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Sacro – Teologie II

È uscito il numero 31 (anno XIV, ottobre 2024) di Vita pensata.
Copio qui l’editoriale, che si può leggere anche a questo indirizzo: Sacro – Teologie II

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Il tema monografico del numero 30 (maggio 2024) della rivista ha riscosso un interesse che ci ha indotti a dedicare anche il numero 31 alla tematica antica, fondamentale e sempre rinnovata del sacro e delle teologie. I saggi che presentiamo costituiscono un ulteriore percorso che conferma la molteplicità delle prospettive con le quali si può pensare il sacro e praticare le teologie. E questo in modo del tutto indipendente da qualunque questione di fede. Quest’ultima riguarda infatti un atteggiamento personale, interiore e privato. Le religioni costituiscono l’espressione collettiva delle fedi, richiedono almeno un minimo di credenze relative ai miti fondativi delle religioni stesse e implicano dei riti pubblici e condivisi da parte di una data comunità, più o meno ampia. Le teologie nascono dal tentativo di trovare o attribuire un fondamento razionale alle fedi religiose. Il sacro si pone invece su un altro livello sia epistemologico sia ontologico.
Il sacro non implica infatti nessuna fede, pur non escludendola; non si struttura in organizzazioni ben definite, anche se può benissimo farlo; non si esprime necessariamente in dei riti storicamente stratificati, pur manifestandosi spesso anche attraverso di essi. Il sacro è il vero oggetto delle teologie, le quali dunque non hanno a che fare con le persone divine (una o molte che siano) bensì con l’esigenza e la capacità umana di pensare sino in fondo le questioni relative alla struttura e al significato del cosmo; alla presenza in esso della vita in generale e di quella umana in particolare; alla possibilità di dare un fondamento razionale alle credenze sulle origini, il senso e il destino dell’esserci individuale e collettivo. Come si vede, teologie e filosofie esprimono di fatto la medesima esigenza di comprensione e di giustificazione del compreso. Non è quindi per caso, ma per ragioni intrinseche e fondate, che in questo numero di Vita pensata compaiano nomi quali Sofia Vanni Rovighi, Giorgio Agamben, Augusto Del Noce, Proclo, Martin Heidegger, Walter Benjamin, Friedrich Dürrenmatt, Lev Tolstoj, Jean-Auguste-Dominique Ingres, Karl Jaspers, Winfried Georg Sebald, Rudolf Otto e altri ancora. Si tratta di una costellazione di filosofi, artisti, storici, narratori, teologi la cui opera è, in modi naturalmente diversi e rizomatici, dedicata al sacro, al suo significato, all’enigma e alla potenza che lo costituiscono.
Siamo inoltre molto soddisfatti di poter pubblicare una recente e assai chiara riflessione da Giuseppe Savoca dedicata alle molte, delicate e urgenti questioni relative al rapporto tra l’umano e le intelligenze artificiali, testo presentato dall’autore inaugurando un recente convegno dell’Associazione per l’Informatica Umanistica e la Cultura Digitale. A questo contributo si aggiunge un’analisi, come sempre limpida e radicale, di Stefano Isola sugli effetti del Covid-19 in ambiti poco discussi ma significativi come quelli dell’ascolto musicale, questione che l’autore intreccia anch’egli con il tema delle intelligenze artificiali.
Si tratta, come si vede, di pensare la vita e di fare dell’esistenza un’occasione quotidiana di apprendimento critico. Di quest’ultimo aggettivo e atteggiamento le società contemporanee mostrano di avere un particolare bisogno.

Sacro – Teologie I

È uscito da qualche giorno il numero 30 (anno XIV, maggio 2024) di Vita pensata.
Un numero dedicato al sacro e alle teologie. L’argomento ha suscitato molto interesse e abbiamo ricevuto numerosi contributi per la valutazione e l’eventuale pubblicazione. Abbiamo quindi deciso di dedicare anche il numero 31 a questo tema, come si può leggere nella pagina della rivista con le informazioni per chi volesse sottoporre alla redazione un proprio articolo: Tema del prossimo numero – Call for Papers.
Qui sotto i due link dai quali è possibile leggere la rivista sul sito o scaricarla integralmente in  formato pdf. Da questo numero sul sito della rivista si trovano gli abstract/parole chiave di ogni saggio e le indicazioni bibliografiche (insieme all’incipit) delle recensioni. La versione integrale dei testi si trova invece nel pdf generale e in quelli dei singoli contributi. Aggiungo il pdf dell’editoriale, come sempre sintetico.

