Skip to content


Mente & cervello 48 – Dicembre 2008

Sorpresa! (ma lo si sa da tempo…): molte specie animali sono bisessuali e praticano quindi l’omosessualità, probabilmente «per distendere le tensioni sociali, per proteggere i propri piccoli oppure per preservare la fertilità quando non vi sono partner disponibili del sesso opposto…o semplicemente perché è divertente» (E.V. Driscoli, p. 39). Che cos’è quindi natura? Che cosa contronatura? E che cosa -ancora- è cultura? Dovremmo, in realtà, abbandonare sia l’antropocentrismo (che è una vera e propria malattia del sapere, oltre che gesto di assoluta vanità) sia ogni forma di dualismo, compreso quello tra scienze del cervello e filosofia della mente.
Stanno infatti per cadere «come questa rivista non cessa di sottolineare -scrive Enrico Bellone-, le barriere che separano la scienze del cervello dalle riflessioni sulla mente, e che per molto tempo hanno creduto di distinguere le funzioni cerebrali dalla produzione di cultura» (3). Uno degli esiti dello scientismo è invece la scissione fra queste due dimensioni dell’unità psicosomatica a favore del solo organismo e cioè dell’unica dimensione che i metodi quantitativi siano in grado di osservare. La corporeità umana è corpo oggettivo e corpo vissuto, entrambi immersi in un ambiente fisico col quale scambiano energia e informazione, in relazione profonda con gli altri corpi, insieme ai quali costituiscono un mondo di simboli e di significati che è il solo mondo nel quale gli umani possano vivere e cioè non solo sussistere ma anche esistere.

Esistenza che è fatta spesso di inquietudine, a volte di angoscia; dimensioni, queste, anch’esse naturali ma che non poca psicologia intende patologizzare. E si arriva a casi davvero criminali come quelli raccontati da K. Lambert e S.O. Lilienfeld. Episodi nei quali è lo psicoterapeuta a creare -letteralmente- disturbi psicologici gravissimi come schizofrenie, personalità alternative -alters-, falsi ricordi orribili (come violenze sessuali subite da parte dei genitori) che intessono ogni istante e dai quali più non ci si libera: «prima di cominciare la terapia, Sheri soffriva di una leggera insonnia e di blandi stati d’ansia. Dopo l’inizio della terapia [condotta dal Dott. Kenneth Olson] cominciò ad avere emicranie, vertigini, mal di schiena, nausea e disturbi intestinali (…) A dieci anni di distanza, Sheri continua ad assumere farmaci psicotropi, sperimenta immagini e pensieri intrusivi, è ancora senza lavoro e socialmente isolata» (59).

Un consiglio dunque? Tenersi ben lontani dagli psicoterapeuti, da questo ibrido tra confessori, medici e stregoni, il cui autocompiacimento e narcisismo possono indurre a ritagliare addosso al paziente «la psicopatologia che in quel momento lo gratifica, usando il proprio “sapere” come fonte di potere. Questi terapeuti possono pretendere ammirazione incondizionata dai loro assistiti; sono però anche molto vulnerabili a ogni passo del paziente verso l’autonomia, che percepiscono come un abbandono o un tradimento» (F. Cro, 93). Non solo: alcuni psicoterapeuti -come appunto Olson nei confronti di Sheri Storm- possono rovinare per sempre le vite degli incauti che affidano la propria psiche, e quindi la vita, a soggetti «con tendenze, psicopatiche, sadiche o incestuose» (Id., 94).

La salute della memoria, invece, coincide con la salute della persona. Ricordare e dimenticare costituiscono un contrappunto essenziale nella vita della mente, la curiosità è fondamentale per la sopravvivenza dei neuroni e questo «può aiutare a spiegare come mai gli studiosi, che presumibilmente vivono in un mondo intellettualmente più ricco, siano meno suscettibili all’Alzheimer» (A. Levine, 99-100). Letteratura, matematica, filosofia, insomma, fanno bene alla salute.

Numerosi gli altri temi affrontati in questo numero della Rivista: dal disagio natalizio alle stragi nelle scuole statunitensi (ma non solo), dai canoni estetici alle coppie (etnicamente) miste…

Vai alla barra degli strumenti