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«Istituzionalmente inquietante»

«Istituzionalmente inquietante». Ohibò, ohibò. Giorgio Napolitano scopre che l’azione di Berlusconi e del suo PdL è «istituzionalmente inquietante». Soltanto da qualche ora però. Prima di due giorni fa tali soggetti hanno costituito il sostegno indispensabile di vari governi e soprattutto degli ultimi due, presieduti da Napolitano tramite i prestanome Monti e Letta (quest’ultimo è ancora in carica).

Padellaro chiede giustamente che «per favore nessuno esprima stupori fuori luogo. Cosa ci si poteva aspettare da un pregiudicato per frode fiscale, a capo di un folto manipolo di parlamentari scelti appositamente per servirlo e che tutto gli devono? Che forse davanti alla propria decadenza da senatore, e dunque con il rischio concreto di essere arrestato per l’inchiesta di Napoli sulla compravendita dei senatori, questo galantuomo si sarebbe inchinato alla legge pur nella comprensibile amarezza? Ma andiamo. Il pregiudicato si sta muovendo esattamente come si muovono i veri boss della mala pronti a scatenare l’inferno pur di non farsi beccare e trascinare dietro le sbarre. […] Come hanno capito anche i sassi, le larghe intese che avrebbero dovuto salvare il Paese (con risultati finora almeno discutibili) sono state pensate anche per salvare Berlusconi. Possibile che l’inquilino del Colle non si fosse accorto che sotto il suo capolavoro politico era stato piazzato un potente ordigno a orologeria?» (PdL. Larghe estorsioni, Il Fatto Quotidiano, 26.9.2013).
Persino Ezio Mauro afferma che «bisognava fermare per tempo -istituzioni, opposizioni, intellettuali, giornali, un establishment degno di questo nome- la progressione di un’avventura politica che costruiva se stessa come sciolta dalle leggi, dai controlli, dalle norme stesse della Costituzione: disuguale nella pratica abusiva, nel potere illegittimo e nella norma deformata secondo il bisogno» (L’eversione bianca, la Repubblica, 27.9.2013). Il suo giornale ha cercato di «fermare per tempo» Berlusconi sostenendo ogni giorno e con convinzione il governo del quale Berlusconi è parte fondamentale.

In realtà, «a Napolitano si può imputare tutto, ma non l’ingenuità. È altamente probabile che a Berlusconi siano state date delle garanzie che in seguito non sono state rispettate, o più probabilmente non si è riusciti a far rispettare. In altri termini l’assicurazione della prescrizione per scadenza dei termini del processo che lo ha condannato in via definitiva per truffa fiscale. Altrimenti che senso aveva fare un governo intestato alla presidenza della Repubblica, che mai si è esposta come in questo caso? Per vederlo cadere rovinosamente per un processo e una condanna altamente probabile pochi mesi dopo?» Quello attualmente in carica è il governo di Napolitano. Ora però «lui ha perso la partita, ma si ostina a negarlo come chi avendo sempre vinto (o almeno pareggiato) non riesce a darsi pace per la sconfitta. Si alzi dal tavolo di gioco, e prima di uscire, spenga le luci del Quirinale» (Beppe Grillo, Poker con il morto, 27.9.2013), in modo da poter sperare che si comincino a riaccendere le luci dell’Italia. Peggio di un governo Pd-PdL che cosa mai ci potrebbe infatti accadere? Un governo del solo Pd avrebbe almeno l’opposizione del PdL, un governo del solo PdL avrebbe l’opposizione del Pd. E non invece l’immondo connubbio del Partito Unico che avvicina sempre più l’Italia alla condizione che in Grecia sta determinando qualcosa di terribile: la chiusura di tutte le Università per volontà degli organismi finanziari europei.
Strano (vero?) che nessuno parli in Italia di una simile tragedia. Ancora una volta, senza informazione libera la democrazia è un puro suono: «È sempre più forte in Grecia l’impressione che per la Troika il desiderio di studiare e di laurearsi espresso da molti giovani sia “anomalo”. Tutti gli organi di governo, nazionali e europei, battono infatti su un unico tasto: i giovani devono scegliersi un mestiere e non continuare a studiare. Questo discorso ossessivo va di pari passo con i licenziamenti degli insegnanti nelle scuole elementari e medie». Ma «“risanare” un Paese distruggendone la formazione avanzata è una vera follia» (Argiris Panagopoulos, Il massacro delle università greche suona l’allarme anche per l’Italia, Roars, 27.9.2013). La follia di una politica che concepisce le persone in funzione della finanza e non la finanza al servizio delle persone. La follia di una banda di criminali al potere e di presidenti che sembrano accorgersene dopo vent’anni.

 

Il peggiore

Ormai ha gettato la maschera in modo definitivo. Ormai entra in modo sempre più esasperato nel dibattito tra i partiti, attaccando apertamente il Movimento 5 Stelle e offendendo i suoi elettori -«Certe campagne, che si vorrebbero moralizzatrici, in realtà si rivelano nel loro fanatismo negatrici e distruttive della politica»- proprio  nel momento in cui il Movimento chiede l’inizio dei lavori del Parlamento e di votare in Senato per l’ineleggibilità di Berlusconi. Ormai si fa beffe della Costituzione, che ha calpestato avendo trasformato in questi anni l’Italia in una repubblica presidenziale. Ormai indica che cosa il Parlamento deve decidere, facendo pressione per l’alleanza tra il PD e Berlusconi, da lui paragonata addirittura al compromesso storico degli anni Settanta, quando invece  la vuota formula delle «larghe intese» indica soltanto la volontà di sottrarre Berlusconi alla giustizia. Ormai difende dunque a spada tratta e in ogni occasione l’entità immonda.
Per fortuna tra qualche settimana non sarà più il presidente della repubblica (il minuscolo è voluto). Ma rimarrà il peggiore tra tutti. Neppure Berlusconi, infatti, potrebbe essere peggio. La ragione sta nel fatto che Napolitano ha goduto per sette anni del sostegno di tutta la stampa e di tutte le forze politiche, mentre Berlusconi o un suo prestanome (che sia del PDL o del PD poco importa) non potrebbe ottenere altrettanto servilismo e venerazione.
In Giorgio Napolitano si esprime e si sintetizza dunque il fallimento di un sistema politico gestito da una pletora di personaggi incompetenti, corrotti e antidemocratici.

Cupio dissolvi

«Siamo nati da un triste crepuscolo» disse Almirante alla nascita del MSI (Mussolini Sempre Immortale). Ancora più triste è quello dentro cui quel partito muore. Finire nell’obbedienza al personaggio che più di tutti incarna la plutocrazia, l’aziendalismo, l’americanismo, la volgarità, il profitto, è uno stupefacente esempio di cupio dissolvi. Che da questo suicidio i capipartito traggano danaro (soprattutto) e potere, ben lo capisco. Ma tutti gli altri? I militanti? Gli elettori idealisti del MSI? E Fini mi sembra troppo vuoto per covare sentimenti di rivalsa (se non di vendetta, che è un sentimento molto meridionale e lui è bolognese…) tali da spingerlo a qualcosa di diverso da paludati “ruoli istituzionali”.
Ma basta così. Come dice l’Evangelo, «lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Lc, 9, 57).

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