Skip to content


Contro la bêtise

Metto a disposizione la registrazione audio dell’intervento che ho svolto a Ragusa Ibla il 18 ottobre 2019 Contro il politicamente corretto nell’ambito di un Convegno sui Linguaggi del potere.
Ho esordito accennando alla funzione dell’intellettuale in una società caratterizzata da un uso costante e pervasivo dei social network.
Il primo riferimento teoretico-critico è a Proudhon e Schmitt, al loro concetto di umanità come imbroglio: «Wer Menschheit sagt, will betrügen», ‘chi dice umanità, sta cercando di ingannarti’. Il politicamente corretto è infatti una conferma del loro sospetto, essendo un dispositivo produttore di tabù, di ortodossia, di autoritarismo cognitivo.
Ho poi distinto nozioni e termini vicini ma diversi come l’etnocentrismo, la xenofobia, il pregiudizio, il razzismo.
Ho evidenziato soprattutto gli atteggiamenti sessuofobici e spiritualisti -e una generale avversione al materialismo- coltivati dalla sinistra immaginaria che si esprime nel politically correct, il quale è stato definito da Robert Hughes una «sort of linguistic Lourdes, where evil and misfortune are dispelled by a dip in the waters of euphemism», «una sorta di Lourdes linguistica, dove il male e la sventura svaniscono con un tuffo nelle acque dell’eufemismo», senza che la realtà, naturalmente, muti  in alcun modo.
Ho discusso un inquietante esempio di politicamente corretto, che chiede la censura di Shakespeare e l’abolizione della lettura e dello studio della Divina Commedia dalle scuole italiane.
Ho concluso difendendo invece la libertà di parola, lo splendore e la varietà del linguaggio, in tutte le sue forme e contenuti, anche quelli che una determinata società in una specifica epoca giudica ‘inaccettabili’. Le fonti di questa mia convinzione sono Spinoza, i libertini del Sei-Settecento e soprattutto un grande amore verso la libertà, la quale è messa in pericolo da ogni atteggiamento politically correct: «Tale libertà è soprattutto necessaria per promuovere le scienze e le arti, poiché queste sono coltivate con successo soltanto da coloro che hanno il giudizio libero e del tutto esente da imposizioni. Ma supponiamo che questa libertà possa essere repressa e che gli uomini siano tenuti a freno in modo tale che non osino proferire niente che non sia prescritto dalle sovrane potestà. Con questo, certamente, non avverrà mai che non pensino niente che non sia voluto da esse; e perciò seguirebbe necessariamente che gli uomini, continuamente, penserebbero una cosa e ne direbbero un’altra [atque adeo necessario sequeretur, ut homines quotidie aliud sentirent, aliud loquerentur] e che, di conseguenza, verrebbe meno la lealtà, in primo luogo necessaria allo Stato, e sarebbero favorite l’abominevole adulazione e la perfidia, quindi gli inganni e la corruzione di tutti i buoni principi»  (Spinoza, Trattato teologico-politico, cap. 20, §§ 10-11; in Tutte le opere, Bompiani 2011, trad. di A. Dini, p. 1117).
La registrazione dura 26 minuti.

 

Non è una guerra

Una deputata dell’estrema destra israeliana ha scritto che «tutti i palestinesi meritano di morire» (Fonte: Televideo, 20/07/2014, 00:05). E infatti stanno morendo, con la complicità dell’intero Occidente, dell’Italia che fabbrica armi per Israele, dello squallido Nobel per la pace Barack Obama.
Le generazioni future si vergogneranno di un’epoca “democratica” che ha permesso il genocidio giustificando in tutti i modi i carnefici. Si chiederanno come sia potuto accadere. Troveranno le risposte nel razzismo degli eletti da Dio, nel fanatismo, nella geopolitica, negli interessi finanziari, nella menzogna, nell’indifferenza.

