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La colonna infame

Giovedì 7 aprile 2022 alle 16,00 nel Centro Studi di via Plebiscito 9 a Catania l’Associazione Studenti di Filosofia Unict (ASFU) organizza il secondo incontro del ciclo dedicato a Manzoni contemporaneo. Nel primo avevamo parlato dei Promessi Sposi («Così va spesso il mondo…»); nel prossimo analizzeremo quello che da capitolo di Fermo e Lucia divenne poi un testo autonomo, che Manzoni volle porre come Appendice al romanzo, un testo tragico e disvelatore, la Storia della colonna infame.
Il libro comincia in questo modo:
«Ai giudici che, in Milano, nel 1630, condannarono a supplizi atrocissimi alcuni accusati d’aver propagata la peste con certi ritrovati sciocchi non men che orribili, parve d’aver fatto una cosa talmente degna di memoria, che, nella sentenza medesima, dopo aver decretata, in aggiunta de’ supplizi, la demolizion della casa d’uno di quegli sventurati, decretaron di più, che in quello spazio s’innalzasse una colonna, la quale dovesse chiamarsi infame, con un’iscrizione che tramandasse ai posteri la notizia dell’attentato e della pena. E in ciò non s’ingannarono: quel giudizio fu veramente memorabile».

Lettere sull’Università

Nei giorni scorsi molti docenti sospesi dalle Università italiane (e anche dei non sospesi) abbiamo inviato due lettere.
La prima al Ministro Messa e (chi ha voluto) ai rettori dei propri Atenei.
La seconda alla Corte Penale Internazionale (International Criminal Court).
Si tratta di due documenti credo significativi, che evidenziano e denunciano a vari livelli i danni, i disagi, le conseguenze educative, didattiche e amministrative delle norme irrazionali e arbitrarie che hanno prodotto gravi e pervasive discriminazioni nei confronti di intere categorie di cittadini italiani, in particolare docenti, studenti e lavoratori delle scuole e delle università.
Metto qui a disposizione entrambi i testi, con l’auspicio che siano utili a comprendere quanto è accaduto e continua ad accadere. E che rimangano a futura memoria, affinché una simile barbarie giuridica, politica e pedagogica non abbia a ripetersi.

Disvelamento

Disvelamento
Nella luce di un virus
Algra Editore, 2022
«Contemporanea, 6»
Pagine 148
€ 12,00

«La verità non si rivela che con le catastrofi»
Ingmar Bergman, Come in uno specchio (1961)

Alcuni mesi fa il Prof. Davide Miccione, Direttore della collana «Contemporanea» dell’Editore Algra (Viagrande-Catania), mi chiese di preparare un libro dedicato all’epidemia, alle sue radici, ai suoi effetti. Accolsi la proposta con slancio, per molte ragioni. Tra le quali il fatto che la filosofia sia, com’è noto, anche «ihre Zeit in Gedanken erfaßt, il proprio tempo appreso e colto nel pensiero» (Hegel, Grundlinien der Philosophie des Rechts, Vorrede, p. 25). Questi mesi di riflessione, di lavoro, di scrittura mi hanno aiutato a comprendere il significato della frase di Bergman in epigrafe. Il risultato è un libro che tra quelli sinora da me pubblicati è ai miei occhi il più urgente. Un libro nel quale e con il quale ho cercato di difendere le libertà, la razionalità e la scienza. E di mostrare che cosa può accadere quando libertà, scienza e razionalità vengono calpestate dal potere politico-mediatico.

Il testo si compone di 18 capitoli, così intitolati:
1 Don Abbondio
2 Un virus politico-visionario
3 La vita
4 Infodemia
5 Il piano inclinato
6 Numeri
7 Superstizione
8 Poteri
9 Cancellare le scuole, cancellare i luoghi, cancellare i corpi
10 Medicina e politica
11 Comunicazione e silenzio
12 La festa paternalistica
13 La solitudine del morente
14 Violenza e morale
15 Nietzsche
16 Una ferita
17 Gnosi
18 L’Intero, la Φύσις
Indice dei nomi

Questa la quarta di copertina, firmata dal Direttore della collana:
«La débâcle di questi due anni riguarda tutti: i media, la politica, il corpo sociale nel suo complesso. L’epidemia e il suo uso politico hanno messo in luce le viltà e le debolezze di interi settori, le fragilità di quella democrazia che diamo per acquisita e soprattutto la miseria teoretica e morale di coloro che dovrebbero analizzare e spiegare il mondo. Gli intellettuali, stricto o lato che sia il senso che diamo a questa parola, hanno mostrato con la loro ignavia le crepe che si sono aperte nel nostro stare consapevolmente al mondo. Biuso ci mostra come si possa leggere con parresia e compassione, con sapienza filosofica, letteraria e antropologica, questo nostro difficile passaggio storico e che cosa tutti potremmo imparare da esso».

