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Modernità

La natura reazionaria e socialmente criminale del Partito Democratico è ormai confermata da una miriade di parole e azioni. Tra queste spiccano per la loro intelligenza le affermazioni della ministra Boschi a proposito della sua riforma costituzionale -nelle quali ha preso per fascisti anche i partigiani– e quelle della ministra Giannini sulla bellezza e modernità insita nell’essere precari.

«Dobbiamo abituarci all’idea di un mondo impostato su un modello economico di stampo americano, dove il precariato è la norma. Dobbiamo abituarci a vite con meno certezze immediate, fatte da persone che si spostano continuamente e dobbiamo incentivare i loro movimenti». Un concetto, questo, che la Ministra riprende da Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, che intervistato dall’Espresso ha spiegato come il modello sociale a cui si debba tendere sia quello statunitense, nel quale «bisognerebbe tassare tutto ciò che è immobile e detassare tutto ciò che è dinamico». (Fonte: Huffington Post, 4.5.2016)

A queste ridenti dichiarazioni il Prof. Andrea Miccichè -docente di Storia contemporanea presso l’Università Kore di Enna- ha risposto sulla lista del Coordinamento Unico di Ateneo di Catania. Il collega ha ricordato la modernità del nonno emigrante. Un modello, questo, al quale evidentemente si ispirano non soltanto gli ultraliberisti statunitensi ma anche il Partito e il Governo guidati da Matteo Renzi:

«Leggendo le parole del ministro ho pensato a mio nonno e alla sua modernità, perché non aveva certezze immediate e si muoveva continuamente. Stava una stagione in Venezuela, e poi tornava in Sicilia. Là faceva l’ambulante, qui il contadino, e con una plurima condizione: un po’ bracciante, un po’ piccolo(issimo) proprietario, un po’ mezzadro. Si muoveva continuamente da una parte all’altra del globo. Poi si è imborghesito, ma solo un po’,e ha limitato i suoi movimenti al continente europeo. Andava in Germania da manovale (o ‘mastro’, le fonti sono incerte, ma non doveva essere un gran ‘mastro’ evidentemente) e poi tornava giù in Sicilia  a mietere il grano, a raccogliere l’olio, a vedere i figli, perché erano sempre diversi ogni volta che li incontrava. Alternava professionalità in gran numero, però, e con gran modernità si muoveva continuamente. Come un ‘modello americano’. Magari di meno che in passato, ma continuava a essere modernissimo. Poi ha smesso di essere moderno e si è comprato un pezzo di terra e ha fatto di tutto per dare un’istruzione a suo figlio, affinché almeno lui avesse l’opportunità di vivere con meno modernità. La modernità se l’era già fatta lui per tutti, anche per i nipoti. Almeno quella era la sua speranza.
Ma malgrado tutto, malgrado i cedimenti finali, lo possiamo dire: quanta modernità americana in quella generazione di emigranti».

«Le vrai est un moment du faux»

Lui è tornato
(Er Ist Wieder Da)
di David Wnendt
Germania, 2015
Con: Oliver Masucci (Adolf Hitler), Fabion Busch (Fabion Sawatzki), Katja Riemann (Katja Bellini), Christoph Maria Herbst (Christoph Sensenbrink), Franziska Wulf (Vera Krömeier)
Trailer del film

