Skip to content


«Chi si fa verme»

E dunque la seconda presidenza Trump sta cancellando le finzioni con le quali la colonia Europa ha giustificato a se stessa la propria servitù agli Stati Uniti d’America.
Ora il dominio del padrone americano appare per come realmente è: brutale, colonialistico, violento. Merito di questo miliardario è aver sollevato il velo – «sfrondato gli allori», direbbe Ugo Foscolo – e posto davanti agli occhi degli europei la verità del dominio e della servitù.
I ciechi non vedono, sennò non sarebbero ciechi, e tuttavia è talmente palese il disprezzo degli USA verso i colonizzati europei da gettare nello sconcerto i ceti dirigenti delle nazioni prone e il corrotto governo  dell’Unione Europea guidato da Ursula von der Leyen. Non si aspettavano proprio di essere ricambiati con il soldo dell’umiliazione, dopo aver fatto in tutto e per tutto gli interessi degli USA, distruggendo l’Europa in una guerra per procura contro la Federazione Russa e persino accettando il sabotaggio del gasdotto NordStream2 che riforniva di gas russo Germania ed Europa a costi molto vantaggiosi.
La psicologia collettiva e la filosofia della storia ci insegnano da sempre che un padrone può ben avvalersi dell’opera dei servi ma naturalmente non li rispetterà mai, proprio perché sono servi.
Tra i Paesi europei l’Italia è particolarmente disprezzata. Nel maggio del 2022 ponevo infatti «una semplice domanda: che cosa ha fatto la Federazione Russa all’Italia? In quali circostanze, modi, azioni ha aggredito il territorio italiano o le sue rappresentanze, ha tradito gli accordi commerciali o politici, ha leso i diritti dei cittadini italiani?»
La risposta è: niente, la Russia non ha fatto niente all’Italia nella sua storia recente. E tuttavia, pur senza aver subìto dalla Russia il minimo affronto o pericolo, l’Italia ha contribuito e sta contribuendo in modo massiccio – militarmente, finanziariamente, politicamente – alla guerra degli USA e della NATO contro la Russia. E questo anche a costo di sottrarre risorse finanziarie (soldi) alla sanità, alla scuola, all’università, ai trasporti. Lo fa il governo Meloni e lo fanno con altrettanto zelo le cosiddette ‘opposizioni’ guidate da quella entità penosa che è il Partito Democratico.
Perché accade? Perché, come spesso nella sua storia, l’Italia e i suoi governi sia di ‘destra’ sia di ‘sinistra’ sono senza onore, il che vuol dire che non fanno gli interessi degli italiani ma quelli dei padroni che guidano tali governi, ridotti a colonie.
«Wer sich aber zum Wurm macht, kann nachher nicht klagen, daß er mit Füßen getreten wird.
Ma chi si fa verme, non può poi lamentarsi d’essere calpestato»
(Immanuel Kant, Die Metaphysik der Sitten – La Metafisica dei costumi [1797], trad. e note di G. Vidari, Laterza, Bari 1973, parte II, I sezione, II capitolo, p. 297).
A proposito di metafore e similitudini etologiche, ha ragione Alberto Capece quando scrive che «la povera Europa strilla e corre senza meta come un gallina senza testa»…
Dolorosa e sostanziale testimonianza di tutto questo è infatti che la stessa struttura politica – l’Unione Europea e le sue articolazioni finanziarie – la quale con Draghi e con von der Leyen aveva per anni escluso categoricamente che si potesse deviare dal cosiddetto «patto di stabilità» per fornire ai cittadini europei i servizi sanitari, scolastico-universitari, pensionistici, dichiara ora che tale ‘patto’ può e deve essere sospeso per riempire l’Europa di armi. Ciò che non si poteva fare per salvare la sanità, i bambini, gli anziani, la formazione scolastica e universitaria, i trasporti, il lavoro (in Grecia e in tutta Europa) è ora richiesto e voluto per continuare una guerra e incrementare il militarismo, per dissipare in questo modo le risorse e le vite dei cittadini europei.
Qui si mostra la reale natura del liberismo e del capitalismo, una natura che è sempre guerrafondaia, sempre distruttiva, sempre antisociale.
E ancora una volta trova conferma la tesi che soltanto dalla dissoluzione dell’Unione Europea potrà forse rinascere la civiltà europea, ora in mano a un ceto dirigente globalista e delirante, un’Europa che mai era stata così politicamente umiliata.