 

Django, il mito

Django Unchained
di Quentin Tarantino
Con: Jamie Foxx (Django), Cristoph Walz (Il Dottor King Schultz), Leonardo Di Caprio (Calvin Candie), Samuel L. Jackson (Stephen), Kerry Washington (Broomhilda), Don Johnson (Spencer Gordon Bennet)
USA, 2012
Trailer del film

Si comincia e si finisce nella notte. Alcuni uomini camminano nel buio, scortati da due negrieri. Il silenzio è rotto soltanto dal tintinnio delle loro catene. Uno squarcio e arriva la strana carrozza di un dentista tedesco che è interessato all’acquisto di uno degli schiavi. Il medico è un cacciatore di taglie e il negro dovrà aiutarlo a identificare tre banditi che hanno cambiato identità. I due diventano amici e sodali. Il Dottor Schultz è disposto ad aiutare Django nel tentativo di liberare la moglie, di proprietà di uno schiavista veramente sadico. La piantagione di costui -Candieland- è gestita da un vecchio e feroce schiavo. Lo stratagemma ideato per liberare la donna sembra andare a buon fine ma Stephen -il kapò nero- ha compreso tutto e si scatena un inferno che si conclude nel bagliore di un grande incendio.

La saga dei Nibelunghi -la moglie di Django si chiama Broomhilda-; un Prometeo che spezza le proprie catene; l’omaggio musicale e visuale (sin dai titoli di testa) ai western di Sergio Leone; l’ironia dei dialoghi (spassosi quelli tra i balordi e imbranati membri di un incipiente Ku Klux Klan); l’immancabile pulp di una violenza che fa zampillare sangue dai morenti, fa sbranare schiavi dai cani, fa penzolare corpi dai ganci, fa rinchiudere schiave fuggiasche in fornaci; il paradosso di neri che si insultano a vicenda per il fatto di essere neri, sino al punto che uno di loro diventa il più determinato e crudele collaboratore del padrone bianco. Pura narrazione (μῦϑος), insomma. Puro cinema. Grande divertimento.

Davide e Golia

Ieri pomeriggio -19 novembre- davanti a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, un gruppo di manifestanti ha ricordato che cosa sta succedendo nella Striscia di Gaza.
Sta succedendo che:
«1) Gli israeliani sono la potenza occupante, gli aggressori e non gli aggrediti.
2) Netanyahu e Barak, come gli altri loro colleghi, sono in campagna elettorale, e hanno bisogno di incassare il consenso politico dei loro elettori facendo strage di gazawi.
3) Quasi due milioni di gazawi stanno vivendo nel terrore, in queste ore, a causa delle bombe e dei massacri israeliani che finora hanno ucciso 10 persone [ormai più di cento e migliaia di feriti, n.d.r.], tra cui bimbi piccolissimi, carbonizzati.
4) I leader israeliani stanno cercando di convincere il mondo che sono loro le vittime, invece hanno le mani macchiate dal sangue palestinese, e ci sono tribunali, in vari Paesi, pronti ad arrestarli appena dovessero mettere piede sui loro territori.
5) Israele ha violato una tregua mediata dall’Egitto, bombardando Gaza.
6) I palestinesi hanno il diritto, riconosciuto dalle leggi internazionali, di difendersi come ritengono opportuno, dalle aggressioni israeliane.
7) Il popolo palestinese vorrebbe vivere in pace sulla propria terra, nelle proprie case, ma Israele non lo permette.
8)  Israele non può che rimproverare se stesso per l’escalation in corso.
9) La scorsa settimana, Israele ha ucciso 7 civili, e la resistenza ha risposto lanciando razzi. Ora Israele sta raccontando che i bombardamenti in corso contro la Striscia sono una rappresaglia ai razzi della resistenza, quando è vero esattamente l’opposto.
10) Israele continua a imporre da anni l’assedio alla Striscia di Gaza».
(Fonte: Angela Lano, Bombardamenti israeliani e il capovolgimento della ragione)

Poche cose sono infami come la manipolazione dei fatti attuata dai potenti contro le loro vittime. È quello che accade sistematicamente nei rapporti tra lo Stato di Israele e il popolo palestinese.
Milioni di persone sono costrette a vivere dietro un muro altissimo e lungo centinaia di chilometri -rispetto al quale quello di Berlino era un manufatto artigianale- prive di medicine, di risorse produttive, di libertà. Trattate come umanità inferiore. Destinate a un chiaro genocidio, attuato anche tramite «politiche di colonialismo e d’apartheid» ispirate a una concezione razzistica che affonda le sue radici nella Bibbia.
Stavolta Davide-Palestina non ha molte speranze di resistere allo strapotere militare di Golia-Israele.

