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Follie

Mente & cervello 103 – luglio 2013

Quante affermazioni superficiali e pigre potrebbero essere rettificate da una maggiore conoscenza. Qualunque elenco sarebbe soltanto parziale, ma proviamo a stilarne uno con l’aiuto di questo numero di Mente & cervello.
Che l’altruismo sia sempre una virtù è smentito dall’esistenza di un «altruismo patologico», che consiste nel darsi senza misura a soggetti che sfruttano in molti modi la disponibilità degli altri: «Se uno acconsente a tutte le richieste che gli arrivano dai membri del proprio gruppo, forse promuoverà la coesione e la fitness del gruppo ma sacrificherà la propria» (S. Estes e J. Graham, p. 103).
Che l’epilessia costituisca una ragione di crimine e di devianza è stato detto anche di recente da una psicologa in televisione (luogo per eccellenza di ogni sciocchezza) ma è stato ormai smentito da decenni di studi. Si tratta di un morbo difficile da curare, generato da gruppi di neuroni difettosi che scaricano un eccesso di elettricità, ma questo non giustifica «l’ignoranza che circola attorno alla malattia», ignoranza che «alimenta i pregiudizi su una patologia che ancora in molti avvertono a metà tra neurologia e psichiatria» (R. Salvadorini, 95).
Che una persona virtuosa o “sincera” debba sempre dire agli altri ciò che pensa di loro sarebbe l’inizio della catastrofe sociale. «Dire sempre quello che si pensa equivale spesso a farsi lo sgambetto da soli» (D. Knoch e B. Schiller, 96). La dissimulazione è invece in molte circostanze una qualità necessaria, come già sapeva Torquato Accetto.
Che un rimprovero rivolto ai figli infanti e adolescenti possa loro provocare “traumi emotivi” è una convinzione rovinosa per i cuccioli degli umani. Un equilibrato rigore fornisce invece «la capacità di sostenere difficoltà e conflitti intergenerazionali, ma anche le relazioni orizzontali»; pure la scuola «“fa fatica a capirlo” ma deve modificare una posizione troppo morbida e accogliente con i ragazzi: “Un atteggiamento più duro da parte degli adulti li portava ad avere una maggiore forza emotiva”, mentre oggi gli adolescenti “sono incapaci di soffrire, sono molto fragili, non sopportano il dolore mentale e la noia”» (Recalcati e Lancini, citati da M. Ferrazzoli, 68-69).
Che i quartieri progettati da molti architetti e ingegneri contemporanei siano “più avanzati” rispetto all’intrico dei centri storici è smentito dall’esigenza di varietà e di complessità della mente; un eccesso di semplificazione rende infatti  i luoghi freddi e cupi «mentre la bellezza dei centri storici italiani spesso è proprio nella complessità» (Marco Costa intervistato da G. Sabato, 43).
Che il comportamentismo di John Watson sia stata una seria ipotesi scientifica è messo in dubbio da un’analisi più attenta dei risultati che ottenne con il celebre caso di Albert, il bambino che venne condizionato ad aver terrore dei topolini e di altri animali e oggetti pelosi. Al di là delle critiche di tipo  etico (il bambino venne scelto perché la madre era un’assistente infermiera senza marito, che non poté dire di no all’utilizzo del figlio), la cosa grave è che Watson molto probabilmente sapeva  che il piccolo era idrocefalo sin dalla nascita e tuttavia lo presentò come soggetto perfettamente sano e quindi adeguato all’esperimento, fatto che «getta un’ulteriore ombra sulla sua serietà metodologica» (D. Ovadia, 61). L’articolo cita la celebre dichiarazione dello psicologo, un vero e proprio manifesto del Behaviorism (1930): «Datemi una dozzina di bambini sani, ben formati, e la mia metodologia per farli crescere e vi garantisco che, prendendone uno a caso, posso allenarlo a diventare qualsiasi tipo di professionista scegliate -medico, avvocato, artista, imprenditore e, sì, anche mendicante e ladro- indipendentemente dalle sue capacità, inclinazioni, tendenze, abilità, vocazioni e razza dei suoi antenati». Gli umani sono, certo, condizionabili mediante delle tecnologie adeguate ma quando questa loro caratteristica viene assunta a ideale nascono progetti di ricerca e di società intimamente totalitari, come in effetti è il comportamentismo.
La convinzione che il suicidio sia segno di disturbi mentali non soltanto stupirebbe qualunque pagano ma costituisce una generalizzazione assai sciocca, come dimostrano i casi, tra tanti altri, di Pavese e di Renato Caccioppoli, il geniale matematico napoletano morto il 9 maggio 1959, la cui vicenda «non appartiene alla psichiatria, ma semplicemente all’esistenza, quando non è più possibile dedicarsi ancora al “mestiere di vivere”» (17). Il segretario del partito fascista Starace proibì ai maschi «di portare cagnolini al guinzaglio, perché ciò male si addiceva al virile cittadino fascista. Ecco allora Renato Caccioppoli [andare all’università] recante al guinzaglio un gallo, animale da sempre considerato simbolo della virilità. Due giorni dopo la passeggiate col gallo al guinzaglio, la circolare Starace fu ritirata» (p. 17; cit. da L. Gatto – L. Toti Rigatelli, Tra mito e storia. Ed. Sicania 2009). Ecco come la follia della libertà si scontra con la pazzia del potere.