Il volume è disponibile in varie librerie, su tutte le piattaforme e sul sito dell’editore, che ringrazio per il coraggio che ha mostrato nel pubblicare un libro lontano dalle opinioni dominanti.



 

Recensioni e articoli

-Michele De Vecchio, Diorama Letterario, n. 375, settembre-ottobre 2023, pagine 39-40
-Marcosebastiano Patanè, il Pequod, anno 3, numero 6, dicembre 2022, pagine 12-21
-Sarah Dierna, Dialoghi Mediterranei, n. 57, settembre -ottobre 2022, pagine 205-209
-Lucrezia Fava, Vita pensata, numero 27, settembre 2022, pagine 76-80
-Stefano Piazzese, Discipline Filosofiche, 4 luglio 2022
-Enrico Palma, il Pequod, anno 3, numero 5, giugno 2022, pagine 157-162
-Chiara Zanella, Di cosa parliamo quando parliamo di virus, Aldous, 7 maggio 2022
-Intervista rilasciata a RevolutionChannel, 14 giugno 2022

«Così va spesso il mondo…»

Dopo Proust (2018), Dürrenmatt (2019), Gadda (2020), Céline (2021), avrò il piacere di dialogare su uno scrittore che leggo e amo sin da bambino, Alessandro Manzoni.
L’Associazione Studenti di Filosofia Unict dedica infatti quest’anno un ciclo a Manzoni contemporaneo. La sede è il Centro Studi di via Plebiscito 9, a Catania. Il primo appuntamento è per lunedì 21 marzo 2022 alle 16.
Parleremo di un romanzo che narra la vicenda umana come un susseguirsi di «legali, orribili, non interrotte carnificine» (cap. 32); descrive la logica profonda del potere, la corruzione capillare dei funzionari, dei sindaci, degli avvocati, la continuità e la collaborazione tra l’autorità legale e quella illegale; racconta la «svisceratezza servile» da parte della “gente comune” (cap. 22) che è una delle ragioni più profonde del dominio arbitrario, della tirannide, del conformismo.
E su tutto il vero motore del testo: quel prete con il quale l’opera si apre e si chiude; l’anima nera il cui orizzonte è limitato al proprio infimo ego in mondo pervicace, irredimibile, assoluto: Don Abbondio, così vile e dunque così cattivo perché così intellettualmente ottuso, così ferocemente legato a qualcosa che Carlo Emilio Gadda -lettore e ammiratore di Manzoni- definisce «l’io minchia».
E le guerre, le epidemie, gli innamoramenti, un’ironia disincantata, insieme calorosa e distante.
Insomma, Manzoni.

[Ho rilasciato un’intervista alla radio di Ateneo –Radio Zammù– a cura di Gloria Vincenti. La registrazione audio dura 8 minuti e la si può ascoltare sul sito della radio:
La “storia” raccontata da Manzoni rivive nel XXI secolo.]

 

Zombie

La democrazia e i suoi becchini
con Davide Miccione
Aldous, 5 marzo 2022

Insieme a Davide Miccione abbiamo tentato un esercizio di παρρησία, di analisi aperta, critica, non diplomatica, non paludata ma in ogni caso rigorosa della condizione nella quale versano le democrazie dopo due anni di svuotamento progressivo del significato di questa parola, del suo statuto, delle sue forme e obiettivi.
Trascrivo qui l’incipit del testo:
«Nuovamente, come in altre epoche è già accaduto, il pendolo della storia sembra volerci trascinare fuori dallo spazio della democrazia. La erode, la estenua, la svuota. Ne lascia la carcassa malamente imbellettata affinché chi voglia convincersi (per stupidità, inerzia morale, viltà o convenienza) che sia ancora viva e intoccata possa farlo».

