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I nemici delle libertà

Il collega Vincenzo Costa – professore ordinario di Filosofia teoretica nell’Università Vita e Salute di Milano – ha sempre il pregio della chiarezza, della sintesi e del coraggio. Condivido per intero la sua analisi della fine di ciò che è stato la sinistra.
Aggiungo solo che quanto oggi chiamiamo sinistra e ciò che definiamo destra sono due costrutti linguistici atti a perpetuare il dominio, la confusione, l’illusione di stare da una parte o dall’altra quando invece si è di fatto componenti di una stessa struttura politica ed esistenziale, tesa a colonizzare il pensiero, l’Europa, la nostra vita quotidiana.

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Io ho paura della sinistra
Vincenzo Costa, 22.9.2024 

Io ho paura della sinistra.
Non che interessi a nessuno o che abbia qualche rilevanza. Ma credo che per onestà tra tutti noi e gli amici che mi hanno chiesto l’amicizia bisogna fare un po’ di chiarezza.
C’è chi ancora critica la sinistra per farla tornare ad essere ‘sinistra”. Costoro pensano che comunque sia meglio della “destra”.
E c’è chi invece pensa che da questa sinistra, dalla sua cultura, dai suoi gruppi dirigenti e anche dal suo elettorato non possa venire nulla di buono.
C’è chi ha paura della “destra”. Per quanto questa destra sia odiosa, volgare, con elementi da studiare col metodo lombroso, io ho più paura della sinistra.

Non ho paura del fascismo di destra, ma del totalitarismo della sinistra.
Questi non solo hanno tutti i mezzi di informazione ma vogliono chiudere quei pochi mezzi di comunicazione che utilizza chi dissente.
I fascisti veri, odierni, sono Gentiloni, la Von der Leyen, Bonelli, che vorrebbe impedire di parlare ai negazionisti.
Io ho paura di questi, ho paura dei preconcetti della cultura di sinistra, delle etichettature. Non si può parlare con gente di sinistra, perché il codice è psicotico.
Tu poni un problema sull’immigrazione, sul rischio che si cancellino le culture, sull’esercito di riserva industriale e subito il solito salame sull’identità etc.
Che avere un’identità sembra una sorta di infamia. Che le culture sono il male. Certo, meglio l’infifferenziato, la melassa.
C’è chi pensa che la Rackete sia una compagna, e chi (come me) pensa che appartenga a quelli che per nascita cadono sempre insieme. Una privilegiata.
E se non ci piace Salvini e il suo ghigno, non ci piace neanche chi viola la sovranità del nostro paese, che ancora non è proprietà di Soros.
C’è chi ama la Salis, la compagna da tirare fuori dalle carceri fasciste (ste cazzate mi tocca ancora sentire), e chi , come me, la disprezza, ma proprio radicalmente.
Perché se una va a fare il turismo antifascista nell’unico paese che nella NATO si oppone alla follia della guerra o è stupida o, beh, mi evito di dire, che il buon Greaber aveva le idee chiare su come la CIA oramai usasse le organizzazioni di sinistra quale miglior alleato.

Io penso che da questa sinistra non possa venire niente di buono, che la sua cultura sia un insieme di pregiudizi, che si muova ancora come se il potere fosse la nobiltà e il clero, le oppressioni fossero quelle delle tradizioni clericali, della monarchia.
Ci si vede come se si vivesse nel 700.
Penso sia inutile questa sinistra, che sia la punta avanzata dell’oppressione, la faccia linda del dominio, che alla fine è una sorta di internazionale pelosiana.

Non mi piace la destra, ma non mi fa paura.
Sono volgari, ma si possono combattere.
La sinistra mi fa paura, e’ subdola, maschera il potere coi buoni sentimenti, e’ il modo in cui il potere si impone oggi.
A me tutto ciò che è di sinistra irrita, lo avverto falso, meschino, un sentimento mortifero della vita.
Mi irrita il fronte popolare, che ha portato voti a Macron, mi irrita il campo largo, mi danno fastidio i 5 stelle, che il governo contro la guerra con chi lo fanno poi, col PD? non reggo la famiglia fratoianni, gente senza arte né parte, che non ha mai lavorato un giorno.
Forse non nascerà più niente, ma se qualcosa mai nascerà non nascerà da questa immondizia, ma contro di essa
Ora, ho fatto il post per onestà. Ognuno è libero di togliere l’amicizia.
Onestamente a sinistra per me manca l’aria, si soffoca. E la libertà non ha prezzo.