Mitridate

Mitridate
Aldous
, 26 ottobre 2024
Pagine 1-2

Da vari decenni non possiedo un televisore e quando mi capita di dormire in un albergo mi sottopongo a un piccolo esperimento: accendo la TV e guardo per qualche decina di secondi i primi 50/60 canali memorizzati. Scorrono quindi tutte le reti RAI, quelle di Mediaset, la7 e numerosissime emittenti locali. In questo articolo parlo dei risultati di tale esperimento.

I nemici delle libertà

Il collega Vincenzo Costa – professore ordinario di Filosofia teoretica nell’Università Vita e Salute di Milano – ha sempre il pregio della chiarezza, della sintesi e del coraggio. Condivido per intero la sua analisi della fine di ciò che è stato la sinistra.
Aggiungo solo che quanto oggi chiamiamo sinistra e ciò che definiamo destra sono due costrutti linguistici atti a perpetuare il dominio, la confusione, l’illusione di stare da una parte o dall’altra quando invece si è di fatto componenti di una stessa struttura politica ed esistenziale, tesa a colonizzare il pensiero, l’Europa, la nostra vita quotidiana.

========

Io ho paura della sinistra
Vincenzo Costa, 22.9.2024 

Io ho paura della sinistra.
Non che interessi a nessuno o che abbia qualche rilevanza. Ma credo che per onestà tra tutti noi e gli amici che mi hanno chiesto l’amicizia bisogna fare un po’ di chiarezza.
C’è chi ancora critica la sinistra per farla tornare ad essere ‘sinistra”. Costoro pensano che comunque sia meglio della “destra”.
E c’è chi invece pensa che da questa sinistra, dalla sua cultura, dai suoi gruppi dirigenti e anche dal suo elettorato non possa venire nulla di buono.
C’è chi ha paura della “destra”. Per quanto questa destra sia odiosa, volgare, con elementi da studiare col metodo lombroso, io ho più paura della sinistra.

Non ho paura del fascismo di destra, ma del totalitarismo della sinistra.
Questi non solo hanno tutti i mezzi di informazione ma vogliono chiudere quei pochi mezzi di comunicazione che utilizza chi dissente.
I fascisti veri, odierni, sono Gentiloni, la Von der Leyen, Bonelli, che vorrebbe impedire di parlare ai negazionisti.
Io ho paura di questi, ho paura dei preconcetti della cultura di sinistra, delle etichettature. Non si può parlare con gente di sinistra, perché il codice è psicotico.
Tu poni un problema sull’immigrazione, sul rischio che si cancellino le culture, sull’esercito di riserva industriale e subito il solito salame sull’identità etc.
Che avere un’identità sembra una sorta di infamia. Che le culture sono il male. Certo, meglio l’infifferenziato, la melassa.
C’è chi pensa che la Rackete sia una compagna, e chi (come me) pensa che appartenga a quelli che per nascita cadono sempre insieme. Una privilegiata.
E se non ci piace Salvini e il suo ghigno, non ci piace neanche chi viola la sovranità del nostro paese, che ancora non è proprietà di Soros.
C’è chi ama la Salis, la compagna da tirare fuori dalle carceri fasciste (ste cazzate mi tocca ancora sentire), e chi , come me, la disprezza, ma proprio radicalmente.
Perché se una va a fare il turismo antifascista nell’unico paese che nella NATO si oppone alla follia della guerra o è stupida o, beh, mi evito di dire, che il buon Greaber aveva le idee chiare su come la CIA oramai usasse le organizzazioni di sinistra quale miglior alleato.