 

Untore

L’Università di Catania, nelle persone del rettore Francesco Priolo e del direttore generale Giovanni La Via, mi ha sospeso dal servizio e dallo stipendio sino al 15 giugno 2022.
Sospeso non perché abbia commesso un reato, non perché sia venuto meno ai miei doveri d’ufficio, non perché non abbia svolto esami o lezioni, non perché abbia trattato persone, studenti, colleghi in modo non corretto.
Sospeso perché non intendo introdurre nel mio corpo delle sostanze che i ‘bugiardini’ delle aziende che le producono definiscono sperimentali e delle quali non si conoscono gli effetti di lungo periodo.
Sospeso perché, al di là della questione sanitaria, mi oppongo a una degenerazione politica assai grave che sta cancellando la Carta costituzionale, l’equilibrio tra i poteri, i diritti fondamentali della persona.
Sospeso perché non mi sono vaccinato.
Prima di prendere questa decisione ho chiesto alla ATS di Milano informazioni sulla vaccinazione, come previsto dalla normativa in vigore e come è mio diritto/dovere di cittadino. Non ho ricevuto risposte se non il rinvio alle FAQ di alcuni siti istituzionali, dove non ho trovato quasi nulla che riguardasse i quesiti che ho posto. Mi sono dunque sottoposto a un esame allergologico il sui esito è stata l’autorizzazione all’esenzione dalla vaccinazione. Ho inviato tale documentazione a Unict, aggiungendo inoltre un referto relativo ad altri problemi sanitari che rendono rischiosa la somministrazione del vaccino. Di tutto questo l’amministrazione non ha tenuto conto.

Le motivazioni della mia decisione sono dunque di natura anche sanitaria ma non solo. Ce ne sono altre che si possono riassumere nei due elementi che hanno sempre guidato -almeno spero!- la mia esistenza: l’amore per la conoscenza e per le libertà. Non intendo obbedire a ingiunzioni arbitrarie e tiranniche; cerco di conservare la coscienza dei miei doveri di essere umano, di cittadino e di professore.
Sento infatti come un dovere il rimanere fedele alla missione dell’Università, che consiste anche e specialmente nel costituire un luogo aperto e critico, atto a formare persone quanto più possibile libere e consapevoli; da due anni, invece, gli Atenei sono diventati delle caserme respingenti, discriminanti e chiuse non soltanto ai corpi ma anche e specialmente a ogni accenno di ipotesi, prospettiva, suggerimento, pensiero critico nei confronti dei dogmi politici travestiti da securitas sanitaria.
Quella in atto è anche una grave infodemia, che ha visto i media al servizio passivo e acritico di un potere la cui irrazionalità e paranoia canettiane mi sono sembrate sempre più evidenti. Nel corpo collettivo è in atto un’ondata di irrazionalismo, di propaganda, di miseria culturale e di tirannide sulla quale in questi due anni ho scritto centinaia di pagine in riviste, in volumi collettanei, sul mio sito. Probabilmente sulla base di questi interventi e testi, mi aveva anche contattato la redazione di un programma televisivo che si chiama Di martedì. Ho rifiutato cortesemente l’invito perché si tratta di situazioni trappola nelle quali a coloro che mettono in dubbio la narrazione dominante viene impedito di condurre e concludere ogni discorso sensato.

Rendo pubblici alcuni dei documenti relativi alla vicenda:
la mia lettera all’ATS di Milano;
risposta della Dirigente dell’ATS di Milano;
avviso ricevuto da parte dell’Area Risorse Umane Unict;
decreto di sospensione;
lettera dei docenti italiani al governo in carica.

