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Le arti

È uscito da qualche giorno il numero 29 (anno XIII, novembre 2023) della rivista di filosofia Vita pensata. Numero dedicato alle arti (al plurale) con nove testi che affrontano sia tematiche teoretiche ed estetiche generali sia specifiche opere di letteratura, pittura, teatro, architettura.
Tra i contributi di argomento diverso segnalo l’ampio saggio di David Benatar (tradotto da Sarah Dierna) dal titolo Un argomento misantropico per l’antinatalismo; un testo che sono particolarmente felice di aver pubblicato anche per le ragioni indicate nell’editoriale. Quest’ultimo è firmato da un nuovo Comitato di redazione, che ringrazio per l’attento e rigoroso lavoro che ha dedicato a questo numero della rivista, così come ringrazio tutti gli autori dei saggi che la compongono.
Inserisco qui sotto i due link dai quali è possibile leggere la rivista sul suo sito o scaricarla integralmente in un nuovo formato pdf, che confidiamo renderà più comoda e funzionale la lettura. Aggiungo il testo dell’editoriale e quello di una mia breve analisi della mostra che Milano ha dedicato quest’anno a Bill Viola, la cui opera rappresenta una sintesi tra la grande arte del Rinascimento e le tecnologie contemporanee.

Antinatalismo

Sarah Dierna
Antinatalismo contemporaneo
in Dialoghi Mediterranei
n. 62, luglio-agosto 2023
pagine 473-483

Come di tanto in tanto accade, questo mese consiglio non un libro ma un saggio di rivista. Saggio dedicato a un argomento che mi interessa molto (come sanno anche gli studenti del corso di Filosofia teoretica dell’a.a. 2021-2022). È un tema davvero filosofico poiché va alle radici dell’esistere, delle sue origini, del suo senso e del suo finire.
Uno dei suoi massimi teorici è il filosofo sudafricano David Benatar. Ma insieme a lui, nel passato e nel presente, ci sono Peter Wessel Zapffe, Emil Cioran, Thomas Ligotti, Théophile de Giraud e numerosi altri (compresi Agostino d’Ippona, Leopardi, Kierkegaard e Schopenhauer).

Nel suo denso e limpido saggio Sarah Dierna analizza l’antinatalismo contemporaneo ricostruendone anche la storia ma soprattutto mostrandone la potenza argomentativa, tramite un’esegesi dei testi molto attenta e critica. Pochi di  questi libri e articoli sono tradotti in italiano; presentarli è dunque un altro merito del testo.
Consiglio la lettura di queste pagine, che si possono leggere:

Aggiungo qui l’indice del saggio e alcuni suoi brani.

-Antinatalismo antico e contemporaneo
-Animali consapevoli
-Animali non umani
-Conoscenza e redenzione

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L’ostacolo forse più grande per comprendere l’antinatalismo siamo noi. La difficoltà di pensare noi stessi come mai stati (never having been) senza considerare nello stesso tempo tutto ciò che con noi non ci sarebbe stato. Kurning lo ha considerato un punto fondamentale: «The consideration to never have existed, the idea of one’s own self as never having been! The absence of one’s very self, of one’s highly important personality on the world stage; the chair one sits on, the bed one sleeps in: empty». Pensare in questi termini richiede infatti un grande sforzo.

Se tuttavia ripercorriamo il cammino storico seguendo un altro itinerario, diventa praticabile, o quanto meno si può provare a saggiare, un nuovo percorso ermeneutico in cui l’antinatalismo antico e l’antinatalismo contemporaneo sono soltanto apparentemente distanti. Dove sarà dunque possibile, per dirla con Gadamer, una fusione d’orizzonti a partire dal fatto che entrambi raggiungono comunque la stessa inesorabile conclusione.

E tuttavia la coscienza ha bisogno di trovare un senso, di possedere una verità che garantisca all’unità psicosomatica un equilibrio, per questo inventa la luce e i colori, per questo traveste un impulso generativo alla procreazione nell’amor cortese, la lotta per la sopravvivenza nella Grande Guerra e rimuove il pensiero della morte travestendolo nella porta d’accesso per l’aldilà. 

In questo mi sembra più fecondo accostare la posizione di Zapffe all’antropodecentrismo di Leopardi in cui è l’animale a deridere e compatire l’umano. Nelle Operette Leopardi mette in dialogo un bue con un cavallo e un cavallo con un toro ma per irridere la specie umana; la natura con un’islandese per restituirla alla sua indifferenza. Alla fine infatti la vita animale non umana risulta essere sempre la sorte migliore mentre gli umani sono dipinti come gli infelicissimi sopra gli altri animali (Elogio degli uccelli), come coloro che non riuscivano mai a essere contenti e felici (Dialogo tra due bestie). Scontenti e infelici non perché siano una specie superiore anche nel dolore ma perché hanno contribuito alla loro frustrazione quando si sono attribuiti privilegi che non possiedono. Molte delle Operette hanno di mira proprio questo antropocentrismo.