er_ist_wieder_daNel punto di Berlino in cui si trovava il bunker nazionalsocialista ci sono oggi delle abitazioni private. In un loro cortile improvvisamente si sveglia Adolf Hitler. È un po’ malconcio, non sa di essere nel 2014, all’inizio fatica a rendersi conto della realtà in cui è ricomparso. Ma gli bastano poche ore per orientarsi e per capire che le condizioni della società tedesca e dell’Europa sono favorevoli a un suo ritorno. Le televisioni -che naturalmente lo scambiano per un ottimo caratterista- gli danno spazio, voce, megafono. Il Füher comprende che i suoi veri continuatori non sono i teppisti di estrema destra ma tutti coloro che  -da ogni parte politica- creano le condizioni affinché nascano sentimenti di difesa: che siano nazionalisti islamofobi o cosmopoliti dell’accoglienza universale. Ignorare che siamo anche animali territoriali è infatti un grave errore antropologico e politico. Dopo il successo televisivo, il revenant Hitler pubblica un libro che diventa un bestseller, interpreta un film e sfila di nuovo per le strade di Berlino, applaudito dai passanti.
Il carisma -nel senso weberiano- di Hitler fa di questo personaggio morto nel 1945 un ospite inquietante dell’immaginario collettivo. Lo scrittore Timur Vermes ne ha tratto un romanzo che David Wendt trasforma in un film a più strati, nel quale l’ironia si mescola alla sociologia, la fantasia alla tragedia, l’innegabile simpatia che il protagonista suscita si coniuga alla inquietante sincerità delle sue affermazioni. Allora come oggi Hitler non nasconde nulla del proprio progetto politico e per questo attira consensi. «”Lei è un mostro!” – ” Pensa questo? allora dovrebbe condannare tutti coloro che votarono questo mostro, erano tutti mostri? No, era gente comune che decise di votare un uomo fuori dal comune e di affidargli il destino del proprio paese. Lei si è mai chiesto perché il popolo mi segue? Perché in fondo siete tutti come me, abbiamo gli stessi valori’».
Er Ist Wieder Da penetra nel cuore di tenebra della storia contemporanea, nella sua tirannia mediatica, nella miseria che elegge personaggi ben modesti a membri delle attuali classi dirigenti, come coloro che oggi fanno politica intendendo con tale espressione i loro banali interessi finanziari. Il ritornato Hitler ha buon gioco rispetto a tale inadeguata feccia -formidabili gli epiteti con i quali gratifica alcuni attuali capi di governo- e riesce facilmente a incunearsi nella dismisura spettacolare della televisione e del web, che conquista con i suoi sguardi, i silenzi, le parole affilate e il condiviso delirio.
Questo è un film classico nella struttura ma situazionista nelle radici e debordiano nelle intenzioni: «Dans le monde réellement renversé, le vrai est un moment du faux» (La société du spectacle, § 9). Il falso Hitler magistralmente interpretato da Oliver Masucci mostra la verità di una società totalitaria che trasforma ogni istante reale nella falsità della comunicazione contemporanea.
Si ride molto, ci si diverte assai in questo film. E si pensa. Mi è sembrato geniale.

Storia / Paradigmi

Piccolo Teatro Strehler – Milano
La morte di Danton
(Dantons Tod, 1835)
di Georg  Büchner
Traduzione di Anita Raja
Con: Giuseppe Battiston, Fausto Cabra, Giovanni Calcagno, Michelangelo Dalisi, Roberto De Francesco, Francesco Di Leva, Pietro Faiella, Denis Fasolo, Gianluigi Fogacci, Iaia Forte, Paolo Graziosi, Ernesto Mahieux, Carmine Paternoster, Irene Petris, Paolo Pierobon, Mario Pirrello, Alfonso Santagata, Massimiliano Speziani, Luciana Zazzera, Roberto Zibetti
Regia di Mario Martone
Sino al 13 marzo 2016
Trailer dello spettacolo

