che ho indicato sono alcune delle espressioni dominanti nel linguaggio accademico contemporaneo. Una vera e propria neolingua imposta alle università italiane ed europee da una penosa scimmiottatura delle modalità e delle tradizioni degli Stati Uniti d’America. Paese, è bene ricordarlo, dove a pochi e costosissimi centri di eccellenza si contrappongono migliaia di università che valgono assai meno di un buon liceo italiano.
Un linguaggio contabile, bancario, aziendalistico che si pone l’esplicito obiettivo di formare non dei cittadini pensanti ma degli impiegati e dei funzionari del pensiero unico mercantile e capitalistico; una realtà che ha danneggiato prima di tutto gli studenti, costretti ad accumulare “crediti formativi” come fossero punti del supermercato, studenti sempre più trafelati nello studio e dunque inevitabilmente superficiali nella preparazione.
Adesso tocca ai docenti. Entro il 25 di questo mese di marzo 2012, infatti, ciascun professore e ricercatore dovrà indicare da uno a tre fra i lavori pubblicati dal 2004 al 2010, i quali saranno sottoposti ai GEV, dalla cui valutazione dipenderanno i futuri finanziamenti di ogni Ateneo. Fuori dall’Università si sa poco o nulla di tali pratiche; ecco perché ne scrivo anche qui.
Non è forse tutto questo un principio di giustizia e di riconoscimento del merito di chi ha ben studiato, scritto, fatto ricerca? Lo sarebbe, certo, se i criteri fossero trasparenti, rispettosi della specificità delle diverse aree del sapere, miranti a incoraggiare gli studi più rigorosi, innovativi, non conformisti. E invece la realtà è esattamente l’opposto. L’obiettivo è discriminare le Università in relazione all’acquiescenza dei loro membri al potere accademico, politico, editoriale.
Lo si può comprendere leggendo alcuni documenti di diversa fonte, dai quali riporto dei brani invitando a una lettura integrale tramite i link. Ripeto quanto scrissi qualche tempo fa: non è questione di studenti, professori, accademie. È questione del futuro e del presente di un pensiero libero, che non riduca il sapere e la ricerca a servi del sistema economico-politico dominante.

«Che cosa sta succedendo in questi giorni nell’Università italiana? In base alla “riforma” Gelmini (assunta in toto dal governo Monti) si è aperto, nel sacro nome del Merito, il capitolo della Valutazione, pomposamente denominato Vqr (“Valutazione sulla qualità della ricerca”). […]
Aree e linee di studio, in taluni casi intere discipline, saranno discriminate, con gravi limitazioni, di fatto, della libertà e del pluralismo. Non solo. Siccome la Valutazione si muove sulla base di sistemi a numero chiuso (per esempio, si stabilisce in partenza il rapporto percentuale tra le riviste di fascia A e quelle collocate nelle fasce inferiori), si produrrà un esito di frustrazione, non di stimolo: poiché è materialmente (e “politicamente”) impossibile che tutti pubblichino su riviste A, agli altri (spesso esclusi perché estranei al mainstream o per ragioni di non-appartenenza a forti cordate accademiche) si trasmetterà un messaggio molto chiaro: “non vale la pena che vi affatichiate, tanto…”. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di puro autolesionismo, cioè di stupidità: alle università e al governo dovrebbe interessare stimolare l’attività, non già deprimerla. Ma sarebbe – temiamo – un’obiezione ingenua. Come dicevamo, la Valutazione è un’arma; il proposito è (anche) quello di neutralizzare voci scomode (o soltanto periferiche), concentrando risorse e poteri nelle mani di ristrette cerchie di “ricercatori eccellenti”. Da questo punto di vista, svalutare (e scoraggiare) è utile quanto premiare. Tanto più che l’Università pubblica è costosa e deve “dimagrire” – sappiamo a vantaggio di chi. […]
Aggiungiamo qualche osservazione in merito alle conseguenze micidiali (e di dubbia legittimità) che questo sistema genererà a danno della piccola e media editoria. Far valere (di diritto o di fatto: come dicevamo, una caratteristica di tutta questa faccenda è la scarsissima trasparenza proprio in merito ai criteri di giudizio) una graduatoria tra le case editrici significa, in sostanza, impoverire il panorama culturale dell’intero Paese e renderne agevole la colonizzazione da parte di poche imprese private (e dei potentati accademici). […]
In sostanza, alcuni rispettabili imprenditori privati potrebbero presto diventare i Signori della ricerca scientifica italiana, poiché dalle loro insindacabili decisioni dipenderà la sanzione della qualità delle pubblicazioni, con tutte le conseguenze che da ciò discendono. E se a loro la Valutazione conferirà il tocco di Creso (qualsiasi schifezza avranno deciso di pubblicare potrà miracolosamente trasformarsi in una pietra miliare del progresso scientifico), una pietra tombale verrà invece posta sugli “sfigati” editori piccoli e medi, ridotti al rango di diffusori di merce di scarto.
Questi sono, ci pare, alcuni prevedibili – e già, in parte, attuali – effetti perversi della Valutazione. Su di essi (nonché sui gravi conflitti d’interesse inerenti a giudizi formulati da soggetti inclusi nella platea valutata) varrebbe la pena di confrontarsi prima che un sistema varato con il pretesto della meritocrazia sancisca definitivamente l’emarginazione di posizioni eterodosse e lo strapotere di grandi editori e lobbies accademiche».
(Alberto Burgio – Maria Rosaria Marella, Università, la Valutazione sbagliata, il manifesto, 21.3.2012 )

