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Euskadi

Ogro
di Gillo Pontecorvo
Italia, Spagna, Francia, 1979
Con: Gian Maria Volontè (Ezarra), Féodor Atkine (Txikia), Angela Molina (Amaiura), Saverio Marconi (Iken), José Sacristan (Luke), Eusebio Poncela (Txabi), Nicole Garcia (Carmen)
Trailer del film

Ogro vuol dire Orco. E un regime di orchi fu in effetti quello scaturito dalla vittoria delle forze franchiste nella Guerra civile spagnola (1936-1939). Da allora e sino alla morte di Francisco Franco (1975) la Spagna subì una dittatura sempre più chiusa, feroce, clericale. Collaboratore, delfino, complice di Franco fu l’ammiraglio Luis Carrero Blanco, nominato capo del governo e che assai probabilmente sarebbe stato il successore di Franco alla morte del dittatore. Ma uno dei movimenti nazionalisti e rivoluzionari più organizzati dell’Europa del Novecento – Euskadi Ta Askatasuna ETA, ’Paese basco e libertà’ – uccise Carrero Blanco con un attentato dinamitardo il 20 dicembre 1973.
Il film di Pontecorvo racconta la vicenda partendo dal 1978, quando l’ETA stava accettando la transizione politica in corso in Spagna, nonostante alcuni dei suoi membri proseguissero la lotta armata. L’incontro tra un membro irriducibile dell’organizzazione e sua moglie è l’occasione per ricordare la preparazione dell’attentato (successiva all’iniziale progetto di un rapimento), i rischi, i conflitti, la fatica, la realizzazione. Su tutto aleggia il disincanto di chi sa che darà morte e probabilmente riceverà morte ma è mosso nell’agire da una necessità più forte di ogni incertezza, sentimento, morale. La forza della libertà rispetto a situazioni e condizioni non più accettabili di violenza da parte delle istituzioni dominanti. 

Non sorgerà mai nessun sole dell’avvenire, radioso e senza conflitti, per le comunità umane. Mai. E tuttavia tale consapevolezza non è un buona ragione per non fare di tutto allo scopo di ottenere, difendere, ampliare gli spazi della libertà politica e ideologica senza i quali la vita umana è ancora meno degna di essere vissuta di quanto non lo sia di per sé. E questo vale nonostante il rischio che i rivoluzionari di oggi diventino i tiranni di domani. La libertà vale anche questo rischio perché di fronte alle tendenze conformiste, omologanti, repressive e violente delle autorità istituite – e dei cittadini che se ne fanno complici – le libertà non saranno mai troppe. Mai.

«Si regna infatti in modo assai violento là dove sono considerate un crimine le opinioni che appartengono al diritto di ciascuno, diritto al quale nessuno può rinunciare»; «sarà dunque violentissimo quello Stato nel quale si nega a ciascuno la libertà di dire e di insegnare ciò che pensa, e, al contrario, sarà moderato quello nel quale a ciascuno è concessa questa stessa libertà»
(Baruch Spinoza, Tractatus theologico-politicus, trad. di A. Dini, in «Tutte le opere», Bompiani 2011; cap. 18, § 6, p. 1081 e cap. 20, § 4, p. 1111).

E questo vale sempre: che si tratti di opinioni religiose, filosofiche, politiche, etiche, sanitarie. L’orco del dispotismo travestito da «senso civico», mascherato da «bene», disegnato da «solidarietà per i deboli e i fragili» e così via, questo Leviatano è sempre vivo e per questo bisogna sempre tentare di ucciderlo.

Gillo Pontecorvo racconta la vicenda dell’ETA e del franchismo in modo sobrio e insieme partecipe, lucido e malinconico. La Bilbao degli anni Settanta – città mineraria e industriale – è assai diversa dalla Bilbao che ho visitato nel 2018, città splendida e libera.
Se tale è diventata, come tutta la Spagna, lo si deve anche al fatto che l’attentato contro l’Orco fece capire ai decisori politici spagnoli che dopo Franco quel Paese doveva cambiare. Lo si deve dunque al coraggio e alla determinazione di chi quell’attentato seppe compiere.

Carcere

Carcere
Aldous, 11 giugno 2023
Pagine 1-2

Gli esperimenti di psicologia sociale condotti da Philip Zimbardo e da altri studiosi hanno confermato che, se vengono dotati di una divisa e investiti di una qualche autorità ‘superiore’, gli esseri umani diventano molto facilmente i torturatori e i carnefici dei propri simili. Zimbardo denominò tale dinamica «effetto Lucifero»: una completa deindividualizzazione tramite la quale ciascuno scarica sul gruppo la responsabilità di ogni azione, anche la più violenta. Nell’Italia e nell’Europa ‘democratiche’ si sono visti non soltanto poliziotti, vigili e carabinieri ma anche centinaia di migliaia di cittadini trasformati in controllori del lasciapassare sanitario, reclutati in ogni organizzazione pubblica e privata; si sono visti tutti costoro svolgere con entusiasmo e severità il proprio compito di impedire ad altri cittadini l’accesso ai più svariati luoghi di vita. Si è vista l’Italia trasformata in un carcere/confino a cielo aperto.
Nonostante tutto questo, milioni di cittadini sono riusciti a evadere dal carcere orwelliano nel quale le autorità politico-sanitarie hanno cercato di rinchiuderci. Sono loro ad aver salvato ancora una volta il diritto della persona, ad aver salvaguardato i corpi dei cittadini dal Modelo 77.

