Il Senato Accademico è il più importante organo collegiale eletto da docenti, personale amministrativo e studenti in ogni Università italiana. Nella seduta del 21.12.2015 il SA del mio Ateneo ha approvato un importante documento (che pubblico qui sotto), i cui contenuti sono confermati dai dati esposti in un articolo di Roars: Università, l’Italia taglia, la Germania investe.
Per capire alcuni contenuti di questo testo aggiungo due informazioni: uno dei governi Berlusconi/Tremonti ha nel 2008 stabilito -e i governi del Partito Democratico hanno successivamnte confermato- che per assumere un nuovo docente è necessario che cinque vadano in pensione; nel mio Dipartimento (Scienze Umanistiche) tre anni fa eravamo in 180, adesso siamo ridotti a 131 docenti, i quali debbono sostenere in ogni caso ben 13 Corsi di laurea. È del tutto evidente che in questo modo l’Università muore per inedia, per fame. Ed è altrettanto evidente che il futuro appare problematico per i numerosi studenti ricchi di talento e di passione, nel caso in cui volessero intraprendere la carriera accademica. Non ci sono soldi? Non è vero, i soldi ci sono per tante altre destinazioni: ad esempio per l’insensata occupazione dell’Afghanistan e di altre terre, la quale costa alle finanze pubbliche 2,7 milioni di euro al giorno («Tutti soldi “civili” usati per spese militari: generosi finanziamenti integrativi strutturali al bilancio della Difesa, come i miliardi di contributi del ministero dello Sviluppo economico per l’acquisto di armamenti»). Che cosa si potrebbe ottenere con una tale cifra a favore di sanità, scuola e università? Anche per questo quello di Renzi è un governo criminale, perché uccide la ricerca e il futuro.
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L’Italia, contrariamente ad altri Paesi europei e alla maggioranza di quelli OCSE, ha scelto, in questi anni, di ridurre il finanziamento pubblico dell’istruzione universitaria e della ricerca, in una contingenza storica particolarmente difficile, caratterizzata da una crisi economica che sta consigliando agli altri Paesi di investire in innovazione per realizzare una radicale ristrutturazione dei propri sistemi produttivi. Questa scelta non è priva di conseguenze strutturali: pesante riduzione degli organici del personale docente e di quello tecnico-amministrativo, con riduzione altrettanto significativa del potenziale formativo e conseguente necessità di introdurre il numero programmato in sempre più corsi di studio. Il disinvestimento nell’Università ha anche comportato una riduzione degli interventi finanziari a sostegno del diritto allo studio.
Le conseguenze negative di questo stato di cose si misurano, soprattutto, in termini di opportunità di futuro per le giovani generazioni: si riduce, in particolare al Sud, il numero dei giovani che, completato il ciclo di istruzione superiore, decidono di immatricolarsi all’Università, in un Paese che presenta un gravissimo deficit di laureati, non soltanto rispetto ai Paesi europei più sviluppati, ma anche a quelli che sono in condizioni di sviluppo economico meno pronunciato.
In questo contesto, il sistema universitario italiano ha, tuttavia, mostrato un grande senso di responsabilità nei confronti del Paese: ha contribuito attivamente alla buona riuscita dei processi di valutazione della ricerca e di accreditamento dei corsi di studio; ha realizzato una produzione scientifica di qualità, nonostante la (quasi) scomparsa del finanziamento pubblico nazionale dei progetti di ricerca; ha contribuito, più di ogni altra categoria del pubblico impiego, al risanamento della finanza pubblica, subendo un blocco delle progressioni stipendiali temporalmente più lungo.
Il Senato Accademico dell’Università di Catania, pur convinto dell’importanza della valutazione per garantire una compiuta responsabilizzazione delle Università, ritiene che, permanendo la scelta di riduzione del finanziamento pubblico degli Atenei, i processi di valutazione non potranno garantire efficacemente il riconoscimento del merito e, pertanto, comprende il clima di sfiducia nei confronti della VQR, rilevabile dalle mozioni deliberate da numerosi Consigli di Dipartimento dell’Ateneo, così come di molti altri Atenei e dello stesso CUN, condividendo la posizione assunta dalla Conferenza dei Rettori nei confronti dell’esercizio di valutazione.
Il Senato Accademico, altresì, chiede al Governo:
- Un piano straordinario di reclutamento di ricercatori a tempo determinato, in particolare di tipo b).
- Una seconda tranche di finanziamento del piano straordinario associati e l’attivazione di un piano straordinario per il reclutamento di professori ordinari.
- Finanziamenti adeguati a garantire a tutti gli studenti bisognosi e meritevoli il loro diritto allo studio, attraverso le borse di studio e anche con un investimento sulle strutture.
- La rimozione del blocco degli scatti stipendiali dal 2015 e il riconoscimento, ai soli fini previdenziali, del quadriennio 2011-2014.
- Il rinnovo dei contratti del personale tecnico-amministrativo, nonché un finanziamento per un piano straordinario di assunzioni.
- Un finanziamento adeguato dei piani di ricerca nazionali.
Il Senato Accademico ritiene, inoltre, che vadano ripensati i criteri di ripartizione della quota premiale del FFO, evitando che essi siano ancora una volta ricollegati alla VQR, privilegiando, invece, una valutazione dei progressi nella qualità della didattica e della ricerca che tenga conto dei punti di partenza dei singoli Atenei.
Il Senato Accademico chiede al Rettore di farsi portatore, nelle sedi opportune, dei contenuti di questa mozione e di promuovere, presso la CRUI, un’azione coordinata a livello nazionale anche per affermare il ruolo primario del sistema pubblico dell’istruzione universitaria e della ricerca nella crescita di un Paese moderno.