DantonLa storia, a volte, si cristallizza in paradigmi. Bastano quindi i soli nomi a evocare intere visioni della politica e della convivenza umana. Robespierre e Danton sono due di questi nomi evocativi e paradigmatici. L’intransigenza opposta al realismo, la virtù assoluta contro i piaceri della vita, la solitudine del potere preferita alla sua condivisione. Ma i nomi dei due giacobini possono davvero essere ridotti a questo? No, naturalmente. Gli eventi che videro Danton e Robespierre agire insieme contro la monarchia francese e poi dividersi sul corso che la Rivoluzione avrebbe dovuto prendere sono vicende assai più complesse. Danton fu infatti il primo presidente di quel Comitato di salute pubblica che poi lo processò e lo portò alla ghigliottina il 5 aprile 1794, per volontà anche del suo successore Maximilien de Robespierre che venne a sua volta giustiziato il 28 luglio di quello stesso anno.
La Rivoluzione Francese oscilla dunque da sempre tra il progetto di una palingenesi che stabilisca la giustizia nel mondo e la sferzante definizione che Nietzsche ne diede di «orgia della mediocrità» (Frammenti postumi 1887-1888,  fr. 9 [116], p. 59 dell’ed. italiana Adelphi, 1979).
È difficile mettere in scena questa complessità, queste contraddizioni. Georg Büchner ne trasse un testo assai concettuale che pochi registi hanno avuto il coraggio di affrontare. Mario Martone lo fa con una compagnia molto numerosa, con i mezzi e il fasto di scenografie ispirate agli artisti dell’epoca e in particolare a Jacques-Louis David, con tanta ambizione. Ma il risultato è modesto. Gli attori sembrano infatti forzati a stare nella loro parte, alcuni recitano addirittura male e con voci troppo deboli, la macchina drammaturgica risulta prevedibile nel suo svolgersi scenico. Soprattutto questa Morte di Danton non trasmette emozioni. E questo nell’arte è un limite fondamentale. Tanto più in uno spettacolo che mette in scena paradigmi così assoluti.

Assemblea

Non si tratta dei professori, che hanno il lavoro in ogni caso assicurato.
Non si tratta di non volersi fare valutare: la maggior parte di noi svolge infatti ricerca qualificata e pubblica molto.
Non si tratta di soldi.
Si tratta di voi.
Voi studenti, ai quali stanno rubando il futuro.
Voi studenti del Sud d’Italia, in particolare, ai quali stanno sottraendo interi Corsi di Laurea.
Voi studenti le cui prospettive di ricerca, di studio, di lavoro sono drammaticamente negate da insensati tagli alla Scuola e all’Università.
Si tratta di voi e delle vostre famiglie.
Si tratta dell’intero corpo sociale.
Per discutere di tutto questo i docenti dell’Ateneo di Catania si riuniranno lunedì 1.2.2016.
Siete invitati.

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Parliamo dello STOP VQR: una questione di dignità per i docenti italiani?

Con migliaia di adesioni personali e centinaia di mozioni di dipartimenti e di Senati Accademici in tutta Italia, i docenti universitari italiani hanno chiesto al governo di restituire all’università del nostro paese  – per una volta – il maltolto.

L’Italia infatti figura ormai da tempo ultima dei Paesi OCSE per i fondi destinati all’Università e alla ricerca con un misero 1% del PIL. Il rapporto docenti/studenti è il peggiore d’Europa, la docenza la più anziana e peggio pagata. Le tasse d’ iscrizione sono cresciute negli ultimi 7 anni del 51%: il più elevato incremento a carico di studenti e famiglie verificatosi a livello mondiale. Oggi l’accesso all’istruzione universitaria italiana è il più costoso d’Europa, dopo quello di UK e Olanda; inoltre da noi il diritto allo studio è stato di fatto smantellato: solo il 7% degli studenti riceve una borsa di studio a fronte del 27% della Francia e del 30% della Germania. Negli ultimi 5 anni il 97% delle giovani leve è emigrato all’estero, mentre è drammatico il generale calo delle immatricolazioni che assume le dimensioni di un crollo al Sud: nel 2012 -16% rispetto al 2000-2001 in Sicilia, -19,8% in Calabria, -21,9 in Sardegna.

In questo clima il blocco stipendiale ha creato una situazione insostenibile, soprattutto per i giovani docenti e le nuove leve della ricerca (che hanno perduto oltre 100.000 euro nell’intera carriera, senza considerare il danno nel trattamento pensionistico a regime).

Abbiamo chiesto perciò al governo ciò che ci spetta, ovvero:

– Lo sblocco stipendiale dal 2015

– Il riconoscimento del quadriennio 2011-2014 ai fini della ricostruzione della carriera

– Un recupero del turn-over e dei pensionamenti,  per non chiudere i corsi di laurea, non contrarre l’offerta formativa, non deprimere ancor più la ricerca tra le nuove generazioni.