A differenza delle correnti orientali o gnostiche, la liberazione – la vera liberazione – è una soluzione collettiva perché la negazione del singolo assume per Hartmann lo stesso effetto che ha per Schopenhauer il suicidio: si tratta del venire meno del singolo, non della specie. Ogni cosa che esiste in modo animato deve disperdersi. Solo così la volontà che sta al fondamento di ogni vita non potrà più continuare a esistere e cominciare ancora.

Cosmologia / Medea

Recensione a:
Aa. Vv.
Cosmos?
Numero 54 di Krisis, octobre 2022
Pagine 142
in il Pequod , anno IV, numero 7, giugno 2023, pagine 196-199

L’ipotesi dell’eternità della materia/universo è confermata dalle critiche sempre più diffuse e argomentate che va ricevendo il modello (ancora) standard del cosiddetto Big Bang, il quale delineerebbe una problematica singolarità, impossibile da comprendere e persino da studiare sulla base delle leggi conosciute e dei metodi di indagine scientifici. Il tentativo perseguito da più parti di unificare la relatività generale e la fisica quantistica ha tra le sue condizioni e conseguenze il superare questa singolarità, riaffermando «l’éternité du temps passé, éliminant ainsi la problématique notion théologique de ‘cause première’» (Luminet).
A fondamento delle cosmologie antiche sta l’ipotesi realistica fondamentale, quella che non fa dipendere l’esistenza e le modalità del cosmo dalle percezioni, azioni e calcoli di una sua infima e inconsistente parte: noi. Dismisura che invece sta a fondamento della interpretazione di Copenhagen della fisica quantistica. Davvero ogni idealismo così come «la pensée constructiviste s’est développée à partir du sophisme anthropocentriste (la proclamation de Protagoras selon laquelle ‘l’homme est la mesure de toutes choses’)» (Jure Georges Vujic).

In questo assai ricco numero del Pequod è stata pubblicata anche una analisi a più voci del mito di Medea e della sua messa in scena, con la regia di Federico Tiezzi, quest’anno a Siracusa. Ho avuto il piacere di scriverne insieme a Sarah Dierna, Marco Iuliano, Enrico Palma, Marcosebastiano Patanè:

La selvaggia passione: Medea 2023 a Siracusa
Pagine 177-184

«Medea si presenta intrisa da un afflato profondamente antinatalista. Alla maniera lucida, consapevole e ‘passiva’ – per usare la categoria di Lachmanová – dei Greci naturalmente. […] Nella tragedia l’antinatalismo traspare nei gesti e nelle parole di Giasone, della moglie, della Nutrice, del Pedagogo e del Coro ma trasuda insieme dalle sciagure stesse di cui i mortali sono vittime e facitori. […]
Così canta il Coro:

E affermo che tra i mortali/ coloro che non hanno mai fatto esperienza di figli/ e non ne hanno mai generati/ sono più felici di chi ne ha messi al mondo. / Chi è senza figli, poiché non ne ha esperienza, / non sa se sia gioia o tormento l’averne, / proprio perché non gli sono capitati, / e così sta alla larga da molte inquietudini. / Ma chi ha nella sua casa il dolce germoglio di figli, / costoro li vedo sfiancati dalle preoccupazioni per tutta la vita: / innanzitutto su come crescerli bene e come lasciare loro di che vivere. / Poi, non è sicuro se si diano tanta pena / per figli che non valgono nulla o per figli eccellenti. / E dirò anche di una sciagura che è la peggiore per tutti i mortali: / ammettiamo che abbiano di che vivere, e siano nel fiore della giovinezza, e siano eccellenti. / Ma se così decreta il destino, / ecco che arriva la Morte e si avvia giù nell’Ade, / trascinando via i loro corpi.
(vv. 1090-1111, trad. di Angelo Tonelli)

E allora ‘tre volte meglio stare in armi che partorire anche una volta sola’ (v. 251, trad.  Tonelli). Solo in Euripide capita di leggere con così tanta onestà la sciagura insita nell’atto del generare che non si lascia intenerire dalla tenera prole già venuta al mondo».