Le arti

È uscito da qualche giorno il numero 29 (anno XIII, novembre 2023) della rivista di filosofia Vita pensata. Numero dedicato alle arti (al plurale) con nove testi che affrontano sia tematiche teoretiche ed estetiche generali sia specifiche opere di letteratura, pittura, teatro, architettura.
Tra i contributi di argomento diverso segnalo l’ampio saggio di David Benatar (tradotto da Sarah Dierna) dal titolo Un argomento misantropico per l’antinatalismo; un testo che sono particolarmente felice di aver pubblicato anche per le ragioni indicate nell’editoriale. Quest’ultimo è firmato da un nuovo Comitato di redazione, che ringrazio per l’attento e rigoroso lavoro che ha dedicato a questo numero della rivista, così come ringrazio tutti gli autori dei saggi che la compongono.
Inserisco qui sotto i due link dai quali è possibile leggere la rivista sul suo sito o scaricarla integralmente in un nuovo formato pdf, che confidiamo renderà più comoda e funzionale la lettura. Aggiungo il testo dell’editoriale e quello di una mia breve analisi della mostra che Milano ha dedicato quest’anno a Bill Viola, la cui opera rappresenta una sintesi tra la grande arte del Rinascimento e le tecnologie contemporanee.

Sulla ricerca

Il Volume 109, Number S1 | December 2018 della prestigiosa rivista Isis. A Journal of the History of Science Society ha pubblicato un breve saggio di Francesco Luzzini, introduttivo alla «Current Bibliography of the History of Science and its cultural influences 2018».
Luzzini analizza e descrive senza infingimenti il danno che le normative e le procedure dell’Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca) hanno inferto in Italia alla ricerca e alla sua diffusione, soffermandosi in particolare, ma non solo, sulla separazione tra riviste scientifiche ‘normali’ e riviste di fascia A, distinzione per la quale il valore di un testo non dipende dal suo contenuto ma dalla sede che lo pubblica; sul peso dato al fattore quantitativo rispetto alla qualità delle indagini, delle ricerche e dei risultati conseguiti; sull’eccessiva importanza attribuita agli articoli di rivista rispetto alle monografie, che sono invece ed evidentemente fondamentali nell’ambito delle scienze umane; sul disconoscimento dell’impegno e del tempo necessari per un’autentica qualità della ricerca -edizioni critiche e monografie richiedono anni di lavoro-, a favore di pratiche frenetiche di scrittura i cui risultati rimangono spesso conformisti nell’approccio e superficiali negli esiti.
Le contraddizioni, le assurdità, le scorrettezze dell’Anvur e di molti accademici emergono da questo testo con inesorabile lucidità. Luzzini scrive tra l’altro:

«A surprisingly large amount of brilliant, rigorous, and innovative research comes from publications that are deemed marginal—or are not considered at all— by the milieu of Italian academia» (p. 4)

«Quantitative assessments and the use of absurdly rigid disciplinary boundaries are detrimental to interdisciplinary research and to those fields, such as the humanities, that should be evaluated on a qualitative basis. Actually, the metrics frenzy is not just an Italian problem, but a global one» (p. 10).

«In any case, this system has had a deleterious effect on scholarly careers and scholarship alike. In the humanities, including the history of science, the combination of quantitative assessment criteria and academic cronyism has continued to distort the way publications are perceived and valued in Italy. In fact, journal articles (especially those published in “Class-A” journals) are far more important in the eyes of ANVUR than other research products such as, say, book chapters or conference proceedings; and this is true regardless of their quality.
The bibliographical implications of this phenomenon are as clear as they are unsettling. There are, of course, many philosophical and historical journals in Italy that contain excellent research work. However, publishing an essay in a high-ranked journal does not necessarily make it good—especially in a context like Italian academia, where clientelism and nepotism are rampant» (p. 11).

