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Enrico Palma su Nomadismo e benedizione

Enrico Palma
Comprendere la sofferenza tramite Nietzsche 
Recensione a Nomadismo e benedizione. Ciò che bisogna sapere prima di leggere Nietzsche

in Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee
3 marzo 2023
pagine 1-6

«Grecità e modernità convergono dunque per Biuso nella proposta nietzscheana di “reintegrare i due mondi facendo della vita uno strumento per la conoscenza” (p. 68), una gnosi totale, un cammino costante, certamente pericoloso ma per ciò stesso aperto al rischio e fondato sulla libertà, un peana che avoca a un’’etica dell’immanenza” (ibidem), a una vita lieve, pura, giocosa, che non distrugge bensì trasforma e fa rilucere, tracimante ironia, soprattutto quando riferita agli umani, la convivenza con i quali “può essere frutto solo del disincanto” (p. 76) per via della loro ovvia infedeltà, sicura ferocia e incolmabile distanza. Bisogna dunque nutrire un sentimento greco, avere il coraggio di guardare questo male che ci schianta, conoscerlo e non indietreggiare, consapevoli del fatto che ciò che illumina è la possibilità che abbiamo nella nostra vita di fare conoscenza».

Sarah Dierna su Disvelamento e Divagazioni filosofiche

Sarah Dierna

– Dopo il Covid. Ripensare la vita e accettare la morte
Recensione/riflessione dedicata (anche) a Disvelamento. Nella luce di un virus
in Dialoghi Mediterranei, n. 57, settembre-ottobre 2022
pagine 205-209

Recensione a Mario Graziano (a cura di), Filosofi in ciabatte. Divagazioni filosofiche ai tempi del Coronavirus
Corisco Edizioni, Roma-Messina 2020, pagine 206
in Discipline Filosofiche, 30 settembre 2022

[Da Dopo il Covid]
«Come ogni libro, anche questo può essere letto secondo prospettive diverse; è un libro di sociologia, se per sociologia intendiamo lo studio dei corpi collettivi; è un libro di politologia, se con politologia assumiamo lo studio dialettico del potere e delle sue manifestazioni; è un libro di antropologia se con antropologia rimandiamo allo studio dell’umano come individuo e come parte di una comunità; è tutto questo insieme e cioè un libro di filosofia. […]
A sparire sono stati i cittadini – Biuso parla di una primavera senza i corpi – ma non le televisioni che, con un palinsesto ormai ripetitivo e indifferenziato, hanno contribuito al dilagare di un’infodemia riduttivistica e talvolta persino inesatta ottenendo come unico scopo il plasmarsi e l’accrescersi di un’atmosfera apocalittica. […]
C’è in Biuso una conclusiva nota di fiducia che tutto questo finirà. Finirà sicuramente l’epidemia da Sars-Covid19, riconquisteremo la vita a cui con costrizione o collaborazione ci siamo sottratti, ma resterà sempre prossima la possibilità di rinunciarvi finché non comprenderemo davvero in cosa consista la vita, finché non accetteremo davvero la finitudine. Senza comprendere la prima non la vivremo mai in tutte le sue dimensioni. Senza accettare la seconda non la vivremo invece con pienezza e totalità».

[Da Divagazioni filosofiche]
«È proprio questa regressione all’età infantile ad avere favorito l’estendersi di forme di paternalismo, che sembravano confinate al mero ambito medico, al più complesso sistema politico. A ben guardare, lo Stato è partito proprio da quel paternalismo sanitario per ottenere un controllo poi totale nella vita delle persone. […]
A questa stessa autonomia e ‘solitudine’ dovrebbe ritornare anche la scienza – vittima e carnefice di questa situazione – prostituita invece agli interessi di una classe dirigente che l’ha resa di nuovo positiva – nel senso di positum – con il suo attaccamento al cosiddetto mito del dato, e infalsificabile, atteggiamenti questi che l’epistemologia ha da tempo ormai superato. […]
Se i filosofi in ciabatte sono coloro che hanno visto tutto questo quando l’epidemia era al suo sorgere, diremo allora che essi non sono semplicemente quelli che, come l’Armchair Science sono stati confinati in casa, ma quelli che da casa hanno continuato a osservare il mondo senza lo schermo di un televisore, quelli che il reale hanno scelto di non ridurlo in ologramma. […]
Questo segna la differenza tra la chiacchiera e la filosofia: la prima si è dimenticata come pensare, la seconda non ha mai smesso di farlo».