Alle richieste dell’Università il governo non si è nemmeno degnato di rispondere, come se l’università non avesse dignità e diritto di parola. Sarebbe bastato, forse, prendere in considerazione almeno una tra queste richieste. Non lo si è voluto fare (ma ci si è ostinati a imporre la misura assurda, rischiosa e demagogica dei 500 superprofessori “ministeriali”). Con l’università, dunque, non si parla, non si ragiona, non si “tratta”. L’università non esiste, è solo una voce nel budget dello Stato da tagliare o un argomento demagogico da sollevare quando fa comodo. Anche la Crui è stata presa a pesci in faccia. Oggi intendiamo riprendere la nostra dignità e il nostro diritto di parola, aldilà degli annunci demagogici della politica.

Le risorse già insufficienti destinate all’alta formazione sono oggi  attribuite sulla base di due parametri: il costo standard necessario alla formazione di ciascuno studente sul territorio nazionale, un parametro del tutto inappropriato quando si deve finanziare la crescita culturale del paese, e la qualità della ricerca stimata attraverso il parametro VQR (Valutazione della Ricerca), un elefantiaco sistema di valutazione che ha creato una situazione di confusione montante e di conflittualità. Tra l’altro a questo metodo di valutazione sono sottoposti docenti sottopagati e del tutto privi, da anni, di fondi per la ricerca, cioè delle risorse minime per ottenere i risultati per i quali sarebbero valutati. Il risultato di queste politiche è stato la penalizzazione di risorse, di aree disciplinari, di atenei e territori, soprattutto (ma non esclusivamente) al Sud.

Chiariamo subito che siamo per la valutazione, una valutazione seria che non guardi a numeretti (IF e citazioni) su cui molti organismi internazionali hanno seri dubbi, ma alla qualità reale della produzione.

La protesta STOP VQR intende porre un punto di svolta e di non ritorno.

Non è vero che sia responsabile implementare un sistema che non valuta ma punisce.

Per scegliere insieme le forme di protesta e proporre un’azione comune che sia efficace è convocata una

ASSEMBLEA  DEL  PERSONALE  DOCENTE

E  TA  DELL’ATENEO DI CATANIA

LUNEDI’ 1 FEBBRAIO ALLE ORE 17,00 PRESSO L’AULA 3 DEL PALAZZO CENTRALE

USPUR – SEZIONE DI CATANIA

RETE29APRILE – NODO DI CATANIA

CUDA – COORDINAMENTO UNICO DI UNICT PER UN’UNIVERSITA’ PUBBLICA LIBERA, APERTA E DEMOCRATICA

Per l'Università

I colleghi del Dipartimento di Chimica dell’Università di Catania hanno inviato al Rettore una lettera che mi è sembrata chiara nelle motivazioni, rispettosissima nel tono, giustamente attenta a rilevare la natura temporanea e non irreversibile del nostro rifiuto di indicare i testi da sottoporre a valutazione, ferma nel sottolineare che si tratta di una questione di giustizia (anche nel confronto con altre categorie) e di dignità. La pubblico qui anche per offrire agli amici che frequentano il sito qualche informazione in più sulla situazione dell’Università italiana (informazioni difficili da trovare sulla stampa).
Sullo stesso tema si possono leggere inoltre:
– la Mozione del Senato Accademico dell’Università di Catania sui tagli alla ricerca
–  un vivace documento dal titolo #VQRStaiSerena

