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Tirannide

Concordo con l’analisi che Alberto Capece ha dedicato al servilismo dell’Unione Europea e al conseguente declino coloniale dell’Europa. Pubblico qui sotto il suo articolo (fonte: https://ilsimplicissimus2.com/2024/12/07/i-trenta-tiranni/, il Simplicissimus, 7.12.2024).

Dopo l’articolo ho inserito le schermate di alcune notizie dedicate:
-all’annullamento delle elezioni in Romania, vale a dire a un colpo di stato attuato con dei pretesti semplicemente ridicoli (TikTok!); assai più fondato sarebbe sostenere che tutte le elezioni svoltesi in Italia dal 1948 in poi sarebbero da annullare poiché influenzate e distorte alla radice dalla propaganda, dai finanziamenti, dalle minacce degli Stati Uniti d’America…
-alla grazia concessa da Biden a suo figlio, accusato di gravi crimini. Un antico (e moderno) autocrate orientale non avrebbe potuto fare di meglio. La più grande democrazia del mondo? Ma no! Gli Stati Uniti d’America sono la più grande satrapia del mondo;
-alle conferme del genocidio in atto a Gaza contro gli umani palestinesi, molti ancora bambini, da parte di Israele;
-al terrorismo statunitense, che sostiene i nazisti ucraini e i tagliagole dell’ISIS in Siria, quei terroristi che in realtà sono stati creati sin dall’inizio dalla CIA e da Israele (l’ISIS non ha infatti mai toccato israeliani e statunitensi ma sempre altri musulmani).
L’Europa affonda in questo fango. I suoi cittadini affondano nelle paludi di un’informazione completamente fasulla e schierata a fianco del terrore.

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I Trenta tiranni

Ciò che sta accadendo in Romania dove la Corte Costituzionale ha annullato  i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali perché ha vinto il candidato “sbagliato” denuncia lo stato di tirannia che regna nel continente che si vanta della propria democrazia. Si tratta chiaramente di un golpe che ha come pretesto non meglio specificate influenze russe sulle elezioni, un tema trito e ritrito completamente inventato dalla banda Obama in Usa per mettere i bastoni fra le ruote a Trump e ribadito nelle più improbabili e ridicole situazioni dai massini idioti del potere globalista. Lo si dice anche della Georgia  dove è in atto un tentativo di rivoluzione colorata, quando nel Paese abitato da meno di 4 milioni di abitanti dove esistono 23 mila Ong, una ogni 180 abitanti tutte collegate agli Usa, all’Europa o appartenenti alla galassia sorosiana, ma nessuna collegata alla Russia.

Ecco perché il titolo dei Trenta tiranni, reminiscenza della storia greca, si adatta benissimo all’Ue. Sì, magari i tiranni sono 27, più la von der Leyen ma fanno ugualmente riferimento all’oligarchia e a un potere che non è più di Sparta, ma risiede in Usa o meglio nelle pieghe della sua governance reale. Tuttavia la farsa della democrazia occidentale si sta sgretolando di fronte a coloro che hanno ancora occhi per vedere e neuroni per capire. La grazia concessa da Biden al figlio, uno dei più odiosi atti di nepotismo che si siano visti dopo l’epoca dei Borgia, il disperato tentativo di sottrarre risorse militari russe al fronte ucraino con la guerra terrorista in Siria, spacciata come guerra civile agli idioti in grado di volere, ma non di intendere. E poi  l’appoggio incondizionato alla strage di Gaza e al leader fascista di Tel Aviv, le censure come modus operandi nel campo della comunicazione e della vita accademica, il sostegno al leader sudcoreano pro-Occidente che dichiara poteri da stato di polizia per evitare di essere perseguito per corruzione, l’impoverimento delle popolazioni per sostenere queste infinite guerre ( si parla di altri 500 miliardi per sostenere il regime para nazista di Kiev peraltro già in agonia) e il tentativo di attuare un nuovo e gigantesco trasferimento di risorse dai poveri ai ricchi attraverso un armamentario apparentemente virtuoso, ma profondamente immorale per le sue menzogne di base che va dalla sanità al clima.