Culture animali

Recensione a:
Carl Safina
Animali non umani
Famiglia, bellezza e pace nelle culture animali
Adelphi, 2022
Pagine 565
in Rivista Internazionale di Filosofia e Psicologia
vol. 13, n. 2/2022
pagine 173-174

Dati, fatti, eventi, situazioni, comportamenti mostrano che è arrivato il tempo nel quale la riflessione filosofica, e più in generale un approccio scientifico al mondo, abbandonino antichi e potenti dualismi, ormai falsificati. Tra questi, uno dei più importanti e pervasivi è il dualismo di cultura e natura, di culture nurture, di acquisito e di innato, di apprendimento e ‘istinto’.
Questo libro di Carl Safina scioglie il nodo naturacultura mediante l’osservazione e l’analisi sul campo di alcune strutture viventi molto diverse tra di loro: i capodogli, i pappagalli ara dell’Amazzonia, gli scimpanzé dell’Uganda. Sul campo poiché soltanto se studiati nel loro ambiente, nelle loro condizioni naturali e culturali, le creature viventi possono essere comprese nella loro struttura, nei comportamenti individuali e collettivi, nella complessità e nell’evoluzione.
In tutti e tre i casi osservati emerge con grande chiarezza l’esistenza, la ricchezza, la differenziazione e la varietà di culture animali caratterizzate da numerosi elementi che da sempre vengono pensati come esclusivi della specie umana ma che non lo sono affatto.
In modi tra di loro diversi anche all’interno dei gruppi e della comunità nelle quali si dividono, capodogli, are e scimpanzé costruiscono e modificano continuamente acquisizioni naturali e culturali quali i linguaggi, gli strumenti, le strutture estetiche, l’apprendimento, la comunicazione, la trasmissione intergenerazionale.
Nel mondo animale, umani compresi, sono all’opera molte intelligenze; esistono una varietà di strutture mentali che hanno in comune il senso del tempo, della memoria e del futuro, tanto che «oggi alcuni psicologi e altri scienziati si stanno rendendo conto, sistematicamente e con prove, che noi condividiamo il mondo con menti di altro tipo». Aver visto in questa straordinaria ricchezza di forme insieme ‘naturali’ e ‘culturali’ soltanto delle risorse, delle materie prime, degli oggetti – ciò che Heidegger definisce come Bestand, un fondo al quale attingere per le umane esigenze – produce conseguenze catastrofiche per tutto il pianeta. Sterminando le balene, ad esempio, si impoverisce l’oceano e quindi si pongono le condizioni per la decadenza dell’intera biosfera. Il provincialismo antropocentrico ha avuto e ha come conseguenza «qualcosa di spaventoso e tremendo, e cioè che la specie umana si è resa incompatibile con il resto della Vita sulla Terra» poiché «più gli uomini riempiono il mondo, più lo svuotano».
Le culture degli altri animali, il loro costruire strumenti, le attività educative che sanno mettere in atto, la consapevolezza del tempo e della morte, confermano la chiara continuità tra la specie umana e le altre, anche e soprattutto nell’ambito che definiamo cultura.

[Ricordo che, per quanto possa essere più o meno ampio, ciò che scrivo in queste pagine è sempre soltanto un abstract delle mie pubblicazioni, per leggere le quali basta visitare i link indicati sopra: i pdf o le pagine delle riviste nelle quali i testi appaiono]

Lucrezia Fava su Disvelamento

Lucrezia Fava
Recensione a Disvelamento. Nella luce di un virus
in Vita pensata, n. 27 – Settembre 2022
pagine 76-80