«The preparation of a critical edition is a time-consuming and energy-draining endeavor that requires years of interdisciplinary training and philological, linguistic, historical, and scientific research, and—last but not least—a relatively stable academic position. And yet, since the distorting effects of the assessment parameters introduced by ANVUR make works such as monographs or critical editions no more important than articles published in “Class-A” journals, few young scholars invest their time and energies in wearying, difficult, and (academically) unrewarding long-term projects, despite the high scholarly merit that these projects produce» (p. 12)

Luzzini offre inoltre un resoconto delle migliori opere di storia della scienza pubblicate di recente in Italia. Tra queste emerge l’Edizione Nazionale delle Opere di Antonio Vallisneri coordinata da Dario Generali, e altre opere di questo studioso che è ormai tra i più prestigiosi storici della scienza in Europa, i cui lavori -suoi personali e quelli del gruppo di ricerca che intorno a lui si raccoglie– costituiscono un prezioso patrimonio per chiunque voglia comprendere la genesi, le dinamiche e i risultati delle scienze della vita in età moderna. E questo conferma che «light and shadow have intertwined to form a contradictory and entangled pattern of quality and mediocrity, and this often makes it difficult to keep good and bad scholarship apart» (p. 13).
Consiglio quindi la lettura integrale del saggio, che può essere liberamente scaricato dal sito della Rivista pubblicata dall’Università di Chicago: Bibliographical Distortions, Distortive Habits: Contextualizing Italian Publications in the History of Science.

[Photo by Patrick Robert Doyle on Unsplash]

Riviste di Filosofia

Bizzarra è spesso la logica che muove gli apparati burocratici, che da strutture al servizio di un’attività si trasformano in autoreferenziale insensatezza. Un esempio assai chiaro è l’ANVUR –Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (consiglio di aprire il link, anche per notare la tristezza del sito)- istituita nel 2006 e che in pochi anni è riuscita a trasformare la ricerca, vale a dire il cuore di ogni società complessa che non voglia perire, in un cumulo di lutti dell’intelligenza. Uno degli strumenti a questo scopo è la differenziazione delle riviste scientifiche in riviste (e basta) e riviste di «classe A». Una distinzione esclusivamente italiana, assente in qualunque altra parte del mondo e là dove fu tentata ben presto cancellata.
In base a tale distinzione, un articolo o un saggio pubblicato su una rivista di classe A sarebbe solo per questo migliore di un articolo o un saggio pubblicato su una rivista non di classe A.  L’errore logico-scientifico che sta alla base della partizione tra riviste e riviste di classe A è evidente e consiste nel far dipendere il valore del contenuto da quello del contenente, far dipendere l’argomentazione dalla sua confezione, far dipendere il pensiero dalla sua sede editoriale.
Gli effetti molto negativi di tale classificazione sul sistema universitario e della ricerca sono molteplici e vengono ben evidenziati in un documento redatto da numerose riviste di area filosofica, che invito a leggere per intero (sono solo quattro cartelle) e del quale riporto qui alcuni brani.

Per un coordinamento delle riviste di filosofia [Documento completo, pdf]

