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Marcosebastiano Patanè su Ždanov

Marcosebastiano Patanè
Dissipatio e zdanovismo. In difesa dell’Europa
il Pequod
anno V, numero 10, dicembre 2024
pagine 18-27

Indice
1 Oicofobia e politicamente corretto
2 Diritti, astrazione, Capitale
3 Progressismo
4 Il «coro degli spiriti della vendetta»

«Il wokismo, il politicamente corretto e la cancel culture condividono con i totalitarismi del Novecento l’odio verso il passato e la volontà radicale di trasformazione dell’esistente nella forma di un’imposizione dall’alto da parte di un’élite illuminata che deve condurre le masse verso un mondo nuovo, un Brave New World. […] L’auspicio di Biuso è quello della nascita di un nuovo Nomos della Terra contro la globalizzazione anglosassone, contro i popoli eletti e le élites illuminate. […]
Spinoza, Heidegger, Nietzsche, Mazzarella, Schmitt, per nominarne alcuni tra i più rilevanti. Accanto a questi nomi troviamo anche diversi scrittori, Orwell, Huxley, e poi ancora sociologi, poeti e uomini politici. Un nome, però, rischia forse di sfuggire. Si tratta di Hieronymus Bosch. Il particolare scelto per la copertina del volume, infatti, appartiene a un celebre dipinto del misterioso maestro fiammingo, Il Trittico delle tentazioni di Sant’Antonio, nello specifico un particolare del pannello centrale che vede nel mezzo della raffigurazione la figura di Sant’Antonio rivolta verso l’osservatore e tutt’intorno un’intricata, rizomatica, danza di figure ed eventi. […]
Gli spiriti della vendetta di Bosch sono anche il risultato che attende chi dimentica il passato, chi ignora la potenza del Bios, chi disconosce il dispositivo di identità e differenza che intride e governa l’Intero, chi ritiene che dall’alto del proprio potere tecnico possa divenire il padrone di un mondo rifondato a propria immagine e somiglianza stabilendone le regole e le origini».

Federico Nicolosi su Ždanov

Federico Nicolosi
Pensare criticamente il presente: sul politicamente corretto
Dialoghi Mediterranei
n. 70, novembre-dicembre 2024
pagine 651-655

«Fare del dilagante problema politico-economico un problema etico-psicologico significa convogliare il nucleo della questione in un orizzonte che lascia spazio all’arbitrio del singolo, all’interpretazione acritica, all’operare sulle parole con la convinzione di star operando sul reale. Deve allora avere gran ragione Nietzsche nel dire: “La morale è nient’altro che questo. – ‘Tu non devi conoscere’ – da ciò deriva tutto il resto”. Da qui, la mossa di Biuso di architettare un intero capitolo Contro l’etica».