 

Crisi

Mi sembra sorprendente ed estremamente positivo che un popolo innamorato del calcio come quello brasiliano stia avendo la forza di denunciare «le spese faraoniche in vista dei Mondiali, a scapito della qualità dei servizi sanitari e educativi, e la gigantesca corruzione, vero buco nero delle risorse statali. […] Negli stadi, incuranti del divieto della Fifa, molti tifosi hanno sostenuto le proteste: “Brasile svegliati, un professore vale più di un Neymar”». Ma anche di questa rivolta, come di quella turca, l’informazione italiana parla il meno possibile. E allora di fronte alla pervicacia istupidente del mainstream mediatico -teso sempre a sopire, troncare, tacere, ingannare– è opportuno ricordare come e perché si sia generato quell’insieme di eventi che vengono definiti «crisi»:

Il punto di partenza della crisi del 2008 è stato, da un lato, la deregolamentazione quasi totale delle prassi dei mercati finanziari e, dall’altro, la comparsa di “paesi emergenti”, a cominciare dalla Cina, che si sono accaparrati una parte crescente della produzione mondiale grazie al dumping salariale. Quella concorrenza, che spiega anche le delocalizzazioni, ha comportato un calo generale dei redditi nei paesi occidentali, calo che i nuclei familiari sono stati incoraggiati a compensare con un indebitamento crescente, che si supponeva potesse permettere di conservare il loro livello di vita. Ovviamente, le cose non sono andate affatto così, e il sistema è crollato quando i mancati pagamenti si sono accumulati. È quel che è accaduto negli Stati Uniti con la crisi dei crediti ipotecari (subprimes). Gli Stati sono stati allora costretti ad indebitarsi a loro volta per impedire al sistema bancario di sprofondare. Il problema dell’indebitamento privato si è così tramutato in problema dell’indebitamento pubblico.
[…]
Le banche, che potranno contrarre presiti all’1% dalla Bce, concederanno presiti al Mes [Meccanismo europeo di stabilità] ad un tasso di interesse nettamente superiore, dopo di che il Mes presterà agli Stati ad un tasso ancor più elevato. […] In ultima analisi, le banche daranno agli Stati, imponendo interessi, del denaro che consentirà a quei medesimi Stati di rimpinguare le casse di quelle stesse banche. Una situazione davvero surrealista, la cui causa prima, come è noto, è la proibizione fatta a partire dal 1973 agli Stati di contrarre prestiti ad interesse minimo o nullo con le loro banche centrali, il che li ha posti sostanzialmente alle dipendenze del settore privato. (Alain De Benoist, Diorama letterario, n. 314,  pp. 8-9)