«Il successo e il senso di Disvelamento sta infatti nel mostrare tutto il male emerso dallo scoppio dell’epidemia Sars-Cov2, o meglio, da una minaccia specifica denominata Sars-Cov2 che secondo l’autore è servita come combustibile di dinamiche politiche, sociali, economiche e culturali che sono distruttive per l’esistenza, che hanno una logica nichilista, che non soltanto esulano dal campo delle azioni necessarie o per lo meno utili a immunizzare l’individuo dal virus, ma anche limitano, logorano, contrastano ciò che realmente serve a tutelare, curare, migliorare la salute umana. Queste dinamiche, dunque, mentre vengono pubblicizzate e imposte come necessarie a proteggere il nostro organismo dalla Sars-Cov2, al contrario disintegrano proprio le condizioni indispensabili alla buona salute dell’individuo e della sua comunità. Non può che essere così, se è vero, come sostiene Biuso, che al fondo di esse vi sono l’ignoranza, l’alterazione, l’incomprensione dei significati di salute e malattia e più in generale di che cosa sia il corpo umano, di come si compia la sua identità, il suo senso, la sua vita piena e gaia. […]
Nel tentativo di debellare la Sars-Cov2 i corpi collettivi si sono poi confinati in un isolamento estremo, suicida, in cui la persona sospende la sua normalità, le sue possibilità esistenziali, si angoscia e si spegne. Si è fuggito il contatto con i propri cari, l’esperienza vivificante della condivisione del mondo sentito, interpretato, mostrato, rivelato dagli altri, e ci si è persi, inghiottiti nel vuoto che si estende ovunque quando si assottiglia il proprio legame naturale all’altro, quel rapporto dinamico, mutevole, che impegna il sé nella sua integralità e unicità, che lo mantiene permeabile all’alterità dell’altro grazie alla quale definisce se stesso e si comprende. […]
Ma tra tanti fattori del male presente mi sembra che uno in particolare, più o meno nascosto tra le righe di questo libro, stia al fondo di tutti gli altri: l’inadeguatezza generale degli umani alla comprensione e al compimento delle loro stesse migliori condizioni di vita. È allora fondamentale, per garantire la nostra sopravvivenza, imparare a elaborare dei dispositivi non di potere ma di conoscenza che insegnino a pensare e a sanare “uno dei frangenti più stupidamente tragici della storia contemporanea”».

Stefano Piazzese su Disvelamento

Stefano Piazzese
Recensione a Disvelamento. Nella luce di un virus
in Discipline Filosofiche (4 luglio 2022)

«La prospettiva ermeneutica da cui l’autore guarda il presente è plurale, mai univoca; infatti, come può una sola dimensione, e/o indirizzo del sapere, avere il primato ermeneutico su un evento costituito da una molteplicità di dimensioni?
Il rigore dello sguardo filosofico è dato sempre dal metodo – non si dà filosofia senza di esso –, che Biuso delinea nel seguente modo: “si tratta di capire la complessità di ciò che accade e di affrontarlo con coraggio e lucidità, sine ira et studio, con equilibrio esistenziale e scientifico” (p. 13). L’onestà intellettuale dello studioso, nonché la sua missione all’interno della comunità, consiste, in primo luogo, nel fornire delle chiavi di lettura valide per interpretare gli enti, gli eventi e i processi che del mondo costituiscono l’incessante accadere. La validità delle chiavi di lettura fornite da Biuso risiede non solo nella formulazione degli interrogativi fondamentali che la pandemia, come evento globale, ha fatto riemergere, ma pure nelle risposte storicamente fondate che rafforzano la tesi principale del libro, così enunciata da Davide Miccione: “l’epidemia e il suo uso politico hanno messo in luce le viltà e le debolezze di interi settori, le fragilità di quella democrazia che diamo per acquisita e, soprattutto, la miseria teoretica e morale di coloro che dovrebbero analizzare e spiegare il mondo”. […]
Biuso invita ad avere uno sguardo ampio e comprendente, dunque, la complessità dell’evento in questione, poiché ogni singolo aspetto isolato non è sufficiente a coglierne i vasti connotati sociali, storici, individuali. […]
Tra i diversi filosofi citati, un particolare posto spetta a Nietzsche, a cui è dedicato il quindicesimo capitolo. In che modo il filosofo di Röcken può aiutarci a comprendere la pandemia? Biuso ricorre al cosiddetto metodo genealogico per evidenziare “ciò che sempre sta e opera sotto le forme, lo si sappia o no” (p. 113). […]
L’analisi di Biuso, lungi dall’essere un lamento pessimistico, comprende anche una pars construens che risponde alla domanda: cosa fare? Ripensare l’epidemia vuol dire costruire un pensiero che non sia riduttivo, affrettato, mediatico e neppure antropocentrico, puramente sanitario (pp. 139-140). Si tratta di saper andare oltre la tragica e liberticida contingenza dell’epidemia, vuol dire, ancora, cogliere la follia del presente e saperne tracciare un rimedio, un pharmakos».