Il terzo documento l’ho ricevuto da un’entità «obbligo.vaccinale@unict.it», che si firma «Area Risorse Umane». A proposito di tale modalità di comunicazione un collega mi ha scritto giustamente questo: «La lettera di Unict è scandalosa non solo per il contenuto ma anche per la forma. Chi sono infatti le ‘risorse umane’? Come si fa a firmare un documento di questo tipo a nome di ‘Area Risorse Umane’? Nessuno, ovviamente, vorrebbe sottoscrivere a proprio nome una simile lettera, che nulla toglie alla penna e alla freddezza procedurale di Adolf Eichmann». Un’altra collega ha scritto: «Gli Atenei si sono macchiati intellettualmente, notificandoci queste sospensioni. E in modo profondo, una sottomissione orribile, che sarà una macchia indelebile. Non è la prima volta nella storia. Se gli dei saranno clementi, ci daranno la possibilità di vedere a breve la macchia venire alla luce». Al che ho risposto: «Sì, è una macchia di sottomissione all’iniquità, alla superstizione, all’infamia. Non è solo per ragioni personali che non lo dimenticheremo, che non potremo dimenticarlo, ma perché un atto come questo muta nel profondo ogni relazione dentro l’istituzione e il significato stesso dell’Università come luogo di ricerca, curiosità, scambio, libertà».
Aggiungo, tra i documenti relativi a questa vicenda, una lettera che avevo già pubblicato in questo sito, firmata anche da me e inviata da numerosi docenti italiani ai decisori politici, compreso l’ologramma ministra Messa; testo che era stato preceduto da analoghi documenti inviati dai docenti di numerose Università ai loro rettori. Tale lettera mi sembra infatti una sintesi eccellente della situazione istituzionale e giuridica. 

Rispetto le posizioni di tutti su che cosa introdurre nel proprio corpo; spero che vengano rispettate dagli amici – degli altri non mi importa – anche le mie; chi vuole vaccinarsi lo faccia quante volte vuole o ritiene sia necessario, senza pretendere di imporre la stessa pratica a chi, per qualunque ragione, non intenda inocularsi.
Una soluzione sarebbe stata e sarebbe ancora ammalarmi, guarire e almeno provvisoriamente risolvere. Ma, nonostante l’abbia tentato in vari modi, non riesco proprio a prendere il Covid19. Che dei cittadini, ne conosco numerosi, vengano indotti a sperare di ammalarsi è uno dei segni più chiari della barbarie giuridica, esistenziale e sanitaria in atto.

Chiedo a chi avrà letto queste righe di non rispondermi (e sperabilmente neppure pensare) «non sei affatto discriminato, dipende da te; vaccìnati e tutto sarà risolto». Rispondere in questo modo significherebbe non aver compreso nulla di ciò che ho scritto e soprattutto sarebbe una triste testimonianza di asservimento interiore e concettuale, forse a questo punto inemendabile.
Al di là dei rischi che comporta e anche al di là del suo significato politico, accettare il comando iniquo di un’autorità perduta sarebbe per me un’azione senza senso. Non un’azione buona o cattiva, giusta o ingiusta, libera o imposta, opportuna o radicale. No, un’azione proprio senza senso, «una nonsenseria» (per parlare la lingua di Horcynus Orca). Qualcosa che non si può chiedere a chi ritiene che siamo dei dispositivi semantici, a chi dedica la propria esistenza alla filosofia.

 

[Addenda 1, 13.3.2022]
Ringrazio tutti coloro -studenti, amici, colleghi- che hanno voluto esprimere nei commenti pubblicamente la loro solidarietà e vicinanza. Vi ringrazio uno per uno, di cuore, anche per aver ritenuto necessario farlo, appunto, in pubblico.
Ringrazio anche i tanti -davvero tanti- che mi stanno scrivendo, chiamando, manifestando il loro sconcerto e il loro affetto. Prevedevo dei commenti amichevoli ma non in tale misura e modi. Evidentemente esiste nel corpo collettivo anche la percezione della insensatezza e dell’iniquità di ciò che stanno subendo tante, troppe, persone la cui unica colpa è avere dei dubbi, desiderare mantenere la sovranità sul proprio corpo, cercare di ragionare -ed eventualmente anche sbagliare- da sé e non come parte della propaganda mediatico-sanitaria.
Aggiungo qui soltanto due osservazioni.
La prima è un paradosso. In due anni di epidemia non ho preso alcuna precauzione, ho respirato senza maschere appena ho potuto, ho incontrato e abbracciato tante persone, ho toccato tutto, sono anche stato vicino a mia moglie che si è ammalata di Covid ed è guarita. Ma io non ho preso nessuna «variante». Sono insomma nei confronti del virus, per quello che si può vedere, «sano». E però non posso insegnare. Tante persone, amici e colleghi con tre dosi di vaccino si ammalano di Covid e prima che la malattia emerga entrano in Università (o in altri luoghi di lavoro) e si muovono liberamente.
La seconda osservazione prende spunto da un’amica che mi ha espresso il suo dispiacere aggiungendo «io mi sono vaccinata, ho preferito farlo. Non mi sono sentita lesa nelle mie libertà fondamentali». Le ho risposto ribadendo che chiunque lo vuole ha diritto di vaccinarsi più volte; la questione è obbligare chi non vuole. C’è un’enorme differenza tra le due cose. La mia amica, appunto, «ha preferito farlo»; io e tanti altri non abbiamo il diritto di «preferire non farlo».

