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Come se

« “Lo Stato non può processare se stesso”, diceva Leonardo Sciascia. E oggi Berlusconi è lo Stato». Anche per questo ieri a Brescia il Movimento 5 Stelle ha gridato insieme ai centri sociali contro la tracotanza dei mafiosi al potere. E ha fatto benissimo.
Una rivolta che le televisioni hanno ripreso e trasmesso in modo da ignorarne e cancellarne l’esistenza, confermando ancora una volta la natura reazionaria del mezzo televisivo. Su questo evento si è steso anche il gravissimo e complice silenzio del Partito Democratico e dell’inquilino del Quirinale. Ma una manifestazione organizzata da massoni (P2) e fascisti allo scopo di difendere un pubblico delinquente si è per fortuna trasformata nella dimostrazione che gli italiani conservano ancora la forza di dire no alle mire e agli interessi del tiranno. Forza che il PD ha invece perduto. Tutti i partiti politici hanno dei limiti ma essi impallidiscono di fronte all’alleanza del Partito Democratico con Silvio Berlusconi. È come se si fossero alleati con i nazisti.

 

Fuorilegge

Anna carissima – «È il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della Banca Privata Italiana [la banca di Sindona], atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica. […] È indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese. Ricordi i giorni dell’Umi, le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti? Ebbene, a quarant’anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito. Con l’incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato – ne ho la piena coscienza – solo nell’interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici […] Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto […] » – Giorgio Ambrosoli, assassinato nel 1979.

Se l’andava cercando – «Certo [Giorgio Ambrosoli] era una persona che in termini romaneschi io direi: se l’andava cercando» – Giulio Andreotti (video della dichiarazione)

Il 2 maggio del 2003 la II Sezione penale della Corte di Cassazione non ha assolto Andreotti dal reato di «concorso esterno in associazione mafiosa» ma ha dichiarato prescritto il reato, confermando quindi la sua colpevolezza.

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Oggi, «la corte d’appello di Milano ha confermato la condanna in primo grado a quattro anni per frode fiscale a carico di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset. Tra le pene accessorie previste per Berlusconi c’è l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, e quella dalle cariche societarie per tre anni. Tre dei quattro anni per i quali l’ex presidente del consiglio è stato condannato sono coperti dall’indulto. Il processo Mediaset è uno dei procedimenti giudiziari a carico di Silvio Berlusconi. L’inchiesta, nata da un filone del processo All Iberian, riguarda la compravendita di diritti televisivi da parte di Mediaset attraverso società offshore, riconducibili al gruppo di Berlusconi. Silvio Berlusconi è accusato di appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio. Secondo il tribunale, Mediaset comprava diritti di film girati negli Stati Uniti attraverso società offshore, che a loro volta li cedevano ad altre società gemelle, facendo lievitare il prezzo a ogni passaggio. Questo processo permetteva alla società di nascondere dei fondi neri».

Fonte: Internazionale, 8.5.2013
Dunque è ufficiale: il governo italiano è sotto il controllo di un fuorilegge, una specie di Al Capone condannato a quattro anni di carcere per reati fiscali. Di tale bandito il Partito Democratico è attualmente alleato politico.

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Andreotti e Berlusconi, così come Craxi, Ceausescu, Mussolini e tanti, tanti altri.
Lo Stato è questo: una guerra civile tra bande, alcune delle quali si chiamano «criminali», altre si chiamano «forze dell’ordine». Quelle forze che, come è accaduto a Genova nel 2001 e di recente anche a Catania proteggono i malviventi e picchiano ragazzi e persone che agiscono affinché il potere non debba sempre rimanere in mano a costoro. Ma il potere è per sua natura criminale e criminogeno: «Certo bisogna farne di strada da una ginnastica d’obbedienza / fino a un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza. / Però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni / da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni» (De André, «Nella mia ora di libertà», da Storia di un impiegato [1973]).
Forse l’anarchismo non fa i conti con le pulsioni più profonde della natura umana ma, certo, esso rimane l’unico progetto politico che si possa condividere rimanendo liberi. I fuorilegge Andreotti e Berlusconi lo dimostrano ancora una volta.

 

Il Partito Unico

E così tutto è compiuto. Il sogno della fazione di destra del Partito Comunista Italiano -ricondurre una forza anticapitalista dentro l’alveo di un’Europa subordinata agli Stati Uniti d’America- si è realizzato al di là delle stesse speranze di colui che ha tenacemente operato per decenni in questa direzione: Giorgio Napolitano. Passato dallo stalinismo all’ultraliberismo, costui ha mantenuto costante il nucleo autoritario che lo ha sempre ispirato, sino a negare ora apertamente i tre capisaldi di qualunque democrazia degna di tale nome: la distinzione tra maggioranza e opposizione, la divisione dei poteri, l’informazione come strumento di critica dell’azione politica.