Lo sguardo umano

Abdel Kechiche
Venere nera
(Venus noire)
Con: Yahima Torrès (Saartjie), Andre Jacobs (Caezar), Olivier Gourmet (Réaux)
Francia-Italia-Belgio, 2011
Trailer del film

Nel 1810 a Londra una donna del Sudafrica viene esposta come fenomeno da baraccone. Il suo guardiano domatore la mostra al pubblico in una gabbia da cui la tira fuori come fosse una selvaggia, suscitando un’esitazione eccitante. È la Venere ottentotta. Pochi anni dopo, a Parigi, la donna viene presentata in feste aristocratiche più o meno licenziose. L’eco dello spettacolo arriva ai naturalisti dell’Università che pagano i suoi padroni per studiarne il corpo e misurarne ogni dettaglio, soprattutto le grandi natiche e la particolarissima estensione delle piccole labbra della vulva. Quando la donna rifiuta di mostrarsi completamente nuda agli scienziati viene picchiata dai suoi sfruttatori. La degradazione subita la conduce a un bordello e poi per le strade, sino a che sifilide e tubercolosi non la uccidono. Questa la vicenda di Saartjie Baartman. Il corpo venne venduto dopo la morte agli stessi naturalisti che non erano riusciti a studiarla in vita come pretendevano. Un calco dell’intera persona a grandezza naturale, gli organi genitali e il cervello conservati nella formalina costituirono oggetto di lezione di anatomia razziale da parte di insigni studiosi, tra i quali Georges Cuvier. Costoro affermarono con sicurezza che la conformazione del cranio, del volto e del sedere di questa “femmina” la avvicinava assai più all’orangotango che all’Homo sapiens sapiens. Soltanto nel 2002 i resti e lo scheletro di Saartjie vennero restituiti al Sudafrica e trovarono finalmente sepoltura.

Il film si chiude proprio sulle immagini reali dell’arrivo delle spoglie di Saartjie Baartman in Africa. Si apre, invece, su una lezione tenuta da Cuvier, nella quale lo scienziato espone le proprie opinioni razziste come un dato del tutto evidente, empiricamente e razionalmente evidente. Merito non piccolo di questo film è dunque contribuire a smascherare ancora una volta la presunta neutralità delle scienze dure, le quali in realtà -come tra gli altri Foucault e Kuhn hanno dimostrato- costituiscono uno dei più formidabili strumenti al servizio del potere degli Stati e dei pregiudizi diffusi nelle società. Ma non è questo a dare senso e valore al film. Neppure lo è la critica al razzismo che intride la storia europea come quella di tutti gli altri continenti e civiltà. La magia di Venus noire sta nell’essere una descrizione dello sguardo umano. Non succede infatti nulla in questo film. Tutto quello che accade è dentro e intorno al corpo di Saartjie, nei suoi occhi. Il suo sguardo rimane sempre colmo di una profonda dignità, qualunque cosa accada, anche quando viene toccata, derisa, violata non soltanto dalle mani degli altri ma anche e soprattutto dai loro sguardi famelici, sprezzanti, curiosi, lascivi, violenti, umilianti, volgari, arroganti, avidi, gelidi. Lo sguardo di Saartjie e quello di tutti gli altri appaiono in un tessuto di primi e primissimi piani scolpiti da una cinepresa in moto perpetuo, che mostra come lo sguardo umano sia uno sguardo di ferocia.

Vai alla barra degli strumenti