Enrico Palma su Disvelamento

Enrico Palma
Recensione a Disvelamento. Nella luce di un virus
in il Pequod, anno 3, numero 5, giugno 2022, pagine 157-162

«Il titolo, molto ambizioso, unisce lo sguardo filosofico a quello sulla realtà, tentando di utilizzare il Covid-19 come strumento appunto di disvelamento delle complessità etiche, estetiche, sanitarie, sociali e soprattutto politiche della contemporaneità virale. Il virus, per Biuso, è infatti una questione prima di tutto politica. Ed è tale perché il Covid-19 ha coinvolto ogni livello del vivere, sia individuale che collettivo. Sulla base di un’identità libertaria, filosofica e critica, Biuso individua allora alcune delle maggiori problematiche e delle più scottanti criticità nella gestione dell’emergenza sanitaria, facendo emergere l’ondata nichilistica, oscurantistica e irrazionalistica che ha pervaso i decisori politici e quindi di riflesso l’opinione dominante impattante sul corpo sociale, ammalato secondo l’autore di autoritarismo, servilismo e negligenza intellettuale ben più di ogni infezione da Covid-19. […]
Ad ogni modo, ho veramente difficoltà a comprendere pienamente la posizione dell’autore. Mi sembra che in almeno quattro loci del libro la malattia da Covid-19 venga presa nella sua realtà per la salute e dunque come evento da trattare con serietà e da fronteggiare anche in senso sanitario. […] Faccio difficoltà a coniugare una tale diversità di posizioni, come sia possibile cioè da una parte declinare una critica così lucida e largamente condivisibile alla gestione della pandemia e ai danni arrecati dalla risposta politico-sanitaria e dall’altra affermare la realtà del virus e non agire di conseguenza. […]
Un principio luminoso e di libertà profonda che ci ricorda del nostro limite, che lo fa accettare e benedire, che ci fa comprendere, distanti dall’illusione di gioie false e insperabili, la ferita e la tragedia che è la vita in sé, sempre, come sapeva, ben prima di ogni Covid-19, il Pavese con il quale Biuso termina in modo per me molto bello questo libro, che resta stimolante per la riflessione sul senso del nostro stare al mondo. Perché rimane prima di tutto un esercizio di libertà in vista della libertà stessa, un caveat radicalmente filosofico che intriso della lezione dei grandi maestri propone una prospettiva critica di comprensione su ciò che non dobbiamo smarrire, su ciò che dobbiamo ancora comprendere sulla nostra salus, che è insieme salute e salvezza».

Davide Miccione su Animalia

Davide Miccione
Recensione a Animalia
 in Phronesis. Semestrale di filosofia, consulenza e pratiche filosofiche
Anno II seconda serie, numero 5, maggio 2022
Pagine 91-95

«Il tema di Animalia non è però calcato sull’urgenza del momento come Disvelamento ma su un’urgenza, per così dire, eterna, cioè quella che ha il Sapiens di riuscire a capirsi e vedersi in quanto uomo. Un volume di antropologia filosofica verrebbe da dire se non fosse che è proprio quest’ultima che viene scardinata e resa impossibile, almeno nelle forme in cui siamo abituati a pensarla. Biuso parte dal modo in cui siamo abituati e pensare l’uomo e in pochi passaggi rende questa modalità inattingibile.
[…]
Difficile non scorgere il ridicolo di una categorizzazione binaria che mette il lombrico e il bonobo, che in nulla si somigliano, insieme nella identità animale, e noi che tanto al cugino peloso somigliamo, da soli nell’altra. Animale diventa così solo un “controtermine” atto a scopi di separazione, di sfruttamento e di guerra.
[…]
Dunque dall’eccezionalismo antropocentrico che ci divide dall’animalità, discendono altre separazioni, altri dualismi, altre contrapposizioni che Biuso perlustra nel libro e a cui contrappone una attenta cucitura della nostra realtà categoriale. Tentato dal monismo (come le ombre di Spinoza e Schopenhauer che si intravedono alle sue spalle ci suggeriscono) Biuso non vi cede mai. Alla casacca della totalità preferisce un attento lavoro sartoriale che tenga conto dei tessuti di provenienza. La stessa scelta del termine “corpomente” per indicare quegli uomini che noi siamo o “naturacultura” per delineare una lettura del rapporto tra innato e acquisito meno rigida, rivela questa passione per una conciliazione che superi le differenze ma non le anneghi».

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