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Più bravi

Tra i numerosi saggi che i miei allievi hanno pubblicato di recente, ne segnalo alcuni che mi sembrano particolarmente significativi.

-Daria Baglieri, Una memoria pre-biografica? Ricordo e oblio come esperienze somatiche «Filosofia Morale/Moral Philosophy», n.5, 2024/1, pp. 103-113. Baglieri articola e approfondisce con particolare chiarezza il plesso essenziale e teoretico così intricato sul quale sta lavorando da anni, quello che rende inseparabili nell’animale umano la memoria e l’oblio, elementi entrambi indispensabili alla vita del corpomente.

-Sarah Dierna, Peter Wessel Zapffe. Il profeta dell’“Ultimo Messia”, «Dialoghi Mediterranei» n.68, luglio-agosto 2024, pp. 538-550. Si tratta di uno dei pochissimi contributi in lingua italiana dedicati a Zapffe, scrittore e filosofo norvegese vissuto tra il 1899 e il 1990, tra i più originali sostenitori dell’antinatalismo. Un pensatore rigoroso e insieme visionario, del quale Dierna delinea la figura e le tesi in maniera assai limpida, mettendo al centro un racconto del 1933 ma andando anche al di là di questo specifico testo.

-Lucrezia Fava, Sull’Apocrifo di Giovanni, in «Letteratura e Bibbia. Atti delle Rencontres de l’Archet Morgex, 14-19 settembre 2020», Centro di Studi storico-letterari Natalino Sapegno 2022, pp. 113-121. Studiosa delle relazioni tra filosofia contemporanea e gnosticismo antico, Fava presenta, analizza e interpreta qui uno dei testi gnostici più chiari ed emblematici, in un saggio che si pone all’incrocio tra storia delle religioni ed ermeneutica filosofica.

-Enrico Moncado, Note sulla «Einleitung in die Phänomenologie der Religion» di Martin Heidegger, in «Mondi. Movimenti sociali e simbolici dell’uomo», vol. 5/2022, pp. 45-58. Moncado ha dedicato il suo dottorato all’analisi dell’escatologia nel pensare heideggeriano. Questo saggio sul legame e sulle differenze che intercorrono tra l’escatologia paolina e quella di Heidegger conferma per intero come dalla più potente esperienza teoretica del Novecento scaturiscono di continuo elementi di grande fecondità anche nell’ambito della fenomenologia della religione. 

-Enrico Palma, «La clôture de la joue». Un’indagine metafisica sul limite tra dolore, finitudine e temporalità. «Aretè. International Journal of Philosophy, Human & Social Sciences», vol. 8/2023 [ma uscito nel 2024], pp. 223-247. Un saggio nel quale l’intersezione tra parola teoretica e parola letteraria, che segna la monografia da Palma dedicata a Proust, contribuisce a comprendere meglio alcuni degli enigmi di fondo della vita umana.

Invito a leggere, senza fretta, questi testi e a verificare di persona la loro qualità scientifica. I loro autori stanno tutti lavorando a progetti di ricerca di grande rilievo, dei quali i saggi qui segnalati sono tappe e insieme sintesi. I miei allievi stanno diventando più bravi di me. Uno degli obiettivi del mio insegnamento comincia a essere conseguito.

Antinatalismo

Sarah Dierna
Antinatalismo contemporaneo
in Dialoghi Mediterranei
n. 62, luglio-agosto 2023
pagine 473-483

Come di tanto in tanto accade, questo mese consiglio non un libro ma un saggio di rivista. Saggio dedicato a un argomento che mi interessa molto (come sanno anche gli studenti del corso di Filosofia teoretica dell’a.a. 2021-2022). È un tema davvero filosofico poiché va alle radici dell’esistere, delle sue origini, del suo senso e del suo finire.
Uno dei suoi massimi teorici è il filosofo sudafricano David Benatar. Ma insieme a lui, nel passato e nel presente, ci sono Peter Wessel Zapffe, Emil Cioran, Thomas Ligotti, Théophile de Giraud e numerosi altri (compresi Agostino d’Ippona, Leopardi, Kierkegaard e Schopenhauer).

Nel suo denso e limpido saggio Sarah Dierna analizza l’antinatalismo contemporaneo ricostruendone anche la storia ma soprattutto mostrandone la potenza argomentativa, tramite un’esegesi dei testi molto attenta e critica. Pochi di  questi libri e articoli sono tradotti in italiano; presentarli è dunque un altro merito del testo.
Consiglio la lettura di queste pagine, che si possono leggere:

Aggiungo qui l’indice del saggio e alcuni suoi brani.

-Antinatalismo antico e contemporaneo
-Animali consapevoli
-Animali non umani
-Conoscenza e redenzione

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L’ostacolo forse più grande per comprendere l’antinatalismo siamo noi. La difficoltà di pensare noi stessi come mai stati (never having been) senza considerare nello stesso tempo tutto ciò che con noi non ci sarebbe stato. Kurning lo ha considerato un punto fondamentale: «The consideration to never have existed, the idea of one’s own self as never having been! The absence of one’s very self, of one’s highly important personality on the world stage; the chair one sits on, the bed one sleeps in: empty». Pensare in questi termini richiede infatti un grande sforzo.

Se tuttavia ripercorriamo il cammino storico seguendo un altro itinerario, diventa praticabile, o quanto meno si può provare a saggiare, un nuovo percorso ermeneutico in cui l’antinatalismo antico e l’antinatalismo contemporaneo sono soltanto apparentemente distanti. Dove sarà dunque possibile, per dirla con Gadamer, una fusione d’orizzonti a partire dal fatto che entrambi raggiungono comunque la stessa inesorabile conclusione.

E tuttavia la coscienza ha bisogno di trovare un senso, di possedere una verità che garantisca all’unità psicosomatica un equilibrio, per questo inventa la luce e i colori, per questo traveste un impulso generativo alla procreazione nell’amor cortese, la lotta per la sopravvivenza nella Grande Guerra e rimuove il pensiero della morte travestendolo nella porta d’accesso per l’aldilà. 

In questo mi sembra più fecondo accostare la posizione di Zapffe all’antropodecentrismo di Leopardi in cui è l’animale a deridere e compatire l’umano. Nelle Operette Leopardi mette in dialogo un bue con un cavallo e un cavallo con un toro ma per irridere la specie umana; la natura con un’islandese per restituirla alla sua indifferenza. Alla fine infatti la vita animale non umana risulta essere sempre la sorte migliore mentre gli umani sono dipinti come gli infelicissimi sopra gli altri animali (Elogio degli uccelli), come coloro che non riuscivano mai a essere contenti e felici (Dialogo tra due bestie). Scontenti e infelici non perché siano una specie superiore anche nel dolore ma perché hanno contribuito alla loro frustrazione quando si sono attribuiti privilegi che non possiedono. Molte delle Operette hanno di mira proprio questo antropocentrismo.

A differenza delle correnti orientali o gnostiche, la liberazione – la vera liberazione – è una soluzione collettiva perché la negazione del singolo assume per Hartmann lo stesso effetto che ha per Schopenhauer il suicidio: si tratta del venire meno del singolo, non della specie. Ogni cosa che esiste in modo animato deve disperdersi. Solo così la volontà che sta al fondamento di ogni vita non potrà più continuare a esistere e cominciare ancora.

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