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Magnifico Rettore,

lo scorso 25 giugno alcuni di noi hanno chiesto di incontrarLa per informarLa dell’iniziativa che era in corso in tutta Italia contro il blocco delle classi e degli scatti stipendiali della Docenza Universitaria rimasto in vigore per tutto il quinquennio 2011-2015.
Lei ci ha gentilmente accolto, mostrando comprensione per il nostro disagio.
Come Lei sa, la CRUI, in una lettera del 23 luglio ha chiesto alla Ministra Giannini di porre rimedio a questa ingiustizia, che vede noi Docenti Universitari unica categoria della pubblica amministrazione ad avere gli scatti stipendiali bloccati anche per il 2015.
Il movimento per lo sblocco degli scatti stipendiali ha inviato, in data 30 settembre 2015, una lettera al Presidente della Repubblica, firmata da 14.044 Docenti, pubblicata, con i nomi dei firmatari, sul sito:

https://sites.google.com/site/controbloccoscatti/home/lettera-al-presidente-della-repubblica-2015

Il Presidente della Repubblica, il Chiar.mo Prof. Sergio Mattarella, ci ha cortesemente risposto (la relativa lettera è sullo stesso sito). Ci ha comunicato che, sebbene non possa intervenire non essendo nelle sue prerogative influire in materie  di competenza del Governo (circostanza a noi nota, ma contavamo su sue azioni di persuasione morale), “in ragione della rilevanza delle questioni esposte  ha trasmesso tutto al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per le valutazioni di competenza” (parole testuali).
Come Le sarà noto, oggetto della nostra richiesta non sono aumenti, ma solo l’adeguamento stipendiale che ci sarebbe spettato in virtù del “contratto” stipulato con lo Stato quando ciascuno di noi è stato assunto: chiediamo lo sblocco degli scatti a partire dal 1° gennaio 2015, come tutte le altre categorie del pubblico impiego, e il riconoscimento giuridico del quadriennio 2011-2014 (un quadriennio della nostra attività altrimenti cancellato per sempre!), anche questo ottenuto dalle altre categorie del pubblico impiego.
Il movimento per lo sblocco degli scatti stipendiali ha da tempo  deciso d’intraprendere un’azione incisiva per sollecitare la Ministra e il Governo a sanare questa situazione.
L’azione è molto semplice: temporaneamente non aderiamo alla VQR, in attesa che venga rimosso il blocco degli scatti stipendiali nei termini anzidetti.
Concretamente non  selezioneremo le pubblicazioni per la VQR, non caricheremo i prodotti in formato .pdf e  non daremo la nostra disponibilità a fare da valutatori. Inoltre, chi non ha ancora il codice ORCID non lo richiederà e chi lo ha già (molti lo hanno già da anni) non effettuerà l’associazione ORCID-IRIS, o la cancellerà.
Riteniamo che questa forma di protesta, anche per la sua natura temporanea e non irreversibile, molto civile e  composta. In un primo momento sono state considerate anche altre azioni di protesta, quali il blocco dell’attività didattica, degli esami,  della discussione delle tesi, ma queste sono state scartate poiché, nell’immediato, avrebbero creato grandi disagi soprattutto agli studenti  ed alle loro famiglie (che non hanno responsabilità alcuna), piuttosto che al nostro diretto interlocutore (il Ministero e il Governo). E teniamo a sottolineare che proseguiamo regolarmente anche la nostra attività scientifica.
Precisiamo inoltre che la valutazione della ricerca non è l’oggetto della nostra protesta: l’astensione temporanea dalla VQR è solo un modo per vedere riconosciuto il nostro diritto negato.

