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Eco della materia

SalvArti
Dalle confische alle collezioni pubbliche

Milano  – Palazzo Reale
Sino al 26 gennaio 2025

Più di ottanta opere sequestrate a esponenti della mafia e di altre organizzazioni criminali. Acquisite definitivamente alla proprietà pubblica, saranno destinate a vari musei, soprattutto del meridione d’Italia. Intanto vengono esposte in diverse sedi, tra le quali Milano.
Le opere in mostra riguardano l’intero Novecento e gli inizi del XXI secolo. Si tratta soprattutto di dipinti e sculture di artisti italiani ma non solo.
Com’è in questi casi naturale, il livello e l’interesse è molto diseguale. Sono presenti anche correnti e artisti che sono stati molto ‘alla moda’ negli anni Ottanta del secolo scorso. In particolare opere della Transavanguardia, il cui cui critico e guru fu Achille Bonito Oliva.
Farò quindi una selezione delle opere che mi hanno più coinvolto, per ragioni estetiche del tutto personali.

Struttura B1 di Luigi Veronesi (1984) sintetizza la magia della pittura geometrica che da Mondrian in poi scandisce lo spazio e i colori ricreando costantemente il reale.

Il Disco con sfera di Arnaldo Pomodoro (2003) riduce alle dimensioni di un oggetto da tavolo le grandi costruzioni pubbliche con le quali questo scultore ha saputo riempire i luoghi di un’armonia del tutto contemporanea ma che ricorda l’antico e che sempre affonda in esso.

Il Paesaggio con alberi gialli di Ottone Rosai scandisce la tela in quattro elementi che sono nello stesso tempo geometrici e vissuti: il bianco e il blu di una strada, il giallo del muro e della dimora, il verde dorato verticale degli alberi, la semisfera della collina.


L’ennesimo Profilo antimilitarista di Enrico Baj (1964) disvela il grottesco che sta dietro e dentro le decorazioni che gli eserciti danno a se stessi, anche per nascondere il loro essere alfieri e pedine della morte.

Per l’infinito di Mirko Pagliacci (1998) saluta la gloria dell’angelo della storia. 

Un angelo è anche il Cupido di Sandro Chia (1996) dell’immagine di apertura, che nel rosso del cuore, nel giallo delle ali, nel verde ramato del corpo esprime la profondità, la malinconia, la forza del sentimento amoroso.
È una piccola scelta tra le tante possibili. Ovunque accadano, siano visibili e riempiano lo spazio, le forme artistiche regalano una luce che è eco della materia, consolazione, pienezza.

Transavanguardia


Transavanguardia italiana

Palazzo Reale – Milano
A cura di Achille Bonito Oliva
Sino al 22 aprile 2012

 

Trent’anni fa Achille Bonito Oliva inventava la Transavanguardia e con essa una nuova funzione del critico d’arte, non più commentatore ma vero e proprio creatore di movimenti, correnti, scuole. La denominazione alludeva chiaramente a una posizione di rifiuto di molta arte del Novecento, in particolare dell’allora recente arte povera. Per andare verso dove? Verso un ritorno alla pittura pura, alla tela, alla bidimensionalità. Ritorno al figurativo, anche se mescolato a qualche residuo d’astrazione.
La mostra di Milano a Palazzo Reale celebra il trentennale attraverso i cinque artisti più rappresentativi. Il risultato è una chiara testimonianza della sterilità di questa corrente. Non si può più, davvero, dipingere quasi come se nulla fosse accaduto, come se il nostro tempo non fosse colmo di un’inquietudine che nessuna “figura” può condensare. E così Francesco Clemente dipinge incubi e cade in ripetizioni; Sandro Chia indulge nel già visto, in un’antologia di citazioni; Enzo Cucchi si affida a un simbolismo debole e mortuario. Diverso il discorso per Nicola De Maria, non a caso uno dei meno figurativi e più ironici tra questi pittori, la cui opera è un trionfo di colori, di astrazioni, di parole che sulla tela diventano forme (alberi, ad esempio) pur rimanendo segni alfabetici. Esemplare di questa riuscita è Amore (1980-81), un verde intensissimo dentro il quale si stagliano e si avvicinano due cerchi rossi. Di altro livello è anche Mimmo Paladino, che non torna alla semplice tela bidimensionale ma espande l’opera nello spazio, con una molteplicità di manufatti, come in Tavolo (bronzo e acciaio del 1986).
Una mostra per ricordare e, speriamo, anche per chiudere.

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