Io penso che da questa sinistra non possa venire niente di buono, che la sua cultura sia un insieme di pregiudizi, che si muova ancora come se il potere fosse la nobiltà e il clero, le oppressioni fossero quelle delle tradizioni clericali, della monarchia.
Ci si vede come se si vivesse nel 700.
Penso sia inutile questa sinistra, che sia la punta avanzata dell’oppressione, la faccia linda del dominio, che alla fine è una sorta di internazionale pelosiana.

Non mi piace la destra, ma non mi fa paura.
Sono volgari, ma si possono combattere.
La sinistra mi fa paura, e’ subdola, maschera il potere coi buoni sentimenti, e’ il modo in cui il potere si impone oggi.
A me tutto ciò che è di sinistra irrita, lo avverto falso, meschino, un sentimento mortifero della vita.
Mi irrita il fronte popolare, che ha portato voti a Macron, mi irrita il campo largo, mi danno fastidio i 5 stelle, che il governo contro la guerra con chi lo fanno poi, col PD? non reggo la famiglia fratoianni, gente senza arte né parte, che non ha mai lavorato un giorno.
Forse non nascerà più niente, ma se qualcosa mai nascerà non nascerà da questa immondizia, ma contro di essa
Ora, ho fatto il post per onestà. Ognuno è libero di togliere l’amicizia.
Onestamente a sinistra per me manca l’aria, si soffoca. E la libertà non ha prezzo.

[Il dipinto in apertura è di Giuliano Giuggioli]

Storia

La Longue durée
Sulla storiografia di Fernand Braudel e delle Annales

in Dialoghi Mediterranei
n. 69, settembre-ottobre 2024
pagine 30-39

Indice
-Les Annales
-Braudel
-Weber
-Civiltà
-La storia e il presente: il capitalismo come economia-mondo
-Liberismo e colonialismo

Se i cittadini di una società che si ritiene libera e democratica ignorano la storia, quella loro pretesa e credenza è di fatto un’illusione. È infatti un grande vantaggio che coloro sui quali si comanda non conoscano le strutture sociali del passato e gli sviluppi che hanno condotto alla situazione politica del presente. In questo modo essi penseranno che il presente sia tutto, che esso sia inevitabile e che non ci siano alternative alle condizioni dell’oggi.
Questa è la vera ragione per la quale nelle scuole italiane ed europee si studia sempre meno la storia dell’Europa e del mondo.
Questa è la vera ragione della spaventosa ignoranza che i cittadini italiani – anche i più istruiti – mostrano in media verso il passato della loro società, anche verso il passato recente.
Questa è la vera ragione che sostituisce allo studio dei documenti del passato il luccichio degli strumenti virtuali del presente, completamente ignari di quanto accaduto nelle epoche trascorse, dalle quali l’oggi è germinato.
La ragione sta come sempre nel dominio, sta nella volontà di dominio. Un cittadino che conosce le complesse strade che hanno portato al mondo in cui vive si farà ingannare più difficilmente di un cittadino che le ignora.
Nelle scuole, dalle elementari ai licei, lo studio della storia è sempre più tragicamente marginale. E so anche di Dipartimenti universitari nei quali lo studio della storia si limita a microproblemi, a programmi che comprendono lo studio di famiglie più o meno insignificanti, a questioni di carattere iperlocalistico e frammentario, ignorando del tutto (nel senso letterale che i professori non ne parlano ai loro studenti) le grandi strutture epistemologiche della storiografia del Novecento, la storiografia che ha creato opere fondamentali e illuminanti come quelle di Marc Bloch, di Max Weber, di Fernand Braudel, delle Annales; una storiografia che ha compreso le dinamiche profonde della storia umana come storia della Lunga Durata.
È quindi con l’intenzione di offrire un servizio rivolto particolarmente agli studenti, e a chiunque fosse interessato, che ho cercato in questo breve saggio di presentare la storiografia del Novecento, poiché senza una conoscenza attenta, rigorosa e scientifica del passato non è possibile comprendere il presente, non possiamo sapere chi siamo e che cosa ci sta accadendo.
Senza una conoscenza attenta, rigorosa e scientifica del passato rimaniamo dei servi.