È anche una questione di dignità, per cui non possiamo accettare di essere discriminati rispetto ad altre categorie del pubblico impiego.
La protesta sta crescendo in tutta Italia, con singoli, Dipartimenti, Senati accademici che stanno via via esprimendosi a favore. Ad oggi si contano  102 delibere di Consigli di Dipartimento, 25 delibere di Senati Accademici, 21 mozioni, 9 lettere ai Rettori, 1 delibera di Consiglio di Amministrazione. Su Sua richiesta possiamo  fornirLe tutti i riscontri oggettivi di questi dati.
Non potranno essere trascurati gli aspetti di alterazione della validità della VQR nel caso in cui la Ministra e il Governo volessero malgrado tutto portarla in porto egualmente. Aspetti che potrebbero arrivare a coinvolgere anche il corretto confronto fra gli Atenei, ma soprattutto la validità di un esercizio di Valutazione della Qualità della Ricerca Italiana tanto vantato, con ripercussioni a livello internazionale e in particolare sui rapporti con l’Unione Europea.
Contiamo e sollecitiamo una Sua richiesta forte, esercitata direttamente di persona (l’invio di messaggi ci sembra poco incisivo e verrebbe quasi sicuramente ignorato) presso la Ministra dell’Università e della Ricerca, di tutti i Ministri coinvolti, fino al Presidente del Consiglio, che si aggiunga alla nostra per aiutarci a far comprendere al Governo che tutto potrà proseguire normalmente a condizione che si trovi un punto di equilibrio, soddisfacente per tutti, tra le nostre richieste e quanto (assai poco) ci è stato concesso nella legge di stabilità. Riteniamo che un Suo intervento, in appoggio alla nostra protesta, possa risultare ancora efficace per favorire l’accoglimento delle nostre richieste in provvedimenti successivi alla legge di stabilità, come il classico decreto “milleproroghe” di fine anno (che deve ancora essere convertito in legge) o provvedimenti “ad hoc” successivi. Quindi non è tardi per un Suo intervento insieme a noi. E contiamo anche su sue prese di posizioni sulla stampa locale e nazionale, oltre a quanto Lei vorrà mettere in atto di Sua iniziativa.

Infine, teniamo a sottolineare che siamo Docenti attivi in tutte le attività accademiche e pertanto ci riserviamo di adire tutte le azioni, anche legali, nei riguardi di chiunque volesse classificarci come “docenti inattivi”, così come ci riserviamo di adire analoghe azioni nei riguardi di chiunque effettuasse per nostro conto azioni lesive delle nostre prerogative o azioni che le attuali procedure della VQR riservano a noi, quali la scelta delle pubblicazioni da sottoporre alla VQR.
La ringraziamo per l’attenzione e, qualora lo ritenesse utile, saremmo lieti di incontrarLa per chiarire ulteriormente  le ragioni della nostra iniziativa.

Cordiali saluti,
segue elenco dei firmatari

Mozione del Senato Accademico dell’Università di Catania sui tagli alla ricerca

Il Senato Accadcon_la_culturaemico è il più importante organo collegiale eletto da docenti, personale amministrativo e studenti in ogni Università italiana. Nella seduta del 21.12.2015 il SA del mio Ateneo ha approvato un importante documento (che pubblico qui sotto), i cui contenuti sono confermati dai dati esposti in un articolo di Roars: Università, l’Italia taglia, la Germania investe.
Per capire alcuni contenuti di questo testo aggiungo due informazioni: uno dei governi Berlusconi/Tremonti ha nel 2008 stabilito -e i governi del Partito Democratico hanno successivamnte confermato- che per assumere un nuovo docente è necessario che cinque vadano in pensione; nel mio Dipartimento (Scienze Umanistiche) tre anni fa eravamo in 180, adesso siamo ridotti a 131 docenti, i quali debbono sostenere in ogni caso ben 13 Corsi di laurea. È del tutto evidente che in questo modo l’Università muore per inedia, per fame. Ed è altrettanto evidente che il futuro appare problematico per i numerosi studenti ricchi di talento e di passione, nel caso in cui volessero intraprendere la carriera accademica. Non ci sono soldi? Non è vero, i soldi ci sono per tante altre destinazioni: ad esempio per l’insensata occupazione dell’Afghanistan e di altre terre, la quale costa alle finanze pubbliche 2,7 milioni di euro al giorno («Tutti soldi “civili” usati per spese militari: generosi finanziamenti integrativi strutturali al bilancio della Difesa, come i miliardi di contributi del ministero dello Sviluppo economico per l’acquisto di armamenti»). Che cosa si potrebbe ottenere con una tale cifra a favore di sanità, scuola e università? Anche per questo quello di Renzi è un governo criminale, perché uccide la ricerca e il futuro.