Quante altre prove sono necessarie per dimostrare che le democrazie occidentali sono diventate oligarchie guidate da politicanti burattini che si considerano al di sopra della legge e non provano altro che disprezzo per la rappresentanza degli interessi dei cittadini comuni? L’intera Unione Europea è stata catturata, anzi creata dalle élite atlantiste che hanno imposto politiche che servono interessi occidentali egemonici e non gli interessi dei cittadini. Il tutto garantito da una moneta come l’euro che a causa dei suoi vincoli non consente politiche sociali e si basa su un unico presupposto, ovvero che non esistono alternative. Questa è una definizione di tradimento. Quantomeno tradimento della volontà popolare che dovrebbe essere la base della democrazia: secondo l’ultimo rapporto Censis, appena uscito, il 71,4% degli italiani pensa che l’Unione europea è destinata a sfasciarsi senza riforme radicali. Il 68,5% ritiene che le democrazie liberali non funzionino più. E il 66,3% attribuisce all’Occidente (Usa in testa) la colpa dei conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente. Non a caso, solo il 31,6% si dice d’accordo con il richiamo della Nato sull’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil.

Probabilmente le stesse percentuali potrebbero essere riscontrate in ogni grande Paese del continente perché è sempre più evidente che personaggi come Macron,  Scholz, von der Leyen, Rutte  sono i burattini comprati e pagati per incarnare la tirannia atlantista. Imbevuti di elitarismo come diretta espressione del loro stesso narcisismo e di una russofobia radicata, sedotti dalla corruzione o costretti dal ricatto dei servizi di Oltre Atlantico, tutti costoro sono stati ingaggiati per tradire gli interessi dei cittadini europei e rendere la vita delle masse incredibilmente dura. Sono arrivati al punto di eleggere una tale Kaja Kallas a ministro degli esteri della Ue: essendo ex premier dell’Estonia un Paese che conta 1,5 milioni di abitanti, un terzo dell’area metropolitana di Roma o di Milano, praticamente è del tutto slegata da visioni di largo raggio, è disponibile a qualsiasi avventura e ligia agli ordini di scuderia. Infatti il suo primo delirante atto è stato quello di minacciare dazi  più elevati alla Cina a causa di inconsistenti accuse di sostegno alla Russia. Invece avrebbe dovuto visitare il più grande partner commerciale dell’Ue, la Cina appunto, per riparare le relazioni messe sempre più a rischio, ma ci si serve di questi baltici, la cui popolazione si è dimezzata negli ultimi vent’anni, come teste di turco.

Tutto questo viene man mano smascherato e la risposta è la messa in mora della sedicente democrazia, attraverso operazioni che non hanno nulla da invidiare ai fascismi della prima metà del secolo scorso. Tuttavia questa costruzione fatta di inganni e politicamente vacua, si sta sgretolando e non basterà lo stucco della retorica mediatica per tenerla in piedi.

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Storia e materia

Epilogo? – Tamas Dezsö
in Gente di Fotografia. Rivista di cultura fotografica e immagini
anno XXVII – numero 76 – maggio 2021
pagine 20-29

Nella serie del fotografo Tamas Dezsö intitolata Notes for an Epilogue la materia è fatta di animali che si indossano, di animali con i quali si convive, di animali che si temono e che si amano, di greggi e di orsi, di stormi sempre in volo sopra le discariche. Ma soprattutto di animali che si è. La materia vegetale di boschi, di acque, di campi, di verdure, di prati resi bianchi dall’inverno o fulgenti di verde come fossero diamanti. Pur nella loro bruttura di rovine dei veleni, del veleno più letale che è la speranza tradita della storia, i resti della tracotanza umana quando vengono abbandonati tendono a somigliare sempre più all’armonia, ad avvicinarsi all’intatto silenzio dei laghi, delle chiese che dai laghi spuntano, delle conifere che attendono con la medesima pazienza il raggio della luce che le inonda, il gelo della neve che le ferma. Ciminiere, campanili, alberi, tendono sempre tutti verso il cielo, dal quale si aspetta una salvezza tanto più bramata quanto invece l’orizzonte della storia è stato feroce o indifferente. E in effetti è dall’alto che viene la salvezza, dalla materia cosmica che si condensa, diventa stelle, si raffredda in pianeti, si evolve esplodendo e lanciando la propria energia nello spaziotempo, ritornando così a essere polvere che si addensa a formare nuove stelle e le galassie che le raccolgono, si formano, si dissolvono e si riformano, per sempre. Una meraviglia, la cui unica nota stonata è la sofferenza che chiamiamo ζωή, vita, è la sofferenza che chiamiamo storia. Ma è talmente insignificante da non dovercene davvero preoccupare.

