«È una vicenda personale che mi addolora, che rientra nella dimensione privata, e di cui mi pare doveroso non parlare». Eh no, Signor Presidente del Milan, lei non è autorizzato a dire questo, a ricondurre la vicenda alla dimensione “privata”. Lei, che da vent’anni mescola e confonde ogni evento della sua vita con ogni sorta di ambizione politica e finanziaria. Lei che ha fatto della sua persona lo spot vivente di un partito. Lei che parla sempre di tutto e le cui parole tracimano da ogni anfratto dell’universo televisivo. Lei che addita se stesso all’intera nazione come esempio da seguire, imitare, venerare in tutto ciò che fa, dalle vacanze al mare al G8, dalle finali di Coppa Campioni all’amicizia con varie ragazze (l’accusa che ora le rivolge la sua consorte), dalle urla londinesi di “Mr. Obama, Mr. Obama!” sino alle lacrime abruzzesi. Lei ha voluto fare della sua esistenza una “vita inimitabile”, la vita del Re. E, ci ha mostrato Norbert Elias, per i sovrani barocchi nulla c’era di privato: la pubblicità perenne del loro agire costituiva una delle condizioni del loro diritto al potere sull’intera nazione. Il disgusto che sua moglie prova di fronte ai suoi comportamenti rappresenta, pertanto, un fatto politico, come tutti quelli che la riguardano. Lo ha voluto lei.
Per quanto io la disprezzi, le rivolgo un consiglio sincero: non sottovaluti il potere e la tenacia di una donna. L’inizio del declino potrebbe giungere da lì, da una signora umiliata e offesa. Un declino che mi auguro rapido e totale, per il bene dell’intera Italia e, forse, anche della sua famiglia.