La natura non soltanto assurda di queste transazioni -assurda per il bene pubblico ma assai sensata per gli interessi dei banchieri- è aggravata dal fatto che essa è stata resa per legge irreversibile, privando in questo modo parlamenti e governi di ogni potere, riducendoli a ornamento della finanza. Ha dunque ragione Gaby Charroux -deputato francese comunista e sindaco di Martigues- a osservare che in questo modo «consegniamo direttamente le chiavi della nostra politica economica e di bilancio ai tecnocrati di Bruxelles e scivoliamo verso […] una forma morbida, giuridicamente corretta, di dittatura finanziaria» (Ivi, p. 11). Con l’ascesa al potere anche politico di impiegati e funzionari della Goldman Sachs ad Atene, a Roma, a Francoforte (Mario Draghi), gli Stati sono diventati evidentemente degli Stati di classe diretti dal capitalismo finanziario: «Le banche, che controllano anche i mezzi di pagamento dei cittadini, hanno preso lo Stato in ostaggio per conto dei loro ricchi azionisti. Lo Stato diventa una macchina per ricattare le popolazioni a beneficio dei più ricchi» (Emmanuel Todd in un’intervista a Le Point, 13.10.2011).
Uscire da una spirale irrazionale e violenta come questa sarebbe possibile se il potere politico fosse altro da quello finanziario e prendesse provvedimenti come i seguenti: applicazione di un protezionismo europeo, nazionalizzazione delle banche, rifiuto di pagare il debito pubblico. Provvedimenti gravi ma praticabili se -appunto- i governi non fossero ormai ridotti alla condizione di impiegati della finanza il cui mandato è di agire contro i loro popoli, cominciando con l’ingannarli. Popoli i quali «non credono più nell’Europa, che confondono a torto con l’Unione europea. Non hanno più fiducia nella polizia […], non hanno più fiducia nei tribunali, che non sanzionano mai i delinquenti in colletto bianco e nemmeno i banditi della finanza di mercato» (de Benoist, Diorama letterario, n. 214, p. 23).
Anche le operazioni di killeraggio internazionale sono mosse dagli stessi scopi speculativi e di controllo delle risorse, come accaduto in Libia, con i massacri perpetrati da Sarkozy e Obama, «assassinando il capo dello Stato libico Muammar Gheddafi e la sua famiglia, inclusi i bambini piccoli»; come accaduto  in Iraq, dove le potenze anglosassoni e i loro servi italici hanno causato «due milioni di morti, affamato intere popolazioni, distrutto un paese unificato, allora il più evoluto industrialmente, socialmente ed economicamente della regione, averlo consegnato alla guerra civile, agli scontri tribali o religiosi, alla persecuzione delle minoranze come quella cristiana e agli attentati omicidi quotidiani. Del resto, George W. Bush non aveva dichiarato di voler riportare l’Iraq all’età della pietra?» (Maurice Cury, ivi, p. 24). La stessa operazione si sta ferocemente tentando contro il popolo siriano.

 

Fuorilegge

Anna carissima – «È il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della Banca Privata Italiana [la banca di Sindona], atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica. […] È indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese. Ricordi i giorni dell’Umi, le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti? Ebbene, a quarant’anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. Con l’incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato – ne ho la piena coscienza – solo nell’interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici […] Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto […] » – Giorgio Ambrosoli, assassinato nel 1979.

Se l’andava cercando – «Certo [Giorgio Ambrosoli] era una persona che in termini romaneschi io direi: se l’andava cercando» – Giulio Andreotti (video della dichiarazione)

Il 2 maggio del 2003 la II Sezione penale della Corte di Cassazione non ha assolto Andreotti dal reato di «concorso esterno in associazione mafiosa» ma ha dichiarato prescritto il reato, confermando quindi la sua colpevolezza.