Le parole

Le parole
Aldous, 29 aprile 2023

La politica e la storia sono in gran parte una lotta tra parole per il dominio di alcune di esse sulle altre. In questo dominio infatti non soltanto si esprime ma anche si fonda il potere di un gruppo di umani – tribù, nazione, chiesa, città, classe – su altri gruppi. Nel dominio delle parole si esprime e si fonda l’egemonia politica.
La forma più completa e insieme più insidiosa di questa guerra è l’ovvio. Il dominio viene infatti raggiunto e realizzato quando alcune parole cominciano a non avere alternative, a non poter subire una valutazione critica, a diventare una forma etica della vita, a presentarsi come il Bene in forma fonetica.
Nel nostro presente alcune di queste parole sono inclusione, accoglienza, integrazione, resilienza, green, sostenibilità, universalismo, globalizzazione, progressismo. Chi mai potrebbe opporsi al loro inveramento negli eventi? E soprattutto perché ci si dovrebbe opporre?

Dotti, medici e sapienti

Edoardo Bennato
Dotti, medici e sapienti
da «Burattino senza fili»
(1977)

La solennità del barocco fa da ironico fondamento a questa ribelle e divertente messa alla berlina dei medici asserviti all’autorità, ai costumi, al conformismo.

«Al congresso sono tanti,
dotti, medici e sapienti,
per parlare, giudicare,
valutare e provvedere,
e trovare dei rimedi
per il giovane in questione» 

Eh sì, al congresso della televisione trasformata in sede di primari e luminari della medicina asservita a Pfizer e alle altre aziende farmaceutiche; al congresso di un Parlamento ridotto a un insieme di automi obbedienti agli ordini dei conti e dei draghi; al congresso della malafede o, peggio, di una pura e immedicabile stupidità e creduloneria, si sono riuniti in tanti. In tanti sono stati e in tanti continuano a essere.
Non soltanto medici ma anche dotti e sapienti di ogni disciplina, rettori universitari, giornalisti che hanno «toujours un maître, parfois plusieurs» (Debord, Commentaires sur la société du spectacle, Gallimard 1992, § VII, p. 31). E insieme ai dotti, medici e sapienti, al congresso dell’irrazionalismo e del servaggio si è unita gran parte del corpo collettivo, milioni di persone.
Ora si viene a sapere che stanno morendo in tanti, e ancor più si stanno ammalando sistematicamente e periodicamente, che gli effetti si sentiranno sul lungo periodo, che tanti giovani e ragazze rimarranno sterili (benedetto vaccino!)
Di fronte a tale spettacolo di sciocca obbedienza al male contro se stessi, rivendico di essere rimasto l’anarchico che ero a 17 anni, di essere rimasto «questo giovane malato» che «so io come va curato / ha già troppo contagiato / deve essere isolato».
Meglio da solo, infatti, che in una compagnia così triste.

Servitù digitale

Sul Metaverso
Aldous, 23 marzo 2023

Aldous ha pubblicato una versione più ampia della riflessione che sul Manifesto ho dedicato al libro di Eugenio Mazzarella Contro Metaverso. Salvare la presenza (Mimesis 2022, pp. 142).
L’integrazione riguarda in particolare le affermazioni che riporto qui sotto.
Se si guardano le modalità concrete nelle quali sinora si è tradotto questo progetto, emerge appunto la sua somiglianza con forme di dominio assai tradizionali, un «uso oligarchico e lucrativo della rete da parte di uomini su altri uomini» che si manifesta, tra l’altro, in «concretissimi processi di alienazione sociale, esistenziali e finanche percettivi […]. Non ci si rende conto che il web è la nuova gleba a cui siamo asserviti, paradossalmente ancora più stanziale della vecchia gleba, perché è racchiusa nel fazzoletto di terra di uno schermo che ci viene fornito a ‘casa’, senza neppure necessità che si esca ‘in campagna’».
Lungi dall’essere smart, intelligente e agile, il telelavoro è una «truffa che rischia di aggiornare online il cottimo della manifattura domiciliare senza fabbrica». E dunque la decantata da troppi (Luciano Floridi, ad esempio) ’quarta rivoluzione’ dell’infosfera si rivela un ulteriore «passaggio epocale nella storia dell’alienazione intrinseca all’umano nel rapporto con i suoi mezzi». Un’alienazione proprio nel senso marxiano, una rinuncia all’autonomia e all’emancipazione per sottomettersi invece senza neppure averne coscienza a una «oligarchia dei padroni pubblici e privati del web nel Deep State  del potere dell’infosfera».

Le Scienze

Da qualche giorno è uscito il numero 28 (XIII anno) di Vita pensata.
Il tema monografico è Le Scienze e questi sono alcuni degli argomenti: l’epistemologia e le prospettive di filosofi come Rawls, Husserl, Gentile, Feyerabend, Leibniz, Proust, Merleau-Ponty; i rapporti tra scienza, epidemia e principio di autorità;  il taglio drastico dei fondi destinati alle Edizioni Nazionali di scienziati che hanno fatto la storia della filosofia e delle scienze in Italia; la neurofenomenologia, la cognizione delle piante, le intelligenze artificiali, compresa ChatGPT; le modalità di controllo della vita e del sapere dalle esotiche denominazioni quali evidence-based practices o evidence-based policies.
L’intenzione è descrivere e difendere la procedura scientifica che è pubblica, ripetibile, controllabile. In caso contrario si tratta di magia, di superstizione, di guru, di sette. Il pervasivo diffondersi di una forma mentis settaria e antiscientifica è una delle conseguenze più devastanti dell’utilizzo politico dei dati scientifici e della prostituzione di troppi studiosi all’autorità. Nei confronti delle scienze (al plurale) non si deve nutrire fede ma argomentazione, critica, falsificazione, superamento, interrogativi. In modo che questi magnifici frutti del pensiero europeo abbiano un futuro in un mondo sempre più tentato dalle sirene dell’irrazionalismo, dell’obbedienza, della rassegnazione.

 

 

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