*********

L’Italia, contrariamente ad altri Paesi europei e alla maggioranza di quelli OCSE, ha scelto, in questi anni, di ridurre il finanziamento pubblico dell’istruzione universitaria e della ricerca, in una contingenza storica particolarmente difficile, caratterizzata da una crisi economica che sta consigliando agli altri Paesi di investire in innovazione per realizzare una radicale ristrutturazione dei propri sistemi produttivi. Questa scelta non è priva di conseguenze strutturali: pesante riduzione degli organici del personale docente e di quello tecnico-amministrativo, con riduzione altrettanto significativa del potenziale formativo e conseguente necessità di introdurre il numero programmato in sempre più corsi di studio. Il disinvestimento nell’Università ha anche comportato una riduzione degli interventi finanziari a sostegno del diritto allo studio.

Le conseguenze negative di questo stato di cose si misurano, soprattutto, in termini di opportunità di futuro per le giovani generazioni: si riduce, in particolare al Sud, il numero dei giovani che, completato il ciclo di istruzione superiore, decidono di immatricolarsi all’Università, in un Paese che presenta un gravissimo deficit di laureati, non soltanto rispetto ai Paesi europei più sviluppati, ma anche a quelli che sono in condizioni di sviluppo economico meno pronunciato.

In questo contesto, il sistema universitario italiano ha, tuttavia, mostrato un grande senso di responsabilità nei confronti del Paese: ha contribuito attivamente alla buona riuscita dei processi di valutazione della ricerca e di accreditamento dei corsi di studio; ha realizzato una produzione scientifica di qualità, nonostante la (quasi) scomparsa del finanziamento pubblico nazionale dei progetti di ricerca; ha contribuito, più di ogni altra categoria del pubblico impiego, al risanamento della finanza pubblica, subendo un blocco delle progressioni stipendiali temporalmente più lungo.

Il Senato Accademico dell’Università di Catania, pur convinto dell’importanza della valutazione per garantire una compiuta responsabilizzazione delle Università, ritiene che, permanendo la scelta di riduzione del finanziamento pubblico degli Atenei, i processi di valutazione non potranno garantire efficacemente il riconoscimento del merito e, pertanto, comprende il clima di sfiducia nei confronti della VQR, rilevabile dalle mozioni deliberate da numerosi Consigli di Dipartimento dell’Ateneo, così come di molti altri Atenei e dello stesso CUN, condividendo la posizione assunta dalla Conferenza dei Rettori nei confronti dell’esercizio di valutazione.

Il Senato Accademico, altresì, chiede al Governo:

  • Un piano straordinario di reclutamento di ricercatori a tempo determinato, in particolare di tipo b).
  • Una seconda tranche di finanziamento del piano straordinario associati e l’attivazione di un piano straordinario per il reclutamento di professori ordinari.
  • Finanziamenti adeguati a garantire a tutti gli studenti bisognosi e meritevoli il loro diritto allo studio, attraverso le borse di studio e anche con un investimento sulle strutture.
  • La rimozione del blocco degli scatti stipendiali dal 2015 e il riconoscimento, ai soli fini previdenziali, del quadriennio 2011-2014.
  • Il rinnovo dei contratti del personale tecnico-amministrativo, nonché un finanziamento per un piano straordinario di assunzioni.
  • Un finanziamento adeguato dei piani di ricerca nazionali.

Il Senato Accademico ritiene, inoltre, che vadano ripensati i criteri di ripartizione della quota premiale del FFO, evitando che essi siano ancora una volta ricollegati alla VQR, privilegiando, invece, una valutazione dei progressi nella qualità della didattica e della ricerca che tenga conto dei punti di partenza dei singoli Atenei.

Il Senato Accademico chiede al Rettore di farsi portatore, nelle sedi opportune, dei contenuti di questa mozione e di promuovere, presso la CRUI, un’azione coordinata a livello nazionale anche per affermare il ruolo primario del sistema pubblico dell’istruzione universitaria e della ricerca nella crescita di un Paese moderno.

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