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De Nittis

De Nittis. Pittore della vita moderna
Palazzo Reale – Milano
A cura di Fernando Mazzocca e Paola Zatti
Sino al 30 giugno 2024

La Francia del Secondo Impero e della Terza Repubblica è stata dipinta soprattutto da due italiani: Giovanni Boldini e Giuseppe De Nittis. A essi si è aggiunto il più profondo e completo artista capace di dipingere con le parole, Marcel Proust. E in effetti i quadri che De Nittis creò vivendo a lungo a Parigi, lui mediterraneo proveniente dalla Puglia, costituiscono anche la raffigurazione per immagini dell’umanità parigina che il Narratore della Recherche descrive in ogni sinuosa sfumatura e nella limpidezza sociologica della potenza di due classi che si divisero ancora a lungo la ricchezza e il prestigio, l’alta borghesia e l’aristocrazia ben presente nonostante i giacobini, nonostante Bonaparte.
De Nittis ama ciò che dipinge come se fosse creatura sua. Non soltanto la moglie e modella Léontine Gruvelle ma anche le signore che passeggiavano nel Bois de Boulogne; che assistevano alle corse dei cavalli a Auteuil e a Longchamp; che camminavano veloci o spensierate per le strade di Parigi.

Amazzone al Bois de Boulogne, 1875

Il modo con il quale De Nittis vede i luoghi e gli umani coglie una realtà sempre in divenire e suggerita dallo scorcio nel quale ci si trova, da una prospettiva necessariamente parziale ma insieme totalizzante. Il suo è quindi un punto di vista fotografico che mediante pastelli, acquarelli e oli (eccelleva in tutte le tecniche) ferma sulla tela la mondanità, la luce, la forma, la frenesia, la meditazione.
Anche i ritratti dedicati a Londra fotografano una città al confine tra la miseria e la potenza. Le opere mediterranee, l’Ofanto, Napoli, Pompei, il Vesuvio, sono immerse in una luce antica e in un’energia sempre nuova.

Foro a Pompei, 1875

Ovunque i corpi disegnati da De Nittis non hanno pose somatiche né psichiche ma sono specialmente figure sociali, forme amate del tempo individuale e collettivo. I dipinti en plein air costituiscono delle mescolanze assai belle tra Giovanni Fattori e Claude Monet. Ma De Nittis non è un macchiaiolo né un impressionista, non è un pittore di genere né un paesaggista. De Nittis è il sogno del XIX secolo.
Ed è un uomo libero, che amava la Francia e Parigi come la sua casa ma che mantenne anche la lucidità che lo spinse a lasciare la metropoli con queste parole: «Prima di tutto ce ne andremo da Parigi, dove la vita mi soffoca: Parigi distrugge tutti. E se poi, un bel giorno, mi dovessi ritrovare simile agli altri, immeschinito dall’ambizione, dalla stanchezza, dalla collera?». Si trasferì dunque nella campagna di Saint-Germain-en-Laye, dove morì all’improvviso il 21 agosto 1884. Parigi lo accolse ancora una volta al Père Lachaise, dove la sua tomba reca un epitaffio dettato da Alexandre Dumas figlio: «Qui giace il pittore Giuseppe De Nittis morto a trentotto anni. In piena giovinezza. In pieno amore. In piena gloria. Come gli eroi e i semidei».
La mostra al Palazzo Reale di Milano permette di seguire, apprendere e gustare con empatia l’arte di questo autentico europeo. 

Giardini di Parigi con sole pallido, 1880-1882

Materia / Luce

Medardo Rosso. La luce e la materia
Galleria d’Arte Moderna – Milano
A cura di Paola Zatti
Sino al 31 maggio 2015

All’inizio Medardo Rosso descriveva soggetti proletari e quotidiani. Lo faceva con ironia e scapigliata rivolta. Poi Parigi, l’incontro con Rodin, l’amicizia e i conflitti con questo artista e con l’intero ambiente francese. E la  materia comincia a gorgogliarli tra le mani, producendo impasti e forme dentro le quali la mente trova e installa i suoi significati. Nel bronzo e nello spazio si ampliano diagonali –L’uomo che legge-, rampollano ovali –Madame X-, declina la materia –Enfant malade. La stessa forma si moltiplica in sostanze diverse: cera, bronzo, gesso. Materia che sembra già quella di Modigliani, di Brancusi. Ma è venuta prima. Nessun artista crea dal niente, sono tutti degli artigiani che reinventano e costruiscono su ciò che già esiste e che probabilmente si fonda sugli archetipi intuiti da Jung, sull’universale struttura della mente e del sogno umani. Curioso e instancabile, Rosso si dedicò anche alla fotografia, non come semplice documentazione del mondo e dell’opera ma come ambito d’arte autonomo e insieme legato a tutti gli altri, al modo in cui oggi la fotografia è intesa ad esempio da Fazekas.
Medardo_Rosso_Madame-XIndividualista e rigoroso, questo artista aveva una visione vincolante della plastica. Riteneva infatti che ci fosse un unico punto di vista esatto nel guardare una scultura, che le sculture non siano delle opere intorno alle quali si gira ma che soltanto da una prospettiva ben precisa esse possano comunicare il loro senso. Quale senso? Medardo Rosso nutriva un’ambizione forse impossibile. Voleva scolpire la luce dentro la materia. Disse infatti che «la luce è l’essenza della vita umana. Noi siamo degli schizzi di luce». Colpita da tali schizzi, di tanto in tanto la materia si fa scrittura, musica, pastello, bronzo, opera. Si fa metamorfosi, arte.

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