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Oggi, «la corte d’appello di Milano ha confermato la condanna in primo grado a quattro anni per frode fiscale a carico di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset. Tra le pene accessorie previste per Berlusconi c’è l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, e quella dalle cariche societarie per tre anni. Tre dei quattro anni per i quali l’ex presidente del consiglio è stato condannato sono coperti dall’indulto. Il processo Mediaset è uno dei procedimenti giudiziari a carico di Silvio Berlusconi. L’inchiesta, nata da un filone del processo All Iberian, riguarda la compravendita di diritti televisivi da parte di Mediaset attraverso società offshore, riconducibili al gruppo di Berlusconi. Silvio Berlusconi è accusato di appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio. Secondo il tribunale, Mediaset comprava diritti di film girati negli Stati Uniti attraverso società offshore, che a loro volta li cedevano ad altre società gemelle, facendo lievitare il prezzo a ogni passaggio. Questo processo permetteva alla società di nascondere dei fondi neri».

Fonte: Internazionale, 8.5.2013
Dunque è ufficiale: il governo italiano è sotto il controllo di un fuorilegge, una specie di Al Capone condannato a quattro anni di carcere per reati fiscali. Di tale bandito il Partito Democratico è attualmente alleato politico.

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Andreotti e Berlusconi, così come Craxi, Ceausescu, Mussolini e tanti, tanti altri.
Lo Stato è questo: una guerra civile tra bande, alcune delle quali si chiamano «criminali», altre si chiamano «forze dell’ordine». Quelle forze che, come è accaduto a Genova nel 2001 e di recente anche a Catania proteggono i malviventi e picchiano ragazzi e persone che agiscono affinché il potere non debba sempre rimanere in mano a costoro. Ma il potere è per sua natura criminale e criminogeno: «Certo bisogna farne di strada da una ginnastica d’obbedienza / fino a un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza. / Però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni / da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni» (De André, «Nella mia ora di libertà», da Storia di un impiegato [1973]).
Forse l’anarchismo non fa i conti con le pulsioni più profonde della natura umana ma, certo, esso rimane l’unico progetto politico che si possa condividere rimanendo liberi. I fuorilegge Andreotti e Berlusconi lo dimostrano ancora una volta.

 

Politica

In un commento di oggi a Mummificati, Diego Bruschi constata «la profonda e radicale diversità del M5S rispetto all’insieme di tutte le altre forze parlamentari» e mi chiede: «È vero che tu sei un Professore ed uno studioso apprezzato ma non un politico, ma se tu fossi Grillo, come procederesti?». È una domanda talmente importante e impegnativa da rendere opportuna una risposta un poco articolata.
Il 5 Stelle è un movimento politico di cittadini che operano affinché democrazia, equità, libertà non rimangano parole buone per qualunque discorso e quindi parole nulle, ma diventino un po’ più realtà quotidiana. Niente di particolarmente eclatante, dunque, per una società decente. Non per l’Italia, evidentemente.
Lo conferma un breve intervento pubblicato oggi su Mainstream, sito di analisi politica che era era stato assai duro con il M5S prima delle elezioni. A riprova dell’onestà intellettuale di chi lo anima, uno dei suoi fondatori –Marino Badiale– ora scrive:

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Ci sembra molto grave la vicenda della violazione della mail di alcuni parlamentari del M5S. E ancor più grave la sostanziale indifferenza delle istituzioni e la scarsa attenzione dei media. Ha ragione Grillo: fosse successa la stessa cosa a un Brunetta o a un Cicchitto (o a una Finocchiaro, aggiungiamo noi) le grida e le proteste avrebbero riempito i telegiornali. Facciamo solo due considerazioni: in primo luogo, il fatto che una cosa del genere non sia mai successa prima, nonostante il clima di accesa contrapposizione fra gli schieramenti di centrodestra e centrosinistra, è un altro indizio del fatto che tale contrapposizione era solo un’apparenza. La casta è sempre stata unita e coesa, e fra amici certi scherzi non si fanno. In secondo luogo, ed è solo l’altra faccia della medaglia, un simile fatto è indice di come il M5S sia esterno alla casta e sia percepito da essa come un pericolo. Non abbiamo ovviamente elementi per fare ipotesi sensate su esecutori e mandanti, ma davvero ci sembra difficile non pensare che qualcuno dall’interno di quel potere che i grillini vorrebbero attaccare abbia voluto mandare un segnale, un avvertimento affinché certe linee sensibili non siano toccate.

(M.B.)

PS Per un inquadramento generale della situazione politica attuale, nella quale si inserisce questo episodio inquietante, rimandiamo a questo intervento di Leonardo Mazzei.
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(Fonte: Inquietante)

Nell’articolo segnalato da Badiale (la cui lettura consiglio vivamente per comprendere che tipo di governo sia quello entrato in carica oggi), Mazzei scrive che «il terremoto prodotto dalle elezioni di febbraio ha spaventato sul serio il blocco dominante».
Venendo alla domanda posta da Bruschi, la prima reazione sarebbe dunque di scoramento, di rassegnazione di fronte a un blocco di potere nazionale e internazionale così duro nel difendere i propri privilegi di classe e di ideologia. Ma, per quanto mi riguarda, la parola “resa” non esiste.
Quindi se potessi prendere delle decisioni riguardanti il M5S che cosa farei? Sostanzialmente quello che Grillo sta già facendo:

  • Ribadirei ogni giorno (in primo luogo ai parlamentari del Movimento, agli iscritti e poi a tutti gli altri) che la reazione stessa dei poteri dominanti dimostra che il M5S è arrivato a toccare il cuore del potere.
  • Cercherei di spiegare con pazienza la complessa realtà che si cela dietro l’immensa finzione mediatica e spettacolare.
  • Curerei meglio le competenze giuridiche e politiche di tutti i parlamentari ed eletti del Movimento.
  • Proporrei dei capigruppo più preparati -anche dialetticamente- rispetto a quelli attuali.
  • Cercherei alleanze non con i partiti presenti in Parlamento (non lo farei per le ragioni indicate da Mazzei nella sua analisi) ma con altri movimenti della società civile. E ce ne sono tanti. Cercherei, insomma, di pormi come luogo di sintesi -non autoreferenziale- della elaborazione collettiva che è in corso, pur se repressa o emarginata, contro l’ultraliberismo criminale.
  • Informerei in modo capillare sui comportamenti e sui risultati dei lavori di tutte le commissioni parlamentari, mediante analisi semplici ma esatte stilate dai membri del Movimento che di tali commissioni fanno parte.
  • Rivendicherei ancora più nettamente la distanza dalle bande criminali (alias, «partiti») che stanno distruggendo l’Italia da vari decenni.
  • Mi porrei obiettivi anche di lungo periodo, perché nel breve la reazione finanziaria, mafiosa, imperialistica e criminale ha vinto (per capirlo basta osservare i nomi di chi davvero conta in questo governo).
  • Risponderei con le mie azioni e con le mie parole soltanto alla mia coscienza di cittadino e di uomo libero, esattamente come i partigiani. Perché di questo si tratta, come avevano ben compreso tra gli altri Debord e Foucault: di un fascismo pervasivo, ipocrita e feroce.
  • Il Partito Democratico è morto perché di questo fascismo è ormai parte integrante, e non certo da oggi. Quindi praticherei (per  me stesso e per il Paese nel quale sono nato) il dovere della non rassegnazione, partendo dal primo compito di chi intende agire sul reale: comprenderlo. Questo è non soltanto il mio dovere di studioso ma anche quello di chiunque voglia essere davvero un politico, un uomo della e per la polis.

