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Pactum sceleris

Sarkozy -capo sino a poco tempo fa di una delle più verticistiche repubbliche presidenziali d’Europa- è stato arrestato con l’accusa di concussione perché avrebbe promesso a un magistrato ruoli di prestigio in cambio di informazioni sulle inchieste che lo riguardavano. In Italia chi si è comprato i giudici e ha difeso mafiosi riscrive ora la Costituzione insieme al Partito Democratico. Un patto siglato con i peggiori delinquenti di Forza Italia e al quale Renzi e le sue collaboratrici ribadiscono che bisogna rimanere fedeli. Un abisso di corruzione tale che persino Robespierre lascerebbe perdere. Alla fine Berlusconi ha vinto, sono costretto ad ammetterlo. E la sua vittoria si chiama Partito Democratico.

 

Crisi

Mi sembra sorprendente ed estremamente positivo che un popolo innamorato del calcio come quello brasiliano stia avendo la forza di denunciare «le spese faraoniche in vista dei Mondiali, a scapito della qualità dei servizi sanitari e educativi, e la gigantesca corruzione, vero buco nero delle risorse statali. […] Negli stadi, incuranti del divieto della Fifa, molti tifosi hanno sostenuto le proteste: “Brasile svegliati, un professore vale più di un Neymar”». Ma anche di questa rivolta, come di quella turca, l’informazione italiana parla il meno possibile. E allora di fronte alla pervicacia istupidente del mainstream mediatico -teso sempre a sopire, troncare, tacere, ingannare– è opportuno ricordare come e perché si sia generato quell’insieme di eventi che vengono definiti «crisi»:

Il punto di partenza della crisi del 2008 è stato, da un lato, la deregolamentazione quasi totale delle prassi dei mercati finanziari e, dall’altro, la comparsa di “paesi emergenti”, a cominciare dalla Cina, che si sono accaparrati una parte crescente della produzione mondiale grazie al dumping salariale. Quella concorrenza, che spiega anche le delocalizzazioni, ha comportato un calo generale dei redditi nei paesi occidentali, calo che i nuclei familiari sono stati incoraggiati a compensare con un indebitamento crescente, che si supponeva potesse permettere di conservare il loro livello di vita. Ovviamente, le cose non sono andate affatto così, e il sistema è crollato quando i mancati pagamenti si sono accumulati. È quel che è accaduto negli Stati Uniti con la crisi dei crediti ipotecari (subprimes). Gli Stati sono stati allora costretti ad indebitarsi a loro volta per impedire al sistema bancario di sprofondare. Il problema dell’indebitamento privato si è così tramutato in problema dell’indebitamento pubblico.
[…]
Le banche, che potranno contrarre presiti all’1% dalla Bce, concederanno presiti al Mes [Meccanismo europeo di stabilità] ad un tasso di interesse nettamente superiore, dopo di che il Mes presterà agli Stati ad un tasso ancor più elevato. […] In ultima analisi, le banche daranno agli Stati, imponendo interessi, del denaro che consentirà a quei medesimi Stati di rimpinguare le casse di quelle stesse banche. Una situazione davvero surrealista, la cui causa prima, come è noto, è la proibizione fatta a partire dal 1973 agli Stati di contrarre prestiti ad interesse minimo o nullo con le loro banche centrali, il che li ha posti sostanzialmente alle dipendenze del settore privato. (Alain De Benoist, Diorama letterario, n. 314,  pp. 8-9)