Ždanov

Ždanov
Sul politicamente corretto
Algra Editore, 2024
«Contemporanea, 9»
Pagine 160
€ 14,00

In una libera Repubblica è lecito a chiunque di pensare quello che vuole
e di dire quello che pensa.
(Spinoza, Tratctatus Theologico-Politicus, titolo del cap. XX)

 

 

Questa la quarta di copertina, firmata da Davide Miccione, Direttore della collana nella quale il libro esce:
«Il politicamente corretto, l’oblio del corpo e della biologia, il crollo di ogni tentativo di trasmettere un’attitudine alla comprensione del reale, l’odio per la propria storia culturale e le sue feconde contraddizioni, il tentativo di operare ortopedicamente sul linguaggio. Questi sono alcuni degli argomenti di Ždanov. Evocando sin nel titolo i guardiani delle più ottuse ortodossie novecentesche Biuso compie una difesa solenne e dolente e a volte dura e beffarda della necessità di serbare il pensiero, la libertà e la nostra natura cercante di fronte a chi ha deciso di maneggiare la bontà e i valori come fossero un randello o un sudario» .

E questa è la pagina introduttiva:
«Andrej Aleksandrovič Ždanov (1896-1948) fu, tra l’altro, capo del Dipartimento per l’agitazione e la propaganda dello Stato Sovietico. In questa veste elaborò una Dottrina per la quale ciò che viene chiamato scienza, cultura e conoscenza deve essere sempre subordinato agli scopi supremi della pubblica autorità, a ciò che tale autorità ritiene essere un Valore, costituire il Bene. Questo libro intende mostrare che lo spirito di Ždanov, lo ždanovismo, pervade di sé molti fenomeni collettivi e molta elaborazione culturale del XXI secolo e soprattutto intrama la tendenza omologatrice, uniformante e politicamente corretta dei media, della rete Internet, delle università e dei governi. In questo senso, Ždanov non è un testo dedicato soltanto al politicamente corretto ma costituisce un tentativo di ragionare sulla difficoltà o persino sulla impossibilità di buona parte della cultura dominante di pensare il mondo. Di questo inciampo il politicamente corretto è spesso l’aspetto più grottesco e in ogni caso emblematico e assai grave.
Naturalmente, il libro avrebbe potuto intitolarsi anche Goebbels. Sul politicamente corretto» (p. 9)

Il libro si compone di una premessa, sei capitoli e l’indice dei nomi:

Un titolo
1. Un sintomo
2. Umanitarismo
3. Contro l’etica
4. La dissoluzione della scuola e delle università
5. Femmine e maschi
6. In difesa delle libertà
Indice dei nomi

Il volume è disponibile in varie librerie e sul sito dell’editore, che ringrazio ancora una volta per l’apertura e il coraggio che mostra nel pubblicare libri così critici nei confronti delle idee dominanti.