 

La misura della libertà

La scelta di Barbara
(Barbara)
di Christian Petzold
Con: Nina Hoss (Barbara), Ronald Zehrfeld (André), Jasna Fritzi Bauer (Stella), Rainer Bock (Klaus Schütz),
Germania 2012
Trailer del film

Germania Est. Anni Ottanta. Barbara è una pediatra che ha chiesto di espatriare. Per questo viene punita relegandola da Berlino in un piccolo centro della provincia sassone. Qui è sottoposta a continue perquisizioni -a casa e sul corpo- da parte di piatti burocrati della polizia politica. Mentre progetta con il proprio compagno la fuga verso la Danimarca, non si fida naturalmente del suo collega e primario André nonostante la gentilezza che questi mostra nei suoi confronti. La sincerità del sentimento che André prova verso di lei e l’incontro con Stella, una ragazza in fuga da un campo di lavoro, indurranno tuttavia Barbara a compiere la sua scelta, in ogni caso dolorosa.
Il film è intriso di una grande sobrietà. I sentimenti personali, le azioni del potere, le piccole e grandi delazioni, la passione degli amanti, la disperazione dei giovani, sono raccontati con rispetto, attenzione, misura. L’incontro tra la consueta e feroce miopia del potere e la profondità della visione interiore che ogni uomo libero conserva, produce un effetto che è insieme intenso, malinconico e straniante. Negli sguardi della protagonista, nei suoi occhi, nei silenzi, nei gesti, è come se la Storia arrivasse a toccare il fondo lirico che la intride, come se la misura degli atteggiamenti diventasse il criterio stesso con il quale comprendere gli eventi.

Solutus

«C’è un’emergenza democratica». Angelino Alfano ha ragione. L’emergenza democratica rappresentata da alcuni eletti al Parlamento che entrano in massa nel Palazzo di giustizia di Milano con l’intenzione di intimidire i magistrati chiamati a giudicare in nome del popolo italiano i gravissimi reati dei quali Berlusconi è accusato. L’emergenza democratica costituita da Alfano che minaccia scandendo «Stop ai processi o sarà il caos». Pur di evitare la condanna certa -in base alla legge- del loro padrone, Alfano e gli altri ben remunerati servitori sono pronti a infliggere il caos -appunto- all’Italia.
Dal PD silenzio, ancora una volta, su questa azione di marca fascista mentre invece il M5S ha espresso la sua solidarietà ai giudici così minacciati da coloro i quali «si aggrappano a un vecchio signore che perde i pezzi come a un salvagente di marmo. Non hanno del resto alternative. Sparirebbero. Lo terranno insieme fino all’ultimo come la mummia di Lenin per esibirlo nei talk show con un altoparlante nascosto “No IMU, no IMU, no IMU“» [Fonte:  L’uveite di Berlusconi e l’orchite degli italiani].
Gli eletti nel M5S hanno dichiarato che si esprimeranno contro l’eleggibilità di s.b. al Senato, illegittima in base alle leggi in vigore e da vent’anni calpestate. Che cosa faranno i parlamentari degli altri partiti? Da dove viene il pericolo per la nostra democrazia? Sino a quando come italiani dovremo  tollerare il ritorno al principio politico arcaico secondo il quale princeps legibus solutus est? Con quanta arroganza l’entità immonda e i suoi scagnozzi ululano della loro superiorità rispetto alle leggi? Democrazia non vuol dire soltanto andare a votare a intervalli di anni, significa soprattutto divisione dei poteri ed eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Il potere più pervasivo delle società contemporanee è quello dei media. Sino a quando il padrone della televisione sarà in Italia anche capo politico?
Spero che diventi davvero solutus, che costui si sciolga finalmente nella morte.

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