Thomas Kuhn
La struttura delle rivoluzioni scientifiche
Come mutano le idee della scienza
(The Structure of Scientific Revolutions, 1962 e 1970 by The University of Chicago).
Trad. di Adriano Carugo
Einaudi, Torino 1969-1978
Pagine 251
Pubblicato per la prima volta nel 1962, questo libro ha rappresentato una svolta radicale nella percezione del lavoro scientifico e ha suscitato un dibattito intenso e costante che dura ormai da cinquant’anni, dibattito al quale lo stesso autore ha portato il suo contributo attraverso un Poscritto del 1969 inserito nella quarta edizione italiana. Il concetto base da cui si dirama la riflessione di Kuhn è quello di paradigma: con tale termine vengono indicate «conquiste scientifiche universalmente riconosciute, le quali per un certo periodo, forniscono un modello di problemi e soluzioni accettabili a coloro che praticano un certo campo di ricerca» (pag.10).
Intorno ai paradigmi ruotano la nascita, il consolidarsi, le crisi della forma di sapere che chiamiamo “scienza”. Paradigmi accettati, utilizzati e praticati universalmente caratterizzano i periodi di scienza normale, finché non avviene un salto, una rottura, un radicale mutamento, una rivoluzione scientifica. Le più note sono l’eliocentrismo copernicano, il rinnovamento della chimica operato da Lavoisier, le diverse dinamiche e prospettive cosmologiche di Galileo, Newton, Einstein, ciascuna tendente a sostituire la precedente.
Come e perché avvengono in determinati momenti tali cambiamenti, queste rivoluzioni? Secondo Kuhn esse sono determinate anche da crisi culturali e storiche più ampie del campo scientifico propriamente detto. E fa l’esempio dell’eliocentrismo che, storicamente marginale al tempo di Aristarco (III sec. a.C.), in quello di Copernico si inserì in un più generale moto di rinnovamento culturale. È l’analisi delle modalità del cambiamento a costituire la maggiore originalità di Kuhn. Egli rifiuta totalmente le prospettive cumulative secondo cui «la transizione da un paradigma in crisi ad uno nuovo, dal quale possa emergere una nuova tradizione di scienza normale» si attuerebbe «attraverso un’articolazione o una estensione del vecchio paradigma» (111).
Si tratta piuttosto -ribadisce più volte Kuhn- di «una ricostruzione del campo su nuove basi» (ibidem), di un «passaggio tra incommensurabili» (182), di un cambiamento del modo di vedere il mondo e persino del mondo stesso. In pratica, «i sostenitori di paradigmi opposti praticano i loro affari in mondi differenti» (182). Da ciò deriva la concreta impossibilità della comunicazione, la quale fa sì che -come scrisse Max Planck- una nuova verità scientifica non si affermi attraverso la persuasione degli avversari ma a causa della loro morte e della crescita di nuove generazioni a essa abituate e disponibili.
Kuhn osserva che nei manuali scientifici -e nella complessiva formazione dello scienziato- non rimane praticamente traccia di tali drammatici percorsi. L’autorità scientifica tende a nascondere sistematicamente «in parte per importanti ragioni funzionali, l’esistenza e il significato delle rivoluzioni scientifiche» (166), offrendo quanto più possibile l’impressione di un processo continuo e cumulativo «muoventesi in linea retta verso lo stato attuale» (201), in un indefinito cammino verso il progresso. Ciò avviene anche attraverso la rimozione di ogni seria prospettiva storica, con l’abbandono dello studio dei classici della propria disciplina, con un tipo di formazione «rigido e limitato» che somiglia a quello della «teologia ortodossa» (199). Tutto ciò è possibile anche per la natura esoterica del sapere scientifico il quale può rimanere chiuso e distante nei confronti del mondo dei profani e della vita quotidiana.
Nel Poscritto Kuhn rifiuta le accuse di irrazionalismo e relativismo che gli furono mosse, affermando la sua convinzione che le teorie scientifiche posteriori siano migliori di quelle anteriori ma solo in quanto strumenti più perfezionati per la soluzione dei rompicapo da cui scaturisce il primo stimolo alle rivoluzioni, e non in quanto le nuove teorie -i nuovi paradigmi- fornirebbero una migliore rappresentazione di ciò che la natura realmente è.
La natura rimane in ogni caso al di là, le analisi fisiche, chimiche, biologiche sono solo un nostro modo di indagarla. La conoscenza scientifica, in definitiva, è un particolare linguaggio adottato da un certo gruppo umano (251). Delle scienze è possibile un’analisi semantica e sociale. La pretesa di raggiungere la verità sulla natura rimane per esse troppo grande.