Storia e specchi

Storia e specchi
Aldous
, 11 dicembre 2024
Pagine 1-2

In questo articolo ho cercato di mostrare quanto feconda sia la critica di Friedrich Dürrenmatt ai poteri politici e al dogmatismo culturale, come essa si esprime anche nell’ultimo testo drammaturgico da lui creato: Achterloo (1983). Un’affermazione quale «oggi siamo in grado di costruire una gabbia da cui è impossibile evadere» è molto più vera per il presente virtuale/digitale del XXI secolo che per gli anni Ottanta del Novecento, così come l’intuizione dei processi futuri – e oggi presenti – di ibridazione tra il corpomente umano e i computer: «Il computer, liberato dall’uomo suo creatore, è il senso ultimo dell’uomo; in esso l’uomo trova il suo perfetto compimento. […] Il rosso sanguigno del tramonto verso il quale, divenuta ormai superflua, l’umanità si avvia barcollando, per dissolversi in esso, è nello stesso tempo il rosso di un’alba da cui, come da un bagno di fuoco, sorgerà la nuova umanità, l’umanità dei cervelli artificiali».
Ho posto queste tesi del drammaturgo svizzero a confronto con le analisi di uno dei più attenti sociologi contemporanei, secondo il quale l’ontologia della Rete consiste nel fatto che «le macchine IA non ‘pensano’, operano» (Renato Curcio, Sovraimplicazioni. Le interferenze del capitalismo cibernetico nelle pratiche di vita quotidiana, 2024) e questo significa «che ciò che il dispositivo comunque e in ogni caso non può fare è proporre una risposta ‘intelligente’. E cioè una risposta creativa, non prevista o non desiderata nei magazzini in cui sono stoccati i suoi dati di riferimento o nei cloud di computo, assemblaggio e d’indirizzo. Una risposta che nasca da associazioni non consuete, improbabili, proiettate a suggerire un mutamento del sistema» e non a ribadire l’ineluttabilità dell’esistente attraverso il crisma algoritmico.
Strumento molto utile per ottenere tale passività del pensare (e dunque dell’agire) è la linguistica computazionale, la quale cerca di rimodellare e tradurre i linguaggi ordinari delle persone umane in linguaggi comprensibili e manipolabili dai software, in questo modo interferendo con i linguaggi e con i comportamenti che ne scaturiscono. Un esempio è il linguaggio politicamente corretto, definito da Curcio «l’ipocrisia istituzionalizzata», linguaggio che ha l’obiettivo di riprodurre l’esistente e rendere impossibile immaginare e organizzare «prospettive aperte, creative e istituenti».
I controlli linguistici che le piattaforme politicamente corrette operano contro parole, espressioni e concetti non coerenti con l’ideologia dominante del liberismo flussico costituiscono una delle più evidenti espressioni della società della sorveglianza nella quale siamo da tempo immersi.

Bambini

Sabato 23 novembre 2024 alle 17,00 nella Villa Di Bella di Viagrande (CT) parteciperò a un evento dal titolo Leave the Kids alone / Lasciate in pace I bambini. Sulle pedagogie transumaniste. Ne discuterò con Marialisa Granata, Davide Miccione e Luisa Ragonese.

«La questione femmine/maschi, la questione gender, va compresa in particolare nell’ambito delle tendenze transumanistiche che agitano il presente e che si implementano ogni giorno nelle pratiche della cosiddetta Intelligenza Artificiale.
Per quanto potente, raffinata e frutto di investimenti miliardari, l’Artificial Intelligence è infatti soltanto un mezzo, un assai potente mezzo, volto non agli scopi per i quali viene di solito presentata, proposta, difesa. L’obiettivo di fondo è uno dei più antichi che varie culture umane abbiano immaginato e a volte perseguito, di solito però con strumenti religiosi e non tecnologici. Tale scopo è il transumanesimo, il progressivo abbandono dei limiti somatici e temporali dell’animale umano (la sua finitudine) per attingere invece forme e comportamenti di controllo accurato e completo del mondo e, in prospettiva, per non morire più.
[…]
Condizione ulteriore di tale riduzione è lo smarrimento dell’identità anche sessuale, sostituita da una ontologia flussica, che vede nella corporeità un abito volontaristico e non una necessità materica. Da qui l’invenzione e l’imposizione di una bizzarra neolingua che partorisce di continuo nuove categorie LGBTQ, LGBTQ2S, LGBTTQQIAAPP, che affianca a termini più o meno tradizionali – come lesbiche, gay, omosessuali, queer – formule sempre nuove quali transgender, asessuali, pansessuali, intersezionali, non binari, a due spiriti, intersessuali.
Si tratta anche in questo caso di un primato della volontà individuale sulla potenza del σῶμα, prospettiva che fa parte del più generale primato del velleitarismo teorico sulle strutture del reale, degli algoritmi sul materico, di una percezione completamente deformata rispetto al principio di realtà, rispetto a un’ontologia realistica che non ritiene il mondo frutto della percezione umana, della conoscenza umana, dello spirito umano».
(Ždanov. Sul politicamente corretto, pp. 107-110)