Contro la fisiologica e necessaria dialettica parlamentare tra governo e opposizione, Napolitano esorta da anni alla formazione di una maggioranza che si estenda a tutte le forze politiche, ha promosso un’unità intessuta di complicità, di interessi personali, di reciproci ricatti. Quando si poteva cancellare l’anomalia criminale del berlusconismo -nel novembre del 2011- sciogliendo le Camere e dando vita a un governo di sinistra, ha invece affidato l’Italia a un banchiere spietato, incapace e clericale, offrendo alla destra più corrotta d’Europa tutto il tempo per ricostituirsi. Ha poi predeterminato il risultato politico qualunque fosse stato l’esito delle elezioni. E infatti nonostante il 75% degli italiani che si sono recati alle urne abbia espresso con chiarezza la volontà di farla finita con Berlusconi, Napolitano ha operato affinché costui fosse di nuovo al centro della dinamica politica, esito non contrastato dal defunto Partito Democratico anche per la ragione indicata da Franco Berardi Bifo: «Il cinismo è il suo [del medium televisivo] tono morale predominante, perché l’inconscio collettivo prevale sulla ragione critica, e l’inconscio collettivo si identifica ora con la figura narrativa del vincente. La sinistra pensava che l’immoralismo avrebbe portato alla sconfitta del mammasantissima. Sbagliava perché gli italiani che vivono nel mondo descritto in Reality da Matteo Garrone voteranno Berlusconi anche quando lo vedranno inculare il bambino Gesù (purché sia mostrato in tivù)» («L’evento italiano», in Alfabeta2, n. 28, aprile 2013, p. 6).
Contro la divisione dei poteri ha lentamente ma inesorabilmente eroso l’autonomia del legislativo sottoponendolo all’azione dilatata di un esecutivo che a sua volta risponde soltanto a un potere -quello del Presidente della Repubblica- al quale la Costituzione nega un simile spazio. Napolitano ha poi sistematicamente umiliato il potere giudiziario sino alla clamorosa richiesta di un intervento della Corte Costituzionale che gli desse ragione nei confronti di chi stava indagando sui suoi amici.
Contro la libertà dell’informazione ha evocato il dovere per quest’ultima di «collaborare» con il governo. Affermazione di inaudita gravità antidemocratica.

La logica dell’Identità, il monoteismo autoritario e verticale del Padre, ha così prevalso sulla logica della Differenza e sulla pratica della molteplicità. Il panorama è quello plumbeo dei vecchi paesi sovietici, verso il totalitarismo dei quali l’anima di quest’uomo non ha in realtà mai cessato di rivolgersi.
E affinché sia ancora più chiara la fine che devono fare quanti osano davvero proporre la differenza, Napolitano e i suoi complici nel governo e nei partiti assistono gelidi all’inusitato attacco alla libertà e ai diritti dei parlamentari del M5S eletti da più di otto milioni di cittadini, assistono compiaciuti alla violazione delle loro caselle di posta elettronica, dei loro computer, delle loro vite private e delle azioni politiche, in modo che nessun personaggio importante che tenga a se stesso e voglia far carriera si azzardi a stare dalla parte di questi appestati. Sta accadendo qualcosa di simile a ciò che si verificò tra il 1922 e il 1924, quando l’immunità parlamentare garantì i fascisti ma non Gramsci e i nemici del Duce.
C’è molta ideologia nell’azione di Napolitano e dei suoi complici, c’è molta fedeltà al fascismo perenne della storia italiana e al sogno di società chiusa del comunismo sovietico. Ma credo ci sia anche la potenza di un ricatto che lo stesso Presidente subisce. Ricatto del quale le intercettazioni prontamente distrutte dopo la sua assurda ma emblematica rielezione sono la prova, il sigillo, il veleno.