Sullo stesso numero della rivista sono usciti gli articoli di altri due studiosi di Unict. Uno di Enrico Moncado: Shooting in Sarajevo, l’altro di Enrico Palma: Suite N. 5.

Esami

Un padre, una figlia
(Bacalaureat)
di Cristian Mungiu
Romania, Francia, Belgio, 2016
Con: Adrian Titieni (Romeo), Maria-Victoria Dragus (Eliza), Lia Bugnar (Magda), Malina Manovic (Sandra), Vlad Ivanov (l’ispettore capo)
Trailer del film

Eliza si sta preparando all’esame di maturità. Una media molto alta le consentirebbe di lasciare finalmente la Romania per studiare a Londra. Alla vigilia dell’esame viene aggredita da uno stupratore ma deve sostenere a ogni costo le prove. Il padre, un medico bravo e integerrimo, viene per la prima volta a compromessi nel tentativo di aiutare la figlia a ottenere il risultato.
Il cinema di Cristian Mungiu racconta con sobrietà, pietas e rigore i sentimenti umani e le scelte che essi implicano. Lo ha fatto in 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni a proposito dell’aborto, in Oltre le colline sulle motivazioni che separano persone che un tempo si sono amate. Qui in Bacalaureat (esame di stato) l’analisi riguarda non solo e non tanto i rapporti tra un padre e una figlia quanto soprattutto le circostanze che inducono a chiedere sostegno illegale, raccomandazioni, anche al di là della propria volontà.
Si sorride amaramente nel constatare che gli esami di maturità in Romania sono assai più severi che in Italia, che barare a scuola e all’università è un reato per il quale si muove la magistratura, che le persone si vergognano delle loro azioni. Quanto descritto dal film, in Italia non è più neppure percepito come illegale o semplicemente scorretto. Siamo diventati veramente tra i più corrotti al mondo.

«Prender per cielo il suo cervello»

Oltre le colline
(Dupa delauri)
di Christian Mungiu
Con: Cosmina Stratan (Voichita), Cristina Flutur (Alina), Valeriu Andriuta (il prete), Dana Tapalaga (la madre superiora)
Romania – Francia – Belgio 2012
Trailer del film

Romania. Due ragazze si abbracciano alla stazione. Alina piange di commozione, Voichita le dice di calmarsi anche perché «la gente ci guarda». Da bambine sono cresciute insieme in orfanotrofio. Si sono amate. Alina è andata poi a lavorare in Germania, Voichita è entrata in un piccolo monastero ultraortodosso al quale non possono accedere atei, cattolici, protestanti, non cristiani. La vita delle suore che lo abitano si svolge nel lavoro, nell’obbedienza al prete, nell’ossessione per i possibili 464 peccati elencati in un quaderno, nella ripetizione continua dei luoghi comuni della fede cristiana, tra i quali: «Anche se avessi tutto il mondo intorno, senza Dio saresti sempre sola». Invece per Alina basterebbe avere accanto a sé Voichita, la quale però è cambiata e non risponde più con l’antico affetto all’amore della compagna. La gelosia afferra la ragazza, la rende disperata e furente, la fa stare male tanto da essere ricoverata in ospedale. Quando torna al monastero, il prete prima cerca di mandarla via, poi si convince che Alina è posseduta dal diavolo. Aiutato dalle suore, inizia a praticare esorcismi su di lei. Ciò che colpisce di più non è tanto la violenza esercitata «per il suo bene, per scacciare da lei il maligno» quanto la presunzione con la quale i credenti monoteisti parlano di Dio, di Allah, di Jahvé come se fosse il loro vicino di casa del quale conoscono benissimo volontà, linguaggio, convinzioni. Se questi credenti nella propria vanità fossero un po’ meno arroganti, il mondo andrebbe certamente meglio. Il cattolico Manzoni ha descritto costoro in modo come al solito mirabile: parlando di Donna Prassede scrive che «tutto il suo studio era di secondare i voleri del cielo: ma faceva spesso uno sbaglio grosso, ch’era di prender per cielo il suo cervello» (I Promessi Sposi, cap. XXV).
Per quanto sia duro contro il fanatismo, il vero tema di Oltre le colline non è la fede monoteistica ma la passione tra due donne, la distanza che si crea nel tempo tra i sentimenti, la gelosia, il bisogno di sicurezze, l’obbedienza alle formule salvifiche. Un film aspro ma anche poetico, ben fotografato e interpretato. Un’opera però dalla tecnica minimalista, dove manca l’epica. Rimane quindi soltanto la miseria umana.

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