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Scienza e Covid

Scienza e Covid
in Vita pensata
n. 28, aprile 2023
pagine 15-20

Indice
-Epistemologie
-Feyerabend
-Scienze e storia
-Miti e razionalità
-In difesa della scienza

In questo saggio ho riassunto alcune delle tesi di Disvelamento. Nella luce di un virus ma ho cercato anche di andare oltre, in particolare nell’analisi del rapporto tra sapere scientifico ed epidemia Covid19.
Le posizioni di vari scienziati, medici, filosofi e storici hanno attinto ai risultati più avanzati dell’epistemologia contemporanea, che è profondamente consapevole della fecondità e dei limiti di ogni approccio al reale, della necessità di avere sempre un atteggiamento critico e prudente ai problemi, ai metodi e ai protocolli, se si vogliono salvaguardare i risultati della conoscenza razionale del mondo. Una conoscenza che non può essere dogmatica, pregiudiziale, superficiale, autoritaria. Vale a dire non deve avere i caratteri del senso comune e delle religioni ma deve mettere in atto una serie di pratiche all’altezza della complessità dei problemi.
Come nel libro del 2022, ho cercato quindi di difendere le scienze e la razionalità dalla loro dissipatio, dal loro svanire nei meandri della politica e dello spettacolo. Paul Feyerabend sostiene che «l’unanimità di opinione può essere adatta per una chiesa, per le vittime atterrite o bramose di qualche mito (antico o moderno), e per i seguaci deboli e pronti di qualche tiranno. Per una conoscenza obiettiva è necessaria la varietà di opinione. E un metodo che incoraggi la varietà è anche l’unico metodo che sia compatibile con una visione umanitaria» (Contro il metodo, pp. 38-39). E questo anche perché le scienze hanno a fondamento:
-il rifiuto di ogni fanatismo
-la diffidenza verso il principio di autorità
-la necessità di verifiche accurate e pubbliche di tutto ciò che si sostiene
-la ripetibilità delle procedure
-il ragionamento oggettivo su dei dati quanto più possibile accurati, estesi, condivisi.
E invece la vicenda dell’epidemia Sars-Cov2 è un esempio di oscurantismo culturale, che ha cercato di trasformare la scienza in una superstizione, pratica e atteggiamento da sempre utilizzato da parte di chi comanda, capace di trasformare gli scienziati in maghi al servizio dell’autorità politica. Tutto questo costituisce un grave regresso dello spirito scientifico nelle società occidentali, rappresenta la cancellazione o l’oblio delle più raffinate e argomentate tesi dell’epistemologia, alle quali si è sostituito un rozzo positivismo, come se da Auguste Comte al XXI secolo nulla fosse accaduto.
Nei confronti delle scienze (al plurale) non si deve nutrire fede ma argomentazione, critica, falsificazione, superamento, interrogativi. Nei confronti delle scienze si deve esercitare ciò che un dispotico regime ambulatoriale sta cercando di negare. Senza riuscirci, per fortuna, grazie anche all’atteggiamento scientifico di alcuni dei suoi oppositori.
Nello stesso numero 28 di Vita pensata – dedicato appunto alle Scienze con interventi qualificati e rigorosi di filosofi affermati e di giovani studiosi – è stata pubblicata un’analisi assai chiara dell’anarchismo metodologico, formulata da una delle più competenti studiose europee di Feyerabend, Roberta Corvi, professore ordinario di Filosofia teoretica alla Cattolica di Milano. Consiglio senz’altro la lettura del suo testo dal titolo Complessità della conoscenza: spunti da Feyerabend (in rete e alle pagine 21-26 di questo numero della rivista).

Disvelamento a Milazzo

Sabato 21 maggio 2022 alle 16,30 nel Palazzo D’Amico di Milazzo (Messina) presenteremo Disvelamento. Nella luce di un virusinsieme al libro di Andrea Zhok  Lo Stato di emergenza. Riflessioni critiche sulla pandemia.
L’evento si inserisce nella prima edizione de La Culturale. Pensiero critico in movimento, dedicata a Il corpo nell’era delle grandi mutazioni. A moderare saranno Enrico Moncado e Davide Miccione.