La recensione e l’articolo dedicato a Medea sembrano una conferma di quanto affermato da David Herbert Lawrence nel 1931 in Apocalypse, citato da Ernesto De Martino nel suo capolavoro sulle apocalissi culturali:
«Forse la più grande differenza tra noi e i pagani sta nella diversità di rapporti col cosmo. Per noi tutto è personale. Il panorama che possiamo contemplare e il cielo non servono che da delizioso sfondo per la nostra vita personale. Persino l’universo della scienza si riduce a noi a poco più che una mera estensione della nostra personalità. Per il pagano il paesaggio e lo sfondo personale erano dopo tutto indifferenti, ciò che era invece reale era il cosmo. L’uomo viveva nel cosmo, consapevole della maggior grandezza del cosmo nei suoi confronti. […] Il nostro sole è cosa assai diversa dal sole cosmico degli antichi, è qualcosa di molto più banale. Noi possiamo vedere ciò che chiamiamo sole, ma abbiamo perso per sempre Helios e ancor più il grande disco dei Caldei. […] Questa è la nostra principale tragedia. Che cos’è il nostro meschino amore per la natura – la natura cui ci si rivolge come a una persona – al paragone di quel sublime vivere-col-cosmo ed essere-onorati-dal-cosmo!»
(La fine del mondo. Contributo all’analisi delle apocalissi culturali, Einaudi 2019, pp. 379-380).

Sarah Dierna su Chronos

Sarah Dierna
Recensione a:
Chronos. Scritti di storia della filosofia 
in Discipline Filosofiche
8 maggio 2023

«Come storia il libro si articola in sei parti, a ciascuna delle quali corrisponde un periodo storico determinato o uno specifico pensatore nonché la trattazione ordinata e rigorosa delle sue opere; come sistema Chronos è, sì, una storia della filosofia ma “nell’atto del filosofare” e cioè non “scolastica compiutezza enciclopedica delle sue parti” ma “logica sistematicità dei concetti in cui essa si realizza” (G. Gentile, Teoria generale dello spirito come atto puro, in Id., L’attualismo, Bompiani, Milano 2014, p. 267). […]
Le questioni sono quelle che riguardano l’essere, la verità e il tempo, il percorso ermeneutico è quello che procedendo da Eschilo a Nietzsche, da Plotino a Severino, da Leopardi a Mazzarella, da Machiavelli a Heidegger, dalla metafisica greca a quelle contemporanee, attraverso metafisiche analitiche e plurali, mostra e conferma prima di tutto e al di là di tutto la necessità e la perennità della metafisica – così Biuso intitola gli ultimi due paragrafi del saggio conclusivo, che possono fungere da premessa e conclusione dell’intero libro – non come dimenticanza della differenza ontologica, non come fatto linguistico, non come mera rappresentazione di ciò che appare, non come discorso sull’ente, ma come “domandare che cerca le ragioni perenni del contingente” e in questo domandare e cercare comprende “l’ininterrotto eventuarsi in cui mondo, materia e umanità consistono” (p. 386). […]
Rispetto a questi dualismi, nella prospettiva dell’autore sacra/divina è soltanto la materia che è ciò che deve essere, in essa non c’è bene e non c’è male, non si dà giustizia né ingiustizia; il soggetto si dissolve alla stessa maniera con cui si trasfigura l’identità di Nietzsche nei Wahnbriefe che secondo Biuso si inscrivono pienamente – non dunque come segno di follia – nel pensare del filosofo inattuale; l’anima/mente individua soltanto il modo di chiamare la materia autoconsapevole di sé e il finalismo che illude così tanto la specie umana su un progresso verso il meglio si risolve invece nella necessità del tempo e della materia, l’accettazione della quale è detta amor fati: […] Riconciliarsi dunque con il proprio tempo finito rispetto all’infinito durare della materia».

Allievi 2022

Ribadisco con soddisfazione quanto scrivevo lo scorso anno a proposito del talento di molti studenti dell’Università di Catania. L’elenco delle pubblicazioni uscite nell’anno solare 2022 conferma le loro capacità, la loro crescita, il transitare dall’identità di studenti a quella di riconosciuti studiosi. A questo elenco di pubblicazioni bisogna infatti per molti aggiungere la partecipazione a progetti di ricerca, l’essere stati relatori in convegni, l’aver svolto attività didattiche. Due di loro hanno pubblicato dei libri di grande rilevanza, dedicati uno a Husserl e alla fenomenologia enattiva, l’altro alle radici gnostiche della filosofia di Heidegger.
[I link che compaiono in quasi tutti i titoli rimandano ai pdf integrali dei testi o a ulteriori informazioni].