In un denso articolo del 24 aprile scorso, Barbara Spinelli paragona l’azione del Movimento 5 Stelle al “folle volo” dell’Ulisse dantesco, al testardo rifiuto di morire nella quiete della non speranza, alla lotta contro «l’ideologia […] con cui Pangloss indottrina l’inerme Candide, in Voltaire: stiamo andando verso il migliore dei mondi possibili, l’Europa meravigliosamente si integra, ed ecco  – horribile visu!-  una coorte di paradossali e tristi sovvertitori mirano proprio al contrario: alla dis-integrazione».
Soltanto delle menti e delle vite profondamente autoritarie, meschine e complici dell’ingiustizia possono interpretare come “dis-integrazione” la parola che dice no, l’anelito alla differenza, la molteplicità politica e ontologica. Nel fallimento di quel folle volo -che non è di Beppe Grillo o del Movimento 5 Stelle ma è di chiunque voglia ancora vivere libero- c’è tutta la tragedia di un’Italia destinata alla miseria antropologica prima che economica; c’è il lutto senza fine di un Paese che da secoli è servo; c’è la prefigurazione di ciò che si vorrebbe diventasse l’intero pianeta, le cui risorse e bellezza e differenze devono cedere alla rapace azione di un unico potere che prende di volta in volta le maschere della finanza, dei Bilderberg, di tutte le massonerie e di tutte le mafie; un mondo le cui risorse e bellezza e differenze devono inabissarsi in un solo gorgo.
«E la prora ire in giù, com’altrui piacque, / infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso»
(Commedia, «Inferno», canto XXVI, vv. 141-142).

Politica

In un commento di oggi a Mummificati, Diego Bruschi constata «la profonda e radicale diversità del M5S rispetto all’insieme di tutte le altre forze parlamentari» e mi chiede: «È vero che tu sei un Professore ed uno studioso apprezzato ma non un politico, ma se tu fossi Grillo, come procederesti?». È una domanda talmente importante e impegnativa da rendere opportuna una risposta un poco articolata.
Il 5 Stelle è un movimento politico di cittadini che operano affinché democrazia, equità, libertà non rimangano parole buone per qualunque discorso e quindi parole nulle, ma diventino un po’ più realtà quotidiana. Niente di particolarmente eclatante, dunque, per una società decente. Non per l’Italia, evidentemente.
Lo conferma un breve intervento pubblicato oggi su Mainstream, sito di analisi politica che era era stato assai duro con il M5S prima delle elezioni. A riprova dell’onestà intellettuale di chi lo anima, uno dei suoi fondatori –Marino Badiale– ora scrive:

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Ci sembra molto grave la vicenda della violazione della mail di alcuni parlamentari del M5S. E ancor più grave la sostanziale indifferenza delle istituzioni e la scarsa attenzione dei media. Ha ragione Grillo: fosse successa la stessa cosa a un Brunetta o a un Cicchitto (o a una Finocchiaro, aggiungiamo noi) le grida e le proteste avrebbero riempito i telegiornali. Facciamo solo due considerazioni: in primo luogo, il fatto che una cosa del genere non sia mai successa prima, nonostante il clima di accesa contrapposizione fra gli schieramenti di centrodestra e centrosinistra, è un altro indizio del fatto che tale contrapposizione era solo un’apparenza. La casta è sempre stata unita e coesa, e fra amici certi scherzi non si fanno. In secondo luogo, ed è solo l’altra faccia della medaglia, un simile fatto è indice di come il M5S sia esterno alla casta e sia percepito da essa come un pericolo. Non abbiamo ovviamente elementi per fare ipotesi sensate su esecutori e mandanti, ma davvero ci sembra difficile non pensare che qualcuno dall’interno di quel potere che i grillini vorrebbero attaccare abbia voluto mandare un segnale, un avvertimento affinché certe linee sensibili non siano toccate.

(M.B.)

PS Per un inquadramento generale della situazione politica attuale, nella quale si inserisce questo episodio inquietante, rimandiamo a questo intervento di Leonardo Mazzei.
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(Fonte: Inquietante)

Nell’articolo segnalato da Badiale (la cui lettura consiglio vivamente per comprendere che tipo di governo sia quello entrato in carica oggi), Mazzei scrive che «il terremoto prodotto dalle elezioni di febbraio ha spaventato sul serio il blocco dominante».
Venendo alla domanda posta da Bruschi, la prima reazione sarebbe dunque di scoramento, di rassegnazione di fronte a un blocco di potere nazionale e internazionale così duro nel difendere i propri privilegi di classe e di ideologia. Ma, per quanto mi riguarda, la parola “resa” non esiste.
Quindi se potessi prendere delle decisioni riguardanti il M5S che cosa farei? Sostanzialmente quello che Grillo sta già facendo:

  • Ribadirei ogni giorno (in primo luogo ai parlamentari del Movimento, agli iscritti e poi a tutti gli altri) che la reazione stessa dei poteri dominanti dimostra che il M5S è arrivato a toccare il cuore del potere.
  • Cercherei di spiegare con pazienza la complessa realtà che si cela dietro l’immensa finzione mediatica e spettacolare.
  • Curerei meglio le competenze giuridiche e politiche di tutti i parlamentari ed eletti del Movimento.
  • Proporrei dei capigruppo più preparati -anche dialetticamente- rispetto a quelli attuali.
  • Cercherei alleanze non con i partiti presenti in Parlamento (non lo farei per le ragioni indicate da Mazzei nella sua analisi) ma con altri movimenti della società civile. E ce ne sono tanti. Cercherei, insomma, di pormi come luogo di sintesi -non autoreferenziale- della elaborazione collettiva che è in corso, pur se repressa o emarginata, contro l’ultraliberismo criminale.
  • Informerei in modo capillare sui comportamenti e sui risultati dei lavori di tutte le commissioni parlamentari, mediante analisi semplici ma esatte stilate dai membri del Movimento che di tali commissioni fanno parte.
  • Rivendicherei ancora più nettamente la distanza dalle bande criminali (alias, «partiti») che stanno distruggendo l’Italia da vari decenni.
  • Mi porrei obiettivi anche di lungo periodo, perché nel breve la reazione finanziaria, mafiosa, imperialistica e criminale ha vinto (per capirlo basta osservare i nomi di chi davvero conta in questo governo).
  • Risponderei con le mie azioni e con le mie parole soltanto alla mia coscienza di cittadino e di uomo libero, esattamente come i partigiani. Perché di questo si tratta, come avevano ben compreso tra gli altri Debord e Foucault: di un fascismo pervasivo, ipocrita e feroce.
  • Il Partito Democratico è morto perché di questo fascismo è ormai parte integrante, e non certo da oggi. Quindi praticherei (per  me stesso e per il Paese nel quale sono nato) il dovere della non rassegnazione, partendo dal primo compito di chi intende agire sul reale: comprenderlo. Questo è non soltanto il mio dovere di studioso ma anche quello di chiunque voglia essere davvero un politico, un uomo della e per la polis.

 

Mummificati

Non soltanto terrorizzati. Ma ora anche mummificati. Terrorizzati sino alla mummificazione. Costretti ad affidare la presidenza della Repubblica a un soggetto –il Peggiore– che la dovrebbe tenere sino a 94 anni. Spaventati al solo pensiero che un uomo non ricattabile e giuridicamente preparato potesse accedere -diventando presidente- a documenti riservati. L’indicibile deve essere tenuto ben nascosto.
Questo timore contribuisce a spiegare le ragioni mai esplicitate che hanno indotto il Partito Democratico a rifiutare pervicacemente di risorgere -anche dopo la catastrofe successiva alla mancata elezione di Prodi- eleggendo Rodotà (un uomo appartenente alla storia dei quel partito) e formando un governo con il Movimento 5 Stelle, che glielo ha proposto più volte, in modo aperto e insistito. Hanno agito come se questa via d’uscita non esistesse. Le ragioni di tale testardo diniego devono dunque essere profonde, oscure, sostanzialmente criminali. Con la “stupidità” o con la “follia”, infatti, non si spiega nessun evento storico, neppure questo.
In ogni caso, l’elezione di Napolitano conferma molte cose. Tra queste:
– L’essere ormai i ceti dirigenti del tutto mummificati, oltre che spaventati da un reale cambiamento.
– La conventio ad excludendum posta sin dall’inizio -nonostante tutte le manfrine del Partito Democratico- nei confronti del Movimento 5 Stelle, come il tenace rifiuto di eleggere Rodotà ha dimostrato in modo evidentissimo.
– L’aver sin da subito dopo le elezioni il PD optato -su spinta incessante di Napolitano- per un governo con dentro tutti (tranne Sel e 5S) e quindi un governo di impunità per Berlusconi.
– Il chiarissimo tradimento che il Partito Democratico ha attuato nei confronti dei tanti suoi elettori che hanno creduto alla favola di un “governo del cambiamento”, mentre si ritroveranno ora alleati di Berlusconi in un governo che proseguirà la politica ultraliberista del governo Monti; un governo ancora più arroccato nei privilegi del ceto politico contro le indagini della magistratura; un governo nemico dei diritti e dell’eguaglianza; un governo che sarà protetto, coccolato, esaltato dalla televisione e da tutta la cosiddetta “grande stampa” (la Repubblica, il Corriere della sera, il Sole 24 ore), in realtà composta da “grandi servi”.
– L’aver costituito Napolitano -un ex fascista ed ex stalinista (“ex”?)- un baluardo a difesa di Berlusconi, che è entusiasta della sua rielezione.
– Lo spingersi sino a un golpe costituzionale; se i costituenti, infatti, non sentirono il bisogno di escludere formalmente un secondo mandato è perché l’Italia alla quale pensavano era una Repubblica parlamentare -come Ciampi ribadì rifiutando nel 2006 la proposta di una sua rielezione– che Napolitano ha invece trasformato di fatto in una Repubblica presidenziale. Non si era mai visto che un candidato alla presidenza ponesse delle condizioni al Parlamento per essere eletto, come ha fatto Napolitano.