La natura non soltanto assurda di queste transazioni -assurda per il bene pubblico ma assai sensata per gli interessi dei banchieri- è aggravata dal fatto che essa è stata resa per legge irreversibile, privando in questo modo parlamenti e governi di ogni potere, riducendoli a ornamento della finanza. Ha dunque ragione Gaby Charroux -deputato francese comunista e sindaco di Martigues- a osservare che in questo modo «consegniamo direttamente le chiavi della nostra politica economica e di bilancio ai tecnocrati di Bruxelles e scivoliamo verso […] una forma morbida, giuridicamente corretta, di dittatura finanziaria» (Ivi, p. 11). Con l’ascesa al potere anche politico di impiegati e funzionari della Goldman Sachs ad Atene, a Roma, a Francoforte (Mario Draghi), gli Stati sono diventati evidentemente degli Stati di classe diretti dal capitalismo finanziario: «Le banche, che controllano anche i mezzi di pagamento dei cittadini, hanno preso lo Stato in ostaggio per conto dei loro ricchi azionisti. Lo Stato diventa una macchina per ricattare le popolazioni a beneficio dei più ricchi» (Emmanuel Todd in un’intervista a Le Point, 13.10.2011).
Uscire da una spirale irrazionale e violenta come questa sarebbe possibile se il potere politico fosse altro da quello finanziario e prendesse provvedimenti come i seguenti: applicazione di un protezionismo europeo, nazionalizzazione delle banche, rifiuto di pagare il debito pubblico. Provvedimenti gravi ma praticabili se -appunto- i governi non fossero ormai ridotti alla condizione di impiegati della finanza il cui mandato è di agire contro i loro popoli, cominciando con l’ingannarli. Popoli i quali «non credono più nell’Europa, che confondono a torto con l’Unione europea. Non hanno più fiducia nella polizia […], non hanno più fiducia nei tribunali, che non sanzionano mai i delinquenti in colletto bianco e nemmeno i banditi della finanza di mercato» (de Benoist, Diorama letterario, n. 214, p. 23).
Anche le operazioni di killeraggio internazionale sono mosse dagli stessi scopi speculativi e di controllo delle risorse, come accaduto in Libia, con i massacri perpetrati da Sarkozy e Obama, «assassinando il capo dello Stato libico Muammar Gheddafi e la sua famiglia, inclusi i bambini piccoli»; come accaduto  in Iraq, dove le potenze anglosassoni e i loro servi italici hanno causato «due milioni di morti, affamato intere popolazioni, distrutto un paese unificato, allora il più evoluto industrialmente, socialmente ed economicamente della regione, averlo consegnato alla guerra civile, agli scontri tribali o religiosi, alla persecuzione delle minoranze come quella cristiana e agli attentati omicidi quotidiani. Del resto, George W. Bush non aveva dichiarato di voler riportare l’Iraq all’età della pietra?» (Maurice Cury, ivi, p. 24). La stessa operazione si sta ferocemente tentando contro il popolo siriano.

 

Tempo debito

In Time
di Andrew Niccol
USA, 2011
Con Justin Timberlake (Will Salas), Amanda Seyfried (Sylvia Weis), Cillian Murphy (Raymond Leon), Vincent Kartheiser (Philippe Weis), Olivia Wilde (Rachel Salas), Alex Pettyfer (Fortis)
Trailer del film

Venticinquenni. Gli umani appaiono tutti al massimo venticinquenni. Sono infatti geneticamente programmati per rimanere sempre fermi a questa età. Compiuta la quale, però, possiedono ancora soltanto un anno di vita e poi saranno “azzerati”. A meno che riescano a guadagnare o a rubare del tempo. L’implacabile timer che appare sul loro braccio sinistro segna l’abbreviarsi e l’allungarsi della vita di ciascuno. In questo futuro distopico si viene quindi pagati non in danaro ma in minuti, ore, giorni. E tutto ciò che si compra lo si acquista con la stessa moneta. Il tempo è diventato danaro, alla lettera. Ma queste norme non valgono per tutti. Un’élite ben protetta e rinchiusa nel suo quartiere elegante e dorato possiede un patrimonio temporale che avvicina molti dei suoi membri all’immortalità. E il sistema viene naturalmente difeso dalla polizia dei guardiani del tempo. La ragione di tutto questo sembra risiedere in un eccesso demografico che non potendo garantire a tutti gli umani la sopravvivenza deve periodicamente eliminarne un buon numero.
La madre di Will Salas muore a causa di un banale contrattempo; è in quel momento che il figlio decide di utilizzare il secolo di vita regalatogli da un immortale per combattere contro l’aristocrazia chiusa nel suo fortino e per donare tempo/vita a tutti. In quest’impresa sarà aiutato da Sylvia, figlia di uno dei più grandi magnati della finanza temporale.