«Chiudo questo capitolo ribadendo dunque un’evidenza che per l’ideologia woke è tabù: la differenza (non la gerarchia, che è da respingere, ma proprio la differenza) tra il maschile e il femminile. Paul B. Preciado è un militante neofemminista spagnolo, autore di un manifesto contro ogni ‘stereotipo di genere’ che costituisce un’apologia dell’ano, «zone érogène commune à tous les humains sans différence de sexe, orifice non discriminant et marqueur d’égalité; “zona erogena comune a tutti gli esseri umani senza differenza di sesso, orifizio inclusivo e indicatore di uguaglianza”», il quale «s’impose comme le nouveau ‘centre universel contrasexuel’. D’où cet éloge déconstructionniste de l’anus, socle d’un universalisme enfin libéré de l’emprise des normes hétérosexuelles. […] Se situer par-delà le pénis et le vagin, organes de la différence des sexes, dont il faut cependant souligner qu’il ne s’agit que de ‘constructions sociales’; “si afferma come il nuovo ‘centro controsessuale universale’. Da qui questo elogio decostruzionista dell’ano, fondamento di un universalismo finalmente liberato dall’influenza delle norme eterosessuali. […] Situarsi al di là del pene e della vagina, organi della differenza sessuale, dei quali bisogna in ogni caso sottolineare che non sono altro che ‘costruzioni sociali’».
Tale versione analocentrica del mondo dice davvero molto sulla totale assenza di umorismo che è un altro dei limiti della visione woke della società.
Tutto questo contraddice talmente la realtà – realtà che esiste e che accade, al di là di ogni astrattezza decostruzionistica – da risultare alla fine insostenibile.
[…]
Essere maschi ed essere femmine non per volontà ma per natura è un’espressione della potenza della materia; alla Gender Theory va quindi rivolta una critica in primo luogo materialistica e per la quale neppure la filosofia dell’ano di Preciado e di altri potrà superare la prova del tempo, fondata com’è sui sogni di un visionario che saranno decostruiti e cancellati da una metafisica capace di rispettare il reale, tutto il reale, la realtà della differenza, anche la realtà della differenza tra femmine e maschi».
(Ždanov. Sul politicamente corretto, pp. 122-124)

Ždanov a Catania

Lunedì 18 novembre 2024 alle 18.00 alla libreria Feltrinelli di Catania sarà presentato Ždanov. Sul politicamente corretto (Algra Editore, 2024). A parlarne saranno Alessio Canini, Sarah Dierna e Davide Miccione.

«Ancora una volta tentiamo di comprendere il presente. Che esso ci appaia sereno, miserabile, labirintico, patetico, esaltante, creativo e altro e altro, tentiamo di comprenderlo con gli strumenti nostri – della comunità filosofica intendo, non di quella mediatica e spettacolare –, con gli strumenti del concetto e della sua libertà» (Ždanov, p. 11).

 

Russia

Prima di pubblicare sul mio sito una pagina sulla Russia che ho ricevuto da un amico ho chiesto a un’altra amica che conosce bene quel Paese (e non è affatto simpatizzante del suo attuale governo) se questa descrizione della vita quotidiana in Russia corrisponda a realtà o meno.
La sua risposta, della quale le sono grato, è stata assai chiara e ha confermato ciò che ormai da anni penso dell’Occidente anglosassone (non dell’Europa, della quale la Russia è parte fondamentale), vale a dire che si tratta di una civiltà spenta, di una democrazia fasulla, di uno spazio dominato sempre più dall’ignoranza (con la dissoluzione delle scuole e delle università) e soprattutto dall’asfissia, uno spazio dove più non si respira. È quanto ho cercato di argomentare nel mio libro sul politicamente corretto e quanto discuto spesso su questo sito.
Naturalmente non condivido l’afflato natalista di queste righe; la mia amica ha inoltre precisato che il sogno dell’‘Occidente con la Mercedes’ poteva valere nei primi anni dopo la fine dell’URSS, non più oggi. Ma al di là di questi e altri elementi specifici, confido che la pagina che segnalo possa offrire una prospettiva diversa su un Paese europeo nei confronti del quale l’informazione occidentalista e atlantista risulta particolarmente tossica.

