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Cartoline (anche) nietzscheane

Lou von Salomé
di Cordula Kablitz-Post
Germania-Austria, 2016
Con: Katharina Lorenz (Lou adulta), Nicole Heesters (Lou anziana), Liv Lisa Fries (Lou ragazza), Philipp Hauß (Paul Rée), Alexander Scheer (Nietzsche)
Trailer del film

Louise von Salomé (1861-1937), scrittrice, saggista, poeta, psicoanalista, fu amica, amata, desiderata da Rilke, Rée, Nietzsche, Freud. Un magnete capace di attirare a sé con l’inevitabilità delle leggi fisiche, alle quali i sentimenti umani obbediscono assai più di quanto – inguaribili spiritualisti – siamo disposti ad ammettere.
Se di Rilke fu amante – suo marito (teorico) era l’orientalista Friedrich Carl Andreas -, rifiutò invece le proposte di Nietzsche e di altri. Un carattere fortissimo unito a una grande intelligenza e a una inesausta curiosità. Fu la prima a scrivere un libro su Nietzsche (nel 1894), del quale ebbi modo di occuparmi all’inizio dei miei studi. Da un articolo su Alfabeta dedicato all’analisi di alcune biografie nietzscheane, riprendo quanto allora scrissi: «Pur storicamente tanto vicina a Nietzsche, ha saputo offrire ai contemporanei e a noi una delineazione del filosofo la quale permette di scorgere come da uno spiraglio privilegiato il labirinto del pensiero nietzscheano» (Le vite di Nietzsche, «Alfabeta», n. 61, giugno 1984, p. 30).
Accostarsi a una donna come questa non è facile neppure per chi la voglia raccontare. Il ritratto che ne delineò Liliana Cavani (Al di là del bene e del male, 1977) è del tutto insufficiente sino a diventare morboso. Quello tentato da Cordula Kablitz-Post riesce a mantenersi in una verosimiglianza frutto anche del rigido schema formale fatto dei ricordi che una settantenne Lou rievoca per il suo biografo. Ricordi che attraversano epoche diverse in un ordine non necessariamente cronologico: l’infanzia a Pietroburgo con il padre amatissimo; i conflitti con la madre e con l’intero mondo delle persone per bene; i viaggi in tutta Europa; i libri letti e scritti; le passioni, il gelo.
Ricordi che partono sempre da una vera cartolina d’epoca che prende vita nell’animazione filmica e nella fantasia narrativa ma tornando poi ai documenti storici, comprese le fotografie che la vedono accanto a Nietzsche. Quest’ultimo personaggio è davvero irrappresentabile. La ragione è che Nietzsche è una cosa sola con la sua opera. E le opere di filosofia, di una tale filosofia, non si possono trasferire in immagini. Esse, infatti, coincidono con la potenza stessa dell’esistere.
Anche in questo film Nietzsche appare un poco ingenuo (lo era), un poco teatrale, un poco incerto, un poco innamorato. Uno qualunque, insomma, mentre se è esistito un europeo moderno che non è stato ‘qualunque’, questi è appunto Nietzsche. Tornando a Lou, il film si regge sulle cartoline e sull’interpretazione delle due attrici che riescono a restituire della Salomé adulta e di quella anziana l’intelligenza, l’ironia, la determinazione e anche il fascino.
Chiudo con alcune delle parole più significative che Lou von Salomé dedicò al suo amico filosofo: «La cosa grande è che egli sapeva di tramontare eppure si congedò – con la bocca ridente, ‘incoronato di rose’ – discolpando, giustificando, trasfigurando la vita. […] Echeggia dal suo sorriso un commovente duplice suono: la risata di un folle e il sorriso del vincitore»
(Nietzsche. Una biografia intellettuale [Friedrich Nietzsche in seinen Werken, 1894], trad. di A. Barbaranelli e G. Maragliano, Savelli 1979, p. 218).

Vita pensata 15 – Ottobre 2012

È uscito il numero 15 di Vita pensata, Rivista di filosofia

[Miei contributi]

Editoriale: Identità e differenza (con Giusy Randazzo), p. 4

Perdita e linguaggio. Su Heidegger e Rilke, pp. 11-13

Plotino. La mente nichilistica, pp. 54-59 (Se dovessi consigliare la lettura di uno soltanto dei miei articoli, indicherei questo tentativo di presentare criticamente il pensiero dell’ultimo filosofo pagano)

Reality, pp. 65-67

Dante, la musica pp. 70-71

 

Indice (in formato pdf)

 

Il cielo sopra Berlino

(Der Himmel über Berlin)
di Wim Wenders
Germania, 1987
Con: Bruno Ganz (Damiel), Solveig Dommartin (Marion), Otto Sander (Cassiel), Curt Bois (Omero), Peter Falk (Se stesso)

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Rivisto oggi, conserva intatta la sua poesia, la freddezza tenera e malinconica degli angeli. Entità partecipi delle vicende umane ma incapaci di condividerne la materialità se non rinunciando alla propria condizione di immortali. È quanto decide di fare Damiel pur di incontrare davvero la bella e solitaria trapezista Marion. È accettando la finitudine dell’esserci e dello stare che questo angelo vede per la prima volta i colori, annusa l’aria, gusta il cibo, si immerge nell’attrito delle cose. Sino a dire, alla fine, «io ora so ciò che nessun angelo sa».

Una Berlino che non esiste più -lo spazio desolato, allora, della Potsdamer Platz è tornato a essere uno dei luoghi più vivaci e sperimentali di questa splendida città- diventa con Wenders la dimensione sospesa nella quale i versi di Rilke e i suoni di Nick Cave trasformano in senso e in danza il sangue dell’angelo e il muro degli uomini.

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