 

[Addenda 2, 20.3.2022]
Ho ricevuto, per conoscenza, una lettera indirizzata agli Organi di Ateneo.
La copio qui sotto, con il relativo documento.

Alla cortese attenzione

del Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Catania
Professore Francesco Priolo

e del Direttore Generale
Professore Giovanni La Via,

e p.c.

del Direttore del Dipartimento di Scienze Umanistiche
Professoressa Maria Caterina Paino

e del Professore Alberto Giovanni Biuso

Con la presente trasmettiamo in allegato una lettera sottoscritta dagli studenti del Dipartimento di Scienze Umanistiche e nello specifico dagli studenti di Filosofia e di Scienze Filosofiche.
La lettera è frutto di un sentimento comune che è maturato a seguito dell’avvenuta sospensione del Professore Alberto Giovanni Biuso, il quale non è a conoscenza dei contenuti di questa lettera.
In attesa di un Vostro cortese riscontro, l’occasione è gradita per porgere cordiali saluti.
Gli studenti firmatari

Lettera_Studenti_Dipartimento_di_Scienze_Umanistiche (pdf)

Sul nichilismo politico-sanitario

Ho il piacere di condividere una testimonianza audio della bella esperienza che ho vissuto a Firenze lo scorso 19 febbraio, invitato dall’Osservatorio permanente sulla contemporaneità a tenere un incontro sulle radici e sulle dinamiche dell’epidemia Covid19.
L’ho fatto nel cuore della città, in un antico palazzo dove ho parlato in una modalità che non accadeva dal marzo del 2020, data dell’ultima vera lezione che ho svolto presso il Dipartimento di Catania nel quale insegno. Ricordo gli studenti l’uno accanto all’altro nell’aula, alcuni seduti a terra, nessuno -ovviamente- con maschere addosso. Lo scambio degli occhi, i volti che parlano, i sorrisi, il moto degli zigomi coerenti con il movimento degli occhi, la serenità, la libertà. E insieme a tutto questo una competenza e lucidità testimoniate da quasi quaranta minuti di dialogo con colleghi, studenti, cittadini (quest’ultima parte non è riportata nel file che allego). La presentazione è della Prof. Roberta Lanfredini, ordinario di Filosofia teoretica nell’Università di Firenze.
Durante la lezione ho fatto due sole citazioni, una dalla Politica di Aristotele, l’altra da Ivan Illich: «Quando tutta una società si organizza in funzione di una caccia preventiva alle malattie, la diagnosi assume allora i caratteri di una epidemia. Questo strumento tronfio della cultura terapeutica tramuta l’indipendenza della normale persona sana in una forma intollerabile di devianza. […] L’individuo è subordinato alle superiori ‘esigenze’ del tutto, le misure preventive diventano obbligatorie, e il diritto del paziente a negare il consenso alla propria cura si vanifica allorché il medico sostiene ch’egli deve sottoporsi alla diagnosi non potendo la società permettersi il peso d’interventi curativi che sarebbero ancora più costosi» (Nemesi medica. L’espropriazione della salute [Limits to medicine-Medical Nemesis: the expropriation of health, 1976], trad. di D. Barbone, Red!,  2021, pp. 81-82).
Aggiungo qui, dallo stesso testo, una affermazione altrettanto lucida e profetica: «Ormai il cittadino, finché non si prova che è sano, si presume che sia malato. […] Risultato: una società morbosa che chiede una medicalizzazione universale, e un’istituzione medica che attesta una universale morbosità» (pp. 96-97).

 

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