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Non sappiamo mai il valore dell’acqua finché il pozzo non è asciutto

Nel suo canale Telegram, il giornalista Mikhail Onufrienko ha pubblicato la storia raccontata dal ristoratore Maxim, un tedesco che ha vissuto in Germania, Svizzera, Francia e America e ha lavorato nei migliori ristoranti del posto. Ha avuto l’opportunità di apprezzare la vita in quei paesi e di rimanere per vivere nei migliori. Tuttavia, si è trasferito nella città di Dobrograd, in Russia.

«Quando hai figli», dice Maxim, «e io ne ho due, inizi a pensare al futuro: non al tuo futuro, ma a quello dei tuoi figli. Ho cinquant’anni, ho vissuto la mia vita. Avrei potuto restare in Germania, ho lavorato in Austria, America e in altri posti. Ma quando hai figli, inizi a pensare a loro: in quale paese vivranno? Che tipo di futuro avranno? E non vedo un futuro per i miei figli in Germania, per dirla in parole povere.
I russi non si rendono conto di quanto siano liberi. Non si rendono conto di quanto siano liberi di parlare di quasi tutto ciò che vogliono qui. La società tedesca è cambiata negli ultimi vent’anni al punto che non c’è più libertà di opinione.
I russi mi sorprendono sempre: pensano che se si trasferissero in Europa, vivrebbero esattamente come qui, solo che guiderebbero tutti una Mercedes. Cerco di spiegarglielo, dico: ‘Ragazzi, non vi rendete conto di quanto siete fortunati a vivere qui’. Il novanta per cento dei russi vive in appartamenti di loro proprietà, mentre in Germania solo il due per cento vive in case di proprietà. Tutti gli altri affittano un alloggio.
In Germania, quando la gente vede un bambino che corre, qualche vecchia signora urla sempre: ‘Porta tuo figlio al guinzaglio!’ Qui, quando esco con mio figlio, tutti mi sorridono. Il novantacinque per cento delle donne e degli uomini, giovani e anziani, mi sorridono. La gente qui ama i bambini.
Non ho mai visto così tanti parchi giochi come in Russia. Sono stato in molti paesi e non ho mai visto così tanti parchi giochi. In Germania, se cammini per la città, vedi uno o due parchi giochi ogni centomila persone, ma qui, c’è un parco giochi in ogni cortile. È incredibile.
I tedeschi vivono per lavorare. Qui, la gente vive per vivere. Vuoi goderti la vita, solo per viverla. Mia moglie ha vissuto in Cina per sette anni, ha studiato alla Shanghai University e dice: ‘Non ho mai visto niente di più noioso dell’Europa, è solo una palude. La vita è così: casa-lavoro-casa-lavoro-casa-lavoro. Tutto qui, non c’è nient’altro. È noioso’. Qui in Russia, c’è un po’ di ‘azione’, dice. La gente vive vite vibranti».

Babilonia

Babilonia
Aldous
, 3 settembre 2024
Pagine 1-2

La natura profondamente teologica dell’opera narrativa e drammaturgica di Friedrich Dürrenmatt si esprime nei temi, nel lessico, nel significato complessivo dei suoi singoli romanzi, racconti, commedie e drammi. A volte però lo fa in modo palese e diretto, come nel caso di Un angelo è sceso a Babilonia.
Può una commedia scritta nel 1953, i cui protagonisti sono Nabucodonosor, mendicanti babilonesi, angeli e mercanti, può un simile testo parlarci del nostro presente? Può descrivere politici, funzionari, professori, medici, giornalisti, albergatori, bidelli contemporanei? Sì, può. La torre della ὕβρις politico-moralistica nella quale siamo immersi emerge vivida da una commedia che testimonia che cosa sia il grande teatro del Novecento.

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