[Il dipinto in apertura è di Giuliano Giuggioli]

Sottomissione

Sabato 11 maggio 2024 alle 19.00 nell’Aula consiliare del Palazzo di Città di Palazzolo Acreide (Siracusa) insieme a Cristina Santacroce dialogherò con  Davide Miccione a proposito del suo libro più recente: Quando abbiamo smesso di pensare. Scritti di fenomenologia dell’emergenza (2020-2023) (Transeuropa Edizioni 2023, pagine 146).
Questo libro spiega come sia stato possibile in pochi decenni, dal 1989 a oggi, passando per l’evento chiave del 2001 (le torri di New York), trascorrere da una società e una mentalità intrise di consistenti tendenze libertarie alla sottomissione, da parte degli stessi soggetti, alle parole d’ordine in gran parte insensate delle autorità. Il neoliberalismo va mostrando con sempre maggiore chiarezza gli impulsi autoritari che lo attraversano, la «spinta liberticida in atto», i tabù, le parole d’ordine, i capovolgimenti linguistici che si riassumono nel politicamente corretto come forma suprema di obbedienza all’autorità costituita nelle sue forme concettuali, mediatiche e politiche.

 

Fenomenologia dell’emergenza

Venerdì 19 aprile 2024 alle 18.00 alla libreria Feltrinelli di Catania dialogherò con Davide Miccione a proposito del suo libro più recente: Quando abbiamo smesso di pensare. Scritti di fenomenologia dell’emergenza (2020-2023) (Transeuropa Edizioni 2023, pagine 146). L’evento è organizzato in collaborazione con l’Associazione Studenti di Filosofia Unict (ASFU).
È vero: «die Philosophie ihre Zeit in Gedanken erfaßt» (Hegel), la filosofia (è) il proprio tempo appreso e colto nel pensiero e con il pensare, o almeno è anche questo. E dunque il denso disegno che Davide Miccione traccia del nostro tempo è del tutto filosofico. Alcuni suoi riferimenti sono Günther Anders, Ivan Illich, Pier Paolo Pasolini, ma il disegno è del tutto originale ed è costituito da una intelligenza del presente e da una chiarezza analitica che descrivono con lucidità i nostri anni più recenti e il tempo nel quale siamo immersi.
Giustamente centrale nell’analisi critica di Miccione è il linguaggio. La lingua infatti non rappresenta un elemento tra gli altri delle comunità sociali, non è soltanto un raffinato strumento ma costituisce il mondo stesso degli umani. Adottare una modalità linguistica piuttosto che altre è sempre anche una scelta (o una non scelta) politica. È anche nel linguaggio e tramite il linguaggio che brilla evidente la schizofrenia ‘progressista’ che fonda principi, teorie e azione su ciò che proviene dagli Stati Uniti d’America, vale a dire dal luogo dell’imperialismo, del potere, della repressione di ogni autentica emancipazione sociale e collettiva. La schizofrenia imperialista di una ‘sinistra’ defunta che però ancora cammina, la sinistra-zombie, è uno degli elementi centrali della fenomenologia dell’emergenza, uno dei capisaldi degli anni Venti del XXI secolo. 

Potere e IA

Mutamenti politici e intelligenze artificiali
in Dialoghi Mediterranei
n. 66, marzo-aprile 2024
pagine 30-36

Indice
-Una premessa: l’Occidente 
-Algoritmi e transumanesimo
-Intelligenze artificiali e vita della πόλις 
-Lo spazio politico del sé

La fusione tra neuroscienze e ingegneria informatica è l’orizzonte nel quale si inscrive oggi una parte sostanziale della questione antropologica. Espressione centrale di tale fusione è lo statuto stesso degli algoritmi – poiché sono questi che contano, è il software assai più del supporto macchinico – i quali vanno sempre più comportandosi come agenti non soltanto autonomi ma anche e soprattutto in veloce evoluzione, come se fossero dei veri e propri organismi multicellulari.
Lo sviluppo delle AI e del paradigma transumano nel quale esso si inscrive è parte di uno degli obiettivi e dei sogni tra i più antichi che varie culture umane abbiano immaginato e a volte perseguito, di solito però con strumenti religiosi e non tecnologici. Tale scopo è il progressivo abbandono dei limiti somatici e temporali dell’animale umano (la sua finitudine) per attingere invece forme e comportamenti di controllo accurato e completo del mondo e, in prospettiva, per non morire più.
Anche la forma di intelligenza che chiamiamo pura razionalità è in realtà per sua natura l’intelligenza dell’ambiente, nel doppio senso del genitivo: la comprensione che l’ambiente opera di se stesso, la comprensione che un corpomente ha dell’ambiente nel quale è immerso. L’intelligenza consiste nel percepire il contesto con dei sensi/sensori, decidere quale sia il comportamento più adeguato alla situazione rilevata, eseguire movimenti e azioni rivolti a raggiungere gli scopi che dalle diverse e specifiche situazioni emergono. L’intelligenza consiste pertanto nella capacità del corpomente di abitare lo spazio, il tempo, gli istanti, le condizioni, i rischi, le possibilità.
All’insistito e rizomatico tentativo di sostituire l’essere e il pensare con il calcolo e con la connessione va opposto anzitutto e semplicemente lo spazio del sé come luogo politico e non soltanto psicologico o esistenziale.