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Questo documento è aperto alla sottoscrizione di tutte le riviste edite in Italia e operanti per intero o parzialmente nel campo degli studi filosofici. Esso intende costituire la base progettuale per un coordinamento della loro azione anche a fronte della complessità dei problemi e degli eventi che in Italia particolarmente oggi richiamano la filosofia alla responsabilità del proprio ruolo pubblico.
[…]
La presenza di una originale ed autonoma progettualità sembra essere in genere un carattere distintivo delle riviste scientifiche, che non possono quindi considerarsi alla stregua di semplici contenitori il cui livello di interesse scientifico e culturale sia unicamente commisurato alla qualità scientifica mediamente rilevabile nei saggi in esse pubblicati. Questo carattere emerge con particolare forza nel caso delle riviste di area filosofica, nate assai spesso come espressione di specifici indirizzi metodici e tematici, di progetti scientifici e culturali diversi e a volte fecondamente rivali, la cui storia, il cui variegato intersecarsi, i cui sviluppi e le cui trasformazioni nel tempo fanno corpo unico con la storia stessa della filosofia del Novecento. La conservazione di queste specificità e del pluralismo di cui sono espressione è un bene irrinunciabile che non va messo a rischio, ma anzi valorizzato al massimo grazie all’accoglimento di un comune canone di rigore metodologico e procedurale. Un requisito egualmente irrinunciabile è l’amplissima trasversalità disciplinare della produzione scientifica nel campo; una trasversalità che non va confusa con il dilettantismo e la genericità dell’analisi, ma intesa come rigorosa interdisciplinarità e come espressione di quella apertura ai risultati scientifici di discipline a vario livello confinanti (dalle scienze naturali alle humanities, alla storia, al diritto, all’economia, alla teologia), che sembra essere costitutiva della ricerca filosofica.
[…]
Sebbene l’accoglimento o meno del contributo sia vincolato al giudizio dei referee, lo scopo della revisione non si esaurisce nella formulazione di un tale giudizio, che andrà comunque accuratamente argomentato; l’opera dei revisori può rivolgersi anche all’autore per offrirgli un utile strumento di confronto, eventualmente anche attraverso proposte di modifica e suggerimenti critici.
La procedura di revisione a doppio cieco non è necessaria dove si tratti di contributi la cui pubblicazione impegna direttamente la responsabilità delle Direzioni e del disegno culturale e scientifico delle riviste.
[…]
Lo standard di qualità, che gli strumenti e le regole di cui sopra mirano a conseguire, intende superare ogni classificazione e non contempla alcuna ipotesi di distinzione per classi o fasce di scientificità. Il maggiore o minore prestigio di una rivista è un fattore certamente inevitabile della ricerca scientifica, che deve tuttavia essere lasciato alle libere, mutevoli e non standardizzabili dinamiche delle comunità scientifiche.
La precisazione è d’obbligo in Italia, dove la valutazione della ricerca, affidata dalla normativa vigente all’ANVUR, ha investito in modo diretto, tramite gli strumenti con cui si è scelto di attuarla, l’ambito operativo delle riviste “scientifiche”. Lo strumento che si è privilegiato per i cosiddetti settori “non bibliometrici” è quello di un rating che istituisse una lista di riviste di “classe A”, considerate di elevato standard qualitativo. Sebbene rivolta a riviste provenienti da ogni paese, questa classificazione non gode di alcun riconoscimento presso la comunità scientifica internazionale, ha validità solo per la legislazione italiana e obbedisce sostanzialmente a finalità interne all’economia della ricerca universitaria.
Data la diversa natura delle finalità che ispirano l’accordo di cui al presente documento, va da sé che lo strumento del quale si è detto non può qui essere preso in considerazione. […] La fissazione di una lista di riviste di “elevato” standard qualitativo può solo condurre, infatti, a una valutazione meccanica che prescinda dai contenuti progettuali e dal valore intrinseco delle pubblicazioni, con il risultato di trasferire anzi su queste ultime il rating del contenitore. Favorisce inoltre una maggiore “settorializzazione” delle pratiche di pubblicazione, che scoraggia forme di ricerca interdisciplinare, dato che la classificazione è stata riferita a singole aree o settori disciplinari. È anche tendenzialmente lesiva della ricchezza e della pluralità del panorama culturale, e delle corrette condizioni del mercato editoriale, determinando di fatto un pregiudizio notevole a danno delle riviste non incluse nella classe A che, trovandosi fatalmente svantaggiate nelle scelte degli autori, vedranno messa a rischio anche la capacità di mantenere un adeguato standard di scientificità e di conservare l’interesse dei lettori. Favorisce inoltre il diffondersi di un comportamento adattativo e conformista da parte dei giovani ricercatori.
[…]
La presentazione o meno di contributi alla VQR, da parte degli autori italiani, è soggetta a troppe variabili casuali o estrinseche per essere considerato un indicatore anche solo approssimativo di qualche affidabilità.
[…]
L’aspetto focalizzato in quest’ultimo rilievo è degno di particolare attenzione. Esso concorre a conferire al rating delle riviste, comunque messo in opera dall’Agenzia, i tratti inquietanti di un intervento esercitato dall’alto e da parte di una istituzione di nomina governativa su libere dinamiche culturali, protette dall’art. 33 della Costituzione.
[…]
Il documento è aperto alla sottoscrizione di altre riviste che lo condividano.
Per adesioni o informazioni scrivere a: coordinamentoriviste@gmail.com 
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La rivista Vita pensata, della quale sono direttore scientifico, ha aderito al documento, che si può leggere anche on line sul sito della Società Italiana di Filosofia Teoretica.

 

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