«Contro l’ERIH e la “valutazione dei tecnocrati” che secondo alcuni esso incarna, si assiste in questi giorni al capitolo forse più qualificato della continua, esasperata e taciuta serie di contestazioni che serpeggia da anni in Europa nella ricerca e nella formazione superiore. Dopo l’“onda” italiana e le rivolte sociali in Grecia, di cui l’università è stata ancora una volta epicentro, ecco in Gran Bretagna l’“Independent” del 22 gennaio dedicare una pagina indignata ad accusare i meccanismi bibliometrici del RAE di favorire tra l’altro “miopia intellettuale […], guasta convenzionalità […], e disonestà generalizzata”. Negli stessi giorni l’ERIH è stato costretto a ritirare la sua classificazione delle riviste, dopo che i direttori di 61 riviste internazionali di storia della scienza e di filosofia hanno dichiarato che avrebbero aperto il prossimo numero con un editoriale contenente la richiesta di non indicizzarle: “Non vogliamo avere parte in quest’attività pericolosa e sbagliata” (in “un universo in cui tutto” è destinato a “dar luogo a […] hit-parades”, come si legge nell’editoriale dell’ultimo fascicolo della “Revue philosophique”). Ancora, è di questi giorni in Francia una rivolta profonda –di cui qui non giunge notizia– contro le nuove leggi Sarkozy sull’università, incentrate sulla valutazione. Il “Nouvel Observateur” del 14 febbraio intitola: Une période de glaciation intellectuelle commence»
(Valeria Pinto, Sulla valutazione, dagli Atti di un Convegno svoltosi a Napoli nel 2009)

«Quanto tale immagine sia “realistica” lo si può constatare osservando le liste prodotte per Filosofia teoretica (ricavabili dalle attribuzioni tra parentesi nella lista unificata), che confermano tutte le precedenti riserve espresse dalla SIFIT [Società italiana di filosofia teoretica] sulla possibilità di produrre ranking sensati nei termini imposti alle Società. Si tratta di una selezione ampiamente arbitraria, dove si segnalano presenze incongrue e nella quale, viceversa, non sono neppure presenti riviste che ospitano una ampia percentuale della produzione dei docenti del settore. Il risultato, oggettivo, è l’assenza di rispetto per le pratiche riconosciute in una comunità scientifica. […]
Di fronte a questo stato di cose, la SIFIT non riconosce validità, anche solo orientativa, a quanto indicato nel documento GEV e respinge come una grave distorsione l’uso degli strumenti proposti, del tutto inidonei a favorire una valutazione fondata».
(Comunicato della SIFIT sui “Criteri” del GEV area 11, 29.2.2012)

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