L’idea alla base del film è molto intrigante. La realizzazione segue troppo tuttavia i canoni spettacolari e ottimistici del cinema hollywoodiano, risultando spesso banale. Non mancano inoltre varie evidenti incongruenze e ingenuità narrative. Apprezzabile, invece, è la chiara struttura metaforica dell’opera, che in realtà non parla del futuro ma di noi, oggi. Noi che siamo sempre più dominati da un’oligarchia finanziaria mondiale che gode di patrimoni inconcepibili mentre invece interi popoli -la Grecia, ad esempio- vengono ridotti con assoluto cinismo alla fame e alla rovina. Karl Marx sostiene che il plusvalore, ciò da cui proviene il profitto del capitale, si genera dal tempo/lavoro sottratto ai produttori. Questo film esprime un’idea analoga. In un articolo pubblicato sul numero 16 (febbraio 2012, pp. 4-5) di Alfabeta2 («Un tremendo futuro alle spalle? Archeologia della dittatura finanziaria») Federico Campagna scrive che «fu grazie a una politica spericolata di prestito sulla vita dei lavoratori che gli sforzi titanici dell’industrializzazione europea divennero possibili nel XVIII e XIX secolo. Il sistema salariale forniva, poi, ai debitori (i capitalisti e lo Stato) un metodo vagamente legittimo di pagamento del debito. Tuttavia i salari non potevano mai coprire gli interessi sul prestito illimitato di tempo e di lavoro sulla vita dei lavoratori. […] Mancando la possibilità di appartenere a una collocazione fisica, la categoria di debito trova il suo posto nell’orizzonte del tempo. La sua posizione nella linea del tempo, comunque non è stabile. […] Per definizione il debito può esistere solo in una rincorsa incessante della propria coda, come un obiettivo mancato». Il risultato qui e ora di questo tempo/debito? «L’antropologo anarchico David Graeber ha notato recentemente una cosa: dato che il debito è una promessa, quando gli Stati europei hanno dovuto scegliere se rompere la loro promessa con i banchieri o con i loro popoli hanno scelto senza esitazione la seconda opzione». È questo il fondamento delle politiche di Mario Monti, di Angela Merkel, di Nicolas Sarkozy, di Barack Obama, dei governanti ellenici. Burattini politici in mano alla finanza mondiale, ladri di tempo, di lavoro e di risorse che sottraggono alle loro nazioni in recessione per donarle alle banche e ai santuari mondiali della finanza. Basti pensare che la Banca Centrale Europea ha erogato un prestito di 500 miliardi di euro alle banche europee con il tasso dell’1% mentre poi le banche stesse applicano tassi molto alti ai loro debitori, praticando inoltre una politica creditizia assai rigida. Quei governanti sono dunque traditori dei loro popoli.
Uno dei fondamenti del film di Niccol è l’idea darwiniana della sopravvivenza del più forte. Emblematico l’episodio in cui Will e Sylvia si trovano davanti alla cassaforte nella quale è conservato un patrimonio di un milione di anni. La ragazza intuisce che il numero della combinazione è questo: 12021809, la data della nascita di Darwin. Come si vede, de te fabula narratur (Orazio, Satire, I, 1, 69).

Nota
Per un’analisi più estetico-tecnica del film, consiglio la puntuale recensione di Mario Gazzola su posthuman.it

Il giullare

Invito a guardare un filmato tratto dalla conferenza stampa del 23 ottobre 2011 di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel.
Stavolta non si tratta di qualche presentatore di programmi satirici ma dei due maggiori capi di governo dell’Europa. Sono essi -e i giornalisti in sala- che ridono di Berlusconi e, di conseguenza, dell’Italia. Mi sento umiliato ma hanno perfettamente ragione, perfettamente. Siamo lo zimbello del mondo. Se lo merita questo popolo vile, disonesto, mafioso e analfabeta. Mi vergogno. Non ho fatto abbastanza contro questo vecchio buffone incapace.

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