 

Recensioni

Marcosebastiano Patanè su il Pequod, n. 10, dicembre 2024

Federico Nicolosi su Dialoghi Mediterranei, n. 70, novembre-dicembre 2024

Stefano Isola su ACrO-Pólis, 25 agosto 2024

Marta Mancini su Aldous, 3 luglio 2024

Enrico Palma su Il Pensiero Storico. Rivista internazionale di storia delle idee, 11 giugno 2024

Sergej su girodivite.it, 23 maggio 2024

Sarah Dierna su Discipline Filosofiche, 29 aprile 2024

 

Potere e IA

Mutamenti politici e intelligenze artificiali
in Dialoghi Mediterranei
n. 66, marzo-aprile 2024
pagine 30-36

Indice
-Una premessa: l’Occidente 
-Algoritmi e transumanesimo
-Intelligenze artificiali e vita della πόλις 
-Lo spazio politico del sé

La fusione tra neuroscienze e ingegneria informatica è l’orizzonte nel quale si inscrive oggi una parte sostanziale della questione antropologica. Espressione centrale di tale fusione è lo statuto stesso degli algoritmi – poiché sono questi che contano, è il software assai più del supporto macchinico – i quali vanno sempre più comportandosi come agenti non soltanto autonomi ma anche e soprattutto in veloce evoluzione, come se fossero dei veri e propri organismi multicellulari.
Lo sviluppo delle AI e del paradigma transumano nel quale esso si inscrive è parte di uno degli obiettivi e dei sogni tra i più antichi che varie culture umane abbiano immaginato e a volte perseguito, di solito però con strumenti religiosi e non tecnologici. Tale scopo è il progressivo abbandono dei limiti somatici e temporali dell’animale umano (la sua finitudine) per attingere invece forme e comportamenti di controllo accurato e completo del mondo e, in prospettiva, per non morire più.
Anche la forma di intelligenza che chiamiamo pura razionalità è in realtà per sua natura l’intelligenza dell’ambiente, nel doppio senso del genitivo: la comprensione che l’ambiente opera di se stesso, la comprensione che un corpomente ha dell’ambiente nel quale è immerso. L’intelligenza consiste nel percepire il contesto con dei sensi/sensori, decidere quale sia il comportamento più adeguato alla situazione rilevata, eseguire movimenti e azioni rivolti a raggiungere gli scopi che dalle diverse e specifiche situazioni emergono. L’intelligenza consiste pertanto nella capacità del corpomente di abitare lo spazio, il tempo, gli istanti, le condizioni, i rischi, le possibilità.
All’insistito e rizomatico tentativo di sostituire l’essere e il pensare con il calcolo e con la connessione va opposto anzitutto e semplicemente lo spazio del sé come luogo politico e non soltanto psicologico o esistenziale.

Sulle Intelligenze Artificiali

Domenica 7 aprile 2024 alle 15.30 a Viagrande (CT) parteciperò a un evento dedicato alle molteplici radici, significati e implicazioni dell’Intelligenza Artificiale, in particolare alla sua dimensione fortemente politica. Lo sviluppo delle intelligenze artificiali è infatti sempre più rivolto non all’incremento dell’intelligenza dei software ma alla trasformazione dell’umano in un fattore attivo e passivo di calcolo. Il che significa e implica il progressivo abbandono dell’identità e dell’ontologia biologica a favore di qualcosa che è stato definito Transumanesimo.
Uno degli strumenti più pervasivi di tale dinamica è la connessione senza intervalli nello spazio e senza interruzioni nel tempo. Una connessione che trasforma le relazioni in una espansione dell’individuo e del suo gioco con il mondo, una forma integralmente soggettiva, nella quale la dimensione politica è cancellata anche tramite la sostituzione dei diritti politico/sociali – sempre storicamente collocati – con diritti attinenti alla sfera dei desideri privati, in particolare di natura sessuale (sta qui il cuore della questione gender).
Rinunciare a vivere nel mondo fisico come luogo anche politico rischia di produrre una sempre più accentuata dissoluzione dei legami reali, favorendo invece l’impulso a una sottomissione che trasferisce la vita in un Paese dei balocchi che ci trasforma in meri esecutori/burattini che qualunque autorità è pronta a utilizzare per i propri obiettivi salutistici, moralistici, solidaristici, volti in realtà al dominio. 

 

Vai alla barra degli strumenti