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Noto, il Barocco, i palazzi

Il Barocco è Noto
Convitto delle Arti – Noto
A cura di Paola Bergna e Alberto Bianda
Sino al 29 ottobre 2023

Sale della mostra

Le ombre, i corpi che da esse emergono, il rosso e lo scuro, le forme circolari ed ellittiche, gli spazi densi di oggetti, le nature morte, gli strumenti musicali, i santi, i teschi, il desiderio, l’amore, gli sguardi, la luce.
Questi alcuni degli elementi del Barocco, pervasivi e presenti anche a Noto, nelle tre sale del Convitto delle Arti che ospitano una sola tela di Caravaggio – la Maddalena in estasi – e poi opere di italiani (Luca Giordano, Guido Reni, Mattia Preti, Guercino, Bernini, Pietro da Cortona), spagnoli (Jusepe de Ribera, lo Spagnoletto), nordici (Rubens, van Dyck, Rombouts [è suo il Suonatore di Liuto dell’immagine di apertura]). Da queste opere spira come una potenza, la forza della vita che vuole essere felice nel preciso senso che vuole trovare un significato a se stessa, qualunque senso purché ci sia; forza unita al dramma dell’esistenza che una volta nata precipita ogni giorno verso il suo finire. Questa tensione, irrisolvibile se non nel nulla, crea l’enigma barocco, il suo fascino e la sua inquietudine nella pittura e in tutte le arti, scultura, musica, teatro, poesia, architettura. 

HP del sito del Palazzo del Castelluccio

Uscendo dalla mostra questa felicità e tale inquietudine diventano il «giardino di pietra» del quale parlava Cesare Brandi, diventano Noto, la città, i suoi palazzi, le chiese, le piazze, i teatri, i monumenti. Troppo noti e troppo belli per parlarne ancora qui.
Ma c’è un luogo che non è ancora così celebre e che invece è splendido: il Palazzo Di Lorenzo del Castelluccio edificato per una potente famiglia nel 1782, mantenuto sino alla morte dell’ultimo marchese, Corrado Di Lorenzo, avvenuta nel 1981, donato all’Ordine dei Cavalieri di Malta, istituzione religioso-militare assai ricca ma che lo ha lasciato nel più completo degrado. Dopo trent’anni, nel 2011, un francese, Jean Louis Remilleux, lo ha acquistato, restaurato, reso visitabile in quasi tutti i suoi ambienti: il piano nobile con la sua infilata di saloni, salotti, studioli, camere da letto, biblioteche; la piccola ma eloquente scuderia che poteva ospitare sino a otto cavalli in quattro spazi; le cucine al piano basso, buie e ricche di stanze, dove la servitù consumava i suoi pasti. E poi l’armonioso cortile e al di sopra un terrazzo che induce a sedersi, rimanere, studiare, godere come da una finestra il cielo turchese e le nuvole che sovrastano la città. Remilleux e i suoi architetti hanno conservato quanto più possibile gli ambienti, le pareti, i pavimenti di ceramica; hanno riempito le stanze di quadri, poltrone, tavoli, una panoplia di testimonianze di cultura materiale. E soprattutto e tramite tutto questo si ha la sensazione di attraversare un luogo reale non un museo, un luogo vissuto non un’icona, un luogo rispettato e amato da chi lo abita. Il palazzo è infatti la dimora quotidiana di Jean Louis Remilleux.
I secoli sembrano convergere, il tempo diventare un vortice, altra costitutiva metafora barocca. E infatti la mostra al Convitto delle Arti non si compone soltanto di opere e artisti del Seicento. La accompagnano le sculture di Giuseppe Agnello (1962) che tentano di coniugare l’umano e la Terra con una serie di figure antropomorfe impastate di alabastro, sale, gesso. Il titolo è Terra e cielo tra uomo e natura. Un terzo spazio espositivo si chiama Pop Garden ed è un’immersione negli anni Settanta con fiori, specchi, ridondanze, musiche di quel tempo, riflessi.

Il barocco risiede dunque nelle cose; come afferma Carlo Emilio Gadda, «barocco è il mondo, e il G.[adda] ne ha percepito e ritratto la baroccaggine» (La cognizione del dolore, Garzanti 1994 , p. 198).
In via Matteo Raeli, vicino a piazza XVI maggio e alla cosiddetta Villa d’Ercole, c’è una gelateria che si chiama L’artigianale. Gustare i gelati di Stefano Baglieri significa capire con i sensi (il gusto ma anche la vista) perché mai i dolci, alcuni dolci, sprigionino un sorriso. Un altro elemento della sensualità barocca.

Noto – il Municipio

 

 

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