Skip to content


Scienza e arti all’ombra del vulcano

Il monastero di San Nicolò l’Arena. XVIII – XIX secolo
Catania – Sala Vaccarini delle Biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero
Sino al 16 dicembre 2009

scienza_arti_vulcano

Il Monastero Benedettino di Catania è uno dei luoghi più belli e importanti del Mediterraneo. Nei suoi spazi, eventi diversi hanno lasciato tracce in oggetti della più varia natura. Questa mostra -allestita nella splendida Sala Vaccarini del complesso monastico- ne offre un piccolo ma significativo saggio. Oggetti sacri si alternano a reperti geologici, lo scheletro di un elefante nano sta dirimpetto a un organo decorato, ritratti di abati convivono con busti pagani. E i libri esposti -davvero preziosi- si occupano di botanica, musica, teologia, storia, filosofia e persino del gioco degli scacchi. Una Wunderkammer ancora e tutta da scoprire.

Palermo, Milano, Bronte. Il fantoccio.

Noi sappiamo. Il suo primo finanziatore ha studiato nello stesso luogo dove ho studiato io. Sappiamo che le enormi somme con le quali a Milano cominciò la trista avventura del fantoccio vennero dall’Isola. Non si è fatto da sé, costui, ma lo hanno fatto i soldi di Palermo. «E comunque quel che deve intimorire e intimorisce oggi il premier non è la personale credibilità presso le cancellerie dell’Occidente, ma fin dove si può spingere e si spingerà l’aggressione della famiglia mafiosa di Brancaccio, determinata a regolare i conti con l’uomo – l’imprenditore, il politico – da cui si è sentita “venduta” e tradita» (Fonte: Repubblica, 28.11.2009).
Non c’è alcuna grandezza, in tutto questo. Non c’è, soprattutto, politica. “Destra, sinistra, comunismo, libertà…” diventano qui parole vuote, segni violenti e violentati. C’è solo la realtà dei soldi, soldi, soldi. I siciliani sono i padroni dell’Italia. Lo sono dallo sbarco dell’esercito statunitense, che affidò le amministrazioni locali ai mafiosi siculo-americani, passando per Scelba e Portella della Ginestra, per Andreotti -sfinge e interfaccia dei palermitani-, per il messinese Sindona, e arrivando al presente. I siciliani, i mafiosi sono i padroni dell’Italia. Oggi più che mai. La palma è arrivata ai confini, e va oltre. C’è da esserne orgogliosi.

Il birraio di Preston

Teatro Strehler – Milano
dal romanzo di Andrea Camilleri
riduzione e adattamento teatrale di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale
regia di Giuseppe Dipasquale
con Pino Micol, Giulio Brogi, Mariella Lo Giudice, Gian Paolo Poddighe
, Ester Anzalone
produzione Teatro Stabile di Catania
Sino al 15 novembre 2009

birraio_preston

1874, Sicilia. A Vigàta il toscano prefetto Bortuzzi ha scelto per l’inaugurazione del nuovo teatro un’opera dello sconosciuto e modesto Luigi Ricci –Il birraio di Preston– che nessuno in paese vuole. Vengono coinvolti in questa personale ossessione cittadini, parroci, mafiosi, soldati e poliziotti, funzionari, mazziniani…sino a scoprire solo nelle ultime battute le ragioni di quella impopolare scelta.
La riduzione dal romanzo rende il testo frammentario e in alcuni passaggi immotivato e confuso. Nonostante la critica abbastanza esplicita all’arbitrio del potere, il tono complessivo è da vaudeville. Alcune soluzioni registiche sono ben riuscite -ad esempio, gli incontri in chiesa della vedova Lo Russo e del suo spasimante, scanditi dal coro degli astanti in stile messa cantata- ma l’impressione è quella dell’ennesimo sfruttamento delle trovate di un autore sopravvalutato.

I saltati e i salvati

Due volte, tanti anni fa, un amico che conosceva quegli ambienti mi disse che la mafia non c’entrava molto, che era stata l’esecutrice di volontà politiche: dopo la morte di Dalla Chiesa e dopo la strage che uccise Borsellino e la sua scorta. Fui un ingenuo a non credergli. Adesso capisco che aveva ragione. Il procuratore Piero Grasso ha ammesso con chiarezza l’esistenza di una “trattativa” tra lo Stato e la Mafia, due entità in Italia spesso complici. [Fonte: la Repubblica]. Trattativa che portò all’«accelerazione probabile della strage di Borsellino, [che] può allora essere servita a riattivare, ad accelerare la trattativa con i rappresentanti delle istituzioni. (…) Anche via D’Amelio – sospetta Grasso – potrebbe essere stata fatta per “riscaldare” la trattativa. In principio pensavano di attaccare il potere politico e avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Claudio Martelli, Giulio Andreotti, Carlo Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perché capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si può dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici». Peccato.

Baarìa

di Giuseppe Tornatore
Italia, 2009
Con: Francesco Scianna (Peppino Torrenuova), Margaret Madè (Mannina)
Trailer del film

baarìa

Mezzi imponenti, scenografie reali e digitali che descrivono Bagheria e la sua piana nell’arco di decenni, una folla di attori assai famosi ma disposti ad apparire solo per qualche minuto o anche meno, l’intenzione di raccontare con la stessa forza epica con la quale il pastore Ciccio Torrenuova declama i poemi cavallereschi e Ignazio Buttitta canta le proprie poesie, il giallo del latifondo come colore dominante, il sogno, il volo sullo spazio e sul tempo…

E tuttavia il film rimane inesorabilmente in superficie, nella frammentazione concitata di un racconto che enuncia in una scena chiave la propria poetica, quando un ragazzo scambia le figurine dei calciatori con pochi fotogrammi sottratti alla pellicola di celebri film. Non basta però citare da Leone, Rosi, Visconti, Fellini, se il narrare si limita a una serie -appunto- di scene e scenette che vanno dal sentimentale al grottesco. Un solo esempio: l’accenno alle cose viste e «da rizzari i carni» pronunciato da Peppino al suo ritorno da un viaggio in Unione Sovietica. Si ferma lì, come ogni argomento o tema toccato dal film.
Un momento davvero riuscito è verso la fine, quando i due bambini si incrociano nella corsa di ciascuno verso il futuro e il passato. Per il resto, Baarìa vorrebbe essere un’opera visionaria che risulta invece manieristica.

Vai alla barra degli strumenti