Tutto questo è squallido e molto grave ma spero che non durerà. Anche perché -come scrive oggi Giso Amendola su Alfabeta2– il ceto politico che ha compiuto questo delitto contro il futuro e contro le istanze più dinamiche del corpo sociale, ha così deciso «di rompere definitivamente ogni ponte con intere generazioni, con i linguaggi e i desideri del presente, con la vita».
“Lascia che i morti seppelliscano i loro morti” (Lc, 9, 60).

D'Alema for President

Sono stato facile profeta rispondendo oggi pomeriggio a Dario Generali «Temo che [Prodi] sarà bruciato e a quel punto emergerà D’Alema, il vero candidato di Berlusconi e del PD/PD». Tutto previsto, tutto voluto, tutto programmato dall’ambiziosissimo D’Alema: la cialtronesca candidatura di Marini, la finta indignazione di  Renzi (cavallo di Troia della destra dentro il PD), l’inganno verso Prodi, il tenace e politicamente maleducato silenzio sulle ragioni che inducono il Partito Democratico a non eleggere Rodotà e a respingere la proposta del Movimento 5 Stelle di sostegno a un governo PD -anche guidato da Bersani -nel caso di elezione del giurista proposto dal Movimento. Già: per quali ragioni?
Forse perché, come ipotizzano in molti, l’accordo prevede un presidente amico di Berlusconi che lo nomini senatore a vita, garantendogli in questo modo una definitiva impunità.
Vent’anni di legami inconfessabili -banche, televisioni, grandi opere distruttive dell’ambiente, affari sulle guerre e tanto altro- tra il clan di Silvio Berlusconi e il clan di Massimo D’Alema (il vero padrone del PD) porteranno alla  vergogna di Berlusconi nominato tra coloro che hanno «illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario» (art. 59 della Costituzione).
Il cattolico Prodi no. Il laico Rodotà no. Il comunista D’Alema sì. In cambio della garanzia giudiziaria e politica per uno degli uomini più corrotti al mondo. E in cambio del silenzio sul comune malaffare. A tanto è ridotto il Partito Democratico. A questo è ridotta l’Italia.

Ricattabili

Parlamentari Pd, RIBELLATEVI!
di Paolo Flores d’Arcais

«Bersani ha fatto scegliere a Berlusconi il nome del Presidente della Repubblica. Bersani ha così tradito il voto degli elettori del Pd. Parlamentari democratici che avete ancora un minimo di dignità, ribellatevi! Non limitatevi a NON votare Marini, votate Rodotà. Una personalità che come tutti voi sapete (e Bersani per primo) ha esattamente le caratteristiche oggi irrinunciabili per essere un intransigente Custode della Costituzione e dei suoi valori di giustizia e libertà.

Rifiutare la candidatura di Rodotà (che è stato anche presidente del Pds, da cui è nato il Pd) solo perché avanzata dal M5S, dopo aver rimproverato Grillo perché non aveva il coraggio di proporre un nome, è un incomprensibile harakiri che rende plausibile ogni sospetto di ricattabilità del gruppo dirigente Pd, visto che sotto ogni profilo logico, etico e politico appoggiare Rodotà anziché far scegliere il Presidente a Berlusconi dovrebbe per il Pd andare da sé.

Mi aspetto che le tante personalità che avevano firmato appelli per il voto al Pd non si iscrivano silenziosamente al partito di Ponzio Pilato, e levino una voce alta e chiara per dire il loro NO all’alleanza col Caimano e SÌ alla candidatura di Rodotà, uomo della legalità, dei diritti del lavoro, della cultura» .

(18 aprile 2103)

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Condivido per intero il testo di Flores d’Arcais.
Segnalo anche questo appello -sempre su Micromega– di Barbara Spinelli, Michele Serra e altri.
Temo che comunque sarà inutile, visto che il PD è -appunto- ricattabile.
È un’intera classe dirigente “di sinistra”, guidata da Massimo D’Alema, a celebrare in modo insieme grottesco e tragico il proprio fallimento; a mostrare sino in fondo la propria complicità con Berlusconi -con la sua persona e il suo Geist-; a tenere l’Italia in una condizione di fallimento economico e ricattabilità morale.
Cari amici che chiedevate al Movimento 5 Stelle di allearsi con il Partito Democratico, capite ora la trappola?
O non vi è ancora chiara?
Il PD è inaffidabile, totalmente inaffidabile.

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