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«L’inquieta scintilla»

L’inquieta scintilla
Sulla poesia di Alberto Giovanni Biuso
di Sarah Dierna
in Dialoghi Mediterranei
n. 66, marzo-aprile 2024
pagine 550-555

Indice
-Poesia e filosofia
-Apollineo e dionisiaco. Una poesia a colori
-Arianna e Dioniso. Poesie gnostiche
-Poesia dei sensi
-Un sogno

È questa la prima analisi che viene dedicata in modo specifico alla mia (modesta) opera poetica. Anche se fosse l’ultima, mi basta. L’autrice è infatti riuscita a entrare nei versi in modo empatico, lucido e profondo; con riferimenti impliciti ed espliciti ad altre opere poetiche. Ad esempio con queste parole:
«L’Amore alla fine si scopre un sogno, nel duplice significato di questa parola: un’immagine onirica dalla quale non ci si vuole risvegliare quando il sentimento abita nel cuore corrisposto di due amanti e un’illusione che svanisce non appena il sonno finisce. Nonostante la forma, la tonalità e il coinvolgimento descrivano qui uno stile assai lontano rispetto agli scritti filosofici, credo non ci sia nessuna distanza tra la poesia e la filosofia dell’autore. La poesia che piange e ama conosce bene il dolore del mondo; la prosa che argomenta la realtà con rigore e distanza non scioglie il canto dell’abbandono ma lo accetta».

Uno sciamano

Ernesto De Martino, «sciamano della razionalità» e «signore del limite»
Prefazione a:
Il discepolato di Ernesto De Martino.
Tra religione, filosofia e antropologia
di Giancarlo Chiariglione
Editrice Petite Plaisance, Pistoia 2019
Pagine 56

Al di là dei temi e degli ambienti che costituiscono i suoi specifici oggetti d’indagine, l’etnografia di Ernesto De Martino assume un significato sempre universale, toccando i temi del tempo nel quale gli umani sono immersi insieme alla Terra intera. Non sopra o dentro la Terra ma proprio insieme. E in questo modo lo studioso della magia, della taranta e del furore «diventa una sorta di Signore del limite; va via via ad acquisire un ruolo “esoterico-redentore-trasformatore” che solo una figura carismatica come lo sciamano può incarnare».

Fava sui Seminari di Heidegger

Lucrezia Fava, mia allieva e dottoranda in Scienze dell’Interpretazione, ha pubblicato sulla rivista Koiné una recensione/saggio dedicata ai Seminari svolti da Heidegger negli anni Sessanta.
Il testo comincia con queste parole: «La passione di Heidegger per la grecità, in particolare per le prime radici della teoresi greca, va in cerca di ogni possibile riferimento di quest’antico pensiero alla questione dell’essere; quasi rincorre i suoi riferimenti mentre osserva come convergano verso lo stesso luogo, al quale Heidegger desidera arrivare per dimostrare l’originarietà e la meta della propria filosofia: l’eventuarsi dell’essere come commune présence di enti molteplici, differenti e perduranti».
Si tratta dunque di un testo teoretico che affronta in modo puntuale il plesso di temporalità e ontologia in un libro nel quale il pensare heideggeriano giunge a compimento.

Λόγος, linguaggio, tempo
Dai seminari heideggeriani di Le Thor
in Koiné, anno XXV – 2018
pagine 241-250

Intelligenza

Filosofia, Intelligenza Artificiale e apprendimento 
in Punti Critici, 9 – marzo 2004
Pagine 57-83

L’editrice Petite Plaisance ha completato la riedizione integrale della rivista Punti Critici.
Nel numero 9 del marzo 2004 uscì un mio saggio dedicato alla questione dell’Intelligenza Artificiale da una prospettiva antropologica e pedagogica, oltre che mentalistica. In esso mi chiedevo: «Se il pensare è una caratteristica specifica della nostra specie, può il pensiero nascere e operare fuori da un legame strettissimo con il corpo? I ‘qualia -le sensazioni che si provano a essere un determinato ente e non un altro -, le esperienze fenomeniche, individuali, qualitative possono essere separate dal legame con l’organico, coi sensi, con il biologico?».
In questo testo, e poi in altri che sono seguiti, ho cercato di rispondere a partire anche da una embodied cognitive science, che «alla interpretazione puramente simbolico-sintattica della mente sostituisce la prospettiva per la quale mente, cervello e mondo sono parti di un’unica struttura».