«Si tratta di un atteggiamento simile a quello di coloro che si approcciano ai vaccini in modo fideistico e lo stesso fanno in generale nei confronti della narrazione dei governi e dei media più potenti sull’epidemia SARS-CoV-2. Le profonde divergenze tra medici, biologi, ricercatori; le strategie assai diverse degli stessi governi; i gravi e numerosi punti oscuri della vicenda sin dal suo originarsi e nei suoi sviluppi; una concezione assolutamente riduttiva e volgarmente positivistica della salute, come se la solitudine, l’allontanamento dai propri cari, la distruzione dei legami sociali, la perdita del lavoro, la catastrofe economica, l’angoscia, non fossero cause scatenanti di gravi malattie che non vengono più diagnosticate, non sono curate o lo sono in ritardo, venendo così lasciate alla loro opera di morte; la realizzazione di enormi profitti da parte delle multinazionali del farmaco; la miriade di fatti che smentiscono la teoria o la pongono in dubbio; gli altrettanto numerosi elementi che dovrebbero suggerire almeno prudenza…tutto questo non può scalfire quella che è diventata una fede, che per di più pretende di presentarsi come una scienza e che in nome di questo scientismo fideistico disprezza gli infedeli, li discrimina giuridicamente e civilmente, li condanna al silenzio e in alcuni casi cerca anche di demolirne le figure, invece di rispondere seriamente e nel merito delle riflessioni critiche. I mezzi utilizzati sono infatti per lo più il principio di auctoritas, l’argomento ad personam, il terrore. E tutto questo immerso in una dimensione di vera e propria superstizione»
(Disvelamento, pp. 63-64).

 

Terra e Tempo

Stephen Jay Gould
LA FRECCIA DEL TEMPO, IL CICLO DEL TEMPO
Mito e metafora nella scoperta del tempo geologico
(1987)
Traduzione di Libero Sosio
Feltrinelli, 1989
Pagine 232

Questo libro è la prova che si può scrivere un testo che sia insieme una storia della geologia e un saggio di epistemologia appassionante come un romanzo. La vicenda che racconta con coinvolgente stile narrativo è quella delle origini della scienza geologica. Una storia che diventa paradigmatica dell’intreccio tra filosofia ed empiria in cui la scienza consiste e dei rischi di ogni dogmatismo scientista.
Contrariamente a quanto la pigrizia dei  libri di testo tramanda, infatti, le opere e le ipotesi di Thomas Burnet (1635-1715), James Hutton (1726-1797), Charles Lyell (1797-1875) non rappresentano momenti separati e opposti di una storia che va dalle tenebre delle favole teologiche alla luce del metodo empirico. Burnet, che elaborò una teoria sacra della Terra nella quale cercava di giustificare con dati empirici il racconto biblico, fu in realtà più attento del suo ottimo amico Isaac Newton «al regno della legge naturale e più di lui desideroso di abbracciare spiegazioni storiche» (pag. 52). I due “eroi illuminati” Hutton e Lyell non sono, a loro volta, riducibili alla leggenda che li vuole fondatori della geologia scientifica intesa come attività svolta sul campo, dalla quale scaturirebbe poi per induzione la scoperta delle leggi generali che governano la Terra. Hutton, infatti, fu un aperto e convinto sostenitore del finalismo aristotelico e negò costantemente il divenire storico del pianeta; Lyell, oltre a rimanere all’interno di un paradigma antropocentrico, propose il suo metodo di datazione degli strati della crosta terrestre come applicazione di un’ipotesi generale sulla Terra -l’uniformitarismo o attualismo- di carattere in parte teoretico e negante anch’essa la radicale variabilità e direzionalità dei fenomeni geologici nel tempo. Gould trova «una squisita ironia nel fatto che la storia convenzionale presenti la vittoria di Lyell come il trionfo delle ricerche sul campo, mentre in realtà i veri campioni di una lettura letterale della documentazione geologica furono i catastrofisti» (145). La visione moderna della geologia non è dunque certamente quella teologico/biblica di Burnet ma neppure quella astorica di Hutton o attualista di Lyell «ma piuttosto è un miscuglio inestricabile ed equilibrato di uniformismo e di catastrofismo» (189). Più in generale, «Hutton e Lyell condivisero, soprattutto, la visione di controllo del ciclo del tempo, l’uniformità di stato» (163).
Sta qui il significato filosofico del libro. Attraverso la geologia e la sua storia, infatti, Gould sostiene che il contributo delle scienze della Terra alla comprensione del mondo è duplice e consiste in primo luogo nella scoperta del tempo profondo, dell’immensità temporale che precede la comparsa della vita e dell’umano. Un’enormità cronologica che è tuttora «così difficile da capire, così estrane(a) alla nostra esistenza quotidiana, da rimanere un ostacolo importante alla nostra comprensione» (14).
L’intera ricerca di Gould è incentrata intorno al secondo contributo della geologia: la comprensione del rapporto fra ciclo del tempo e freccia del tempo. Un rapporto che lo scienziato dimostra non essere escludente ma coniugante. Le immagini che aprono ogni capitolo (tranne il primo) fanno riferimento alla compresenza di variazione e di stabilità, fanno riferimento a quel ciclo temporale della materia che è insieme mutamento degli eventi e permanenza delle strutture nelle quali essi avvengono: «Frecce e cicli sono “metafore eterne”» (203) con le quali si esprime la comprensione umana -scientifica ma anche mitologica, filosofica, religiosa- della compresenza di unicità/differenza e regolarità/identità:

La freccia del tempo è l’intelligibilità di eventi distinti e irreversibili, mentre il ciclo del tempo è l’intelligibilità di un ordine atemporale e di una struttura simile alla legge. Noi abbiamo bisogno di entrambe le cose. (28)
Qualche cosa di profondo nella nostra tradizione richiede, per l’intelligibilità stessa, sia la freccia dell’unicità storica sia il ciclo dell’immanenza atemporale, e la natura dice sì a entrambi. (211-213)

Nello specifico delle scienze biologiche e geologiche, «gli organismi seguono la freccia del tempo della storia contingente; i minerali seguono il ciclo del tempo dell’immanente logica geometrica» (208). Si tratta di una metodologia critica che rifiuta il dogmatismo scientista ed è invece del tutto consapevole della storicità di ogni conoscenza umana. Gould appare dunque vicino all’epistemologia di Kuhn, alla sua identificazione delle scienze con il loro sviluppo, alla sua richiesta di un’adeguata conoscenza della storia delle proprie discipline da parte degli scienziati empirici, conoscenza che scongiuri l’inevitabile danno che alle scienze deriva «da un atteggiamento di chiusura, dal suo presentarsi come custode di un rito sacro chiamato il metodo scientifico» (19).
Il rispetto per le altre forme del sapere umano -altre rispetto alle scienze- si mostra qui non come un dato estrinseco o relativistico ma come interno alla scienza stessa e fondante il significato della conoscenza, che per Gould si basa ovunque sui medesimi modelli che vengono poi declinatgouldi in modi, forme e linguaggi differenti. È significativo che il libro si chiuda su un’analisi della simmetria -e dunque del ciclo del tempo- nelle cattedrali medioevali, simmetria che coniuga anche in questo caso l’unicità degli eventi delle storie sacre con la regolarità ciclica che ne guida l’apparire e gli sviluppi. Un’apertura che rende possibile il risultato complessivo al quale questa ricerca perviene: «Mostrare che le metafore della freccia del tempo e del ciclo del tempo formarono un centro focale della discussione e si dimostrarono non meno fondamentali per la formulazione del tempo profondo di qualsiasi osservazione sul mondo naturale» (25-26).
La passione dell’autore si trasmette al lettore. Una passione che nasce dall’autentico piacere che ogni rigorosa indagine su dei grandi libri regala a chi la intraprenda. Una passione che ha come risultato la gaia scienza.

C’è una cosa così elementare e fondamentale che spesso trascuriamo di dirla: lo studio dei testi principali di grandi pensatori non ha bisogno di alcuna giustificazione al di là del puro piacere fornito da un tale esercizio intellettuale. La principale motivazione per la mia strategia è stata semplicemente la gioia. (30)

Identità e differenza

Ora che con estrema lentezza ma anche con inevitabile parabola il più volgare politico italiano dell’età moderna va dissolvendosi, non bisogna dimenticare che parte dei suoi crimini sono stati e continuano a essere le guerre coloniali in Afghanistan, in Iraq e in Libia. La tragedia dentro la tragedia è che tali crimini sono stati e continuano a essere perpetrati con la complicità convinta del Partito Democratico e del centrosinistra in genere. E  persino con il sostegno di settori della sinistra radicale, come quella che parla in Micromega e nel Manifesto.

Il fardello dell’uomo bianco si espresse una volta sotto il sole trascendente del cristianesimo, poi nella freddezza dello scientismo positivista (del quale l’imperialismo sovietico è stato una potente variante), ora trionfa tramite la menzognera formula della “democrazia” e dei “diritti umani”. Ma si tratta sempre della stessa ossessiva volontà di uniformare il molteplice all’uno, si tratta della stessa mortale presunzione di rappresentare il valore e la verità unica del mondo. Io sono orgoglioso di essere europeo ma lo sono perché l’Europa è stata ed è la terra del tramonto della verità e non il luogo di un’identità dogmatica, che essa sia religiosa, scientifica o politica. Perché la pace sta nelle differenze.

 

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