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Mente & cervello 86 – Febbraio 2012

La sezione più interessante di questo numero di Mente & cervello è costituita forse dalle due paginette conclusive dedicate alle recensioni. Vi si parla, infatti, di tre libri fra di loro collegati e dedicati rispettivamente alle dipendenze, al piacere e al determinismo genetico. Nel suo L’istinto del piacere, Gene Wallenstein cerca di spiegare come mai «il nostro cervello è disposto a subire sacrifici, persino sofferenze, prefigurandosi un intenso piacere, anche di breve durata, che ne potrà derivare» (P.Garzia, p. 104). Una disponibilità che ha come effetto la possibile dipendenza da innumerevoli fonti di piacere, molte delle quali dannose. «Ciò che indirizza le nostre preferenze in termini di piacere varia, a volte moltissimo, non soltanto nelle diverse fasi della vita ma pure in rapporto all’ambiente. Potente motore evolutivo, il piacere orienta e guida ogni scelta della nostra vita» (Id., p. 105). “In rapporto all’ambiente”, certo, ma anche con una componente innata di estrema potenza. È quanto sostiene Dick Swaab -recensito da M.Capocci- in Noi siamo il nostro cervello. Il neurobiologo olandese ritiene infatti che noi diventiamo assai presto ciò che siamo: «È la vita intrauterina a decidere molti aspetti della nostra personalità: scelte sessuali, integrazione familiare, fragilità emotive, schizofrenia, nonché altri tratti più o meno patologici sono dovuti alla chimica che il feto esperisce all’interno del ventre materno, oltre che alla genetica ereditata dai genitori» (104).
Ancora una volta, tuttavia, va superata la sterile contrapposizione tra ambiente e genetica. Gli umani sono degli animali sociali che plasmano il proprio cervello in relazione alla cultura e creano cultura con i neuroni. Alcuni esempi? Il sesso: «Per il comportamento sessuale il cervello è essenziale quanto gli organi riproduttivi» (K.Lambert, 41); le malattie, comprese le più gravi: «Negare l’esistenza di una relazione fra sistema immunitario e psicologia non è più possibile ai giorni nostri. Sono infatti troppe le prove che l’organizzazione psicologica o gli eventi stressanti possono influire sulla risposta immunitaria. La branca superspecialistica che se ne interessa è la psiconeuroendocrinoimmunologia, un termine complicato che indica soltanto le possibili interrelazioni fra sistema nervoso centrale, equilibri ormonali e sistema immunitario» (L.Tondo, 7); i sogni, i quali -al di là delle interpretazioni mitologiche o psicoanalitiche (che, in verità, sono quasi identiche, e anzi quelle freudiane sono ancor più arbitrarie di qualunque mito)- non sarebbero altro «che il pensiero di un cervello che si trova in uno stato biochimico diverso. Infatti le esigenze fisiologiche del sonno alterano il suo funzionamento» (D.Barret, 25-26); il sonno stesso -soprattutto quello REM- ha lo scopo psicosomatico di consolidare la memoria.
Ma nell’umano la chimica è inseparabile dalla semantica e quindi «i nostri comportamenti e perfino le nostre reazioni fisiologiche dipendono in larga misura dall’immagine che abbiamo del mondo, più che dalla realtà stessa», come dimostra M.Barberi in un istruttivo e divertente articolo dedicato al bluff in tutte le sue forme e non soltanto in quelle classiche del poker (51-52). Il titolo, infatti, è «la vita è un bluff», per spiegare il quale serve una vera e propria ermeneutica fisiologica oltre che filosofica.

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