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Filosofia della sensazione

Recensione a:
La società eccitata.
Filosofia della sensazione
di Christoph Türcke
(Bollati Boringhieri, 2012; pp. 352)

in Diorama Letterario – numero 328 – novembre/dicembre 2015
[ma uscito nel febbraio 2016]
pagine 39-40

Ho adottato alcuni capitoli di questo testo per il corso di Sociologia della cultura 2012-2013. Türcke coniuga lo Esse est percipi di George Berkeley con i più diffusi comportamenti sociali contemporanei, mostrando la profonda continuità tra il concetto filosofico di sensazione e il bisogno collettivo del sensazionale.

 

Sensazione / Ascesi

Domenica 9 giugno sono stato al cinema, a Catania. Come è ormai fastidiosa necessità, ho dovuto richiamare al silenzio un gruppo di persone: non degli adolescenti toppo vivaci ma alcuni maturi signori e signore tra i cinquanta e i sessanta anni. È la maleducazione, certo, ma è anche la consuetudine di vedere i film in televisione e di scambiarsi le opinioni sul film stesso o su altro. Il cinema vero, naturalmente, lo si gusta e percepisce soltanto nelle sale cinematografiche.
Ma non basta: davanti a me c’era un tizio che ha acceso almeno una dozzina di volte il suo cellulare per controllare qualcosa sulla propria pagina di facebook. Una vera addiction, una dipendenza grave, una droga che crea dei fenomeni di astinenza pari a quelli di qualunque altro stupefacente. Non è un caso che della sensazione sia parte la Sucht, parola che in tedesco indica insieme desiderio, passione, malattia, tossicodipendenza. Presente in quasi tutte le società umane, l’utilizzo delle droghe è diventato tossicodipendenza soltanto quando l’ebbrezza è stata separata dalla festa collettiva per diventare esperienza del singolo e quindi sua personale debolezza. Ma la sensazione è anche un’esperienza di ricchezza percettiva, intellettuale ed esistenziale; non è soltanto un sensazionale tanto più stordente quanto più psichedelico. La sensazione è lo stesso stare al mondo. Non è il televisivo oppio del popolo.
Ne abbiamo parlato quest’anno nel corso di Sociologia della cultura. E lo abbiamo fatto anche tramite un libro ricco e profondo come La società eccitata. Filosofia della sensazione di Christoph Türcke (Bollati Borighieri, 2012; ne ho accennato pure qui). Di fronte a fenomeni così pervasivi non si può secondo Türcke invitare all’astinenza ma piuttosto praticare un atteggiamento da “freno d’emergenza”, per citare il Benjamin (Sul concetto di storia, Einaudi 1977, p. 101) che alla rivoluzione come “locomotiva della storia universale” (Marx) contrapponeva le rivoluzioni come -appunto- freno d’emergenza del genere umano che sul treno della storia viaggia :

Sulle strade, nei centri commerciali, negli alberghi, nelle banche, nei luoghi di lavoro, ovunque uno, se vuole continuare a pensare con la propria testa, deve tentare di tirar su le paratie contro l’imperversare di imbonimenti e stimolazioni. […] Qualcosa di così poco importante come la decisione di tollerare o meno la musica di sfondo in un ristorante può diventare improvvisamente una questione di principio, una cartina di tornasole del coraggio civile. […] Il ricopiare testi e formule, che un tempo era il contrassegno del tutto comune della scuola repressiva, nelle condizioni dell’universale irrequietezza degli schermi, da cui anche le classi scolastiche sono sempre meno risparmiate, può diventare inaspettatamente una misura di concentrazione motoria, affettiva e mentale, di ingresso nella propria interiorità […] Insegnanti che prestano seriamente attenzione affinché non ci sia qui un sottodosaggio operano resistenza, per quanto in base alla terminologia politica tradizionale possano passare per conservatori. Dove ogni concessione al solleticamento mediatico dei sensi porta avanti l’autoespropriazione estetico-neurologica, là il tirare su delle paratie contro l’ininterrotta radiazione audiovisiva, equivale a prendere partito per la sensibilità dei sensi. Li mantiene aperti a un’esperienza conforme alle cose, diventa luogotenente del miglior godimento alternativo e porta nuovamente in luce il senso fondamentale dell’ascesi. […] Là dove essa diventa l’ultima ratio contro il vampirismo audiovisivo, si avvicina nuovamente al rimedio d’emergenza arcaico. (La società eccitata, pp. 331-332)

 

Sogni, matrimoni e sadismo

Mente & cervello 101 – maggio 2013

 

La mente umana è un dispositivo semantico così potente, «è talmente portata a costruire significati che lo fa anche con materiali incongrui tra loro, un po’ come accade con il patchwork» (John Allan Hobson, intervistato da D. Ovadia, p. 48). È questa l’origine dell’attività onirica. I sogni «non hanno alcun significato misterioso» (M. Cattaneo, 3), non rivelano nulla né del futuro -come sostenevano indovini e aruspici del mondo antico- né del passato -come afferma la psicoanalisi. I sogni riflettono piuttosto, al pari di ogni altra attività della coscienza, quello che pensiamo del mondo e della vita. E lo fanno in modo particolarmente creativo, sino a presentare come possibile l’impossibile e come reale l’assurdo. Questo accade perché «i sogni sono prodotti della chimica cerebrale, generati casualmente nel corso di un’attività di consolidamento delle tracce acquisite durante l’attività cosciente. Non nascono con un significato: piuttosto possiamo dire  che quando gli stimoli interni, le rievocazioni casuali di eventi e sensazioni occorse durante la veglia, arrivano alla corteccia in determinate fasi del sonno, questa tende a riorganizzarli dando loro un significato coerente. Il cervello umano è infatti costruito per dare un senso alla realtà, sia questa esteriore o interiore, e i sogni non sono altro che fenomeni biochimici reali che avvengono nel nostro cervello. Non c’è nulla di mistico in essi, né di magico […] La loro funzione è consolidare ciò che abbiamo vissuto o appreso durante la veglia» (Hobson, 46-48).

Un sogno è spesso il matrimonio. E i fotografi chiamati a rendere immortale l’effimero “sì” dell’illusione istituzionale sono sempre più indotti a trasformare il loro reportage in un vero e proprio spettacolo costruito a imitazione dello show televisivo. «Un cambiamento anche inquietante» -afferma la semiologa Maria Pia Pozzato, che sta studiando tali immagini- «perché molto narcisistico: queste spose non parlano dello sposo ma di se stesse, anche le valenze estetiche si perdono a favore di esperienze estesiche, fatte di sensazioni» (intervista di P.E. Cicerone, 72). Lo scopo è stare al centro della scena, “farsi vedere”, secondo quella modalità dell’Esse est percipi nella quale Christoph Türcke individua uno degli elementi fondamentali delle società contemporanee. La sensazione è diventata «una necessità vitale. Uno deve fare sensazione e aver sensazione se vuole esserci, se vuole avere un’esistenza sia in senso letterale, sia in senso metaforico» (C.  Türcke, La società eccitata. Filosofia della sensazione, Bollati Boringhieri 2012, p. 87). La sensazione si è trasformata nel sensazionale.

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