I precedenti saggi pubblicati su Punti Critici si possono leggere qui:

Educazione e antropologia
in Punti Critici, 2 – settembre-dicembre 1999
Pagine 27-46

Sulla «Grande Riforma» della scuola italiana
in Punti Critici, 5/6 – dicembre 2001
Pagine 163-176

Per una filosofia dell’informazione
in Punti Critici, 8 – ottobre 2003
Pagine 141-146

Infosfera

Per una filosofia dell’informazione
in Punti critici, 8 – ottobre 2003
Pagine 141-146

L’editrice Petite Plaisance continua a ripubblicare i numeri  della rivista Punti Critici. Nel numero 8 uscì una mia analisi dedicata alla filosofia dell’informazione, nella quale osservavo che ci muoviamo ormai in una infosfera che costituisce «an intellectual space whose density and extent are constantly increasing, although at disparate rates in different ages and cultures» (Luciano Floridi). Della infosfera è parte «the totality of all document, services and resources», la quale «constitutes a semantic or conceptual space commonly called cyberspace».
Fino a che punto le menti umane -che lo hanno creato -sono davvero padrone di questo spazio inedito e complesso? Quale figura descrive meglio tale rapporto: Frankenstein o Pigmalione?

Riforme

L’editrice Petite Plaisance continua la pubblicazione dei numeri della rivista Punti Critici.
Nel numero 5/6 del dicembre 2001 vi apparve un mio saggio dal titolo Sulla «Grande Riforma» della scuola italiana. In esso proseguivo la riflessione iniziata sulla stessa rivista (numero 2 – settembre/dicembre 1999) con un contributo su Educazione e antropologia.
A distanza di diciotto anni da questi due saggi -e da quelli di analogo argomento pubblicati sulla rivista diretta da Dario Generali il Voltaire. Cultura Scuola Società– provo la tristezza di aver compreso che cosa fosse in gioco e di aver previsto con sufficiente esattezza  che cosa sarebbe accaduto alla Scuola e all’Università. Tra l’altro, in questo saggio (alle pp. 168-169) mi esprimevo criticamente sul concetto di flessibilità, che non a caso è stato ripreso ed enfatizzato positivamente dal Presidente della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) durante un recente dialogo che abbiamo avuto nel mio Dipartimento in occasione del IV Colloquio di ricerca.
Posso dire che questi testi rappresentano un’archeologia (nel senso foucaultiano) della catastrofe educativa italiana ed europea.

«Negli scorsi decenni ciò che chiamiamo cultura è stato visto da molti quasi soltanto come uno strumento di potere e di discriminazione. Nella impossibilità di elevare tutti al sapere, quanti hanno aderito a quella concezione hanno poi operato – consapevolmente o meno non ha importanza – allo scopo di distruggere la cultura come valore e di dequalificare scuole e università ponendole al servizio del ‘mondo del lavoro’, vale a dire del capitalismo globalizzatore dominato dagli Stati Uniti d’America. Questo è il vero significato delle riforme scolastiche in corso in Europa da alcuni anni, comprese quelle imposte in Italia dal ministro Berlinguer e dai suoi consiglieri-successori».

Pedagogia

L’editrice Petite Plaisance sta ripubblicando in versione digitale (pdf) Punti Critici, importante rivista uscita tra la fine degli anni Novanta e gli anni Zero del nostro secolo. Nel numero 2 (settembre-dicembre 1999) vi apparve un mio saggio di argomento pedagogico. Lo metto a disposizione anche qui per chi volesse leggerlo:
Educazione e antropologia   (pp. 27-46).
Il tempo trascorso da allora ha dato ragione a molte tesi di questo saggio, come quelle che seguono. Avrei certamente preferito avere avuto torto.

«Livellando le menti verso il basso, il facile, il ludico, la scuola di Berlinguer si illude forse di rinviare l’eccellenza ai dottorati e ai corsi post-universitari, creando in questo modo una casta di scribi, di nuovi mandarini capaci di decidere, progettare, sapere mentre sotto di loro una massa di incolti – ma tutti rigorosamente forniti di diploma o perfino di laurea – si diverte con i videogiochi, qualunque sia il loro travestimento. Si tratta di un’illusione poiché l’eccellenza non nasce mai dal nulla ma da una media tenuta quanto più alta possibile. Il modello scolastico statunitense, classista ed elitario, mostra da tempo il suo fallimento ma i pedagogisti “democratici” e i loro ministri sembrano ignorarlo» (pp. 34.35)
«Il privare le nuove generazioni degli strumenti critici propri della razionalità greca e trasmessi a noi dalle più diverse culture che si sono incontrate nel Mediterraneo e in Europa -la problematicità del dialogo socratico-platonico, la logica di Aristotele, il metodo euclideo, la fIlologia alessandrina – è una scelta funzionale all’imbonimento commerciale e ideologico che è il vero obiettivo dei mezzi di comunicazione di massa. Da tempo negli USA, e sempre più in Italia, se gli studenti non riescono a soddisfare i requisiti di una buona preparazione, si preferisce la facile scorciatoia dell’abbassare il livello delle richieste e degli obiettivi piuttosto che incrementare davvero il rendimento con una serie di strategie inevitabilmente selettive e quindi politicamente poco corrette» (p. 45).

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