Davide Amato

Daria Baglieri

Nicoletta Celeste

Sarah Dierna

Lucrezia Fava

Elvira Gravina

Marco Iuliano

Simona Lorenzano

Enrico Moncado

Andrea Pace Giannotta

Enrico Palma

Marcosebastiano Patanè

Stefano Piazzese

Maria Emanuela Randazzo

 

Aggiungo infine il libro di Marco Christian Santonocito, che non è un mio allievo ma un giovane collega di Catania appassionato ed esperto di filosofia: Il tempo tra oriente e occidente, Mimesis, Milano-Udine 2022, pp. 372

Sarah Dierna su Disvelamento e Divagazioni filosofiche

Sarah Dierna

– Dopo il Covid. Ripensare la vita e accettare la morte
Recensione/riflessione dedicata (anche) a Disvelamento. Nella luce di un virus
in Dialoghi Mediterranei, n. 57, settembre-ottobre 2022
pagine 205-209

Recensione a Mario Graziano (a cura di), Filosofi in ciabatte. Divagazioni filosofiche ai tempi del Coronavirus
Corisco Edizioni, Roma-Messina 2020, pagine 206
in Discipline Filosofiche, 30 settembre 2022

[Da Dopo il Covid]
«Come ogni libro, anche questo può essere letto secondo prospettive diverse; è un libro di sociologia, se per sociologia intendiamo lo studio dei corpi collettivi; è un libro di politologia, se con politologia assumiamo lo studio dialettico del potere e delle sue manifestazioni; è un libro di antropologia se con antropologia rimandiamo allo studio dell’umano come individuo e come parte di una comunità; è tutto questo insieme e cioè un libro di filosofia. […]
A sparire sono stati i cittadini – Biuso parla di una primavera senza i corpi – ma non le televisioni che, con un palinsesto ormai ripetitivo e indifferenziato, hanno contribuito al dilagare di un’infodemia riduttivistica e talvolta persino inesatta ottenendo come unico scopo il plasmarsi e l’accrescersi di un’atmosfera apocalittica. […]
C’è in Biuso una conclusiva nota di fiducia che tutto questo finirà. Finirà sicuramente l’epidemia da Sars-Covid19, riconquisteremo la vita a cui con costrizione o collaborazione ci siamo sottratti, ma resterà sempre prossima la possibilità di rinunciarvi finché non comprenderemo davvero in cosa consista la vita, finché non accetteremo davvero la finitudine. Senza comprendere la prima non la vivremo mai in tutte le sue dimensioni. Senza accettare la seconda non la vivremo invece con pienezza e totalità».

[Da Divagazioni filosofiche]
«È proprio questa regressione all’età infantile ad avere favorito l’estendersi di forme di paternalismo, che sembravano confinate al mero ambito medico, al più complesso sistema politico. A ben guardare, lo Stato è partito proprio da quel paternalismo sanitario per ottenere un controllo poi totale nella vita delle persone. […]
A questa stessa autonomia e ‘solitudine’ dovrebbe ritornare anche la scienza – vittima e carnefice di questa situazione – prostituita invece agli interessi di una classe dirigente che l’ha resa di nuovo positiva – nel senso di positum – con il suo attaccamento al cosiddetto mito del dato, e infalsificabile, atteggiamenti questi che l’epistemologia ha da tempo ormai superato. […]
Se i filosofi in ciabatte sono coloro che hanno visto tutto questo quando l’epidemia era al suo sorgere, diremo allora che essi non sono semplicemente quelli che, come l’Armchair Science sono stati confinati in casa, ma quelli che da casa hanno continuato a osservare il mondo senza lo schermo di un televisore, quelli che il reale hanno scelto di non ridurlo in ologramma. […]
Questo segna la differenza tra la chiacchiera e la filosofia: la prima si è dimenticata come pensare, la seconda non ha mai smesso di farlo».

Allievi

Lo dico spesso: molti siciliani in generale, e numerosi studenti in particolare, possiedono un’intelligenza che probabilmente è il risultato genetico e antropologico di una millenaria e plurale stratificazione storica.
Tra gli allievi che ho la fortuna di avere avuto e di avere ancora a Catania, tale intelligenza diventa operativa, che per dei filosofi significa la capacità di studiare, pensare, scrivere, pubblicare.
Mi fa quindi piacere segnalare alcuni dei testi usciti nel 2021 a firma di studiosi delle cui tesi di laurea e di dottorato sono stato o sono relatore. È un nutrito elenco e temo di aver dimenticato qualche pubblicazione (vi chiedo eventualmente di segnalarmi le omissioni e integrerò la pagina, che spero serva anche come archivio collettivo). Molti di questi studiosi hanno pubblicato anche negli anni precedenti; notizie sul loro lavoro si trovano in questo sito o in altre pagine della rete.
Alcuni articoli sono apparsi sul numero 26 di Vita pensata che ha come data «Gennaio 2022» ma che è uscito da pochi giorni ed è stato preparato e redatto nell’autunno del 2021. Quasi tutti i titoli presentano un link andando al quale è possibile leggere i testi.

 

Daria Baglieri

Nicoletta Celeste

Sarah Dierna

Lucrezia Fava

Elvira Gravina

Simona Lorenzano  

Enrico Moncado

Andrea Pace Giannotta

Enrico Palma

Stefano Piazzese

Noemi Scarantino

Davide Tuzza

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