Conoscenza / Libertà

Conoscenza è libertà
Introduzione a:
Quando abbiamo smesso di pensare
Scritti di fenomenologia dell’emergenza (2020-2023)
di Davide Miccione
Transeuropa Edizioni 2023, pagine 146
Pagine 5-11

Con intelligenza illuministica e con ironia meridionale Davide Miccione descrive esattamente ciò che accade e la direzione che si sta cercando di imprimere alla vita collettiva, ovunque. Una direzione che trova nella parola «emergenza» una sintesi, un significato, un grimaldello, una spiegazione.
La direzione di un progressivo ma implacabile restringimento delle libertà civili – la libertà di non essere d’accordo con la maggioranza – e dei diritti sociali – il diritto al lavoro, a una vita dignitosa. Il grimaldello di una esigenza securitaria davanti alla quale ogni obiezione, dubbio, ironia assumono la figura del crimine.
E invece il peccato contro lo spirito è la duplice potenza della sottomissione e della stupidità. Potenza in questi anni vincente ma fondata su basi assai fragili. Nulla di solido, fecondo e bello può infatti essere costruito sulla stupidità e sul servilismo.
Anche questa fenomenologia di Davide Miccione, la sua stessa possibilità ed esistenza, costituisce una dimostrazione della forza indistruttibile dello spirito, vale a dire della libertà e della conoscenza

Pensieri e parole

Mente & cervello 109 – gennaio 2014

M&C_109_gennaio_2014Poche parole, quasi sempre le stesse, e costruzioni sintattiche elementari. E tuttavia, tra i 25 e i 28 mesi della vita di un cucciolo di Homo sapiens, ascoltando tali espressioni il bambino comincia a parlare. Come può accadere una cosa simile? Da così pochi elementi nasce infatti la forza della comunicazione verbale, la sua potenzialmente infinita produzione -definita ricorsività-, la sua capacità di creare significati sempre nuovi, i quali eccedono «la somma semantica dei singoli elementi» -la compositività. (R.V. Solé, B. Corominas Murtra, J. Fortuny, p. 38). È il cosiddetto ‘problema logico dell’acquisizione del linguaggio’. Nonostante il grande sviluppo degli studi, risposte certe non ce ne sono. Risolvere, o almeno chiarire meglio, la questione consentirebbe di comprendere più a fondo non soltanto lo statuto della mente ma anche lo stesso processo dell’ominazione e l’identità della nostra specie.

Secondo molti scienziati fu l’apparizione del linguaggio a cambiare per sempre il nostro modo di adattarci al mondo. […] In fisica, si chiamano sistemi complessi quelli formati da un gran numero di elementi che esibiscono proprietà «emergenti». Queste ultime si distinguono perché, pur risultando dall’interazione di singoli elementi del sistema, non sono spiegabili come la semplice somma degli stessi. Il linguaggio umano appartiene a questa categoria di sistemi: come un formicaio non può essere descritto alla stregua di un semplice ammasso di insetti, così il linguaggio non è la mera giustapposizione di un insieme di parole [ma è un] sistema di comunicazione efficiente, flessibile e dotato di una capacità informativa illimitata. (Id., 33)

Il linguaggio umano è dunque una struttura olistica e non atomistica, legata in modo indissolubile alle facoltà mentali, alla capacità di elaborare rappresentazioni, concetti, scenari di realtà empiricamente non esistenti. Tra pensiero e linguaggio la dinamica è continua, incessante, anche se tra le tante cose che ignoriamo c’è anche la concreta modalità con cui tutto questo accade. Wernicke, ad esempio, riteneva che pensiero e linguaggio fossero due processi indipendenti; Vygotsky attenua la radicalità di tale distinzione con l’immagine di due cerchi sovrapposti, nella quale soltanto una parte dei due processi coincide; Jackendoff ritiene invece che «il linguaggio serve all’uomo non solo per esprimere i suoi pensieri, ma si riflette anche sui suoi pensieri, come una sorta di impalcatura che gli permette di creare ragionamenti più complessi rispetto agli organismi non linguistici» (cit. da C. Weiller, 26).
Anche dalla relazione che si istituisce tra pensiero e linguaggio nascono le diverse risposte date a un’altra questione fondamentale, quella del rapporto tra linguaggio e comportamenti. Per i sostenitori del ‘relativismo linguistico’ il linguaggio influenza il pensiero e dunque linguaggi diversi generano differenti concezioni della realtà e diversi modi di vivere in essa; a tale concezione di oppongono i sostenitori dell’universalismo linguistico, i quali affermano «che il linguaggio, pur con differenze superficiali, ha radici universali, e che i processi cognitivi sono gli stessi per tutti gli esseri umani» (F. Sgobissa, 48).
In realtà credo che anche questa discussione sia inficiata da un eccesso di dualismo. Pensiero e linguaggio sono espressioni diverse e profondamente correlate del corpomente immerso in uno specifico ambiente. Tale ambiente influenza quindi il pensiero che lo conosce, le parole che lo dicono, l’azione che in esso accade. E questo non in una direzione soltanto ma sempre in tutte. Mondo → Pensiero → Linguaggio diventano nel concreto esistere umano una sola realtà che si fa incessantemente Linguaggio → Pensiero → Mondo. E così via, senza fine sino alla fine.

 

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